L'Unità - anno VIII - n.21-22 - 25 maggio 1919

' problemi della vita italiana \ Direttore: G~ETANO SALVEMINI JA Direzione e Amministrazione: F,renze, Via S. Zanob,, 11. 64.,. Abbonamento ordinario annuo L. IO, semestrale L. 5.25 per il Regno; Annuo per I estero l. 15 "' Soste111tore annuo l. 30, semestrale l. 15 •• Un /IU;mero {Cparatoceni. 20 .,. Si pubblica il Sabato a ROMA e a FIRENZE JA C. C. con /a posta. Anno VI!l ~~ N. 21-22 "" 25 Maggio-1° Giugno 1919 SOMMARIO: I nodi _alpelline, ~- s. - Il trattato di Londra. - l' ullinÌo sproposito. - le due poli tielle. - I due vecchi. - Carbone, ferro e pace, E. ROTA - // solito trucco. - l'oligarchia parla– mentare. - Corsi d'lnlegrazrone. - L'educazione nazionale. - Dopo il convegno di Firenze. - Le adesioni alla Lega. - Cronaca della lega. _ l~llure raccomandate. I Unoscioperodei tipografifiorentinici ha impeditodi putiblicare il numerodella scorsa setlimana.Diamoperciò in questa settimanaun numerodi otto pagine: I n'odi al pettine La politica della Francia. Dunque, la Francia ha preso energica– mente cd apcrt;unentc la posizione di Potenza direttrice e protettrice dei popoli soni a li– bertà dallo ~faceto della l\lonarchia d'Asburgo, sfaccio pur determinato dalla vittoria delle nostre armi. Missioni francesi, più o meno ufficiali, sono a Vienna. a Budapest, a Zagabria, a Pra– ga, e vi fanno la pioggia e I bel te1!1po. Generali francesi sono in moto fra l'uno e l'altro dei nuovi Stati dcli' Europa centrale. Bam:hc froncesi si impegna1,10 a fare prcstili. E il Go\·erno del signor Clcmenccau ospita con cordiale signori!it:\ la delegazione dell'Au– stria-tedesca fra la verzura e i fiori di St Germain-en-Layc. e si affatica a covare e a sviluppare il progetto di una Confederazione danubiana, che rkostituirebbe quelia i\lonar– chia è'Asburgo al cui sfa<.:elo 111t dia a\·e\':t pur sacrificato le sue ricchezze e il sno sangue! Tutto questo non è fatto certo per ra:>se– renare l'opinione pubblica ita-lial'a. E la stampa, a cominciare da quella ufficiosa, che pure per cinque anni è stata sempre assorbita nel compito cli lodare e di esaltare quanto foce\'~ il nostro )l·nistro degli Esteri, risuona di proteste e di alti lai, e si scaglia contro la Francia. Certo, la condotta del Governo francese nei problemi danubiani è improntata al più e miope egoismo. E soprattutto noi, che abbiamo amato e vorremmo continuare ad amare la Francia, e vorremmo crcd~re ancora in una sua missione di giusti.da nel mondo, e per questo palpitammo nelle ore del ~mo pericolo mortale e la \'Olemmo sa!va anche per 'opera nostra, e res.:-i\'er-.mente nostra sorella nel lavoro di preparazione di un migliore avvenire, noi proviamo un ::.enso di indicibile angoscia nell'osservare come la vecchiaia del signor Clemenceau v,1da sca\'ando l'abisso tra la Fran• eia e l'Italia, preparando giorni terribili per i due paesi, a tutto profitto della Germania. ).la detto que.,to, resta pur sempre da do– mandarsi come mai sia stata possibi'e questa politica fraucesc, come mai sid stato possibile che, mentre nella J rimavera del 1918 Pitalia sembra\'a alla testa della politica delle nazio– nalità in lotta per scuotere il gi,)go d'Asburgo, nella primave1a del 1919, a un anno di di– stanza, spezzat,> quel giogo soprattutto per merito dello sforzo italiano, chiamate quelle nazionalit I a libera vita soprattutto dalla vit– toria. italiana, l'Italia si trovi posta in disparte e minacciata da una resurrezione dell'Au– stria. Imprecare al Govcrn l fran- cese, non