Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

LA PROMESSA DELLA ZIA NENE. Ogni mese il signor Sponga, nostro im.quilino, consegmava alla zia Nene un suo libretto d ella Cassa di Risparmio, e lasciava all'ar– bitrio di lei di leva.me quanto bastasse a irnbam.dire un pramzo straor– dinario per tutta la famiglia. Ln grazia di quel buon signore, la nostra mensa si rallegrava una volta al mese di tutti quei beni del palato che abitualmente, per quanto desidBrati, nOIIlcomparivano mai in casa nostra. La zia Nene prendeva me, bambino non anc6ra di sette anni, per compagno della sua spedizione. Figurarsi se io, appena passato quel giorno di felicità, non cominciassi subito dalla mattina dopo ad attendere, per trenta giorni, il suo ritorno. Quella mattina aspettata c001tanta costamza e, da ultimo, con tanta trepidazione, venne :finalmente. La zia Nene uscendo mi fece la promessa. - Stefano, alle undici. - Tre sole parolette bisbi– gliate al mio orecchio e c'eravamo intesi. Ma ,se tre sole erano state le parole da lei pronunciate, la mimica del suo viso aveva espresso un romanzo d'avventure. Me la vedevo sempre davanti con quella stessa espressione, anche quattro ore dopo ch'era uscita. I suoi occhi brillavano e dicevano : « allegro, vedrai che bella corsa per la città, che botteghe, che compere, tutto come l'altra volta)); e la sua bocca pareva già incoraggiarmi a gustare certi prosciutti prelibati, certi biscotti che si sfanno tra il palato e la lingua, e quel marsala che non ,si sa come fermarlo nella gola, tanto è dolce e scorrevole. La mia fantasia non poteva capire in se stessa. Sarò uscito, quella mattina, cento volte sul pianerottolo, cercando di non farmi scoprir da nessuno. Aprivo l'uscio cautamente e l'accostavo: m'avvicinavo al parapetto col batticuore e, sporgendomi più del necessario, guar– davo giù per il va,no delle scale: a ogni sventolar di stoffa ai piami più bassi, a ogni mano .che si mostrava sui braccioli della scala, a ogni passo, mi pareva che fosse la zia che veniva a prendermi. Ed avevo cominciato alle otto a mettermi im.vedetta . .Abitavamo all'ultimo piamo d'U1I1a c.asa molto alta per quei tempi. Sul pianerottolo, accanto a noi, abitava il signor Pantaleone; di faccia c'eramo le soffitte e accanto a queste l'abitazione dei portinai. Tutto il mio mona-o era là, dischiuso o segreto, su quel pianerottolo, vasto per n:e come una capitale. Attraverso le grate di due porte ibliotecaGino Bianco

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