RE NUDO - Anno VII - n. 49-50 - gennaio-febbrario 1977

Guarda caso la trascuratezza nel non darsi un tempo per nutrirsi piacevol– mente coincide con la trascuratezza di una non-conoscenza del proprio corpo per la sua sfera erotica-sen– suale-mentale. L'interiorizzazione del modo di vivere che la società capitalista ci impone porta a far sì che anche fra i compagni sia accettata la pretesa inevitabilità dell'avvelenamento quotidiano a cui siamo sottoposti. Il cinismo da parte di alcuni è di rigore e accompagna la dichiarata impossibilità nel sottrarsi in toto o in parte alla logica alimenta– re-culturale imposta. Sotto sotto in questi casi è pur sempre presente la convinzione di essere fra i «privilegia– ti» che possono scegliere fra i prodot– ti migliori, più genuini, (più cari). La carne scelta, la marmellata straniera, la pasta di vero grano duro etc. Cioé prevale l'illusione di essere comun– que dei privilegiati in mezzo al prole– tariato che affonda nella merda. Ed è del resto vero che nell'ambito dei pro– dotti raffinati, colorati, conservati, in– scatolati, addittati, trasformati, liofi– lizzati (etc.) ci sono i meglio e i peggio come è vero che alla borghesia sono destinati i meglio e al proletariato i peggio. Il problema appare evidente, è quello di denunciare e combattere in blocco questo mercato e andare a ritrovare la qualità, il gusto e soprattutto il va– lore nutritivo dei cibi originari, inte– grali. Per la maggioranza della gente però, il problema non è certo quello del su– peramento della passività e del cini– smo, bensì il problema della non co– noscenza, della mancanza di infor– mazioni. Mancanza di coscienza non tanto delle porcherie con cui sono trattati i cibi, bensì della possibilità di sottrarsi all'abitudine. Riacquistare la capacità di sentire i sapori natu– rali, distinguere i veleni, i sapori forti e falsi a cui siamo abituati da sempre non è facile. Il condizionamento pub– blicitario ·è un'ulteriore componente che ci abitua ad attribuire falsi valori a prodotti costruiti a misura del profit– to industriale e non a misura dei biso– gni alimentari dell'uomo. Facciamo degli esempi: la frutta bel– lissima, colorata, enorme che vedia– mo in bella mostra nei migliori negozi: non sa di niente. Però è bella, come corrispondono ad una immagine tra– dizionale del bello (buono) le mele rosse gigantesche, le banane cichita lunghe venti centimetri, bianche e gessose. Non esistono praticamente più la frutta deforme, piccolina, ma– gari un po' rachitica ma saporit~ssima come è di solito quella che si trm 1 , a su– gli alberi. G e Ritrovare il gusto. Chi scrive ha impiegato più di un mese a sentire e gustare il sapore del riso integrale, lo stesso tempo a rico– noscere come insapore il riso raffina– to anche rinforzato dallo zafferano o spezie varie. Così come scoprire la farina integrale come elemento inso– stituibile della cucina «povera» mi– gliore di tanta cucina «ricca». Riabi– tuarsi ai sapori genuini e naturali dei cibi senz'altro incolori e poco «at– traenti» secondo una immagine pub– blicitaria, vuole anche dire imparar~ ad alimentarsi e non sovralimentarsi come fanno normalmente tutti (anche i poveri, quando ci riesc_ono!) e so– prattutto conoscere l'acc.ostamento e le proprietà dei cibi. E tradizione riempirsi di cibo la domenica per compensare la miseria di una setti– mana di mense o pasti frettolosi. So– luzione che null'altro di positivo porta se non per il prosperare dell'industria farmaceutica. Alla riappropriazione del gusto corrisponde un senso di di– sgusto per molti dei prodotti con fort! percentuali di zuccheri che sono fra 1 principali veleni nell'età adulta. Ma riabituarsi non è facilissimo e comun– que mai è immediato. Il condizionamento è forte, quindi eh i, assaggiato una o due volte il cibo in– tegrale, dice che non gli piace e quin– di rinuncia si comporta un po' come chi, dopo vent'anni di vita sedentaria, pretende di riuscire al primo giorno in un qualsiasi esercizio ginnico. Oc- RE NUD0/41 corre quindi un periodo di passaggio in cui venga decondizionato e riabi– tuato il gusto insieme ad un lento pro– cesso di sintossicazione. La moda. La moda, soprattutto della macrobio– tica, che è una della diete alimentari a base integrale, porta molti a diffidare delle alternative integrali o vegetaria– ne e comunque naturali. La costosità di alcuni cibi, il mercato d'elite nelle farmacie, il retroterra culturale rea– zionario di persone come Osawa han– no contribuito al rafforzamento delle difese «occidentali-marxiste-raziona– liste» che magari inconsciamente scattano in molti in cui l'accostamen– to integrale-orientale-mistico è auto– matico. In realtà non lo è anche se è vero che l'alimentazione integrale fa– vorisce l'attività della mente, dell'in– telletto, della riflessione piuttosto che non l'attività fisica, dinamica e frene– tica. È ancora più vero che in genere l'at– tenzione che viene portata all'alimen– tazione coincide più generalmente con una attenzione che portata al cor– po, alla riappropriazione del corpo, allo studio e/o alle tecniche meditati– ve. Per combattere l'atteggiamento modi– stico, elitario non è quindi sensato chiudersi al problema in blocco ma invece ci sembra più giusto andare a

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