La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 8 - ottobre 1995

giovani generazioni, a due diversi universi culturali, per citarne alcune), che, anche per il loro uso ricorrente, rischiano di essere totalmente svuotate di significato. Ho cercato invece di presentare elementi scaturiti da un percorso di lavoro e di studio rispetto alla presenza nella società italiana di gruppi di differenti tradizioni culturali che richiede un'elaborazione e un approfondimento rinnovati. Accogliere oggi nella scuola i bambini zingari e procedere ad una loro effettiva scolarizzazione implica un grande sforzo di comprensione reciproca a livelli diversi, dai rapporti interpersonali in classe tra la maestra e i oambini, ai rapporti istituzionali tra le strutture che se ne occupano e le altre strutture del territorio; dai rapporti della scuola con i genitori ai rapporti in generale tra il diritto (e anche i doveri) alla cittadinanza e l'appartenenza ad una minoranza culturale. Le formulazioni troppo generali non permettono di individuare nella realtà del lavoro i segnali capaci di indicare la direzione che si sta effettivamente seguendo e di valutarne la validità e l'efficacia. La scuola: come presentarla agli zingari? Quando parliamo di scuola, siamo portati a sottolineare acriticamente la prerogativa di spazio sociale promotore di uguaglianza. Tale percezi_on~è così radicata nelle nostre rapp~esentaz10m da non permettere una esplicita consapevolezza della natura stessa dell'istituzione scolastica, sia per le implicazioni in positivo che per quelle in negativo. Fin dalla sua origine, la scuola f ubblica obbligatoria è collegata, in Europa, a processo di industrializzazione; contemporaneamente essa nasce come diritto e dovere all'interno degli Stati Nazionali, ed ha come prima funzione la formazione del cittadino (cioè una formazione culturale comune a tutta la popolazione). La controversia sulla scuola in quanto terreno di tentativi storici per la promozione dell'uguaglianza sociale e allo stesso tempo in quanto apparato che contribuisce al mantenimento delle differenze sociali si colloca in questo · quadro. Mi sembra che questi aspetti storici dell'istituzione scolastica non siano tenuti sufficientemente presenti quando si prende in considerazione la scolarizzazione delle minoranze etniche. L'obbligo scolastico, così come viene oggi concepito, non tiene conto delle differenze culturali presenti nella società italiana 7 • Per quanto riguarda i bambini zingari, la scolarizzazione obbligatoria non è arrivata come la conquista di un diritto: la ma~giore parte delle famiglie la vive come un obbligo legale al quale si deve necessariamente rispondere. Ed essa è vista come tale anche dagli stessi bambini zingari. Alcuni di loro arrivano a dirlo in modo esplicito: vengono a scuola perché la mamma gli dice che è obbligatorio; se la maestra fa osservare che anche per lei è un obbligo di lavoro, ribattono immediatamente: "Ma tu sei pagata per farlo". Anche se esistono già casi in cm le famiglie fanno autonomamente una richiesta di scolarizzazione, il quadro generale è ancora definito da questa contrattazione tra doveri e diritti. Spesso la scolarizzazione diventa fattore di "normalizzazione" della famiglia zingara nei confronti delle autorità locali, ed anche in questo caso i bambini ne sono consapevoli. Oltre alla questione dell'obbligo della frequenza, uno dei punti nodali riguarda proprio 131 la difficoltà dei bambini zingari di concludere il ciclo dell'obbligo avendo raggiunto le competenze previste, o, per meglio dire, la difficoltà della scuola di aiutarli a raggiungere un sufficiente livello di apprendimento. Anche nei casi in cui si è riuscltl a superare l'irregolarità della frequenza - motivo spesso richiamato come causa dello scarso rendimento scolastico - non c'è una risposta consistente dal punto di vista delle conoscenze e delle competenze acquisite. E questa è una realtà che riguarda tutta l'Europas. Naturalmente, per quanto i risultati siano così limitati, la soluzione non consiste nell'abbandonare l'idea dell'obbligo scolastico; occorre però tener conto della sua attuale inadeguatezza risJ?etto alle diverse realtà delle minoranze etniche, zingari compresi. Ciò vuol dire, ad esempio, che la scuola dovrebbe sforzarsi di fare i conti con le diverse posizioni che le famiglie esprimono quanto alla scolarizzazione dei eropri figli. Tali posizioni, che di solito sono interpretate come manifestazioni di disinteresse della famiglia per la scuola, o di difficoltà di capirne gli obiettivi, sono l'espressione, anche se non organica (e non potrebbe che essere così), di possibili visioni alternative della scolarizzazione. Ne potrebbero scaturire indicazioni per chi cerca di dare una diversa direzione alla proposta della scuola obbligatoria ed anche al modo di "fare scuola" nella quotidianità. Il bambino sinto di sei anni che chiede di avere la maestra di sostegno vicino a sé ma che non vuole uscire dalla classe per svolgere attività differenziate, può, con questo comportamento, darci importanti indicazioni sul suo stile di apprendimento e sulle difficoltà che trova nel gestire l'ambiente scolastico. Le madri che si riferiscono alle maestre come a "persone che ci vogliono bene" e con questo giustificano l'impegno dei loro figli nella scuola, ci stanno comunicando un loro modo specifico di concepire i rapporti istituzionali. La bambina xoranè che passa i suoi primi giorni di frequenza alla sezione di scuola materna "facendo finta di scrivere" per poter poi partecipare alle attività disponibili nell'ambiente manifesta eloquentemente un aspetto importante della sua rappresentazione della vita scolastica. Sta alla scuola cercare di cogliere e accogliere queste differenti posizioni ed evolvere in un rapporto che probabilmente porterà allo spostamento di tutté le posizioni, tanto della famiglia e del bambino, quanto della maestra e dell'istituzione. Una tale disponibilità implica comunque la capacità di affrontare adeguatamente i livelli di tensione che caratterizzano i rapporti interetnici: come in una conversazione tra persone straniere in cui sia gli errori che i successi della comunicazione P,Ossonoriuscire non immediatamente percepibili per le parti coinvolte. Cercando qualche possibile punto d'incontro Gli ultimi episodi di violenza contro i camp~-s.ostanomadi hanno ~olpito proprio i bambini. Paradossalmente il fatto che qualcuno abbia avuto l'idea di mettere una bomba in un libro ci fa pensare che la presenza della scuola quale luogo di contatto positivo tra zingari e non-zingari abbia ormai acquisito una sua forza. Non solo, ma anche il fatto che "la maestra" sia uno dei personaggi più conosciuti dalle comunità ci fa ricordare che, nonostante tutte le difficoltà, l'istituzione scolastica conti-

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