basta. :\nche l'on. Sonnino, come il signor Clemenceau, ave\•a le sue carte al giuoco, aveva la sua :Htivit:\ diplomatica, le sue probabiliti1 cli successo. Anzi, all'inizio della partita, noi ci trovavamo in condi;( oni migliori, in quanto ave\·amo per noi la lotta diretta contro la ?iionarchia asburghese, men– tre il Quai d'Orsay non era immune da traccie e da ricordi di tentativi di sa!vataggio di tale Monarchia con paci ~eparate e c.:,I sacrifìzio delle popolazioni slave. Occorre chiedere a coloro che giocarono per noi, e cioè ai dirigenti della nostra poli– tica e più specialmente all'on. Sonnino, che è stato il dittatore nostro per cinque anni, co1Tl.e mai la partita sia ~tata ccmpromcssa e forse pcrdut.1. Le querimonie m.n de\·ono servire a di~trarre l'atten• zion~ dalle responsabilità <li chi a nebbe dovuto e potuto porre r'paro. La politica delle nazionalità. Xella primavera del 1918, allorchè prese forma chiara e decisa la politica delle nazio– naliti1. intesa come mezzo per dctem1inare !o sfaccio della i\lr>narchia d'Asburgo e quindi del blo1.:co fra gl1Imperi centrali, la :,ituazione era la seguente. Wilson aveva nel gennalo 1918 pubblicato i suoi famosi 14 punti, uno dei quali sem– b1ava offr re alla ::'l[onarchia d'Asburgo una via di uscita, mediante la conces~ione di auto– nomie alle nazionalità op1>ressee la pace se– parata. D,l una ,o!uzionc di q11esto genere non sembra\'ano aiicnc le sfere dirigenti d' lnghil– te,ra e di Franc:a. Sotto la pressione di que– sta situa1.ionc - che era piena cli pericoli, sia per l'ltalia, sia per quei gruppi d'Austria-Un– gheria che loWl\·ano per la libcrt!t vera e non per l:t continuazione di ser\'itl1 luvata sotto maschera d' ~utonomia - si era cletcnnlnatO il movimento che condusse al Congresso di Rom I nell'aprile 1918. 1 cnltori nostrani della politica realistica {come scamati e confusi oggi, dopo il bel suc– cesso raggiunto!) hanno messo di moda l'irri– sion: e la beffa contro qnel congresso a cui molti di essi partcciparv110, e il Patto che ne uscì e che molti di essi votarono. Sta di fatto, invece, che in quel momento l'Italia p·1rvc adottare la politica diretta ad abbattere la }.Ionarchia d'Asburg.o. E sembrò che l'on. Orlando comprendesse l' importanza suprema del momento e le possibilltI1 che offriva. 1\Ia dietro J'on. Orlando sta\'a l'onorevole Sonnino. Questi la.sciò fare il Congresso di Roma, perchè dopo Caporetto non poteva impedirlo, ma nell'atteggiamento psicologico di colui che, profondamente ~cttico sulla bontà di un rimedio proposto per salvare un moribondo, lo lascia tuttavia esperimentare in mancanza d'altro. :\la pur lasciando fare, non recedeva d'un pollice dalla sua \'CCchia conce– zione: la LOncezione cli una guerra ad un' Au– stria che 110n peltva sfasciarsi, per toglierle con le armi ciò che non aveva ottenuto con quelle tratt,ltive della e ii squisita fine1,1.a è monu– mento in~igne il libro del forfait, apJ.,Cllato ufficialmcme « Libro Verde ». C'è qualcosa di ciclopico ncll' immutabile ostinazione con cui l'on. Sonnino ha tenuto f··de alle concezioni politiche e diplomatiche della prim:ixera del 191j. Sono crollati regni cd imperi.: è intervenuta l'America; sono sorti nuovi Staji ; si sono agit,tle nuove correnti di idee. ·g{ l'on. Sonnino è rimasto sempre co– me torre formo. Le forze ideali e màteriali <lei po,~.-. 