La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

LE CONDIZIONI DELLA GIOIA Giannina Longobardi Giannina Longobardi insegna filosofia e pedagogia all'Istituto Magistrale di Verona. Fa parte della comunità di filosofe "Diotima". ♦ "La gioia è un bisogno essenziale dell'anima. La mancanza di gioia, che si tratti di sventura o semplicemente di noia, è uno stato di malattia .nel quale l'intelli~enza, il coraggio e la generosità si spengono, è un'asfissia. Il pensiero umano si nutre di gioia. I piaceri, le distrazioni, i divertimenti, la soddisfazione dei sensi o della vanità non sono la gioia. Non si dà la gioia dal di fuori ad un essere umano o ad una collettività; bisogna che nasca dall'interno. Ma non la si dà neppure a sé stessi.Non viene quando la si cerca. Tuttavia ci sono delle condizioni che la rendono o non la rendono possibile". S.Weil1 Le condizioni della gioia La qualità delle relazioni determina il senso dell'esperienza scolastica. Chiunque, interrogato sui suoi anni di scuola, rievoca insegnanti, compagni e compagne e, solo in relazione agli esseri umani incontrati, eventuali passioni e scoperte intellettuali. Così chiunque insegni sa e può intuire che la relazione è al centro: una "buona" relazione con una classe significa piacere, gratificazione, stimolo alla ricerca, reinvenzione ..., una "cattiva" relazione noia, fatica, inaridimento del pensiero, stanca ripetizione. Di questa verità dell'esperienza non tiene conto la pratica di governo che oggi alla scuola si impone attraverso s.Perimentazioni pilotate, decreti legge, circolari ministeriali e contratti sindacali2 • Del resto chi governa la scuola non ama insegnare, se mai è entrato in un'aula, l'ha lasciata appena ha potuto: ora fa il dirigente o l'esperto o il distaccato sindacale. Tenere conto delle relazioni tra essere uman1 e guardare quelle che fanno sì che una classe funzioni e un'altra no, costringerebbe a prendere atto di elementi casuali come desiderio, passioni, senso libero di sé, capacità di investimento, empatia ..., qualità che si possono incoraggiare, ma. che non sono riproducibili a comando. Il pensiero della differenza, che alcune donne hanno in questi anni elaborato, pone al centro della scuola la qualità delle relazioni, in controtendenza con chi sostiene - più uomini che donne, e alcuni della sinistra con davvero singolare accanimento - l'invenzione e la moltiplicazione di procedure che neutralizzino la qualità soggettiva delle relazioni. Quale scientificità? L'esistenza di governo pare indurre a pensare l'efficienza del sistema in termini produttivi. La pedagogia politica assume il linguaggio delle scienze economiche, l'azienda diviene il modello dell'organizzazione scolastica: programmazione, procedure di controllo, standard prefissati, valutazione della produttività. Nella scuola-azienda, come in ogni fabbrica, quello che deve divenire irrilevante è il vivente, il chi, dell'insegnante e degli studenti. Come sappiamo il linguaggio non è neutro: le parole determinano la nostra visione del mondo e quindi le nostre azioni: "fanno le cose". In questo caso fanno una scuola in cui insegnanti e studenti impiegheranno quasi tutto il loro tempo e le loro energie in vista del superamento di tests. Pare che ragionare in termini statistici, - come misurare la qualità senza renderla quantità? - comporti questo. Il problema è che per chi lavora nella scuola "fare statistica" cioè far quadrare i numeri diventerà il fine dell'insegnamento3. Programmazione e valutazione del raggiungimento degli obiettivi - nella classe, nella scuola, nel sistema scolastico, nel confronto con gli altri sistemi scolastici - esigono che al centro vengano poste prestazioni oggettivamente misurabili. Ogni elemento soggettivo va superato: l'efficacia dell'apprendimento si misura sulla omogeneità imposta. Di coloro che erano inizialmente diversi ciò che conta è che possano in qualche modo essere resi (considerati? ridotti?) uguali. L'attuazione scientifica del metodo dipende da due l'resupposti: l'individuazione precisa degli obiettivi da raggiungere e la misurabilità oggettiva delle prestazioni. Si rende cioè necessario procedere alla parcellizzazione delle capacità intellettuali da sviluppare e alla segmentazione dei contenuti da apprendere al fine di una valutazione puntuale e continua del lavoro scolastico. Il bravo insegnante si trasforma in buon programmatore attento alle disfunzioni del processo. La necessità di procedere continuamente a valutazioni a tappeto costringe a trascurare tutto ciò che non è oggettivamente misurabile, che invece è quanto è più importante: la rielaborazione personale da parte dell'individuo di ciò che ha appreso, le soluzioni creative, la qualità soggettiva dell'esperienza ... Conversazioni, discussioni, scrittura e revisione della scrittura possono diventare una superflua perdita di tempo rispetto alla necessità clisomministrare delle comode batterie di tests. Come già l'ossessione di "fare" - o finire - il programma, ancor più la pro~rammazione si risolve in un "taglio dei tempi": di quelli del dialogo, della discussione, della disponibilità da assec9ndare l'imprevisto di ciò che nasce · nella relazione. Non sono queste le condizioni di scientificità per misurare il vivente: lo afferma, ad esempio, in caml'o medico B: Bettelheim in polemica con chi considera gli esseri umani come esemplari da classificare come fossero le piante di Linneo e sostiene che il paziente va trattato "come un ospite di riguardo in casa nostra" 4 • Nell'insegnamento per la scientificità della misura non si può \'rescindere dalla relazione: ciò che in effetti "si misura" a scuola non è la prestazione di un individuo separato dal contesto, ma la qualità della relazione5 • Essere mediazione vivente In una siffatta struttura scolastica il lavoro dell'insegnante rimane solitario a tutte le rela-

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