Il Socialismo - Anno III - n. 15 - 25 settembre 1904

IL SOCIALISMO Inoltre, bisogna anche considerare lo stato di civiltà e la capacità di progresso di ciascuno dei contendenti. TI sovrapporsi di una,civiltà pii't avan– zata ad un 'altra meno avanzata, e incapace di evol– versi spontaneamente, è senza dubbio un passo in– nanzi nella storia. A questa stregua i boeri, arn– mircvoli certo per l'eroismo loro, non meritavano tutto l'interessamento ciel quale, a parole almeno, è stato largo verso di loro il mondo civile, non esclusi i socialisti. E lo stesso principio guida il iVIarx anche quando le contese fra le varie nazionalità avvengano sullo stesso territorio, come, per esempio, nella Dalmazia (cfr. Rcvolution and cou11,ter-rc1.1ob,tion i11 Gcrman;,). E non si può prescindere, specie pei paesì nei quali il movimento socialista ha un largo sviluppo, dagli effetti di una guerra, o del suo esito favore– vole o contrario, sulla politica interna di essi. Tal– volta, a conseguenze generali liete, risponde invece, nella politica interna, in seguito ad una guerra fe– lice, il prevalere degli elementi militaristi e con– servatori. Ed è questa. forse, la spiegazione del modo differente di considerare la gt1erra dei socia– listi di quella nazione e dei socialisti stranieri. Un esempio recentissimo lo abbiamo avuto dal con– tegno del Congresso di Amsterdam per la guerra russo-giapponese. ~1algrado le platoniche proteste per la pace, si è, dagli oratori stranieri, e nella stessa mozione votata, constatata l'importanza del– l'indebolimento dell'autocrazia russa. Fra le righe di ogni discorso si leggeva l'augurio di vittoria ai giapponesi. E l'unica protesta seria contro la guerra è venuta, fra socialisti, proprio dai socialisti giap– ponesi. Possiamo dunque concludere queste nostre os– servazioni solamente col pili completo agnosticismo. Sarebbe contrario allo spirito realistico ciel partito socialista pronunziare, a priori, la condanna di ogni guerra. La gu<'rra può avere una portata utile, come dannosa al proletariato; può esser rivoluzione o reazione. ~iente di pili assurdo che accomunar le due cose nella stessa cor.danna. ~ignifica questo l'abbandono della nostra azione antirnilitaristica? Tutt'altro. Il militarismo non è la guerra. Gli eserciti sono degli organi speciali, par– ticolarmente foggiati, atti - quando lo sono alla guerra esterna, ma non a questa soltanto. Essi sono straordinariamente costosi, non solo per qud che si spende a mantenerli, ma per le forze che distraggono dal lavoro. ì\[a sono, sopra tutto, stru– menti cli dominio. Ottenere che il soldato non sia pili separato dal popolo e chiuso in caserma, che la guerra non sia pili un mestiere di caste speciali, che la difesa del paese sia affidata ai cittadini; so– stituire, in una parola, all'esercito la nazione ar– mata, ecco quale deve essere il nostro scopo. Il che è una cosa ben diversa dalle semplici « economie sulle spese militari », poichè non cerca lasciare intatto l'attuale organismo, rendendolo meno costoso e meglio organizzato, ma strappa l'arma al padrone e la dà al servo, il quale potrà usarne non solo a difesa. del suo paese contro i nemici esterni, rna anche un po·, quando occorra, pcrchè gli affari. in casa sua, siano regolati un po· meglio che al presente, E, finchè siamo troppo deboli per questo, do– vremo portare innanzi, tra il popolo, la nostra agi– tazione antimilitarista, non dicendogli soltanto quanto costa !"esercito, ma anche a che cosa servc 1 quale terribile arma di oppressione esso è. E questo, come si fa nel :Belgio, e come si è corninciato a fare anche da noi, specialmente fra i giovani che do– vranno esser soldati ( 1). Esaminiamo brevissimamente, al lume delle con– siderazioni precedenti, quale debba essere il con– tegno del partito socialista innanzi alla possibilitit di una guerra fra I' ltalia e l'Austria. [I concetto direttivo che deve ispirarci 1 è a parer hostro il se– guente: Le forze della conservazione, o, ad e$scre pii', precisi. della reazione. sono rappresentate, nella po– litica internazionale, dai tre imperi: la Russia, la Germania e l'Austria. Essi accennano sempre pili a trovarsi, e si troveranno necessariamente del tutto d'accorcio, per opporsi ad ogni progresso democra– tico e, in ispecie, al movimento socialista. 1i,tto cià che indeboliscegti imperi è utile pet proletariato; tutto cùì che ti rill/Orza gli llllOCe. fmmaginiamo l'Austria vincitrice (la ipotesi pili probabile): è evidente l'aumento di prestigio e cli forza che glie ne verrebbe. L'Italia uscirebbe ro– vinata dalla guerra, e il vincitore darebbe man forte al governo per reprimere ogni tentativo rivo– luzionario che potesse tener dietro alla guerra. Avremmo l'impero pili forte e la reazione nei due paesi, Vincitrice l'Italia, questa è troppo piccola parte della politica internazionale perchè potesse servirsi della sua vittoria o nuocere grandemente all'avver– sario. L'intervento della Germania sarebbe là, pronto a parare quasi completamente il danno dell'Austria, che essa non può voler diminuita. Ed in Italia il militarismo trionferebbe, quasi senza ostacoli. E la monarchia ne uscirebbe raf– forzata all'interno in modo formidabile, e libera di accentuare la sua politica di asservimento alla Russia. Nell'un caso e nell'altro, gli interessi generali del movimento socialista avrebbero a soffrirne (2). E' quindi assiomaticamente evidente la oppor– tunità di un movimento contro la guerra, da parte dei socialisti dei due paesi. N[a questi non possono limitarsi semplicemente a non voler la guerra. Essi devono sforzarsi di rimuovere le cause, o i pretesti di guerra. Fra questi, l'irredentismo. Ma questo è, a sua volta, fomentato dalle bestiali sopraffazioni austriache contro gli italiani delle provincie irre– dente. Noi stessi non sappiamo e non vogliamo astenerci dall'unire la nostra protesta a quelle che si levano in Italia contro le indegnità commesse contro i nostri connazionali dcli' Austria. E non sa– premmo abbandonarìi alla loro sorte,scnza nemmeno (r) ):otiamo con piacere che questo concetto è accettato dalla l',u,. periodico ,;peci aie del mO\•imento antimilitarista. Il numero dcl 1. -.cllcmbre 1904 ha un buon articolo del direttore, 1-:ZioBar– talini, sull"argomento. (2) Per C'Jllcl che riguarda più spcciahncnte la questione balca– nica, e i po,;,;ibili conflitti, per essa, fra .\ustria e Italia, l"cconomia dell'nrticolo ci ,·ieta di occuparcene. Rimandiamo :11 discorso di Ar– turo Labriola (.ll;,v111,r11ardia SocialiJla, 27 agosto) e agli articòli di F. Ciccotti sul l.awralor.: di Trieste.

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