La Voce - anno I - n. 4 - 7 gennaio 1909

-"- OCE Esce ogni giovedl in Firenze, via dei Robbia, 42 .:/- Diretta da GIUSEPPE PREZZO LINI .:/- Abbonamento per il Regno, T renio, Trieste, Canton Ticino, L. 5,00. Un numero ceni. IO. Anno I •.,. N.• 4 .:I- 7 Gennaio 1909. 50~1 ~IARIO: Due t>ropostc,G. PR. - Il Meuoglorno e 111 culiura llallantt, C1ovAs:,.1 .\,11.NDOI.A - Secondi Asterischi Accademici, E'IASl'J.L[ S1LL\ - Le Collezioni Editoriali, IL BIIILIOTl'C.-\RIO - Flrcnz.cfnlcllcllualc: Il G11biwtloG. l'. ri~11ss ·11-c, Li Biblioltm Fi/l)St!fir11 - V111 •isil11 1IR. lslil11l1J di Stuli S11prriori, G1usrPPJ-. PR1.J:zous1, G. F. e C1 rr1·.Rr.uo- .Il ".\la,,()(co,, G. PR.- Gli SprrùilisJi t; CP11(11rsi, Gt·100 ~1uos1- Recensioni: // J,1rlC' ,hllt L'111rrrsitàlt111ia11t, Gumo h kkASDO. DUE PROPOSTE Nou st'amo so/lanlo dti critici. Proponiamo di coslruire. C' t una dauocra; i,, in /lr,/ia. Lo si dice da molle parli. lo 11011 so, t 1tramt11/e, dove sia. ft1a se e' è, le gi1111gera11 queste p,oposle. Per ftftssiua e per la Calabria dobbiamo fare almcno quello che lum fallo i Borbo,,i. l,,c,n11crù,mo i bmi tccl,siaslici 1 ricosliluili con la frode alla legge: che i beni dei ricchi con· t•enli siciliani servano a ricostruire, seco,,do quello che espcrii:11\a della. li.: ci/là dislrutlt:. Euo un anliderical,smo strio, più degno e pih sicuro di essue appoggialo di quello che disputa, in 110111,: d'una stirn{n incsislenle, cou– lro i dogmi. Prr ftfessiua e pr.r la Cal,1brù ,lohbiamo diminuire le nostre /es/e: e sopratullo le fesle rtloriche. Nel 1_r11 I /" lln/,a sarà i11sopporli1- bilr, co11Ire cii/ti lrat·eslile d,, patstllo, e con esibi.;Joni tli roba ùudilc. F,,aiamo una bella crou su quel prngramma /es/aio/o e affari• stico, e diamo i 111ilio11i per la sventura e so– pralullo per il risollet:a111c11/o del illq_\Ogior110. Per ogni arco lrionfalc, per ogni arena i111- ba11dierala,per ogni banchello di ministro, si ùmnlti un muro di scuola o di opificio. li venire e /'o,:d1io paghino le spl'sc alla men/e e al braccio. Ec,.,odue oaasioni erccl/c11/J jferchè ,ma dc– mocrap(, seria dimo.\lri di ,sisler1i. g. pr. Il Mezzogiorno E la cultura it liana. I lettori del la I pocc si meraviglieranno forse di leggere qui alcune colonne di prosa frettolosa che può anche rasso– migliare in certo modo a!Particolo di fondo di un giornale politico. ira essi avranno già inteso che questo foglio tende con tutte le sue forze a differen– ziarsi dai vari travasi cl' idee letterarie che allielano i non scarsi ozi del noStro paese. Qui non vogliamo discostai-ci dal campo degli interessi ideali della na– zione, e la nostra atmosfera propria è quella della cultura e della produzione intellettuale, nella sua preparazione e nei suoi risultati. l\[a rammentiamo co– stantemente che non è possibile disso– ciare gli interessi della cultura dagli in– teressi della vita, e l'attività dell' intel– letto dal!' ispirazione morale che la co– lorisce, e spesso le dà una mèta. Perchè dunque ci dovrebbe ripugnare il discen– dere dal livello delle idee, a quello dei iatti? Perchè dovremmo esitare a lasciare talvolta, ccl anche spesso, lo stile del pensiero e dell'arte, per quel lo del gior– nale? li mondo ideale ha le sue JottC', i suoi drammi, le sue passioni 11011 meno di quello dei fatti tangibili, e chi pii1 vi partecipa meno sente il vincolo dei limiti formali che uccidono lo spirito. Oggi, sembra a molti di noi che sia venuto il momento cli agitare nel mondo della cultura italiana una questione che finora parve circoscritta al campo degli interessi materiali e deil'attività politica più terra terra È la questione del ~lcz– zogiorno. Xon ci vorrà poco tempo, nè poca fatica -pcrchè s· intenda chiaramente in che senso si dovrà d'ora in poi affer• mare che la questione del ·Mezzogiorno l· una questione di cultura; ma quando la pane colta cl' Iulia lo avrà inteso. li\ questione entrerà prr questo solo fatto in una rapida fosc risolutiva, e la celc• rità del progresso nazionale ne 'risulter:l centuplicata. Centuplicata! Precisamente. Io vorrei che, per un istant<'. i miei lettori fossero tutti uomini profondanwnte interessati al succrsso della patria nella lotta fra le varie patrie che si disputano il mondo: industriali