Una città - anno III - n. 23 - giugno 1993

• giugno LA PAURA DELLEMAMME. Dopo il rogo di Solingen alcune donne turche di Mannheim raccontano la loro rabbia, la paura per i loro figli spesso nati in Germania, il gelo che è calato con i tedeschi. In terza. LA NON VIOLENZA NON DEVE RIFIUTARE LA REALTA'. Don Albino Bizzotto ci parla de/l'impegno pacifista dopo la morte dei tre volontari italiani in Bosnia. In seconda. IL FIUMICELLODELBOCCACCIO è il fiume di casa di cui sappiamo meno che di Manhattan. Di radici, diversità e dei guasti terribili che hanno fatto le grandi idee della modernità ci parla Vincenzo Buglioni. In quarta e quinta. Con I NUMERI E L'IMMAGINE di don Sergio Sala. SU USTICA SI SPEGNEVA LA TV è /'intervista a Daria Bonfietti, su come è nato il suo impegno grazie al quale oggi quelle vittime non saranno più dimenticate. In sesta e settima. LA PAROLA PACE è /a lunga intervista a una giovane coppia di israeliani che vive a Bologna. A partire dal racconto di come /'intifada dei coltelli stia cambiando le abitudini degli israeliani, una franca discussione su come risolvere il problema dei territori e della pace. Con il racconto della nonna che, sopravvissuta ad Auschwitz, disprezza i deboli. In ottava e nona. UN USO PERVERSO DELLASTORIA. Vidal Naquet, storico di fama mondiale, impegnato in prima linea nella lotta contro la menzogna revisionista, ci mette in guardia contro i rischi di una "memoria obbligatoria" e contro quelli di una strumentalizzazione politica della Shoah. In decima e undicesima. LA NASCITA ETERNA è /a "stazione" di Gianluca Manzi e LA SACRA INFLAZIONE l'intervento di Rocco Ronchi. CATENE E SALVEZZA è /'intervista a Stefano Ippolito che dopo avere passato tre anni a San Patrignano ha fondato un gruppo per combattere la cultura repressiva che sta alla base di San Patrignano. In dodicesima e tredicesima. Insieme a un intervento di Marina Pasquali, del gruppo lpazia, sul problema dell'Aids nei neonati. COMUNITA' DI FRATRES è l'intervista a Vito Fumagalli sulle comunità del VI° secolo e sulle assonanze con i nostri tempi. I VICINI CHE SI VERGOGNAVANO è il racconto di una mussulmana di Mostar sulle vicissitudini cominciate da quando i serbi cominciarono a parlottare fra di loro. In· ultima. Bianco

in Europa Quando in Bosnia si fucilano gli autisti dei camion dei viveri, si demoliscono ospedali e inesorabilmente ci si avvia agli atti finali, quando in Germania scende il gelo anche fra quei tedeschi e quei turchi che da decenni intrattenevano rapporti di buon vicinato e il potente cancelliere crede bene di non dover rendere omaggio ai corpi dei bimbi bruciati vivi per odio razziale, quando i soldati del nuovo e pacifico ordine mondiale uccidono bambini in Somalia mentre in Bosnia, con l'arma spianata, assistono inerti all'uccisione di bambini, e quando ovunque i partiti del cattivo umore, del risentimento, della malignità guadagnano consensi e iniziano a proporre soluzioni contro le "brutte facce" degli stranieri, allora si resta sgomenti e non si sa più cosa pensare, cosa fare. Vien solo da sperare nel giorno in cui ai giovani tutto questo non andrà più bene. E forse tanti, fra coloro che si avviano alla vecchiaia, vedendo quei giovani volontari sul luogo della strage di Firenze, avranno ripensato ai giovani che accorsero a Firenze dopo l'alluvione del '66. Fu il prologo di un imprevisto di-lagare, in un'intera generazione della Europa di allora, di curiosità reciproche, di pietà verso chi sta male, di amore per il sud, di fermento di idee e discussioni. In una pagina di questo numero si racconta di due giovani che nel '45 attraversarono un'Europa in macerie su un motorino tedesco. Avevano per bagaglio solo un pigiama a righe, erano innamorati e fu quella la loro luna di miele. Poi hanno costruito un paese, hanno attraversato gli oceani, hanno fatto fortuna, allevato figli e trovato il tempo, nelle notti, di ricordare chi non c'era più e di discutere di politica. Nella stessa pagina, una ragazza ci dice che dei giovani capaci di tanto, dopo essere passati, e per nulla indenni, attraverso il fuoco, oggi non ci sono più. Chissà. Quel giovane imprenditore ricco e fortunato cosa ci faceva in Bosnia? Che senso aveva andare a rischiare di morire per quei quattro miserabili sacchi di cibo? B I A~ Inalto a sinistra: la tragica fine della fugadi due innamorati, lui serbo lei mussulmana. In alto: Germania, i funerali delle vittime del rogo di Solingen. Qui sopra: il rientro in Italia della salma di uno dei tre volontari uccisi in Bosnia. A sinistra: giovani volontari all'opera sul luogo dell'attentato di Firenze. NON VIOLENZA E REALTA' La disperazione che ha il sopravvento. Il rifiuto di demonizzare qualcuno insieme all'inevitabile riconoscimento dell'aggressore. La presenza pacifista in Bosnia quest'estate. Intervista a don Albino Bizzotto, dei Beati i Costruttori di Pace. Qual è la situazione dopo l'assassinio dei tre italiani? Per quanto riguarda la situazione nelle zone di guerra siamo al disastro: si sta degradando sempre di più ed esiste ormai una corsa ad avere il più rapidamente tutti i risultati possibili. senza il rispetto di nessun tipo di regole da nessunaparte. Ho ricevuto proprio oggi una telefonata da Sarajevo ed anche Il esiste ormai una profonda sfiducia anche nelle persone che fì no ad ora hanno lavorato per mantenere un minimo cli normalità, secosì si può chiamare, nella vita di una città assediatae bombardata da più di un anno. Adesso siamo arrivati ad una situazione cli disperazione generale. Per quanto riguarda il volontariato stiamo attraversando una fasedi grande rinessione. C'è naturalmente la volontà di continuare. che però va misurata con l'organizzazione e le cose che si vogliono fare, con le possibilità reali che restano di agire ed intervenire. Per esempio, in questo momento. uno degli elementi più difficili con cui ci scontriamo e ci scontreremo è garantire la possibilità di comunicazione. E' statc1abbandonata la 1>ropostadi scortare i volontari con i soldati'? Certo. noi non abbiamo chiesto cli avere la corta cli uomini armati. E' una proposta che non tiene. perché mai chi agisce nella non violc11Lapuò chiedere cli garantirsi attravcr~o l'uso della violcn-za.Noi non abbiamo chiesto al ministro cli avere una pro1c1..ioncparticolare o armala. abbiamo chiesto cli avere quel tipo cli coordinamento e protc1..ione che possono avere tu11igli altri che sono impegnati nell'azione cli assistcnza.Chiediamo semplicemente un· azione cli informazione, di monitoraggio e, se occorre, un servizio