La Voce - anno II - n. 30 - 7 luglio 1910

354 Noi ammettiamo per ora i trattati di conuner– cio: solo vogliamo rinnovare all'E. V. e al Par– lamento l'inascoltata istanza che abbiamo fatto con una petizione dell'anno ,905, essendo ap– punto Ella allora Ministro delle Finanze; con essa noi abbiamo domandato, e non ci stanche– remo mai di domandare, che nella stipulazione dei trattati di commercio sia fatta una parte alla rappresentanza dei consumatori. Due motivi e non uno solo si inducono ad insi– stere fin che non sia fatto luogo alle nostre ra– gioni. Ci muove l'utile dell'universale e la giustizia economica: ci muove il desiderio di far osservare e rispettare la sincerità delle nostre istituzioni. Finora per stipulare i trattati di commercio il Governo non ha consultato che i pochissimi in– teressati al caro prezzo; la grande maggioranza, la nazione non fu mai interrogata 1 anzi fu costan– temente ignorata : e per chiudere perfino la via alla sua voce furono abitualmente incaricati di sti– pulare i trattati di commercio solo i pochi che ven– dono, mai un solo rappresentante della popola– zione intiera che compra, mai un rappresentante dell'universale, riservato il trattare e il decidere a coloro che hanno l'interesse contrario a quello di tutti. E perchè non ci fosse via di scampo, la violenza si è consumata sotto il colmo del- 1' ipocrisia: perchè costoro che servivano così bene le loro cupidigie contro Pinteresse dell'Ita– lia si chiamarono i rappresentanti dell'Italia, anzi Pltalia stessa, e nel sonnecchiare comune abilmente insinuato venne interes.se · dell' ltali;i, essere Jlinteresse di quei signori. E purtroppo nella nostra petizione del 1905 noi abbiamo potuto additare cli questo abuso l'esempio massimo, il più audace e il più iniquo nella delegazione a rappresentare 1 1 Italia nella Convenzione internazionale sugli zuccheri preci– samente deWuomo che aveva l'interesse pii1 con– trario a quello della nazione, il maggior condut– tore cli raffinerie.. che ha cosi bene raffinato Parte di fare la nazione sua tributaria. E questo scandalo enorme fu ancora rinnovato con una incoscienza che fa legge del massimo ab11~0. Onorevole l..uzzatti : Ella ha fama di uomo stra– ordinariamente operoso, e lo è, e straordinaria– mente cupido di gloria, e nessuno può dubitarne. Non basti dunque essere arrivato al sommo del potere, aspiri Ella a lasciar segno duraturo cli sè in opera proficua e salvatrice. Bisogna rinno– vare ristaurando, e ristaurare innovando. Ella dia l'esempio di un avviamento alla sincerità e alla giustizia nei trattati di commercio ; facciasi un passo per arrivare a quel punto che il dire trattati fatti dalla nazione non sia piil cosi vio– lenta ed audace menzogna. Accanto ai co:,;idetti produttori che producono i propri vantaggi col danno di tutti, sia almeno un rappresentante dei consumatori, dei 33 milioni di gente che è inte– ressata al buon mercato. lo capisco mollo bene l'obbiezione che mi si può fare: che questa in– genua proposta ove fosse attuata avrebbe una portata immensa; ma se sono obbligato a pen– sare e calcolare quello che dico non sono punto obbligato a moderare le mie proposte nell' in– teresse degli avversari e non tocca a me a darmi pensiero che esse paiano troppo avanzate, men– tre ad un'altra parte possono parere troppo li– mitate: i due appunti che prevedo si elidono; ma come il secondo può superarsi coll'osservare che appunto la moderazione della proposta è dettata dalla necessità di renderla attuabile, cosi quanto può avere cli nuovo e di ardito e giusti– ficato dalla necessità di fare qualcosa, di met– tere riparo ad un disordine che troppo ha durato contro l'economia nazionale, la sincerità politicn, e la giustizia sociale. Sarà gloria cieli' E. V. tradurre in atto que5to disegno cosi semplice che pure conferisce non poco a ritornare lo Stato da feudale a soci:1le 1 da ,strumento delle cupidigie cli pochi ad organo degli interessi e vindice del diritto di tutti ; e se la prepotenza altrui non consentirà ancora a Lei questa gloria, avremo noi la coscienza di aver richiamato l'attenzione del pubblico sopra una frode cosi colossale e cosi contraria e al buon essere e al diritto e alla sincerità dei nostri istituti politici, quali sono stati finora i trattati di commercio; e cominciato a far sentire l 1 in– teresse1 il diritto e l'obbligo che la nazione stessa