1 : ,, lh monarchia d'Asburgo? Un mito! Lv ~ ....... -:– bramento della i\Ionard1ia ? Una. follr:-t che non pote\'a entrare nei fini di guerra dell' l• talia ! Dato questo atteggiamt:nto morale e men– tale, si spiega quale ·appoggio ~ia \'<'"'•ltodalla Consulta alla politica delle nazion:ilità. L'on. Orlando faceva bei cliscorsi, redi6<-"a sonanti t<'! ~ram:ni, versava lagrime, succhiava smen– t1t'!: e t'un. Sc,nn:Oo tatcva, ed operava. Q:1a 1 1do sorse l'iniziati\·a di costituire coi prigionieri ::ippirtencnti alle nazionalità op– pres~e, lec,ioni di volontari da inviare a.Inostro fronte, solle\'·, mille o!)biezioni e difficoltà e non firmù la convenzione militare con gli Czechi. Quando i rappre!>entanti czcco-slovac– chi proposero di fan! una convenzione per re._;ol ire il conrnh.rcio dello Stato Czcco-slo• v,\CC•>con Trieste, si rifiutò risolutamente. Kon entrava nel ~uo tcsc:1io che si potessero stringere trattati e convenzioni con Jei ribelli contro lo Slato au~tro-ungarico, col quale pure l'ltuiia era in guerr,1, ma che si c!ove\'a rispet~ tare nella sua costituzione interna, pen .. hè era immortale; e se era nemico oggi, poteva ri– tornare amico domani. Se qualche pa.-,so la Consulta fece nella p litica. delle nazionalità, fu per tentare di / porr.: di:;sidi fra l'un~ e l'.iltra delle nazionalitiL stesse: per esempio fra czechi e jugoslavi. Kon vabe che il Bcnes in più di una inter– vista ammonisse che i problemi czechi e jugo– slavi non si potevano scindere, che la questione ddle na1.ion:llitit opp:es~e dalla I\lonarchia d'A,;burg') si dove,·a trattare e risolvere r,lo– balmentc: vi fu chi carezzò la stolta illusione di poter insieme fa\'orire gli czechi e contra– stare gli jugosla\·i ! ._ ~tt:.:.~:\.: 't :;, ,i•rrti d' ·.mr ,i. -i, (i 0 ing~iltf'_"l·a di Francia, apri\ano gli occhi sui ,·eri carat– teri del problema austro-ungarico, compren– de\·ano che tale problema non poteva essere risolto se non per le vie adottate dal Con– gresso di Roma, e si mettevano risolutamente su tali vie. E la politica italiana, oscillando fra i singhiozzi dcli' on. Orlando e il silenzio spaventoso dell'on. Sonnino, rimaneva accan– tonata come un carro incapace di muoversi su un binario morto. l soldati italiani distrnggcvano l' Impero austriaco nelle battag!ic dd Pia\'e e di Vittorio V~nc10: e l'on. Sonnino continuava a consi• dernre come base della sua politica la impos– sibilità dello sfasciamento dell'Austria. Ancora il 3 ottobre 1918, l'ou. Orlando - lo schiavo bastonalQ clcll'on. Sonnino - a I hi gli parlava della necessità di lanciare ufficialmente il motto « delenda austria », risponrleva che erano fan– tasie, che erano follie. La conferenza di Parigi. Eppure era proprio quello il momento in cui l' lt:tlia pot'-!va e dovev~1 a~sumere una posidonc di iniziativa eminente nl!lla soluzione dei problemi danubiani e bakanici. Bisognava, dopo la battaglia di Vittorio Veneto. farsi forti immediatamente del Patto di Roma, e i1witare in ba~ a quello gli Slav: del Suè a sistemare in tratt 1tivc dirette il problema tenitorialc. Bisognava compiere opera amichevole di me– diazione tra i nuo\'i St:tti sorti cl.dio sfacelo dell'Austria. /Juog11ava 1101: presentarsi alla Om– ftrmzo della paa isolali nel mo11do >;on mai come in que:sto ca~o la fede a certi principi generali ùi gi:.btizia si era trovata a coindder;;: col t,ostro intcres~e nazionale. Se la co11fere11z1della pace si fo-;~e trasformata in una lotta fra i JJiÙ forti e i più c!cboli, l'Italia non sarebbe stata certamente la pili forte. Lo dovevamo impedire questo dis,1stro: dovevamo farci paladini dei piccoli popeili; dovevamo criger<..ia propugnatori di una pace di giusti– zia anche