La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

GIRO D'ITALIA GULLIVER IN SICILIA GiuseppeMazza Giuseppe Mazza scrive testi di satira per "Comics" e "Cuore". Collabora a "Segno". ♦ Quella dei giovani in Sicilia è una presenza evidente. Camminano sopra l'isola giganteschi come dei Gulliver, ingombranti, ingrossati dai problemi accumulati negli anni. Girano intorno, vanno su e giù incerti sul da farsi. La loro dimensione, la loro condizione, viene spesso connessa al tema del lavoro. È una questione dirimente, ma la disoccupazione giovanile è anche un esito della disattenzione alla condizione giovanile nel suo complesso: Avvicinata, la vita dei giovani siciliani è da subito un elenco di cose cui non sembra che i genitori, la scuola, la politica, le istituzioni, abbiano davvero inteso mettere mano. Quando i giovani esistono solo attraverso i loro problemi, in Sicilia è tardi, ed è difficile che si possa intervenire in modo decisivo. In questo articolo si separano cinque momenti: la loro posizione culturale, il lavoro, l'attivismo civile e politico, la condizione delle ragazze, il rapporto con la politica. Li accomuna una figura di giovane con esigenze e problemi sovradimensionati rispetto alle risposte che riceve. È enorme, sistemato su una Sicilia in scala più _f)iccola.Grande com'è, prima o poi qualcuno finirà per accorgersi di lui. Una telecamera in movimento La cultura nazionale viene recepita attraverso uno sfasamento. Distante dai centri che la producono (la Milano televisiva, la Versilia discotecara, la Napoli dei Centri Sociali), la sua capacità di coinvol~imento arriva attutita come il residuo magnetismo di una calamita, e in modo ogni volta imprevedibile si mescola a materie locali. I giovani siciliani guardano «Amici» o vedono Sanremo e vivono momenti comunitari coinvolgenti come i carnevali tradizionali, le sagre, le feste dei santi. Ascoltano Take That o Almamegretta e parlano ogni giorno il loro dialetto, ancora solido. In questo margine tra il piano nazionale e quello strettamente locale si agita un miscuglio colorato e vivace di caratteri originali, che si condensa in due atteggiamenti dominanti: una esasperata emulazione dei caratteri più strumentali del potere culturale (come seguendo una spinta compensativa della distanza) basata su consumo unificante, o una produzione e una partecipazione alla cultura nazionale basata su una nuova consapevolezza e sulla legittimità delle appartenenze locali. La rappresentazione televisiva dei giovani (si pensi a quelli di "Italia Uno") non recepisce alcuna coml?lessità. Ai giovani siciliani propone coetanei irrintracciabili, veri alieni, e intanto fa scomparire le cadenze meridionali (a parte un pittoresco napoletano), rispetto alla provincia ponendosi in modo normativo, punitivo. In cambio offre la confezione, il gusto per l'immasine sofisticata, il montaggio accattivante. Si verifica così negli ultimi anni in tutta l'isola un vero pullulare di produzioni televisive locali ispirate a questi programmi tv giovanili. Interviste a voce alta in discoteca, inchieste sulla biancheria intima, abuso del bianco e nero sgranato, sequenze rapide. Viene mutato il lessico della telecamera m movimento che si allontana e si avvicina continuamente al soggetto inquadrato, impegnata in zoommate, inquadrature sbilenche, come se venisse spintonata. Tecniche utili ad impedire cali d'attenzione; nella fedeltà con la quale i giovani conduttori e registi locali le adottano, affidando interamente ad esse il lato contenutistico, che è sempre di patina, di confezione, si rivela l'ambizione di parlare dalla periferia un linguaggio del potere, come per dei viceré. Questo imnterrotto spostamento del punto di vista dei telespettatori coetanei diventa così lo strumento di uno smarrimento introdotto, di una soggezione che si giudica necessaria. Lo sfasamento tra la cultura nazionale e la sfera locale sembra produrre da un lato dunque forme estremistiche di recepimento, soprattutto se dalla cultura naz10nale viene espunta la legittimità del dialetto, ma dall'altro il margine di autonomia ispira produzioni e forme di partecipazione originali. Resiste infatti una identità linguistica, il dialetto è radicato e si rinnova, raccogliendo ancora le comunità senza provare complessi rispetto ai linguaggi dell'omologazione pasoliniana. Inoltre la sfida alla globalità della cultura giovanile (in tutta Italia, per tutti, gli stessi Dj radiofonici, la stessa tv nazionale, gli stessi dischi), comincia ad essere raccolta, i giovani siciliani stanno al gioco, fanno parte, elaborano, discutono, riducendo le distanze geografiche grazie alle tecnologie. Si tratta di prospettive intravedibili nelle piccole mobilitazioni, nelle associazioni, nei gruppi di lavoro che si esprimono al di fuon della scuola che nel complesso è estranea a questi spostamenti, e al di fuori delle organizzazioni politiche, che stentano in Sicilia forse più di altrove a trovare nuove forme di coinvolgimento. In questo senso il tema della lotta alla Mafia diventa il canale privilegiato per scuola e organizzazioni politiche, il solo capace di raccordarle agli umori ed alla domanda di modernità _proveniente dai giovani siciliani. Qui si esprime una mobilitazione spesso di alto profilo e valore pedagogico. Al tema della lotta alla Mafia è consegnato questo legame. È una fortuna, e al tempo stesso una povertà. Metà non lavora, metà non ci riesce I dati sulla disoccupazione giovanile siciliana descrivono una società lacerata. Scopriamo essere questa una lacerazione apparente, ricucita da un disa$io nella precarietà che fa somigliare tra loro I protagonisti dei dati statistici. Secondo l'ufficio statistiche dell'Unione Europea il tasso di disoccupazione tra il 93 e il 94 dei giovani siciliani sotto i venticinque anni è del 54,9%. È una sterminata distesa, a perdita d'occhio, di storie personali confuse, d1 attese forzate, aspirazioni e ripiegamenti. Alcuni sono andati all'estero, emigrati come i padri. Gli altri, masse che compulsano i giornali dei consuou DI VENTO

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