La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 7 - settembre 1995

Quello che lei dice sarebbe di gran lunga preferibile, ma se non lo abbiamo fatto per quattro anni perché ora? Come possiamo pensare di poter migliorare il nostro standard di interposizione nella situazione attuale? Visti i successi militari dei serbobosniaci richiederebbe un numero di uomini e mezzi così grande da avvicinarsi all'ipotesi della guerra che ho pnma delineato. E la mortalità sarebbe molto elevata. Sappiamo bene come le società occidentali facciano fatica a fare fronte a contraccolpi emotivi tra l'opinione pubblica. Difficilmente possiamo realizzare un'operazione intermedia, ed è più facile prendere la decisione "schiacciamoli", piuttosto che optare per ~oluzioni alternative che costano ugualmente e non ti promettono di risolvere il problema nel breve periodo. Ma è possibile che gli specialisti, in tutto questo tempo, non siano stati capaci di costruire una logica strategica efficace? Dov'era il Dipartimento americano? L'abisso dello stupro etnico era, già tre anni fa, sufficientemente grave per svegliare le coscienze. Se non le ha svegliate allora, perché o~gi? E' un fatto di numeri? Bisogna stu.J?,rarnecentomila invece di mille? Non ho mai pensato di poter assistere _auna cosa simile. Per anni abbiamo scritto migliaia di libri per dire che Auschwitz è stata la pagina più terribile della storia dell'umanità e poi abbiamo assistito con un po' di fastidio a una ripetizione pari pari di quegli avvenimenti. Anzi, per certi versi peggiore. I nazisti hanno fatto in laboratorio dei tentativi di intervento genetico, ma in Bosnia è stato realizzato quel progetto: la costruzione di individui etnicamente puri via stupro. Non conosco nulla di peggio. Da una parte abbiamo un male certo continuamente J?erpetrato, dall'altro il rischio che un intervento possa costare all'Occidente. Perché preferire l'incerto (i rischi) al certo (gli orrori)? Anch'io prediligo di gran lunga le soluzioni politiche a quelle militari, però ci sono delle circostanze nelle quali ci si accorge che la via politica non funziona. Sono convinto che il non funzionamento sia colpa della comunità internazionale, ma è inutile stare a piangere sul latte versato. Con rassegnazione non mi resta altro da dire: fermiamo i serbi! Chiamando le cose con il loro nome e senza nascondersi dietro etichette come "ingerenza umanitaria" e via dicendo. A meno che, come ho già detto, non si voglia dare alla Serbia quello che desidera. Sapendo che anche questa potrebbe non essere una soluzione definitiva, perché c'è il rischio che domani i serbi vogliano la Macedonia, l'Albania, ecc. Ai pacifisti dico: oggi non possiamo fare diversamente. Lo stesso Gandhi disse: "piuttosto combattete". Siamo di fronte a quella che un noto filosofo americano ha chiamato una "questione mortale". Devi scegliere, anche se nessuna delle soluzioni a disposizione è buona. Ma questa è la dimensione dell'etica, che è la scienza che cerca di studiare la soluzione dei conflitti morali. In Bosnia siamo di fronte a un cònflitto morale e non solo politico. Allora perché smettere di essere "animali morali" di fronte a questi orrori? Solo dopo la tragedia di Sebrenica tra i pacifisti si sono alzate voci di condanna dell'operato serbo. Prima si sosteneva che tutti sono responsabili in quella guerra, che non bisogna "demonizzare" una parte sola. La marcia pacifista "Mir Sada" (agosto 1993) si svolse proprio in questo clima di equidistanza tra i belligeranti, il che poteva essere comprensibile per il fatto che a combattersi non erano solo i serbi e i musulmani, ma anche i croati e i musulmani (Bosnia occidentale) e gli stessi musulmani (Bihac). Nella situazione attuale non è più possibile distinguere tra aggrediti e aggressori,pur restando vero che le violazioni dei diritti umani sono state commesse da tutti. Circa la questione dell'intervento militare la posizione dei pacifisti è stata pressoché unanime, ovvero di rifiuto della via della forza e di invito alla negoziazione a oltranza. Ma con alcune significative diff erenze. Ad esempio tra chi rifiuta l'intervento militare per ragioni morali (la pace si può fare solo con la pace e la violenza non fa che generare nuova violenza) e chi vi oppone argomenti pratici, ritenendolo impraticabile o inutile se non pericoloso. C'è chi rifiuta in modo assoluto l'uso della forza e chi è disposto ad accettarlo come extrema ratio purché a "sparare" sia l'Onu e non la Nato (Pax Christi). Mi pare che vi sia un po' di confusione in tutto ciò... Se tutto il mondo appartenesse all'universo pacifista anche le contraddizioni all'interno di quest'ultimo mi andrebbero benissimo. Se il problema fosse solo di capirci tra pacifisti, saremmo davvero in un'altra dimensione. Già al tempo della marcia da lei ricordata, quando le coppie conflittuali erano diverse, forse ci voleva un po' più di coraggio nel riconoscere che il

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==