lombardi, armatori genovesi, commercianti e banchieri del nord d' J. talia, e vorrei domandar loro se sanno rap1rresentarsi i risultati pratici di un accelerato progresso del paese. Se lo sanno t 1la non sanno però che questo acceleramento è possibile, è anzi relati– vamente facile -- nè sanno in qual modo ciò sia possibile. anzi facile. Essi sanno soltanto cli aver legata ad un piede una pesante palla di piombo, che trascinano faticosamente per le vie del mondo, che li fa stanchi già ai primi passi. quando lo spirito è alacre e la speranza s' im– penna, e sanno, nei freddi calcoli del tor• naconto, che nessuno sforzo, per quanto dovesse costare d'energia e di danaro. parrebbe loro troppo grave, se se ne potessero attendere, finalmente, la libe– razione. ~la essi non vedono ancora che uno sforzo di tal genere esiste, è a por• tata di mano, e può essere compiuto quando si vuole. Questa razza cli uomini energici e sani, che fonda la prosperità e la salute cli una nazione. non può u– scire col suo sguardo dalla stretta or– bita in cui si muove la sua altività gior– naliera, cd è spesso costretta ad ignorare le cause evidenti degli effetti che l'af– fliggono e la ritardano nel suo cammino. È pertanto ad altri uomini che occorre rivolgersi: agli uomini della cultura. La trasformazione economica del pae– se, e la fortuna intravista ciel I' iniziativa personale dai lavoratori rianimali, hanno esercitato anche su questa classe d' ita– liani un benefico inHusso. Una volta essi intristivano nelle piccole funzioni inutili della vita - respiravano retorica, costi• tuivano accademiC', e si avvicinaxano al– quanto alla dignità ciel lavoro ulile solo nella professione del maestro. ·Ma erano ben lungi dal sospettare la funzione o– rientatrice e creatrice del pensiero e del la culLUra nella vita sociale - non sape• vano che un'attività materiale che non chiede ali' uomo interiore un significato rappresenta moto ma non civiltà - e ciò non sapendo non tcnevan l'occhio al corso del mondo. e limitavano la pro– pria auenzione al la grammatica ed al so– netto. Razza purtroppo non ancora spa· rita - poichf• vari suoi ritardatari hanno oggi vent'anni. ~la la classe degli uomini della cultura è nel suo fondo ben altra - essa ha la serict:l del lavoro e dello sforzo combattivo, al pari degli indu– striali e degli uomini pratici, ma più di questi ha lo sguardo esercitato agli o- r~·onti della sLOria, conosce i legami fra t'atcivit:L materiale e le condizioni intellettuali e morali, ed ha capacità di risolvere i problemi complessi in cui la pratica s'intreccia con l'individualità della vita. A questa classe bisogna dun– que chiedere di fissare l'attenzione piìi ser!a sulla questione del :Mezzogiorno. E una questione che ordinariamente si è abiluati a guardare nei particolari, che avviliscono e sCoraggiano, e che non si tenta mai cli formulare dall'alto con una visione piì.1 larga che la porli nel campo d'interesse degli uomini colti. Se ne parla come di cosa che può inte– ressare giornalisti di provincia, avvoca– tucci politicanLi, questurini e tutt'al pil1 sottoprefetti e deputati cli quint'ordine - e come si vorrebbe che se ne interes– sassero scienziati, scrittori ed artisti? ·Ma guardiamola un po' cli fronte, fissiamo– cela in mente tutt'intera - e ci parrà una questione grande e degna dell'at– tenzione d'ogni italiano veramenLe colto ed onesto. Essa si riassume dopo tutto in una semplice interrogazione: È pos– sibile che una grande nazione, una. na– zione stretta clall' urgenza del la compe– tizione mondiale, e che ha dichiarato cli ch ... ccttare la lotta e cli sperar nella vit– toria - in1picghi nello sforzo soltanto una meLà delle proprie forze e trascuri scetticamente una metà delle sue proba– bilità favorevoli? È serio. è concepibile ciò? Eppure questa è la realtil. L' lta, lia che potrebbe essere una Francia o un'Inghilterra, s'avvicina invece ad es– sere una Spagna - e ciò per l'abban– dono volontario di una parlo delle sue forze. Ora l'impiego di queste forze trascu rate è una questione che interessa pro· fondamento la cultura del paese. Quando quella metù cl' Italia che costituisce il :Mezzogiorno, sarà entrata nella grande circolazione della vita italiana, gli indu– striali, gli