ONU. Non le pare che bisognerebbe aprire la discussione su un intervento armato con più franchezza? Su questo punto bisogna essere molto chiari: io non credo a una nonviolenza astratta, che in nome del suo progetto finisca per rifiutare la realtà che ha davanti. Credo che la nonviolenza debba avere un proprio progetto e per noi il progetto in questo momento è che come società civile dobbiamo farci carico della guerra perché la guerra è un fatto umano. come tutte le realtà fatte di persone, perché sono persone sia quelle che muoiono che quelle che sparano. Allora la guerra non deve essere un tabù per la società civile. ma deve diventare un problema che bisogna risolvere insieme. E non delegarlo a poche autorità militari o ai capi di stato. D'altra parte credo che la gente abbia un suo progetto per difendere e alimentare la vita all'interno delle famiglie e abbia un suo metodo di affrontare i connitti. e credo che a nessuno mai venga in mente di comperare una pistola per risolvere problemi anchegravissimi con i figli o il coniuge. Allora questo metodo va allargato alle ~i1uuioni elcipopoli. Questa è una progc11azionc sulla nonviolenza. Però io non posso non tenere conto cli lutto quello che si muove nella situazione a11ualce elci metodi u~ati dalla comunità imerna?ionalc. Di fronte ad ipote~i di intervento multinazionale e cli intervento O U. io sono per un intervento O, U; tra un intervento cli bombardamento mirato con le bombe intclligc111i (come se csistc~~cro...) ed un intervento a terra. io sto con l'intervento a terra; tra un intervento a terra che tenda ad allargare il connitto e colpisca la popolazione civile e un· azione per proteggere le popolazioni inermi io sto con quest'ultima ipotesi. Non so se rendo l'idea. Non sono né uno che decide la situazione del mondo né uno che sta a guardare e rifiuta tutto quello che accade. Di fronte a tutto quello che avviene io devo mettermi dentro a tutte lecontraddizioni. cercando di aver chiaro che l'ONU è nata proprio per non allargare i connitti. per eliminarli. Quindi son d'accordo con Butros Ghali che sta facendo una lotta titanica comro i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e contro il tentativo di togliere ogni credibilità all'azione dell'ONU a favore di vecchie istituzioni tipo la Nato. l'UEO. ccc. E oggi l'ONU rischia di essere fagocitata da queste altre strutture internazionali proprio perché la gestione dell'intervento nei connitti non è lasciata al Segretario Generale. un· autorità sovranazionale. e perché non ci sono soldi. Sono convinto che seUSA. Russia. Gran Bretagna, Francia e Cina accettassero la linea Butros Ghali. queste cose sarebbero possibili. Il guaio è che hanno paura cli perdere la loro leadership. Così oggi l'ONU è alla bancarotta. A questo punto pare paradossale che i mussulmani, ormai da tutti riconosciuti come le principali vittime del conflitto in Bosnia, siano anche gli unici a patire l'embargo delle armi... Se la colllunità internazionale si C0lll· pona in questo modo. la richiesta di armi eiaparte dei lllw,sulmani è lcgittima. Tuttavia dobbiamo fare il possibile perché il problema si risolva per altra strada, altrimenti dovremo ammettere un fallimento generale, proprio di tutti. A che punto è la preparazione dell'iniziativa di quest'estate? Il progetto rimane in piedi e sarà un progetto nonviolento. Da più parti ci viene chiesto di esseremolto schierati. molto determinati in favore di chi è più vittima di questa guerra. Noi pensiamo che non possiamo accettare la demonizzazione di nessuno, anche se è chiaro che non possiamo far finta di non vedere dove sta l'aggressore e dove sta l'aggredito. Però i I nostro atteggiamento sarà di introdurre un metodo, una presenza. un modo cli leggere le cose che faccia ripensare tutti quanti. Perciò la nostra presenza sarà principalmente a Sarajevo. ma saremo anche fra i serbi e fra i croati in altre località. Abbiamo un pensiero anche per Mostar, ma di carattere confessionale. nel senso di una comunità cattolica che nella città aiuti la comunità mussulmana come gesto in qualche modo di contraddizione nei confronti dell'identificazione etnica e nazionalistica cli parte della Chiesa di Croazia. 11 nostro sforzo. nei limiti del possibile-voglio chiarire che non farelllo né i crociati né gli arditi e quindi misureremo sia le forze che le possibilità- sarà cli essere presenti con un gruppo fisso di 60/80 persone alle quali si aggregheranno, sulla base di turni scttilllanali o più lunghi. altre centinaia cli volontari che già hanno iniziato in Italia lavori cli gruppo educativi e propedeutici al loro impegno nella cx Yugoslavia. -

Bi state rapine, risse. La polizia è stata sempre chiamata, ma ora non più (il riferimento è agli scontri tra curdi e turchi nelle banche turche in Germania. n.d.r.). Ora va a lavorare con sentimenti di paura. Anche per me è così e se mio figlio torna a casa tardi ho paura. Non è vita questa. Fortunatamente nell'ambiente dove lavoro, la scuola materna, le cose vanno bene. I rapporti con le colleghe sono buoni, non sono razziste e non mi posso lamentare. Sehriban: Scusa se intervengo, ma non hai problemi perché hai semLa disperazionE: e la rabbia delle donne turche. Molte di lo.ro hanno figli nati _inGermani~· P.::dbe;~:~~!.~~ar~~~ 0 s~~!~:;~;~~~ che non sanno 11 turco e ora hanno paura se tardano a rientrare. Quella distanza negh bastanza cordiali. Ma dopo le mie occhi del vicino tedesco che prima non c'era Parlano donne turche di Mannheim. es~erienze,_ho molti_amici e_colleMolte donne turche si ritrovano 11t11i i giomi alla "Casa della cultura turca·· di Mannheim perseguire sia corsi di tedesco che corsi di alfabetiz:::,a;:,ioneper imparare a leggere e scrivere nella loro lingua madre. Pochi giomi dopo i fatti di Solingen 111,a nostra collaboratrice che vive in Germania. ha incontrato lì un gruppo di loro e ne ha raccolto le impressioni. Vi sentite ancora sicure a stare in Germania? E/if: Sono venuta in Germania ventitre anni fa. Adesso, da due o tre anni. la situazione è peggiorata. lo ho due bambini, cli sei e dieci anni; una è femmina. So le cose successe ai bambini e per loro ho paura: ho paura se verso le cinque. le sei. ciel pomeriggio non sono tornati o se sono andati a trovare qualcuno. Con i miei figli parlo di quello che succede, degli avvenimenti cli un anno fa... Anche lì sono morti dei bambini ... I bambini non hanno nessuna colpa. Quel lo che è succe so quest'anno è ancora peggio: sono morti cinque bambini. Ho molta paura. I problemi cresceranno. Sariban: Se in una casa cli cinque o sei piani abitano tutti turchi è male. Se fosse abitata eiametà tedeschi e metà turchi sarebbemeglio. Sesono tutti turchi il pericolo che bruci è grande. lo ho più paura in questo momento. Voglio che i miei figli alle I 6 siano a casa: prima un ritardo di mezz'ora non era un problema, ma se adesso tardano mi viene paura. Cosa pensate della Germania, dei tedeschi, adesso? Pensate di andarvene? Naciye: Fino a pochi anni fa pensavo di restare. Ma adesso non lo so più. Adesso ho paura. Zeynel: Prima pensavamo: abbiamo il lavoro, i bambini qua vanno a scuola. In Turchia non potrebbero neanche andare a scuola perché sanno poco il turco. Se tornassimo indietro avremmo molti più problemi, ma in Germania peggiora sempre più. Tutto brucia, ammazzano tutti. colpi in testa tutti i giorni. E una settimana dopo tutto è dimenticato. Saray: lo sono d'accordo con quello che ha eletto prima la mia amica. Vivo in Germania eia eclici anni e ho paura cli salire sull'autobus per andare al lavoro la mattina; ho paura quando i bambini tardano. Viviamo con una grande paura. Zeyner: Sono venuta in Germania nel 1966. Sono metà tedesca, fino a due anni fa non ho avuto nessun problema. Ho degli amici tedeschi; mia figlia, che studia all'Università, ha un'amica che durante le ferie è sempre venuta èon noi in Turchia. Anche mia figlia finora non aveva paura, ma adesso è tutto cambiato. Per esempio, fino a poco tempo fa i miei vicini di casa sono sempre stati gentili, ma adesso tolgono lo sguardo, a malapena si può dire buongiorno. Ho notato subito questo cambiamento. Sapevano che non è colpa nostra per i problemi che sono nati adesso. Forse ora pen ano che noi abbiamo la colpa. ma prima ci lasciano venire, poi arrivano i figli. ci danno il lavoro ... Adesso è troppo tardi. Ma come si po sono risolvere i poblemi con gli incendi? In questo momento non so proprio cosa pensare, se restare o tornare. Non lo so. Mio marito è venuto nel 1964 e dice che non può semplicemente squagliarsela. on possiamo lasciare tutto. Mia figlia non ha ancora finito i suoi studi e non possiamo andare via dall'oggi al domani. E poi mia figlia non sa bene il turco, anche per lei è difficile. lo e mia figlia ne parliamo tutti i giorni: le dico di moderarsi, di non dire niente. di non dare nell'occhio. Ma non glielo posso dire tutti i giorni, magari ha paura anche lei. E per lei il conflitto è ancora più grande, perché ha degli amici tedeschi, è nata qui e se va in Turchia è straniera anche là. Per lei è ancora più difficile. E sul lavoro ci sono problemi con ABBONATEVI A UNA CITTA' 1O numeri 30000 lire Conto Corrente Postale N. 12405478 intestato a Cooperativa Una Città a r.l. SCRIVETECI il nostro indirizzo è P.za Dante 21, 47100 Forlì Telefono e fax: 0543/21422 PONTI DI DONNE ATTRAVERSO I CONFINI Spazio Pubblico di Donne è una proposta di riflessione e iniziativa che si rivolge sia a chi già fa politica delle donne sia a chi appartiene al femminismo diffuso, che invita a investire forze e intelligenze attorno a progetti comuni di conoscenza e di intervento, quali "Ponti di donne attraverso i confini".Questo progetto prevede la creazione di Centri di informazione e accoglienza per donne vittime di violenze e stupri in 4 luoghi della ex Yugoslavia, per un aiuto finalizzato non al puro recupero, ma alla valorizzazione e al ristabilimento dell'autostima e dell'autodeterminazione di sé. L'iniziativa sorge sotto il segno dell'emergenza per stabilire reti di scambio durevoli in "luoghi difficili", ove non solo la libertà ma la stessa esistenza femminile è minacciata. Spazio Pubblico di Donne ha organizzato una raccolta di fondi per le più gravi urgenze. I contributi sono da versare sui seguenti conti correnti bancario e postale: Conto corrente bancario n.25069, inte~tato a Spazio Pubblico di Donne, pre\\O la Banca Popolare di Milano, Via Carbone<,i 11, Bologna: Conto corrente postale n.22583405, intestato a Spa,,:ioPubblico di Donne, Bologna. Il sostegno può essere garantito anche acquistando in varie sedi cartoline e manifesti a titolo "Crimini contro le donne. Lo stupro in Bosnia nei disegni di Amira, ragazza di Tuzia". Per informazioni: Centro di documentazionedelle donne, Bologna - tel. 051 / 233863 1oteca 1no 1anco • gh1tedesch1,credod1 poter dire che i colleghi tedeschi? Fra voi la situazione è cambiata? Zeyner: Finora non ci sono stati problemi, ma sento che stanno arrivando perché la situazione è già cambiata. Prima non mi sentivo "straniera", ora sì, lo sento. Lo sento dalle loro facce, sono seri, acidi. Prima ci salutavamo sorridendo, ora tengono di più le distanze. Anche con i vicini di casa sento il cambiamento. Prima ci trovavamo di più: ci invitavano e noi invitavamo loro. Ci facevamo dei regali. Mio figlio ha passato spesso la notte a casa degli amici tedeschi, mia figlia ha portato i suoi amici in Turchia ... Ma oggi? Lei vorrebbe tornarci con loro anche quest'anno, in fin dei conti sono cresciuti insieme. Come pensate che sia nata questa situazione? Zeyner: Non lo so. Forse i tedeschi non hanno più bisogno di noi ... Forse semplicemente non vogliono più così tanti stranieri. Noi questo non lo capiamo. Paghiamo i nostri contributi, paghiamo le tasse, spendiamo qua i soldi che guadagnamo. lo penso che se tutti gli stranieri andassero via la Germana sarebbe in ogni caso "kaputt". Le case sarebbero vuote. Mia figlia finirà i suoi studi fra un anno e mezzo, mio marito sarà pensionato e a noi si porrà la domanda: "dove?" Mio marito dice: "indietro'', ma mia figlia vuole restare qua ... Mia figlia qua da sola ... Non mc lo posso immaginare. Noi stranieri prima eravamo utili per i lavori che nessun tedesco voleva fare, per esempio il lavoro in miniera. lo lavoro da dodici anni alla "John Dccre" e là, per esempio, c'è un uomo che probabilmente ha spazzato la fabbrica prima di noi e poi è diventato un capo. Vorrei vivere qui come un essere umano, ma se i tedeschi non ci vogliono più, ci restituiscano i nostri contributi e cc ne torniamo a casa! Sehriban: Figurati cosa succederebbe '>C ripagassero i contributi a 1.800.000 turchi che -.ono in Gcrmania' Non funziona. Comunque non vogliamo aspettare fino all'età della pensione per riavere i nostri contributi ... Se non hanno più bisogno di noi poi possiamo andare. Altrimenti vogliamo vivere come esseri umani: paghiamo tasse, contributi, ci adattiamo dappertutto e dall'altra parte veniamo bruciati. Questp ci rende molto tristi e i tedeschi si devono vergognare. Mera/: Adesso abbiamo paura soprattutto per i