vi prenda parte e siano fatti da essa e non con– tro di essa, da una nazione libera 1 11011 da po– chi feudatari delle industrie che ne usurpano il nome per assorbirne le fortune e falsarne gli istituti politici ; quegli istituti politici che ci sono cari non solo perchè ~bili nel loro esercizio, ma perchè nella loro idea, sono organi di giustizia. È la giustizia sociale che Le domandiamo: e Luigi Luzzatti ha troppo ;1lto intelletto per non comprendere che con questa domanda Le fac– ciamo grandissimo onore. che questo è vero e alto ossequio. Suo Oev.1110 L. j\JJCHELAKCELO BILLIA LA Carte in tavola. Ma c:hc si va verso per l"eno I segga ,ul!a bilan..:ia lui 1 sua m()ghe, i figli. Ccfi1ofon1c, e nm1 quanti i libri ; e io d1tò due soli dei miei ,·etti I AaisTOPASE. (Trad. Romagnoli). Un gruppetto di scalzacani, di cui Ugo Ojetti s'è fatto subito e naturalmente il portavoce nella sua corrispondenzn mandata da Firenze al Cor– n·c,·e della Sera e pubblicata, a esposizione chiusa, il 31 ì\laggio scorso, non avendo potuto fare a meno di riconoscere l'importanza e bellezza del– l1opera di i\fedardo Rosso, va bucinando per i caffè e per le case dove si sbadiglia sulle que– stioni c11arte, che sebbene quell'opera sia grande, piena di vita e anche origi11ale, non significa però una innovnzione vera e propria fatta nel campo della patria scultura. A sentir costoro o. per essi, l'emissario Ojctti, altri artisti 1 vissuti a ;\lilano verso il 1880 1 fra i quali Tranquillo Cremona, Giuseppe Grandi 1 Ernesto Bazzaro, Er– cole Rosa e persino (rattcnete le risa, amici !) J.;eo– nardo Bistolfi e Davide Cala11clra1 avrebbero pie– ceduto o accompagnato il Rosso m::lle sue ricer– che. Ed è in om;-:iggioa questa verità storica che il suddetto giornalista ha voluto nella suddetta corri– spondenza ammonire gli organizzatori della mo– stra fiorentina che « a\"rçbbero meglio contribuilo alla cultura del pubblico 1 che al Lyceum è fatto anche cli molti stranieri, se avessero esposto ac– canto a queste cere del Rosso almeno le foto– grafie di quei dipinti del Cremona, e anche delle nostre prime sculture « impressioniste ». Ora 1 poichè a noi piace sempre meuere in chiaro le cose e anche, un pochino, svelare I' i– naudita ignoranza e superficialità di chi in ltalia s'impanca giudice nelle faccende dell'arte, ri– pariamo aWomissione che ci vien imputata e pubblichiamo le fotografie di alcuni di quei la– vori che, a quanto pare, dovrebbero attenuare dimolto nel giudizio del pubblico, i meriti del nostro artista. Ecco dunque<( il famoso rilievo del ì\lonumento a Vittorio Emanuele in piazza del Duomo», di Ercole Rosa, ecco la I i:dova del Bazzaro, ecco ta piccola Astori del Grandi, ecco la Donna ridente di Tranquillo Cremona (del Bistolfi e del Calandra, troppo noti ed uni,·ersahrn::nte screditati, abbiam creduto inutile riprodur qui i lavori) ed ecco pure 1 come giunta alla derrata, un'altra scultura del Bazzaro, un intero monumento ciel Rosa e il Silenzio amvroso dtl Cremona, opere !alle poco prima 1 contempornneamente, e alcune pa– recchi anni dopo, alla Portinaia (1883) e n Can1e altrui (, 882) del Rosso. •- Indo' va' tu? - Le son cipolle! dirà ogni persona un po' intelligente - e forse riderà, come noi, alle spalle di questi innocui « padri e fra– telli spirituali » ; ma per Ugo Ojetti e per i suoi simili, per i quali tanto è sanare un corno che un violino, questi confronti son decisivi e tagliano, come si dice, la testa al toro. E difatti, che cosa importa a certa gente se lo scultore romano nelle opere date ad esempio, come del resto in tutte quelle della sua vita 1 non ha saputo se non ma– scherare, con un tocco di pollice un po 1 più \'i– vivace e disordinato, l'inguaribile accademismo, segno e piaga cli ogni buon monumentaio ita– liano; se il Bazzaro, anzichè re.1gire alla « dura e sorcl,1 e lrita scultura realista >) ne fa cli quella se non pili dura, certo .11lrettanto trita e tri\"iale, sebben forse con un peu pussé de gust, se ncll.1 pic.rola Astori, come in ogni altra sua opern, Giuseppe Grandi (l'autore, ricordiamocelo, del monumento delle Cinque Giorn,1te !), si pro– fonda tutto e s' indroghiera nella materialità fra decorativo-funernria, mondana e fotogrnfic;1 eia marmista rifinitore; se « il grande >> Tran– quillo Cremona, il meno insignificante di llllli, non fa chP. sovvenire 1 seguendo ma a fior d 1acqua - \ 1ese111pio del vecchio Tiepolo, e forse di Adolfo ;\lonticelli, l 1abitual maniera del dipingere, spezzando il contorno, animando il tocco, preoccupandosi più dell'effetto lumi– noso che della precisione e pulitezza delle li– nee e delle forme, senza però ele\·arsi :i. 1111a pii1 s:1.nacomprensione e rappresentazione della vita, senza imprimere alla reallà un risoluto carattere personale, una espressione originale sintetica 1 e, non riuscendo quindi, :1d t:SM~r mai, a dispetto di tutto e di tutti, per chi cono– sce la sua opera intera, se non un ottimo vignet • tista semimentale e moschettiere, o un superior creatore di copertine da canzoni romantiche pt:r pianofo1 te? E che cosa importa ancora 1 a chi in 11n 1 opera d'arte non sa 1 non può vedere, nè cerca, incarnato l'intimo mondo dell'artista, ma si ferma :i.Ilepiù grosse apparenze, che ;\fedan.Jo Rosso, piuttosto che limitarsi 1 come i suoi pre– sunti· precursori ed emuli, ad una pura riforma tecnica 1 abbia invece esternata una ,·isione pili gagliarda, più passionata, più umana della viva realtà moderna, che abbia, fin da quei tempi lontani, contraddetta e fuggit.1 ogni con\"enzio– nalità statu:uia, effigisti~n, ogni composizione o combinazione aneddotica di lìgure e di cose, per render solo, in un momento telice. l'impressione imprevista lirica emanata dal vero, nei suoi con– trasti di luci e d'ombre, ne 1 suoi toni e ne·1e sue deformazioni prospettiche, senza ricorrere alle formule abituali del basso o alto rilievo, e cli renderla visibile da un unico punto 1 come in un punto e in un attimo l'aveva ricevuta d.11la natura? Che cosa importano :11filisteo gazzettiere che ha preso il Ritratto del sZg-nor Nouarl e il Bookmaker per « dei p.1radossi più ingenui che ingegnosi », e che non ha pur visto la Jll.me .. Yo– blel ri\'aleggiante con le migliori pillure cli Mo– net, né quei capolavori che sono la seconda Rieuse, I' Yn 1 tle Cuitbert e l'Ecce puer, che cosa importano le dilforen.1.e che passano fra artista e artista, anche sci c:<l è il ~aso nostro, si:i.n radicali e faccian si che uno apparisca grandis- BiblotecaGino Bianco VOCE simo e gli altri un po' men che nulli? A lui bastn che, come avvenne a Milano ,1i ternpi del Cre– mona, sei giovanotti si sian trovati d'accordo su dieci parole di teori.1, per metterli tutti in un fascio e voler che gli altri faccian lo !->tesso. Senonchè questa volla la castroneria l· troppo sfacciata e 11011 si fa perdonare. An.1.i rompe, per cosi dire, le uova nel paniere; e se ~ledardo Rosso, ritornato fra noi dopo essere stato per ventun anno (e per quanto tempo :rncora, signori i.::ozzoni d' arte?) tenuto in disparte eia ogni esposizione italiana, aveva mostrato nelle stanze del Lyceum, a chi poteva capirlo, di possedere ben altri meriti oltre quello cli esser vissuto a Parigi - dove del resto anche gli altri hanno esposto insieme a lui piil volte, ottenendo per– sino ricompense e cliplo,ni - , il presente co11- fronto prova che non ha mai avuto hisogno di nessuno e tanto 111e110 poi dei suoi colleghi, to– rinesi o milanesi che siano. Onde al signor Ojetti e ai suoi sozii non rimane altro ron– forto che quel magrissimo della nrnlignità a proposito delle lampadine elettriche. È poco-, E polremmo t6r loro anche quello. Potrem– mo dir, per esempio, che quando si vogliono esporre, in una sala poco chiara, diciotto opere, ciascuna dc::lle quali domanda per vivere la luce medesima che l' ha ingenerata, è indispensabile ricorrere: a un'illuminazione artificiale rhe cor– rl."gga il difètto naturale del luogo; ma non lo faremo. Lo stesso Ojetti reclamando in un altro articolo la presenza del Rosso a1Jlesposiz1one di Vene;da ha fatto, un po' tardi è vero, una spe– cie d'ntto di contri1.ione e ci ha dato l'esempio della generosità. Perciò non si vuol esser crudeli. Eppoi giova. forse, che ogni buon critico abbia il suo osso da rodere e che il pubblico che legge, beve grosso e magari applaude, vegga i suoi duci intellettuali all'opera, sotto tutti gli aspetti e d~1 tutti i lati - come le statue del Grandi, ciel Rosa e del Bazzaro, che vorrebbero fargli am– mirare - per sapere una buona volta che cosa pC'nsarne. ARDENGO SOFFICI. ERNESTO BAZZARO: e La vrdova •. TRANQUILLO CREMONA: "' Donna rède:nte: >. ERCOLE ROSA: c. Rilievo del Monumento a V. E. a Milano >.

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