Volontà - anno XI - n.7 - luglio 1958

ferimento che vi è in esso allo scritto di S. Parane è la sola aggiunta che Ceci per attirare l'aueuzione dei lettori su uno serino che ci veniva di– rettamente da Parigi e da uno che segue attentamente gli avvenimenti del proprio paese. Scrivendo quell'editoriale, di proposito mi mantenni fuori della cronaca dei faui e mi limitai a commenti cli avvenimenti che erano stati già accenati, la cui inteqHetazione, però, può essere diversa secondo la vi– suale che uno ha d'ei faui sociali. Ma, in modo assoluto, escludo che io abbia voluto dire che si doveva difendere la Repubblica che lei mollo giustamente dice che aveva cessalo di vivere. La Repubblica, con i suoi varì governi - anche con <1uelli socialisti, per dirla con Hcrbert Liithy, pu.zz (w<Ldi c11- davere d<Lquando era nata, e adesso non sapeva neppure morire in bel– lezza. Ma che la IV Repubblica francese sia finita così per me ha un'im– portanza relativa - anzi per noi anarchici sarebbe una prova di pili ciel fallimento e delle inettitudini di tutti i governi. Ciò che è grave, secondo me, è che tutto questo sia avvenuto quasi Ira l'indifferenza dei francesi i quali in quei giorni lasciavano, moltissimi, la ca1lilalc per andarsi a go– dere in campagna o al mare le vacanze di Pcnlecoste. Agli osservatori stranieri, gli avvenimenti francesi dello scorso maggio hanno data I' im– pressione di un completo cedimento delle forze popolari ( e per l'Italia po– trei citare giudizi e commenti apparsi su pubblicazioni radicali e demo– cratiche, senza bisogno di citare quelle di esncma sinistra). E questo, secon– do me è stato un grande male. ~on è che io pensi che [osse possibile, nelle condizioni in cui si trova la Francia, una guena civile, ma la. rest.istenza da parte del popolo, delle organizzazioni operaie avrebbe testimoniato della loro forza, e della loro vitalità e sarebbe stata anche un monito per De Gaulle. Il capo, oggi, della Francia, che per sua natura è così sicuro di sé e si crede l'uomo del miracolo, è pili che mai convinto di poter rifor– mare la Costituzione a suo piacere, di concedere o ritirare le libertà, di portare cambiamenti in lutti gli apparati cd istituzioni senza incontrare (non negli uomini politjci che hanno subito chinata la schiena) resistenze in basso (al di fuori di quelle d'cl p.c. che potrebbero anche cessare se ... se tra Krusciov e De Gaulle si s1abilif'-fòle qualche dialogo). Questo per me è il Jalo doloroso degli avvenimenli francesi: l'assenza o meglio 111non par– tecipazione del popolo alla vita sociale e politica. Non parlo di lotta di classi. So anch'io che è un mito e, ripeto, i miti bisogna distruggerli. Ma di resistenze di popoli ne abbiamo avu1e in questi ultimi tempi: quella di Berlino Est nel 1953, quella di Poznan del giugno 1956, quella brevissima ma eroica, del popolo ungherese dell'ottobre-novembre 1956, gli scioperi che avvengono attualmente in Spagna, se non si vuole risalire a quella ancora più eroica del popolo spagnolo del 1936. Fra l'indifferenza gene– rale dei popoli del mondo intero, indifferenza che è il peggior male del nostro secolo (giustamente A. Camus di('eva che hi!--ogna fucilarla) ci sono ancora dei popoli che tenta.no di scno1ere il giogo che gli è stato impo– sto, e dimos1rano di saper morire per la liberti.. E sono essi che riscauano l'ignavia degli oltri ed impediscono che la « resis1enza del popolo)) di– venti un mito. 362

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