nostri figli. Abbiamo continuamente la sensazione che fra poco succederà altro. Io ho quattro figli, uno lavora e due vanno a scuola. Se gli succede qualcosa, cosa si può fare?Quando sono morti anche piangere non serve più a niente. Bisogna fare qualcosa prima... Se andiamo via tutti, la Germania sarà vuota, e poi? Una donna del sindacato una volta mi ha detto: "Sa, i turchi hanno così tanti figli e noi dobbiamo pagare le tasse per loro" e io ho risposto: "Un attimo. Hanno magari sei figli, ma comprano anche il pane per loro, sei pantaloni, e tu compri solo un paio di pantaloni, un pane! Se alcuni hanno molti figli, lavorano anche per loro, non hanno in regalo niente". Sehriban: lo vivo da 13 anni in Germania e sono laureata in matematica e tedesco. In questo momento lavoro come insegnante. Come hanno già detto le altre, finora non ho avuto delle difficoltà. Anzi, posso dire che ho avuto rapporti molto bu'oni con i tedeschi, ma dopo tutto quello che è successo mi sono innervosita. Credo che si debba fare qualcosa di concreto. E visto che sono state colpite particolarmente le donne, dovremmo, noi donne turche insieme a donne tedesche e straniere, fare qualcosa contro tutto questo. Anch'io ho paura, ho due figi i e origi nariamcntc avevo progettato di restare per un periodo lungo e per questo motivo ho comprato una casa. La setLimana scorsa ero in casa e avevo continuamente paura per i miei figli che giocavano fuori, li volevo avere sempre sotto gli occhi ... Una mia vicina mi chiedeva perché tenevo d'occhio i miei figli e quando le ho risposto che ho paura dopo tutto quello che è successo, mi diceva di non generai izzare, che sono solo poche persone a fare questo. Può darsi, ma assalire dei bambini ... In prospettiva come vedete la situazione? Sehriba11: Al primo posto dovrebbero esserci degli sforzi per farci avere la doppia nazionalità. Se ottenessimo questo, i politici si occuperebbero di più di noi, perché hanno bisogno anche dei nostri voti. E se paghiamo contributi e tasse, perché non dovremmo votare? Questa è una possibilità di risolvere il conflitto. Ma anche con più manifestazioni culturali si può avere un risultato. Penso soprattutto amanifestazioni turche, perché i turchi sono stati colpiti di più. Mera/: Quando ho visto in televisione ciò che è successo, mi è venuta una paura terribile e particolarmente mi ha spaventato il fatto che sono stati colpiti bambini e donne, persone deboli. Sembra quasi che r abbiano fatto apposta ... E poi perché solo turchi? E' razzismo questo. E' inumano ... Di più non posso dire. Quando penso a come erano buoni i rapporti una volta! Mio padre mi racconta spesso di questo. E' insegnante e racconta che nel 1945, durante la guerra, aveva una razione di pane di 25 grammi: la metà veniva mandata agli studenti in Germania perché in Germania c'erano solo patate da mangiare. Quando io sono venuta qui avevo ventidue anni e il mio tempo più bello l'ho passato con i tedeschi; le mie energie le ho investite qui, i nostri figli sono nati qui, ma non voglio abbandonare la mia cultura. Anche i tedeschi che vanno al I' estero curano la loro cultura. Sono orgogliosa di essere turca. Perché no? Ma se lasciamo tutto così. se non facciamo niente, senon reagiamo ... J\nchc il governo, i politici dovrebbero fare qualcosa. Mio marito, per esempio, lavora per una banca e là spesso ci sono quando metti in dubbio quello che dicono e pensano, fanno vedere i denti, la loro vera umanità. Io ho questa immagine concreta dei tedeschi: sanno sempre di più, sanno sempre meglio e sanno fare tutto in maniera migliore. Molti spesso sono anche ingrati. Quando succede qualcosa, sono sempre i turchi ad averla combinata, oppura la famiglia turca che abita di sotto. Naturalmente ci sono anche persone migliori, ma sono eccezioni. E come si può reagire? Cosa possiamo fare noi, non solo i turchi, ma tutti gli stranieri? Mera/: Sì, tutti gli stranieri! Io penso che non sia solo un problema turco. Anche gli italiani un anno fa sono stati vittime di assalti ... Una settimana fa, sulla piazza del mercato, un naziskin ha urlato contro gli stranieri: "stranieri di merda, fuori". Un paio di italiani lo hanno avvicinato e poi alcuni turchi e anche qualche jugoslavo. Tutti insieme ... E a me piaceva. Mi piaceva, non voglio la violenza. Sehriban: Anch'io sono contraria alla violenza, ma... Quello che hanno fatto a Solingen, bloccare l'autostrada, eccetera, lo trovo niente male. Finalmente i turchi mostrano che non si lasciano fare tutto, che anche loro possono far vedere i denti! Mera/: Sono convinta che con la violenza non si arrivi da nessuna parte, ma ci si sente provocati: vogliono così. E poi ho la sensazione che mandino i minorenni perché non sono penalizzabili. Sehriban: Bisogna fare qualcosa. lo penso all'idea di fondare un'associazione di donne straniere e tedesche che insieme possano in qualche modo dare un contributo. Collaborare con altre associazioni straniere, far sì che i giornali e la televisione parlino di più. Si può fare molto già nelle scuole, bisogna cominciare di lì. Bisogna fare qualcosa, non stare zitti. Perché cose come quel le che sono successe aumenteranno, si ripeteranno. • UNA CITTA' 3

di politica B Il mondicino stupido immaginato dai pacifisti. Gli sterminii più orrendi in nome dell'uguaglianza universale. La democrazia che ha deresponsabilizzato e sradicato. Il ghetto come difesa della diversità ••• Intervista a Vincenzo Bugliani. Vincenw Bugliani è professore di lettere in u11liceo a Firenze, è fra i fondatori della Gilda, rapprese11tanza di base dei professori. Collabora alle edizioni dei Quaderni di Ontig11ano. Guardando quello che succede nella ex Yugoslavia, ma anche in Italia col fenomeno delle Leghe, sembra che la ricerca di radicamento, di identità collettiva, possa assumere solo la forma del nazionalismo esasperato: non è quindi possibile rapportarsi con tali questioni con un'ottica che non sia reazionaria? perso, tutti, sempre ... E bisognerà pure sbattere il muso contro questa cosa e arrendersi a qualche evidenza, perché, se no, perderemo sempre da questo punto di vista. Io non sono un non-violento, un pacifista ad oltranza: mi pare stupido immaginare un mondo, che non è mai esistito e non esisterà mai, di totale assenza di conflitti. I conflitti vanno irreggimentati, ovviamente, tenuti entro termini precisi, però un mondicino stupido come quello immaginato dai pacifisti mi fa più schifo della guerra; francamente, mi sembra impotente e vile. Rispetto a ciò che chiedi è la stessa cosa, mi