di fronte alla Germania; dovevamo metterci a f:anco del Piesidentc \Vilson, ~i, del Presidente \ViJson, contro cui vggi è m>da in– solentire volgarmente, rua che non ha trovato nei nostri negoziatori nessun aiu10 1 :,nzi li ha uovati complici di tutte le infamie che la Conferenza imponeva alla sua riluttanza! E oggi isolati nel mon lo non sar..mmo noi: sa– rebbe la Francia di Clcmenceau, o meglic la Franci;t si sarebbe sbarazzata di Clemenceau, e nel mondo non sarebbe isolato nes:suno. E anche se non avessimo potuto disarmare la in<;olenza degli Slavi e le cupidigie altrui. avr<:mmo combattuto per principi di giustizia risolutamente affcnnati: avremmo preparato l'anrenirc; non ci saremmo lasciati prendere nella rete dei compromessi. Col metodo son– niniano della politica pscudorealistica, tutto quello che avruno, lo avremo come perdenti Con la politica, che i deficienti chiamano con disprezzo ideal:stica, e idealista è davvero, ma è anche realist I sul scrio, - quel che avremmo otte• nuto 1 l'avrc.mmo ottenuto forse come \'incitori; e anche se l'avessimo ottenuto come perdenti, sarebbe stato in una lotta in campo aperto, per un programma di giustizia per tutti. Metro quadrato di più, metro quadrato di meno, sa– rebbe stato, materialmente, lo stesso: mo– ralmente la posizione sarebbe stata capovolta: non avremmo, con la nostra azione, giustificato k: P~tii;iori cupid:gie ·lltrni. Se politica è arte dei limiti e aellc possi– bilità, questa doveva essere la nostra politica. Era la politica di Bisso1ati. Ma Bissolati, dopo Vittorio Veneto, fu messo alla porta del Ministero, in cui era stato chiamato nell'ora del pericolo. E quando tentò esporre le sue Idee nel discorso di Milano, fu brutalmente svillaneggiato. Perchè dopo la battaglia di Vittorio Veneto, l'on. Sonnino non ha avuto che un'idea sola: metter fuori di tasca il trat,tato di Londra, che pres11pp,o11e il manlemi11e11/o del/' Auslri'o, e non occuparsi di altro. Questa essendo la politica sonniniana, che meraviglia che jugoi:ilavi, e czechi, e romeni, e polacchi, e greci, si sieno rivolti, non a Roma, ma a Parigi? E che meraviglia che il Governo francese abbi,t preso, per il Mar Nero e l'Adria• tico, il posto che I' ltalia ha abbandonato? Che diritto abbiamo noi di protestare contro la po– litica fran,:esc diretta a r:costruire l'Austria, se questa è stata sempre la politica consape\'Ole e tenace del nostro Ministro degli esteri? Apriamo ancor3 il GiOmale d'flnli'a del 21 maggio 1919, e leggeremo con la firma Vettori, uomo di fiducia giNnalistica cld!'ono– revolc Sonnino: « Non sappiamo invero cosa « sia preferibi1c: .se ingrandire la Germania di· « dieci milioni a,·endola confinante al Brennero, « oppure confin;;1re con un'Au~tria ridotta a << otto o nQve milioni e necessariamente co– « stretta a fare una politica, non più rivolta « contro l'Italia, ma. diretta a barcamenarsi « tra le divaganti avidità e rivalid1 dei nuovi « Stati danubiani. Francamente questa voluttà « di ingrandire la già pletorica Gennama e « farla gravitare sulla nostra testa non si com~ « prende. Ad ogni modo resta a vedere se « con\'eniva ,111' Italia di opporsi alla realiz1.a– « zione cli uno dei postulati di una pac.:: ne– « ccs!:,ariamentc e prevalentemente antìgenna– << nica per aumentare le diflico:tà nella nostra « pt,sizione diplomatica verso la l'-r,mcia e « l'Inghilterra ». Di questa spropcsitata concedone dell'ono– revole: Sonoiuo, e di tutti gli altri mo0;;truosi

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