Volontà - anno IX - n.6 - 1 novembre 1955

la sua quaJità di anarchico. Non solo perchè egli dovrà resistere alla malia, di per sè travolgente, del potere, ma pure battersi contro l'inerzia delle masse che, specie in Italia dopo trent'anni di diseducazione politica, credono di avere assolti tutti i loro doveri, nel designare un delegato. Si obbietta: i sindacati sono oggi politicizzati. Se ne deduce: chi en• trn nei sindacati, cleve rassegnarsi a divenire lo strumento di partiti po1i. tici ben definiti, all'a'ltare dei <1ua1isi sacrificano i veri interessi dei lavo. ratori. Vorrei chiedere, a mo' di premessa, chi e come « spoliticizzerà » i ~indaeati (mi si perdoni il brutto verbo), se si rimane fuori dagli stessi. E poi è indispensabile operare una distinzione fra elezioni poHtichc-ammi– nistrativc ed elezioni sindacali. Mi pare che questa distinzione fondamen. !aie sia suffragata da tutto un vassato che vide gli anarchici contro lo Statd ma alla testa di forti e gloriosi sindacati, in Italia come in Spagna. Una propaganda degli ideali anarchici si potrà fare « dentro )> non fuori le associazioni dei ]avoratori. E inoltre solo « dentro », lavorando a contatto col mondo proletario, si potranno intendere bisogni e aspirazioni dell'operaio-1955, e interpretare }a seconda rivoluzione industriale (auto• mation e sfruttamento dell'energia nucleare) che si sta scatenando « al di fuori >> del mondo operaio, e, almeno in lta1ia, « contro » il mondo operaio. Mi pare che gli anarchici in Italia di tutto <1uesto nulla o ben poco dicano sui loro fogli, mentre in Inghilterra (Free<lom), in America (l'Adunata dei ne/mttari) giit ne discutono con proprietà e inte'lligenza. Gli anarchici poi. proprio in virtll della loro tradizione e del « disin• teresse » per il potere che ne è il connotato piit stupefacente e ammirevole, possono validamente contrastare quel supino confonnarsi dei sindacati alle direltive delle centrali politiche dei partiti. (Se gli anarchici avessero avuto pili nomini, pili "oci, pili organi di stampa, mig]iori mezzi di coordina. mento, ad es., a Genova, ]o scioJ)ero dei portuali avrebbe poluto essere condouo meglio o: perlomeno, le insufficienze e gli errori clei comunisti avrebbero potuto essere denunciati con maggiore vigore). Infine, è proprio vivendo nei sindacati, che si ha modo di resJ>irare quella vita comunitaria, associativa, di collaborazione alla pari, che rimane uno dei piìi allettanli ideali dell'anarchia. Non vorrei che le diffidenze del Chessa e di altri come ]ui traessero origine da identitì, formali: si vota nelle elezioni politiche e si vota nelle elezioni sindacali. Ergo: il male che è nell~ elezioni politiche, si annida anche in quelle sindacali. Una societii anarchica sarà caratterizzata (esprimo solo un paradosso, amici .anarchici?) proprio dalla molteJ>licitìa delle votazioni con cui la base desi• gnerìt i responsabili nei "ari settori della vita associata o approverà le scelte che i singoli proporranno per se stessi. I Kibbuz in Israele sono forse oggi gli esempi pili caralteristici di una comunità anarchica, e sap– piamo che ogni seltimana i membri si riuniscono in assemblea generale per deliberare democraticamente sui problemi pili essenziali. Se un anarchico si sente certo dei suoi ideali, non solo può correre i rischi di una vita associativa-sindacale, ma deve correrli. Per non var• 291

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