sembra che ci sia la stessa ingenuità terribile che c'è di fronte alla guerra. Bisogna rendercosti di questo eroismo antinazista, per esempio a via Rasella a Roma. Io non lo o se durante la resistenza sia stato più eroico il comportamento delle donne, di mia madre, che hanno tirato avanti la famiglia col marito prigioniero in Germania, o chi si è messo a fare l'eroe, a tirare bombe contro i tedeschi facendo ammazzare trecento persone. I pacifisti norvegesi, gli operai, gli insegnanti, che inventarono teeNon conosco, in realtà, casi in cui la difesa della propria identità etnica abbia conosciuto gestioni progressiste, democratiche o di sinistra. Il progresso, in Europa, è sempre stato identificato con la desertificazione, con lo spazzare via ciò che è di ostacolo ... lo non sono di destra, e mi sembra umiliante doverlo dire, ma è vero che le bandiere progressiste hanno fatto disastri quanto quelle reazionarie, fasciste e naziste ... Ma la domanda mi sembra davvero terribile: presuppone che ci sia una innocenza di qualche settore ... Non che io non abbia la speranza che sia possibile fare diversamente, ma non vorrei che ci si illudesse, come si fa spesso di fronte alla guerra. Quando, per esempio, si è convinti che basti qualche emozione pacifista dell'ultimo momento, qualche tenda in piazza, per scaricarsi la coscienza di fronte alla guerra. Questa è un problema talmente radicato e profondo che non basta, ali' ultimo momento, fare un digiuno -come ho fatto anch'ioper illudersi che il pacifismo vinca sulla guerra: la guerra è più forte della pace, è evidente in tutta la storia del mondo, è talmente più forte che i pacifisti hanno sempre si èonto che quel che è stato messo • in- moto rende ridicolo chiunque all'ultimo momento alzi una bandiera che non ha nessuna forza per imporsi, come se la pace fosse soltanto un'emozione e non fosse invece un lavoro terribile da costruire. la tal tribù è fatta di pidocchi, non sono uomini ••• Ogni tanto parlo con dei giovani pacifisti e viene spesso fuori che ci sono state esperienze, durante la seconda guerra mondiale, di resistenza al nazismo in forme che rinunciavano alla violenza, ma queste esperienze sono state il risultato non di vigliaccheria o di mancanza di coraggio, ma di maggior coraggio che pigliare le armi in mano, di maggior impegno, di maggior accanimento e, soprattutto, di maggior rispetto della gente. Va detto che anche chi ha preso le armi in mano contro i nazisti spesso ha fatto delle puttanate orrende, perché ha scaricato sulla gente i quindicinale di cultura e attualità una lettura dei punti chiave del cambiamento nella società, negli equilibri internazionali, nella Chiesa dal sommarlo n. 7 - 1 aprile 1993 Raniero La Velle Resistenza e pace Mau rlzlo Salvl Russia: Le forze in gioco Héctor Borrat Cllnton e l'Europa Romolo Menlghettl Quando in carcere vanno gli illustri Giancarlo Ferrero Decreti: Confusione politica e Istituzionale Flllppo Gentllonl 18 aprile una scadenza decisiva Roberto Festorazzl Unità politica del cattolici: Non tutti I vescovi sono d'accordo Andrea Bianchi Il movimento del Consigli di fabbrica Maurizio Llchtner Diritti sociali: Rivendicazioneo solidarietà? Florella Farlnelll Le donne ricompattate in difensiva Luciano Bertozzl I nuovi schiavi Giuseppe lumla Ragazzi del Sud Manuel Te)era de MNr/Marlna Nenna Psicologia: Bambini finti malati Adriana Zarrt Violenza genera violenza Mario Pollo Droga: le comunità terapeutiche Giuliano Della Pergola Sociologia urbana: Ma il pedone dove lo metto? Enrico Peyrettl Diario di un'altra Pasqua Maurizio Slmonc:elll Spese militari: Contro chi? Giancarlo Zlzola Bosnia: Aborto di umanità Arturo Paoll lii cerca di senso Carlo Molari 'Verso Il Sinodo africano Bruno Magglonl Come leggere oggi la Bibbia Rubriche: Cl scrivono i lettori • Primi Piani Attualità • Scienza, Tecnologia e Società• Cinema . Teatro • Tv - Arte • Fotografia • Letteratu• ra • Musica - Riviste • libri • Rocca/schede 64 pagine una copia L. 3.000 abbonamento annuale L. 55.000 Cittadella - 06081 Assisi richiedere copie saggio 4 UNA CITTA' o niche molto raffinate di sabotaggio, che non abbassarono la loro dignità verso l'invasore, che però non fecero nulla perch'é l'invasore diventasse peggiore di quanto non fosse già e non giocarono a renderlo più feroce, forse sono stati migliori. Ma sono diversi dai pacifisti che all'ultimo momento alzano la bandierina perché non vogliono andare a fare il servizio militare, soprattutto perché hanno paura. Ecco, questo comportamento mi fa un po' schifo. Se questo significa essere di destra ... Ma allora, tornando alla questione da cui siamo partiti, l'alternativa è solo fra il nazionalismo alla croata o alla serba e l'omologazione secondo il modello occidentale? Ho speranza che l'alternativa non sia solo questa, però dovremo seriamente ripensare a tante cose ... Un conto è la "spesa" sentimentale, l'orrore, lo schifo di fronte a quello che succede ... Dall'altra parte siamo ideologicamente disarmati di fronte a queste cose; non abbiamo mai fatto niente, noi progressisti, democratici, di sinistra, per preparare risposte a queste cose. Il progresso europeo comincia massacrando i contadini della Vandea, comincia con lo sterminio. Ben prima del nazismo la politica dello sterminio fu applicata dalla rivoluzione francese: appena nati erano già nazisti, hanno ammazzato un popolo intero perché non accettava le loro strampalate pensate moderniste. E l'Italia come si è formata, centotrenta anni fa? Sparando cannonate sui meridionali, dicendo che erano arretrati. contadini puzzolenti, schifosi, orrendi, che non volevano iI progresso; l'Italia è nata con questa mistificazione, dicendo che prima c'era la merda e dopo c'era il progresso. Ma se si fanno queste co e, queste poi riemergono: oggi paghiamo il prezzo degli errori falli. A me la Lega non piace, però la Lega è inscritta nella storia d'Italia, è da questa storia che riemergono, inevitabilmente, le energie, i bisogni, soffocati dallo stato unitario che, come tulli gli stati moderni, è autoritario, repressivo, accentratore, violento. La storia d'Italia non è peggiore delle altre -la storia di Francia è mostruosa più della nostra, però forse, dopo tanti secoli, se ne sono dimenticati- ma le nostre ferite sono ancora ben visibili; una storia nata in questo modo, poi dà questi risultati ... Di fatto, l 'uguaglianza su cui sono nati gli stati moderni si è tradotta in omologazione e massificazione, non in rispetto di diversità ugualmente dignitose che fondano la ricchezza del mondo. il