La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

vuole imporre l'ordine disciplinare e le scolaresche che cercano in ogni modo di evaderlo. Quanto poco il sistema delle regole introduca alla convivenza civile e quanto poco le nostre scuole siano scuole di civiltà ce lo dicono, in pratica, quei ragazzoni esuberanti e brutali (tutti almeno con la licenza media) che quasi ogni domenica si pestano negli stadi, fino, alle volte, ad uccidersi. Mentre, è quasi un paradosso, è ancora radicata l'idea (soprattutto nell'obbligo) che insegnare il rispetto delle regole equivalga ad insegnare il vivere civile. Il presupposto è rappresentato dal concepire la società cqmposta oa individui, o gruppi, pensati come eternamente in conflitto e che trovano modo, tramite chi detiene le regole, di risolverli attraverso la specificazione dei diritti. Quasi una fotografia di questa concezione si ha se si osserva un gru~po di ragazzini impe~nati nel gioco del calcio e nelle interminabili dispute che ne conseguono o se si assiste ad una riunione di un collegio docenti. Così non si arriva mai alla dimensione pubblica, cioè all'esporsi di persona, a quanto noi in prima persona possiamo fare assieme ad altri e altre in ciò che in quel momento è spazio comune. È possibile rimanere abbarbicati al proprio interesse individuale, si può evitare la vita pubblica, anzi ridurla ad un meccanismo per raggiungere fini privati 6 . In questo modo non si fa un minuscolo passo avanti nel senso del vivere civile, perché la civiltà non è insegnabile, si può solo praticare contestualmente a partire da sé. Un'autoriforma gentile Le scuole statali oggi non sono di _per sé pubbliche. Vi attecchisce un certo tipo di insegnante statale che entra in classe, fa, spesso con arroganza, la sua lezione e se ne va (lo stato non chiede altra responsabilità s·enon quella civile e penale in caso di incidente). Sono pubbliche, contestualmente, in quella realtà in · cui donne e uomini di scuola si sono messe(i) in gioco direttamente cercando, come criterio di razionalità, piacere e soddisfazione al presente per quello che fanno. Per procedere c'è da sregolare la scuola, cioè andare oltre il sistema delle regole come modo di stare nell'interazione sociale, a favore di _pratiche di relazioni umane civili esperite in pnma persona. Il presupposto, di matrice teorica femminile, è andare oltre l''l;l,guaglianzaatomizzata per un paradigma di differenza che sostenga quel senso di interdipenélenza materiale di cui sappiam? che è indispensabile alla vita come alla convivenza. A partire da questa accettazione si rende praticabile per donne e uomini, a scuola (ma non solo a scuola) una relazione di autorità come scambio, cioè disgiunta dal potere, e coniugata con la libertà, così come è stata pensata da alcune donne: rapporti di fiducia e responsabilità personale che sfuggano alla rivalità, alla subordinazione, alle regole e ai regolamenti imposti 7 • Negli anni passati queste pratiche sono entrate in pareccfue scuole sparse per l'Italia, con quel movimento che ha preso il nome di pedagogia della differenza8 • · Per questo so che è possibile rompere questo asfittico ruolo docente ed essere mediazione vivente, riaprendo le potenzialità della comunicazione, agendo con le parole per spostare l'accento dal controllo all'interessamento. La competenza di una(un) collega, per esem pio è una risorsa e non un danno in una sort; di sottaciuta competizione, così come perfinc una bocciatura, che è e rimane un momentc traumatico, può essere vista come un maggiore investimento dell'intera collettività (ogni stu dente costa 8 milioni l'anno) _perpermettere • lui o a lei un migliore apprendimento. È una proposta di un'autoriforma gentile perché l'altra Riforma Gentile (accia un passe mdietro, ceda il passo al cambiamento mate riale e simbolico che si è prodotto con l'entra ta delle donne nella scuola. · Note 1 David Caylei, Conversazioni con Ivan Illich Elèuthera 1994. Illich sviluppa questa ar~omenta zione osservando l'andamento della scolarizzazione a Puerto Rico. Ne ricava un'idea di descolarizzarc la società, che è anche il titolo del suo libro più famoso. Secondo la sua analisi nelle società avanzate domina un paradigma di pedagogizzazione che riduce l'istruzione a merce in un rituale mitopoieti CO. 2 "Unità" 2 aprile 1995. 3 Penso a don Milani e a chi si riuniva attorno alla rivista L'Erba Voglio. Sta~ione di pensiero tra le più ricche per la scuola italiana, ma che dalla critica all'autoritarismo non ha prodotto un concetto positivo dell'autorità, che è rimasta come bisogno inevaso. Le citazioni si riferiscono a Foucault Sorvegliare epunire, Einaudi. 4 David F. Noble, Un mondo senza donne, Bollati Boringhieri 1994. L'autore, riferendosi agli studi femministi americani, conduce un'analisi rigorosa e dettagliata su come si è costruita la conoscenza nel mondo occidentale. 5 Su questa questione mi riferisco agli studi sulla metacomunicazione condotti dalla scuola di Palo Alto e in particolare a Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio 1971. 6 Diana Sartori, Autorità, Totem, Tabù, in Via Dogana n. 17/18. Via Dogana è la rivista politica della Libreria delle Donne di Milano. 7 Per la brevità del testo ho potuto solo enunciare la questione teorica di fondo posta in questi anni da alcune pensatrici italiane. Merita ben più distese considerazioni per l'importanza che assume per ripensare non solo la scuola, ma i rapporti sociali e la politica. Su questo rimando alla lettura dei due ultimi libri di Diotima, la Comunità filosofica femminile che opera nell'università di Verona: Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori 1995; e Il cielo stellato dentro di noi, La Tartaruga 1992. La citazione è tratta dal saggio di Luisa Muraro, Oltre l'uguaglianza, pag. 138. 8 Dei materiali della Pedagogia della differenza segnalo Educare nella differenza, a cura di Anna Maria Piussi, Rosenberg & Sellier 1989; e, presso lo stesso editore, la collana La prima ghinea, di cui è appena uscito ·il quarto quaderno intitolato Sapere di sapere. ♦

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