Lo Stato Moderno - anno II - n.22 - 20 dicembre 1945

A00011amen10 per un anno: t. 360 Milano • Foro Bonaparte, N, fil Conto cor-rente postale. Esce il 5 e i1 20 di ogni mese LOSTATO MODER CRITICA POLlTlOA ECONOMICA E SOCIALE Anno Il - N. 22 20 DICEMBRE 1945 Una copia L. 15 SOMMARIO MARIO PAGGI: La crisi dello Stato ANTONIO BASSO: Rtusia e a"glosassor&i: equi– librio o cor&certo? . ANTONIO DONATI: Il processo di Norimberga e il diritto penale i1'ternazionale MARIO BONESCHI: Problemi del commercio estero . UMBERTO SEGRE:. Umanesimo e storicità ALBERTO APPONI: Ur&progressismo di meno FEDERICO FEDERICI: Dal processo di Riom al processo Pét'air&: pag. 345 347 350 • 351 353 355 9 . La resistenza . » 356 ADOLFO OMODEO: La diffidenza e la richiesta di abiura • 357 GIOVANNI GIARDINA: Salari e r,ipartizione dei profitti L. L.: « Uffelé fa el to mesté • . .- •. NORBERTO BOBBIO: Vent'anni dopo ... VINCENT HARLOW: La situazione internazio- 1nale. Sguardo d'insieme GIULIO BERGMANN: Luci ed ombre della Russia sovietica (continuazione del numero precedente) DOCUMENTAZIONE: « Cosas de Argentina » e d'altri siti LETTERE ALLO STATO MODERNO . RASSEGNA DELLA STAMPA NOTE QUINDICINALI pag. 358 » 35 » 359 • 360 » 361 » 363 » 364 » 366 » 367 LA CRISI DELLO STATO In Italia non è da oggi che si parla di crisi dello Stato; averla messa in luce fu uno dei risultati po– sitivi della critica marxista, condotti poi a più si– curo e maturo svolgimento dal metodo storicistico e dalla visione idealistica della storia. Oggi la crisi par che si dilati in tutta Europa, ma si tratta in so– stanza sempre dello stesso problema, e cioè rendere saldi e fermi in sede politica e• sociale gli effetti delle innovazioni costituzionali conchiusesi con il suffragio universale. Forse, nonostante i lunghi de– cenni trascorsi dall'inizio di questa esperienza costi– tuzionalistica, non se ne sono ancora compiutamen– te afferrati tutti i possibili e pensabili svolgimenti rivoluzionari, e sopratutto non se ne sono esamina– te tutte le correlazioni con le altre forme della vita sociale, le cui ripercussioni sul processo di vita dello Stato non sono più oppugnabili, come quella della cultura. della moralità, della tecnica e via dicendo. Fino ai primi del novecento, grosso modo, è le– cito affermare che le classi dirigenti si affacciavano alla guida dello Stato soltanto dopo una difficile aspra vigilia che ne aveva affinate le qualità tecni– che e morali necessarie per assumere su di sè il peso dell;i direzione della cosa pubblica. La loro maturazione si svolgeva entro quadri politici e giuridici preordinati e predeterminati per cui la conquista dello Stato, anche se ottenuta con una rottura violenta dell'ordine costituzionale pre– cedente - e questo in realtà è avvenuto assai più raramente di quanto non pensino certi ingenui e romantici cacciatori di farfalle rivoluzionarie ad ogni quadrivio della loro esistenza - appare come una logica conclusione di svolgimenti economici e cul– turali già ormai profondamente in atto. La storia delle città italiane del medioevo - forse fa più esemplare storia politica che si conos~a nel senso che essa si svolse veramente con un li– bero gioco di forze interne prima che il loro pro– gressivo decadimento morale e lo sviluppo di più ampie economie la mortificassero nei quadri di si– gnorie e di stati vassalli di potenze straniere - è piena di questi tràpassi di poteri che appaiono di una impeccabi1e logica storica. Lo schema si rompe proprio con la introduzione del suffragio universale, figlio assai più di un'esi– genza razionalistica della classe che ~o concedette che di una istanza politica della classe che ne f beneficiata. La borghesia spinse sino all'estremo li– mite pratico lo svolgimento dei principi in nome dei quali aveva fatto irruzione negli organi centrali del– lo Stato, e rifiutando di restringere il concetto de– mocratico di popolo nei confini della classe dirigen– te (come era pur storicamente accaduto) lo allargò sino a comprendere la totalità dei cittadini; adesso con il voto alle donne, il processo di democratizza– zione giuridica (sottolineamo l'aggettivo) dello Stato è giunto ormai alla sua fase terminale. Nessuno, dal punto di vista del diritto, è più fuori dello Stato: tutti sono nello Stato. E qui si rivela il vizio di formazione dello Stato

RkJQdWJsaXNoZXIy