progresso europeo nasce da uno sterminio Su questa uguaglianza esplodono diversificazioni e tensioni poco gradite, che si nutrono anche di paure, di odio verso qualcuno che sembra il nemico, ma che, poveraccio, è una vittima quanto te o, spesso, peggio di te. Le femministe hanno riscoperto la diversità, e non l'uguaglianza, come principio. Levi Strauss, che da vecchio ha fatto anche autocritica per avere creduto a questa ideologia egualitaria, in un saggio bellissimoraccontacheogni entità etnica e culturale -quelle che ammiriamo di più, quelle a cui in genere non attribuiamo atteggiamenti nazistici, distrnttivi: i selvaggi, gli indiani d'America, gli indios, che tanto ci sono simpaticisono l'evidente esistenza di un bisogno concreto, profondo, costitutivo, di sentirsi diversi dagli altri, anche in modi che apparentemente possono sembrare poco gradevoli. Questi dicono, ad esempio, "la tal tribù è fatta di pidocchi, gli altri non sono uomini, e così via", poi, però, quando vanno in guerra fanno dei riti, hanno una menta Iità, per cui la loro violenza è fortemente limitata e ridotta. Chi, invece, si è inventato l'uguaglianza universale ha fallo le stragi più orrende. Oggi, qualunque rivendicazione di sé viene tacciata come razzista, c'è una specie di attesa morbosa da parte di certi democratici, sembrano bramosi di vedere finalmente scoppiare il razzismo, se no non vivono più. Dimenticano che il razzismo è una teoria scientifica moderna, che appartiene alla civiltà moderna occidentale, che è nata dalle scienze biologiche, quindi dal meglio della cultura occidentale, da Darwin. Questo razzismo è un frutto della civiltà europea e della sua presunzione scientifica, prima c'erano altri atteggiamenti, più grossolani, ma non su base scientifica ... Molti popoli antichi e non pochi popoli tribali, tuttavia, consideravano i non appartenenti al loro gruppo come di fatto inferiori. "Barbaro" era per i greci chi non sa parlare, cioè chi non parlava greco, lo stesso per i romani... Lì e' era una convinzione aristocratica, ma non fondata sulla scienza. Lo storico Tacito, esponente della classe dirigente romana del 1 ° secolo dopo Cristo, racconta anche qualche episodio della resistenza dei popoli celtici contro i romani. Parla di un capo dei celti che fece un discorso che sembra Carlo Marx; un discorso in cui spiega qual è l'atteggiamento dei romani ed in cui racconta come i Romani abbiano fatto un deserto chiamandolo pace. Tacito, dunque, è un romano che ha il coraggio di mettere in bocca queste cose a un barbaro, che gli fa fare una diagnosi di come funziona il potere romano. Ma forse ho divagato, io sono umorale ... Torniamo alla questione se sia possibile rivendicare differenza, identità, radici proprie, senza dover precipitare nei massacri. Aquesto proposito mi viene da dire che l'assetto politico che c'era in Europa con gli imperi zarista e austro-ungarico forse consentiva meglio la convivenza nella diversità di tanti popoli. lo ogni tanto ho nostalgie, fantasie, di antichi regimi monarchici in cui c'è un re, che è il rappresentante di fronte alla gente del potere ragionevole, illuminato, bonario e protettore ... Perché io non son mica convinto che la democrazia sia questo ultimo confine della felicità umana e spero si troveranno altre forme di gestione politica non brutale, non oppressiva, non umiliante. Democrazia ha significato massificazione, deresponsabi lizzazione, sradicamento, trasformazione degli esseri umani in numeri indifferenziati, delega, e dunque, poi, anche protesta cattiva, rivendicazione, accanimento. Democrazia ha significato che fino al giorno prima batti le mani a Mu\solini e il giorno dopo bulli giù le statue di Mussolini, prima tutti craxiani, poi tutti anti-craxiani: questo ondeggiare continuamente e correre a sputare nel piatto dove si è mangiato il giorno prima mi pare umiliante. La politica è !>emprel>tatafatta di ladri, da che mondo è mondo, e adesso un popolo viene chiamato ad entusiasmarsi per quattro giudici che commettono anche ingiustizie spaventose, sono diventati i salvatori della patria e i pentiti sono diventati il perno della giustizia. Ripeto, la democrazia è anche, in realtà, lo specchio moderno di un processo di massificazione, si accompagna ad impoverimento, a mancanza di responsabilità. Cosa vuol dire responsabilità rispello a nazionalità e differenziazione? Vuol dire che tu, popolo, sei insediato in un posto e di questo posto condividi il destino, le responsabilità, le pene, le difficoltà. Oggi, la gente di questo quartiere sa più come funziona Manhattan di come va il fiumicello che ha sotto casa, fra l'altro citato dal Boccaccio. Ma se non e' è unità territoriale, se non ci sono reali radici, differenziazione, nazionalismo sani, allora è scontro sanguinario, perché, in realtà, quelli che si combattono nella ex Yugoslavia sono come noi, la loro facciata nazionalistica è solo un disastro mentale, perché i loro consumi, i loro costumi, i loro rapporti con la terra e col mondo sono uguali ai nostri: fondamentalmente stanno correndo verso di noi in modo sanguinario. hanno studiato da noi quattro fregnacce e poi... Le classi dirigenti del Terzo Mondo sono dei banditi che hanno studiato in Europa quattro fregnacce e poi sono tornati a casa a fregare i loro popoli. Hanno imparato il peggio da noi. Voglio dirlo brutalmente: nella esplosione della Yugoslavia è migliore chi scappa o chi resta Il? Quando in Albania ha rivinto il Partito Comunista alle elezioni si è detto che "ha vinto per i voti delle campagne"; io sono anticomunista, sia chiaro, però, alla fin fine, è meglio il contadino che vota ancora per quel partitaccio che gli assicura le mucche e simili, o sono meglio i giovinastri di cillà che vogliono venire via, magari in Italia? Vengano pure, però io ho ammirazione per chi resta lì e si rifà a partire da se stesso. Dici "vengano pure", ma se le frontiere fossero completamente aperte non credi che si creerebbero problemi enormi, come quello che si è creato quando sono arrivati e li hanno messi nello

