La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

cittadinanza? Un cristiano che idea deve avere dei confini dello Stato nel quale si trova ad abitare? Per un cristiano quale diritto sipuò riconosceread un uomo che è senza terra, perché si stabilisca sulla propria terra a lavorare e a vivere? A mio avviso questo è poi anche il pro- . blema che in fondo, assieme a tante altre cose, sta agitando la Bosnia. Questa necessità di espellersi a vicenda. E quindi mi sembra che sia uno dei grandi nodi dell'etica moderna: il cristiano che cosadeve pensare? Questo problema è un problema di oggi, o piuttosto di domani, grave, sul quale cercherò di dare una risposta, ma non è un problema influente sul nostro passato, su quello che è Stato il nostro passato fino ad ora. Non c'è nessuna giustificazioné, nessun rapporto fra la decadenza morale che si è affermata - e che oggi è conclamata nel nostro paese - e gli sviluppi sociali e politici conseguenti - e guesto problema che' non si era ancora affacciato o che non era ancora nel nostro paese di rilievo· tale da attirare veramente delle decisioni in un senso o in un altro. Questo ritengo di doverlo dire perché non vorrei che, aprendo problemi sul domani, si sfuggis.seal problema dell'oggi e del nostro recentissimo passato. In secondo luogo, per sé il problema non è di facile soluzione, perché sono in conflitto due doveri: da una parte c'è certo il dovere di ospitalità e di apertura, specialmente in certe circostanze di emergenza, o di sopravvivenza fisica, economica, politica o militare; dall'altro l'emergenza non può giustificare un'apertura indiscriminata. È chiaro che si devono condannare tutte le manifestazioni di lotta allo straniero perché straniero, ed è chiaro anche, io credo, che queste disposizioni restrittive che si stanno prendendo in certi casi hanno una giustificazione in disposizioni costituzionali (come nel caso della Germania, la quale aveva e ancora sta avendo, forse per gli ultimi giorni, delle disposizioni costituzionali che intendevano il dirttto d'asilo del rifugiato politico in una maniera molto estesa). Ciò anche in corrispondenza della Costituzione dell'immediato dopoguerra e delle limitazioni alla sua sovranità che erano state poste dalla Costituzione stessa imposta dagli Alleati. Di fronte all'eccessiva larghezza indiscriminata o incondizionata, si sta ora tornando indietro: Ma la misura di questo tornare indietro può essere messa in discussione nei vari Stati secondo le contingenze e le emergenze proprie. Si può aprire, ma si può aprire solo fino ad un certo. punto e a certe condizioni. Non è neanche detto che la sola apertura possa risolvere il problema, perché grande parte di questo afflusso di stranieri del Terzo Mondo nel nostro paese non è solo consesuenza della mancanza locale di fonti di attivazione che devono essere cercate e promosse, non credendo solo che sia l'indiscriminata emigrazione la soluzione dei problemi del nostro paese. Sinora si è parlato di sviluppo dei paesi sottosviluppati, ma si è parlato di sviluppo in un modo molto equivoco, addirittura quando in certi casi non criminale, perché anche noi siamo colpevoli sotto questo aspetto di avere fatto un'operazione di sviluppo rivolta soprattutto al guadagno di alcuni e non al favore reale che si doveva P.romuovere per questi paesi al fine di uno sviluppo interno della loro società. Certo questo è un eroblema che si pone in modo urgente a tutti gli Stati, alla comunità internazionale, di promuovere uno sviluppo interno dei paesi sottosviluppati tale da trattenere gran parte, se ci si riuscirà, della popolazione. Perché poi non è solo la componente effettiva, oggettiva dei fatti, cioè l'iperpopolamento, e anche un'attrazione psicologica: visti dall'altra sponda, noi appariamo come paesi dalla vita facile. Basta entrare in questi eaesi, e quando ci si è messo un piede dentro si pensa che tutta la propria condizione vitale sia trasformata. E quindi è una realtà anche psicologica. Certo, gravissima dal punto di vista oggettivo, ma anche effettivamente con una componente psicologica molto forte che è difficile da arginare. Non è possibile risolvere i problemi dell'Africa del Nord soltanto aprendo le porte. Oltretutto, non solo provocheremmo un danno grave a noi, ma provocheremmo anche un danno, un'illusione fatale per queste migliaia e migliaia di persone. E qm poi è uno di quei casi in cui i problemi di moralità si mostrano nella loro oggettività unitaria. Quindi veniamo ancora a parlare di quello che ho accennato nel primo punto, nelle prime considerazioni. Il diritto di una certa selezione dell'immigrazione diventa più oggettivo e più forte quando lo Stato che dovrebbe accogliere ha una moralità sua che non è una moralità esclusivamente egoista. Invece noi ci stiamo comportando dal punto di vista della morale familiare in modo esclusivamente egoistico. Questo invecchiamento della nostra nazione, questa diminuzione sempre più forte delle nascite ci pone inevitabilmente in una condizione di inferiorità non solo effettiva, ma giuridica, morale, etica, rispetto ai popoli che non hanno da mangiare. E non è che aumentando noi si aumenterebbe il disasio generale; aumentando noi avremmo più titolo per difendere la nostra società e pretendere che anche coloro che pensano di venire entro i nostri confini ci vengano in un certo modo e con una certa consapevolezza dei rispettivi doveri. Alla base di quella doppia moralità di cui lei ha parlato, di quella scissione all'interno dell'etica degli italiani, in particolare dei cattolici, ma poi degli italiani in generale, non pensa che ci possano essere anche delle radici di tipo . culturale più antico, di un certo individualismo, di un certo relativismo, soprattutto in certe zone più che in altre? E che ciòpossa fare sì che le leggi siano rispettate fino ad un certo punto e con riserva? Parlo per esempio del meridione. Non so, questo non lo so. Tenderei a negarlo, veramente, anche se ci sono manifestazioni che possono considerarsi macroscopiche, ma che vanno accuratamente interpretate. Complessivamente nel nostro popolo direi che un certo relativismo è innato, ma è un relativismo che ha una doppia faccia, una faccia negativa e una positiva. Forse non erende tutto sul serio, ma anche non drammatizza, non porta agli estremi, non è conseguenziale fino all'ultimo. Quindi il positivo e il negativo sono bilanciati. In secondo luogo, quanto ad una distinzione di zone io non la farei. Conosco un poco tutta la letteratura recente e anche meridionalista. So quello che si può dire di male del meridione e della società meridionale, però c'è per esempio, almeno a certi livelli, una solidarietà fra gli individui, una solidarietà per esempio nel seno della famiglia e tra le famiglie, più forte di quella delle nostre grandi città del nord e forse anche più forte di quella pae-

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