Via Consolare - anno I - n. 3 - febbraio 1940

un'immagine romantica e chiara, gli era perfino sembrato di amarle, ed ora gli pareva di dar col capo nel muro. Cominciò a odiarla e a odiarsi. Il vialetto finiva : bisognava assolutamente fare qualcosa o tornare indietro. Ma invece di agire, inconsciamente, i suoi occhi annotavano ogni piccola cosa che vedevano intorno ed il suo spirito s'afferrava a quell'osservazione impotente, lucida e disperata. Il viale era deserto, la ghiaietta del marciapiede dava un suono strano di roba macinata, tra i ferri delle cancellate apparivano a curiosare appuntite lucide foglie di ligustro. Sensazioni come sospese in una mcosc1enza febbrile. La ragazza si fermò e si mise a guardarlo ; era perfettamente seria, ma a Carlo pareva perfino che sogghignasse ; finì con l'attribuirle pensieri ignobili. Allora, senza parlarle, la prese per una mano e l'attrasse a sè. La strinse. La ragazza lasciava fare, non più rigida, già nell'abbandono dei sens1. Carlo volle baciarla, ma non sapeva baciare : si sentì disperatamente malpratico, goffo. Sulle labbra dischiuse ed offerte, lucide, calde, non raccolse altro che sapore dolciastro, un disgusto profondo che gli impastò la bocca come una saliva malsana. Gli veniva da sputare, da piangere. S'udì improvvisamente un passo pesante sulla ghiaia sottile del marciapiede. Si distaccarono d'un colpo. Era già scesa la sera ed essi non videro che un'ombra passare rapida ed inclilforente. Non si riaccostarono : se mai VIA CONSOLARE FondazioneRuffilli- Forlì c'era stato un incanto, era rotto. S'avviarono a ritornare, piano, in silenzio. Carlo si fece animo e disse : « Verrò questa notte a prenderti, dopo il lavoro ». Ma la voce doveva avere un tono piagnucoloso perchè lei si volse a guardarlo incuriosita. Da prima non rispose, poi disse : « Vieni pure ». Era una creatura troppo primitiva per mettere ironia nelle sue parole, ma a Carlo sembrò che ridesse dentro cli sè alle sue spalle e nuovamente fu preso dalla rabbia: la sua consueta insoffribile rabbia impotente. Poi una gran tristezza discese nel suo animo, sui suoi pensieri, come la nebbia autunnale sui platani, mollemente sospesa tra i grandi rami spogli. Cominciò anche a piovere. A terra, sulle foglie secche, la pioggia cominciò a tessere un' impercettibile musica triste. Ai rari fanali era appeso un tessuto mutevole fatto di fili d'argento. Sul piazzale della fiera c'era già fango. Gocciole pesanti gonfie di sudiciume commciarono a lacrimare dai tetti posticci di lamiera, poi rivoli derisi. Le baracche apparivano come una grottesca squallida caricatura di città. Quasi senza avvedersene Carlo si · ritrovò solo, perfettamente solo, tra le pozzanghere. Era tutto bagnato, i capelli gli si erano incollati sulla fronte, lo attraversò un gran brivido. A passi lunghi e salterelli improvvisi per evitare le pozzanghere e il fango si portò sulla via asfaltata. La via diritta e neni, lucida, traversata a quando a quando dai riflessi immobili dei fanali, si perdeva in un infinito di oscurità e di nebbia. Il piccolo Carlo s'avviò sconsolato verso casa. 13

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