La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

I ' spiega al reporter americano che i pa<:chettidi sigarette in Bosnia sono ormai bianchi "perché non c'è rimasto neanche un posto in cui stampare la scritta sui pacchetti. (...) Stringo in mano quel pacchetto e provo a rivoltarlo, so che all'inter-. no non è bianco, anzi, può darsi sia la confezione di un sapone _perbambini, o anche il frammento di un manifesto cinematografico, o magari il pezzo di una pubblicità di scarpe. ( ... ) Apro il pacchetto e poco c1manca che non svengo. Sul lato interno luccica l'involucro delle Marlboro, di quelle vecchie Marlboro di Sarajevo, strabuzza gli occhi l'americano, io tiro una bestemmia, davvero non s.o che cazzo dirgli! Qualsiasi cosa dico, per come è fatto quello lì, penserà sempre guarda tu che idioti, girano alla rovescia· gli involucri delle ·-.-.::. .. ..-;...--~ ::::;_o - . - - if libro di Jergovic, intanto, ha un tono oggettivo o tutt'al più J?olifo?ico,. giocato a meta tra 11 resoconto giornalistico e tentazioni di discorso indiretto libero; quello di Arsenijevic invece è tutto "dentro" l'unico ambiente che ossessivamente racconta, quello un po' underground dei giovani belgradesi, dentro la loro testa èd il loro linguaggio. Nei racconti diJergovic la morte dà, come detto, un senso seppure dolente e tragico alle mille piccole esisten- ze quotidiane; per Arsenijevic la morte non ha alcun senso, non è recuperabile in alcun modo nemmeno a posteriori, tantomeno dalla letteratura. Il primo segue e raccoglie le viloro sigarette per poi disfare il pacchetto e scoprire che marca hanno acquistato. Come sono alla rovescia le loro sigarette così saranno alla rovescia loro, ciò che dicono, che pensano e che fanno." (p. 72). Anche più interessante per il discorso accennato all'inizio, ma soprattutto letterariamente più raffinato, è un romanzo breve semisconosciuto da noi, Sottocoperta, scritto da un giovane serbo di Belgrado, Vladimir Arsenijevic, e tradotto dalla Comedit 2000 (Via delle Leghe 5, Milano) in collaborazione con l'associazione "Est/Ovest" (pp. 119, ·L. 20000) Il racconto, narrato in prima persona da un coetaneo dell'autore, ci guida nelle retrovie e racconta la tragedia della Jugoslavia dalla parte degli aggressori, e per di più della "zona grigia" che nutre questi ultimi. Zona grigia composta appunto da giovani sotto i trent'anni, poco diversi da quelli italiani. Anche per questo il romanzo di Arsenijevic, meno commosso e spettacolare di quello di Jergovic, è forse però più agghiacciante per noi perché più vicino. Attorno al protagonista/narratore ruotano alcuni personaggi presentati con cattiveria e quasi dolore; la moglie Angela, spacciatrice di eroina che è già all'ultimo mese e da quando è incinta non si fa più; il fratello di lei, Lazar, che è diventato devoto· di spiritualità indiana ma sarà il pritno a partire per il fronte per morirci subito; i genitori del protagonista e quelli di Angela, figure patetiche o grottesche; il mutilato Dejan che cerca di organizzare affari tipo agenzie di servizi sessuali o produzione di magliettine con su scritto "Vaffanculo", ma che invece_ non reggerà all'angoscia e allo schifo e si ucciderà. Il confronto tra i due libri è illuminante per la assoluta diversità di approccio alla materia, che ha le sue radici (come vedremo) non in semplici scelte stilistiche ma nella assoluta diversità del punto di vista e dell' osservatorio. Il SUOLEDI VENTO - te dei suoi mille personaggi nonostante tutto con leggerezza, quasi danzando, laddove la narrazione del secondo fa a ogni passo i conti con una laida fisicità, con corpi che opprimo- . no i loro inquilini come ineliminabili segnali di una colpa originaria, in una prospettiva religiosa fortissima: fin dall'inizio il protagonista, in un angosciante dormiveglia, rifiuta quasi atterrito il proprio corpo "dal momento che dentro di lui, comunque, galleggio come un feto nel liquido amniotico" (p.13). Il romanzo è continuamente segnato dalla presenza pesante di piscio, lacrime, sperma, moncherini, ed esplicitamente all'inizio viene richiamato Rabelais. Il legame tra corporeità e colpa esplode poi beffardamente nell'episodio del funerale del cognato del protagonista, in cui quest'ultimo incontra una cugina sconosciuta che lo masturba al cimitero ed alla fine "si asciugava la destra sulla fredda superficie di una croce vicina" (p. 59). E' la prima volta che il protagonista tradisce la moglie, meravigliandosi di non avere alcun senso di colpa. Torna dalla moglie e le mente: "Dalle nubi non uscì nessun fulmine per punirmi del mio atto blasfemo, della violazione del sacramento matrimoniale e della mia sociopatologica assenza di · qualsiasi responsabilità morale. Lì, proprio all'uscita del cimitero, ben saldo sotto lo sguardo apatico di Angela, risi dell'assoluta impotenza dei cieli: allora, è vero! Si può fare tutto!" (p. 60). Ma per il resto del romanzo questa tensione quasi fisica è espressa con meno evidenza e più profondità. E' insomma il grande problema (non solo letterario, certo) di come narrare l'orrore, come dire l'indicibile: la via delle Marlboro di Sarajevo è la più diretta, ma anche la più facile; quella di Sottocoperta la più mediata e profonda. In Sottocoperta si parla di eroina e non di stupri etnici, d1grupJ?i metal e non di caschi blu. Lo schifo e la ferocia impregnano ogni corpo e gesto - ecco la situazione angosciosa di cui ci fa partecipi la

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