B stadio? Certo nello stadio non vanno messi, però, secondo me, gli ingressi in un paese vanno in qualche modo frenati. I paesi del Terzo Mondo o dell'est europeo vanno aiutati seriamente, perché i nostri paesi hanno dei doveri verso il mondo. Riguardo ali' Africa il problema, fra l'altro, è complicatissimo, anche perché, aiutandoli, abbiamo fatto errori mostruosi. Il più delle volte i soldi degli aiuti sono soldi che sono tornati a casa indirettamente, magari dando lavoro a intellettuali o tecnici, che, invece di lavorare in Toscana. sono andati a lavorare e a fare disastri da un'altra parte, beccandosi 15 milioni al mese e girando in jeep. Se questo è l'aiuto al Terzo Mondo, se devono avere il latte avariato della Nestlé. allora è meglio che muoiano in pace di fame. almeno impareranno ad organizzarsi, così è un modo per spappolarli completamente, cioè renderli masse periferiche, masse da bidonville. L'Europa ha sempre fatto così: ha fatto contro gli altri quel che stava facendo contro se stessa, perché le aggressioni ai mondi esterni sono figlie delle aggressioni interne, dei disastri interni dell'Europa. Comunque ho difficoltà a giudicare altri paesi, preferisco limitarmi al mio. L'Italia è un paese benestante, può accogliere, ma deve accogliere davvero e non fare entrare la gente come è successo finora, perché così davvero si producono fenomeni di razzismo. Se gli immigrati devono diventare lo zoccolo miserabile del!' Italia, vuol dire che non è aiuto, perché la miserabilità con cui vivono qua, sopra la metropolitana o sotto i ponti, non è che sia meglio di come vivono nel loro paese. Se dobbiamo dargli questo, tanto vale chiudere le frontiere. In ogni caso, rispetto agli immigrati, si pone il problema di come possa lo straniero salvaguardare la propria identità e, contemporaneamente, entrare in una relazione paritaria con l'autoctono ... Una provocazione: l'elogio del ghetto. Bisogna smettere di pensare che una volta sbagliassero tutto, che il ghetto fosse soltanto un orrore e una coazione: era anche un modo per garantire, preservare, proteggere delle diversità. A me risulta che in Germania i turchi si siano sempre riuniti fra loro equesto ha costituito la risposta più sana per poter vivere insieme con altri: fissando qualche confine. meglio la fame del latte avariato della Nestlè A Milano, la comunità mussulmana funziona molto bene: si governa in qualche misura, organizza la propria identità culturale con le scuole per i bambini. Mi sembra errato il sogno di integrazione generale che fanno i sociologi democratici, mi sembra rischioso ... Il ghetto preservava una identiUNA CITTA' tà, è vero, tuttavia, quando sono stati aperti, gli ebrei se ne sono usciti... Chiaramente non farei mai un ghetto come quello di Roma, però è anche vero che, spesso, il ghetto proteggeva gli ebrei dagli assalti popolari. li governo papalino di Roma, non certo democratico, era però meno peggio della gente. I governi sono sempre meno peggio dei popoli, purtroppo. Se oggi. dopo i fatti di Firenze, noi facessimo un'inchiesta fra la gente, questa vorrebbe la pena di morte, mentre nessun politico vuole la pena di morte. Esiste un livello politico che preserva alcune conquiste. alcune idee, a cui la gente di per sé non è molto sensibile. sono italiano, mi piace stiracchiarmi al sole Le garanzie del!' imputato, ad esempio. Quando i giudici, facendo una cosa mostruosa, tengono in galera gli imputati finché non parlano nessuno batte ciglio, perché ci sono dei beni fragili, che vengono tenuti su dalla politica, anche se i politici rubano, e che vanno protetti anche rispetto alla gente, rispetto agli umori della gente. Quando la politica diventa lo specchio della gente e risponde alle pressioni della gente, diventa mostruosa, demagogica e distruttiva. Considerando questo, il ghetto era protettivo dagli umori del popolo che ogni tanto lo avrebbe assaltato, violentando un po' di donne ebree, prendendo i quattro soldi che gli ebrei avevano. A parte questo, quando dico "ghetto" intendo una comunità che conservi i costumi dei "diversi"; in questo senso è positivo e diventa la forma più corretta per preservare la ricchezza del le differenze e, nello stesso tempo, per proteggere fisicamente queste persone ... E' sempre esistita la garanzia di poter ricostruire la propria patria, accettando naturalmente alcune regole. Venezia, per esempio, dava quartieri agli armeni e agli ebrei. Pensa agli zingari: c'è chi li vuole mandare a scuola tutti quanti, e questo vuol dire distruggerli, però rubano: bisogna allora trovare un modo per non cancellarli, ma anche dargli una sberla quando rubano troppo. Tutto questo non ha niente a che fare con i buoni sentimenti che si commuovono sugli zingari e li vogliono far diventare tutti per bene: sono buoni sentimenti che voglion dire ammazzare gli zingari. Ricapitolando: l'idea di impero, l'elogio del ghetto, le radici che legano il destino individuale al territorio, non sono tutte parole d'ordine della destra Senza rischiare di sembrare nostalgici, penso che, nel mondo così come è diventato, occorra provare a restaurare alcune cose possibili, se no si fanno solo chiacchiere campate in aria. Comunque, in generale mi piacerebbe un assetto che indebolisca gli stati nazionali, che sono un prodotto degli ultimi cinque secoli di storia e sono nati, come è noto. con sopraffazioni, violenza, inganni e via di seguito. Perché non immaginare, senza sconvolgimenti improvvisi di cui non siamo capaci, un depotenziamento progressivo dello stato centrale e una riattivazione delle responsabilità locali? Anche rivendicare un forte potere locale diventa una misura reale di come si è capaci di essere potere ... Lo stato nazionale è nato, anche teoricamente, con l'idea che il potere centrale debba concentrare in sé tutti i poteri, quindi eliminando via via tutti i poteri secondari, locaI i, eccetera. In realtà è successo che in tutta Europa si è prodotto un fenomeno generale di deresponsabi I izzazione, vale a dire che non c'è più popolo che sul territorio governi, gestisca la base di qualunque forma di civiltà, cioè il rapporto con la terra, con le acque, col clima, con la vegetazione, col marmo, coi metalli. Quindi un decentramento progressivo di potere politico che consenta la rinascita di altri molteplici, tendenzialmente infiniti, poteri; un potere che sia prevedibile e garantisca soltanto alcune conquiste, alcune libertà, alcune forze di cui abbiamo bisogno. In questo senso può aver ragione anche un Bossi: il federalismo potrebbe essere la rivincita di un'Italia che ha perso. Che le cose siano andate così non era inevitabile, quindi richiamare Cattaneo non è una cosa ridicola; certo, se lasciamo a Bossi le cose buone ... Anche riguardo alla Patria: io sono patriottico, mi riconosco in quest'Italia, pur balorda che sia è comunque la mia patria, non posso fare cambio e dire sono tedesco o inglese. Sono un po' vagabondo, mi piace stiracchiarmi al sole, non voglio lavorare come i tedeschi, non voglio essere serio come i francesi: voglio fare l'italiano, come ho sempre fatto, ed in questo senso sono patriottico, riconosco che il fascismo è stato mio e non me l'ha imposto nessuno, che la DC è stata mia, il PCI è stato mio, tutto è stato mio, anche i ladri sono stati miei. Mi sento responsabile di tutto quello che è successo in Italia e non mi tiro fuori per nulla. Non mi sento migliore degli altri, però vorrei che questo paese si ripensasse, perché sen11ò le ventate di mutazione lasciano sempre le magagne inalterate. il fascismo è frutto della nostra storia Quando Amato diceva cose che sanno tutti, che l'antifascismo aveva forti continuità col fascismo, voleva dire questo: che questi mutamenti ingenui, che non assumono davvero responsabilità, vanno I NUMERI L'IMMAGINE E Tempo di scrutini; e naturalmente di agitazioni sindacali degli insegnanti. Ma la scuola èsolo questo? Prestoavremo la riforma della Secondaria che dovrebbe rispondere di più alla nuova società. Non pare che la stampa e lagente vivano avvertiti questi progetti; almeno con quell'attenzione che si è prestata alla riforma sanitaria. Sfiducia? Ma in che cosa: nel legislatore o nella scuola e nelle sue effettive possibilità di incidere sulla vita? Eppure è insostituibile; anche se non retributiva nei tempi brevi. Prendiamo per esempio il problema numero uno delle nostre società: immigrazioni, presenza di sette-nove milioni di extracomunitari in Europa, razzismo. Non è affare solo di imponenza di numeri: i comportamenti dipendono 1 dalle culture. Due esempi: in Polonia c'è ancora antisemitismo e si grida "fuori l'Ebreo" quando ormai sono ridotti a poco più di duemila in tutto; avanti, ma non cambia granché. Il fascismo è il frutto totale e pieno della nostra storia, quindi il nostro paese dovrebbe prendersi per quello che è e fare i conti con la sua · - al contrario, a Francoforte gli extracomunitari superano il 15% -tre volte la cosiddetta soglia critica di accoglienzaeppure sono normalmente inseriti e integrati. Più dei numeri allora conta l'immagine. Ma il fatto è -e qui torna il discorso della scuola- che in Italia, in cui pure il problema numerico non è particolarmente rilevante, non esiste disponibilità culturale. Bei tempi, quando a scuola ci si indugiava contro il razzismo degli altri, USA e Sud Africa! Ora non è più raro il caso di professione esplicita di rigetto degli immigrati. Colpa dei tempi? Dei giovani? Dove il problema è stato affrontato dall'insegnante, con un minimo di continuità, cresce un discorso diverso. Segno che la scuola conta. storia. Adesso, improvvisamente, gli italiani sono diventati dei gran moralisti: tutti puri, sembrano diventati dei rigoristi, dei protestanti, ma in realtà non lo sono. Con Bossi io ce l'ho perché mi sento anche napoletano, senza Napoli non posso essere italiano, mi sento anche palermitano, non possiamo dimenticare che questo paese l'abbiamo fatto noi. La Comunità Europea rischia di essere come l'Italia di cento anni fa: perun'unità superiore, forzosa, si violano e si distruggono le forze locali, autentiche e sane. Si parla spesso di un'Europa che non sia degli stati, ma delle etnie, dei popoli, delle culture. Ma unità politica o economica? Un'unità politica che possa servire a fermare conflitti, a compensare squilibri, mi va anche bene, ma non mi va bene quella economica che rischia di spazzare via le differenze produttive locali e di desertificare, ancora una volta, delle esistenze sostanziate nel proprio posto: Se la carne prodotta nelle grandi stalle industriali tedesche deve distruggere l'economia della val di Chiana, dove ancora fanno le loro mucche, io non ci sto. Preferisco pagare più cara la carne della val di Chiana. • Anzi è insostituibile. Perché si tratta di un problema complesso, che non può essere risolto con le pure immagini TV o il linguaggio generico e a senso unico dei mass-media. Non basta il "sì, sì-no, no". Bisogna anche distinguere, spiegarsi i perché, confrontarsi reciprocamente sui progetti. A scuola, questo si può fare; davanti alla TV, no. Del resto, la legislazione anche da noi nonmanca; fino a/l'ultima pronuncia del CNPI dell'anno scorso. Dobbiamo renderci conto della effettiva complessità di questi probleINTERVISTE A don Albino Biu.otro: Massimo Tesei. Alle donne turche: Lisa Masseni. A Vincenzo Bu• gliani: Paolo Bcnozzi, Diano Leoni e Franco Melandri. A Daria Bonjietti: Dolores Davide Massimo Tesei. Ai giovani israeliani: Davide Oriani e Gianni Saporetti. A Pierre Vidal• Naquet: Sulamil Schneider e Gianni Sapore!• 1i.A Stefano Ippolito: Robe no Poni. A Vito Fumagalli: Franco Melandri. Alla bosnia• ca mussulmana: Massimo Tesei. ~ EZZA _______ . SINTESI mi e che l'Europa è più un progetto che un'eredità. Come riusciremo a combinare identità culturale e solidarietà? Aprirsi alle altre culture suppone solo relativismo e pensiero debole? La tradizione occidentale è solo etnocentrismo colonialista? Dopo tutto c'è anche la Galleria degli Uffizi. E il proprium dell'Europa è stata la coesistenza di tradizioni nazionali diverse. Ma il pluralismo etnico e culturale che ci attende è nuovo e diverso. Convivere a mosaico, o comporsi di nuove unità perché la cultura è scambio? E fino a che punto ci lasceremo sollecitare dai nuovi arrivati? Ci scandalizza sapere che i "vucumprà" trattengono solo il 15% di quel che incassano; il resto lo devono rendere alle loro organizzazioni miliardarie in patria. Prepariamoci a non defraudarli del tutto loro cultura. FOTO: Foto di Fausto Fabbri. Foto di pag. 2 dai quotidiani; di pag. 3 di Massimo Tesei; di Pag 6 dall'archivio di Daria Bonfictli; di pag. IOda Sette; di pag. 15 di Libero Casamurata; di pag. 16 di Marco Ricci. COLLABORATORI: Ri1aAgnello. Lorena Amadori. Rosanna Am• brogeni. Giorgio Bacchrn, Paolo Benozzi. Li• ber0Ca;amura1a. Dolores David. Davide Fab• bri. FauslOFabbri, Daniela Filippelli, Rodolfo Galeolll. Liana Gavelli, Bemd Gomer, Diano Leoni. Manio Malpeai, Gianluca Man1.1, Lis.i Massc111,Silvana Masselli. Orlanda Ma11cucc1.Franco Melandri, Cns1ina Minghini. Morena Morden1i, Franca Morigi, Davide Oriani, Marina Pasquali. Carlo Poleui. Robeno Poni. Linda Pra11. Rocco Ronchi, don Sergio Sala, Gianni Sapore111. Sulamil Schne,der, Fabio Strada. Ennchelll Susi. Massimo Tesei. Grafica: ··casa Waldcn" Fot li~ DTP: SCRIBA. 1no ARREDAMENTO NEGOZI E SUPERMERCATI anca LA FORTEZZA SINTESI s.r.l. 47034 FORLIMPOPOLI (FO) - ITALV Via dell'Artigiano, 17/19 Tel. (0543) 744504 (5 linee r.a.) Telefax (0543) 744520 Sergio Sala UNA CITTA' 5

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