Pègaso - anno II - n. 4 - aprile 1930

MORSELLI E IL « BELFAGOR ». , Dell'esistenz,a roiilla,ntica e vaigabonda <li Ercole Luigi Morselli, •s'è già parlato in molti. Ultimo degli .scrittori bohémiens) os•sia figlio del ,suo tempo prosaioo, e tuttavia proteso al desiderio yio– [ento d'una vita piena e avventurosa, il Morselli tentò le •più balde e strambe esperienze girando il mond!o : da quella earrnpagina to– .scana di cui era divenuto figlio elettivo, alla t,olda delle :navi im. rotta per igmote destinazfoiili; dalle glorie fittizie dei teatri cine– matografici, dove fece la comparsa, a.Il'aurtentiche taverne delle cit.tà marinar.e oltre Equatore. Ma alla sua gram ,sete rispondeva f eroce il no del ,suo per,sonale <lJestino,che lo condannav;a a essere nolll più d'uno spettfl,tore; donde, fu detto, la vendetta della ,sua iirolllia. Nel qual senso for,se_s,on già interpretabili quelle sue -primitive Favole per i re d'oggi) che recente.mente il Smani ha raiecolto e rio.:r~dinato,eolll altri ,scritti del genere, nel volume F(J//)olee farn– tasie ('l'reves,. 1928) : d'intonazione appa,rentemente pessirrniista e delusa, iin realtà avida e nostrulgica. « Un branco di pazzi leopardi correva giù a salti e a .oaprwle lungo la riva d'un torrente sotto il plenilunio. Videro wna iena. - Ehi! Am..ica! - le gridarono. - Passano cento cavalli Stanotte per la strada carovawiem. Li manda il S1iltano alla Mecoo. De– ,uono esser carne fine! Son- pochi gli uomini di •,scorta. Pranzo si– c1.i ro! di quelli'che capitan di rado! Vienii con noi! - Tante gra– z.ie ) ma no,n posso) - rispose la iena ria1J1Jiandosi n frf;tta per T:a sua stra,da. - Perché ? - le g1·idaron dietro i leopardi. - Debbo aridare ol cimitero, - rispose q·ueUa)sorridendo di lontano. - Una i:olta., ve ne ricordate ancora) arnici miei? erava,mo wn, br(l//'/;co,-bria– ohi di giovinezza e di speranze: scendevamo an-che noi giù per urn torrente sotto un, plenilunio sereno. Incontrammo la Gloria. La, irwitm,imo a cena con noi. E ci rispose come qiiella ierna! ». E in UIIl senso non dissimile s'è- potuto interpretare Orione: opera che voleva es.s,ere un poema di forza carnale; ritorno a cose crude, ,semplici ed elementari; aborrente da ogni truooo letterario: un tuffo nella ga,gliardiia d'istinti e ferimenti eroici, quelli fra cui parev a che ill poeta intendesse profondarsi, con una volontà d'esi– lia.to. Orfollle c,oonpie gesta. gigantesche; caiecia belve, sottoonette BibliotecaGino Bianco

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