La Terra vista dalla Luna - anno I - n. 1 - febbraio 1995

vano favorito la moltiplicazione di gruppi islamici tra i palestinesi per contrastare le organizzazioni aderenti alf'Olp. Hamas è oggi una costellazione di movimenti alcuni decisi esclusivamente a portare avanti quella che definiscono "lotta armata", mentre qualcuno è invece aperto di fronte ai tentativi di Arafat di in_serire gli integralist~ 1;-elproces~<?P?litico, tentativi sostenuti dai comunisti israeliani (in parte palestinesi); Jihad Islamica è invece una formazione impegnata soltanto nella guerra terroristica. Hamas è finanziata da singoli palestinesi benestanti locali e residenti all'estero, da organizzazioni islamiche degli Stati Uniti ed Europa e dagli Emirati Arabi del Golfo almeno fino a poco tempo fa, fin da quando 'Arafat si schierò con il dittatore iracheno Saddam Hussein nella guerra del Golfo; e sempre fino a poco tempo fa non risultava che al movimento arrivasse qualche sostegno finanziario dal regime integralista dell'Iran (sciita, mentre i palestinesi musulmani sono sunniti); si sa invece che da un pezzo Jihad Islamica riceve aiuti iraniani. Non pare casuale che il giorno della dof pia esplosione nei pressi di Te Aviv sia stato proprio attraverso Radio Teheran che il segretario generale di questo gruppo, Fathi Shaggaghi, abbia dichiarato: "la guerra santa . ' ,, proseguira . Gli oppositori del piano di pace Israele-Olp, palestinesi e i~ra~liani~si s~mo i1:1~ues~i ultimi mesi resi servigi reciprocamente. Ogni bagno di sangue provocato dai fanatici di un campo ha esasperato gli· stati d'animo nella popolazione dell'altro e provocato rappresaglie nei rispettivi gruppi oltranzisti. L'attentato di Bet Lid è avvenuto la domenica mattina in cui il governo israeliano era riunito per discutere il congelamento degli insediamenti ebraici nei territori occupati e decidere il rilascio di alcune centinaia di detenuti palestinesi. La costruzione di oltre cinquemila nuovi appartamenti a fianco della Gerusalemme Est (araba) è stata progettata dal ministero dell'Edilizia. Il ministro pacifista Sarid aveva detto qualche giorno prima, fiducioso nell'uscita del processo di pace dalla situazione di stallo in cui si trovava: "Tutto cambierà dopo la riunione governativa di domenica". E il primo ministro RaBibliotecaGinoBianco bin: "Non ritengo che le nuove abitazioni, se saranno costruite, debbano in futuro far parte del territorio d'Israele". Poi ci sono state le esplosioni provocate dai fanatici attentatori suicidi, a frenare ulterior- .men te il cammino verso gli obiettivi fissati dall'accordo di pace, proprio come vogliono gli ultranazionalisti israeliani. Rabin ha allora proposto di recintare tutti i territori occupati. Un'idea da generale, odiosa, che toglierebbe il lavoro ad oltre cinquantamila "pendolari" palestinesi. E che tuttavia sancirebbe la separazione tra Israele e i palestinesi come s.i voleva nel firmare l'accordo con l'Olp; invece il ministro_degli Esteri Perez ha sempre puntato a una crescente integrazione economica che sembrerebbe portare gradualmente verso una federazione israelo-giordano-palestinese. Rabin ha una parte di responsabilità nel circolo vizioso che già prima del grave attentato ha fatto segnare il passo al processo di pace. Sensibile agli umori di un'opinione pubblica israeliana, in collera per la moltiplicazione delle stragi provocate nel proprio territorio dagli integralisti (con un genere di attentati prima sconosciuto nel paese), ha condizionato il rispetto dei patti alla capacità di Arafat di fermare qu~i "fanatici criminali le cui az10m non possono essere previste", come del resto ha detto lo stesso primo ministro, capacità che il leader palestinese non ha e che cerca di costruirsi mediante accordi politici. Rabin avrebbe potuto, attuando per tempo tutte quelle misure previste dal piano di pace, far guadagnare consensi al partner palestinese tra la sua gente. L'anno prossimo ci saranno le elezioni politiche in Israele e i sondaggi sulle intenzioni di voto davano, già prima della domenica di sangue, un pur lieve margine di vantaggio ai partiti ultranaiionalisti; tra i laburisti, nel partito cioè del primo ministro, c'è chi vuol correre ai ripari: è laburista il primo ministro che ha progettato la costruzione di nuove abitazioni alla periferia di Gerusalemme. · Beninteso le cose non sono più le stesse di prima dell' accordo di pace. L'embrione di Stato palestinese esiste già. Israele dialoga con un "governo palestinese", sia pure dai poteri limitati, per la prima volta nella storia. All'interno delle organizzazioni palestinesi anti-Arafat, quelle laiche sostenute dalla Siria, sono in corso discussioni sull'opportunità di continuare a mantenere la stessa posizione; uno dei loro leader, Nayef Hawatmeh, ha deciso di lasciare la sua residenza a Damasco per trasferirsi a Gaza. Se il dialogo tra sordi sarà sostituito da un dibattito politico, anche arduo, nell'ambito della situazione creata dagli accordi di pace, l'entità palestinese diventerà prima o poi lo Stato dei sogni. Per i palestinesi, come per gli israeliani, l'accordo del 1993 è stato un trionfo del pragmatismo. L'alternativa, quella inseguita dagli oppositori dell'accordo, sarebbe la guerra totale e senza fine. Che si torni sulla via dell'accordo, che se ne ottengano i frutti previsti, dipende dalle forze politiche che in Israele l'hanno voluto e, fondamentalmente, da coloro che in campo internazionale l'hanno prima caldeggiato e poi applaudito.

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