Pattuglia - anno II - n. 7-8 - mag.-giu. 1943

0141°::3A'J~Ofr~~ :;;;;;.-..-. • ,., io voglio che voi ,iat• certo che tutte le fatiche che ho sempre durete, n<>nsono siate manco meno per voi che per me medesimo •••• MICHEV.NGIOLO Era troppo giusto, perchè non sembrasse possibile, che la vita ci avrebbe un giorno condotti ad alcune chiarificazioni decisive: qli avvenimenti che riportano oggi gli uomini in una terribile lotta, dimostrano con sufficente chiarezza che la colpa prima fra essi è stata proprio di egoismo, di sfiducia, di incomunicabilità. E qui, da noi, in arte e in fetteratura, le più recenti correnti sono di questa situazione, appunto, le estreme conseguenze e, certo, gli ultimi frutti: I' ermetismo e il fenomeno parallelo di certa pittura - ai quali nol, desiderando dì evitare altre nocive confusioni, non intendiamo negare gli indiscutibili meriti - erano stati un ripiego della pcesio e dell' orte, uno chiusura forzata nella circolazione aperta fra gli uomini, e, quindi, anche in quella più vasta dell'universo, un tacito evadere dagli impegni con cui l'artista - come ogni altro uomo - è legato ai suoi simili. l'arte sembrava cos1 rimanere indifferente a quanto avveniva e a quanto gli uomini le andavano continuamente chiedendo, e non per una olimpica o divina •distanza•: forse cl si era dimenticati come ogni nostro atto non possa essere solamente nostro, ma si ripercuota necessariamente sugli altri. anzi sio degli altri oltreché di noi. Ciascun pittore o poeta operava più che su se stesso, su un'immagine di se stesso a cui si era dolcemente abbandonato o che si era imposto - oper&ndo veramente sulla propria vita, il suo lavoro sarebbe stato in- /atti anche dello vito degli oltri - : ne derivò un'arte che non ci sapeva dare altro oli' infuori di qualche delicota sollecitazione sensuale o, peggio, di qualche pigro accontenh1mento nei modi di un formulario estetico, che ormai ritenevamo livrea perfetta, e, quasi, indispensabile per ogni buon scrittore o pittore. E, è pur necessario riconoscerlo, questo lllvvenne proprio nell'ambito della generazione che immediatamente ci precede, quella che oggi è attorno ai trent'anni. Arrivate le cose a questo punto ci è parsa insostenibile anche questa situazione: la pittura e la poesia dovevano riprendere la loro importanza e la loro missione fra gli uomini, dovevano ridiventare, insomma, •cose• ancora per loro, di loro. Oueste, almeno ci sembra, sono parole che era giusto dire prima che il lettore sfogliasse l'omaggio alla pittura contemporanea, qui raccolto - omaggio che per altro non ci è stato possibile compilare quale avevamo pensato - poiché ne sono, in un certo senso, le idee informatrici. Ma un criterio storico non ci è perso ugualmente possibile evitare in simile occasione, chè anzi esso ci è servito a maggiori e più nette chiarificazioni. Cosi le assenze e le presenze non sono da ritenere arbitrarie, come non lo sono le .disparità di interessi e valori assegnate ai vari pittori, le une e le altre essendo deri~ vate da nostrè precise esigenze. r Una "natura morta' 11 (1915) inedita di Modi €ome ua uomo Deue per rlpreaderç la su.a slracla, la grtclaui ua caalo ciel Paradiso e ciel Pui,galorio, e poi· riLoraaul al uiao dopo i tuoi 9ridi. Sl/b, io seallrò per sempre qaesli grtcli ael sileazio, martire che iaizi il fuo desllao. é[[a 'ali/ma uolta, cli sera, insieme a {l)erain aueuamo beuulo. gJ tuo album blea, come UD quaderno cefe4/e, era cosi pesante I 9Ì piegaua tl tuo corpo aei tuoi abili dolci cli ueffuto : aa ~122.6ra li mordeoa J fianchi. qJra aaa /'orma sollile, la /orma che fu cltpfo9eui ialalla per seguire la tua esseaza cloue uaaao i morii, .fflocligliaal, doue i morfi uaaao per uiuere cl<J per cui fu 9iuslo palit-e. gJ {l)uomo cli frlreaze si specchiaua aeffa f:Feaaa . ANDRÉ SAUION ("GARREAUX,,) (Traduzione di Mario De Micheli) Fondazione Ruffilli.~- Fo\""•.,..11 ________ ,..._.__ _____ ,. :_ • ( UNA LETTERA GIOVANILE AL PITTOREOSCAR GHIGLIA Caro nni1co, io scrivo per sfogarmi CQn te e per affermarmi din;;mzi a me stesso. Io stesso sono in preda allo spuntare e al dissolversi di energie fortissime. Io vorrei invece che la mia ,,ìta fosse come un fiume ricco d'obbondon.za che scorresse con gioia sulla terra. Tu sei ormai quello a cui posso dfre tutto: ebbene io sono ricco e fecondo di germi ormni e ho bisogno dell'opera. lo ho l'orgasmo, ma l'orgasmo che precede la gioia, a cui succederà l'atti• vità vertiginosa ininterrotta dell'intelligenza. t Già dopo averti scritto questo jo penso che ~ bene che ci sia l'orgasmo. E da questo orgasmo io mi risolleverò gettando dj nuovo nello grande lotta, nell'azzardo, nella guerra, un'energia e una lucidità non prima conosciuta. lo vorrei dirti quali sono le nuove lancie con cui riproverò la gioia òella guerra. Un borghese oggi mi ha detto, mi ha insultato, che io, ossia il mio cervello, oziava. Mi ha fatto molto bene. Ci vorrebbe un av\'ertimento simile tutte le mattine al proprio risveglio: ma essi non ci posson capire e non posson capire la vita. Di Homn non ti parlo. Roma che mentre ti parlo è non fuori m~ dentro di me, come un gioiello terribile, incastonato sopra i suoi sette colli, come sopra sette idee imperiose. Roma è l'orchestrazione di cui mi cingo, La circoscrizione in cui mi isolo e pongo il mio pensiero. Le .sue dolcezze febbrili, In sua campagna tragica, le sae forme di bellezza e di armonia, tutte queste C05e che sòno mie, per il mio pensiero e per la mia opera. Ma io non posso qui dirti l'impressione che io trovo in lei, nè tutte le ve• rità che ho saputo cogliere da lei. lo attenderò a una nuova opera e <lacchè io l'ho precisata e formulata mille altre aspirazioni vengono fuori dall8 vita quotidiana. Vedi le necessità del metodo e del: l'applicazione. Cerco inoltre di formulare con maggior lucidità le verità sull'arte e sulla vita che ho raccolto sparse nelle bellezze cli Rotn11~e come me ne è balenato an• che il collegamento intimo, cercherò di rivelarlo e dj ricomporre la costruzione e quasi direi l'architettura meta• fisica. per crearne la mia verità, sulla \'ita, sulla bellezia e sull'arte. Addio parlami di te come io ti parlo di me. Non è questo lo scopo dell'a• micizia: di comport'e e di esaltare la volontà secondo il suo indirizzo, di rivelarsi l'uno con l'altro e dinanzi a se stessi? Addio, tuo Dedo (1931) 5

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==