armatori, i commercianti cd i banchieri Òon sentiranno più invero una palla di piombo al piede - ma piì.1 grande ancora sarà i I vantaggio di co– loro i cui interessi appartengono al 1non· do ideale. Chi non sente oggi l'esaurimento che sta cogliendo l'attività spirituale di quo• sta mezza Italia che eia quarant'anni si sta sforzando di compiere una 7nissione di cultura? Essa è riescita, è vero. ad assimilare e ad uguagliare il livello di dentro a quello di fuori. e giunta a battere - talvolta col fiato g-rosso - il passo intellettuale elci gran mondo; ma non riesce a creare se non con grandi stenti, ed in qualche caso rarissimo. Quando una creazione appare essa sem· bra quasi disgregala dall'ambiente in cui" è sorta e sembra rivolgC'r~i ad uomini che mancano. Così i problemi fondamen· tali della vila dello spirito nuotano fra le dissertazioni scolasliche, ma nessuno li afferra, li peneLra, e li risolve; le pas• sioni talvolta se ne impadroniscono· e li sfiorano ; ma le tesi opposte si acquctano prontamenle nell'intimo scetticismo che è in ttllti. La cultura italiana dell'oggi ha soprattutto questa grave colpa: di non aver preso di fronte quello scetti- cismo che è abito ,·ecchio, e forse ma– schera della nazione - di non aver dato vita ad un ideale. Così la questione della scuola e cicli' università, la questione nazionale e la questione sociale - per non citare che le pil1 salienti, sono piut– tosto accarezzate che affrontate; e noi ce le troviamo sempre fra i piedi - sono là ccl impediscono di anelare avanti con passo spedito. E poichè sono que– stioni troppo gravi, il solito « mezzo termine » non basla a superarle. Poichè le cose stanno a questo modo occorre dir forte ch'esse non cambie– ranno - che cioè questo Stato non di– venterà una vera nazione - se prima non sarà risolta la questione del J\fez• zogiorno. Noi non siamo tanto ricchi, o tanto savi, da poter fare a meno della cooperazione di dieci o quindici milioni di italiani. È chiaro e manifesto che senza questi assenti noi non riusciremo ad andar, nel nostro cammino, molto pii1 avanti del punto al quale siamo giunti. Quegli assenti pesano due volte sopr<\ di noi; una volta con la mancanza della loro cooperazione, e un'altra col peso della loro ignoranza, che dà forza di rappresentanza a tutto quanto v'è di pili inutile e dannoso fra il resto degli ita– liani. Orbene questo peso immenso deve essere gettato. Occorre chiamare gli as• senti sulla prima linea della vita ita– liana : occorre sottopor loro in appello tutte le questioni nelle qu:,;li sembriamo irrimediabilmente divisi, e di fronte alle quali non sorge alcuno che sappia crea– re j) giudizio « definitivo ». Dobbiamo insomma diffondere fra gli assenti gli elementi della cultura, perchè essi poi, insieme con noi, portino questa cultura alla sua perfezione. Una cultura è l'o– pera di tutto un popolo, ed un mezzo popolo non può dare che una mezza cultura. Tale è oggi la nostra, e per renderla intera occorre rendere intera la nazione. In questo :;enso la questione del Thfozzogiorno è una questione cli cul– tura - nel senso più alto cli questa parola. iiolti dicono lo stesso riferen– dosi ai principi umanitari e demoCratici dell' istruzione obbligatoria, dell'eleva– zione morale delle masse, ecc. Tutto ciò è giusto e noi lo teniamo nella debita considerazione. J\(a abbiamo il diritto, credo, di ripetere che la questione del J\[ezzogiorno è una questione di cultura, tenendo lo sguardo molto più in alto, - guardando cioè alla formazione del– l'alta cultura nazionale che ci appare oggi condizionata dal li\ risoluzione di questo problema. Lo spirito impone l'al– fapeto ! E se è così, occorre che tale questione sia strappata ai g·iornalisti cli provincia, agli avvocatucci politicanti. ai questu– rini e_ai sottoprefetti e che divenga oggetto delle cure e degli sforzi cli tutti quanti hanno interesse alle sorti del– l'alta cultura. In questi giorni abbiamo tutti trepidato per la sorte cli un uomo, che abbiamo anche creduto morto, e che fortunatamente sembra salvo: per Gae– tano Salvemini. Orbene, riconosciamolo; noi abbiamo trepidato, oltre che per un amico, anche per una causa. In que- Bibloteca Gino Bianco

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