Pattuglia - anno I - n. 9-10 - lug.-ago. 1942

MARTA - IJ tuo corpo è steso, lì, sul Jctto, con quelle sue pO\'Crc ginocchia avvilite. RENATA- Crocifissa 1 minuto per minuto, come Gesù, senza senti.re neanche gioia ad ogni crocifissione, poichè sento che non ho il diritto di sentirmi puro. ì\lA1tTA - Tu non vedi nessuno. H1~NATA- lo tengo Je pnhpcbre sempre chinate. M,rnTA - Senti solo Paria che ti si ammollisce attorno a · tutto il corpo, alla nuca, alle ca\•iglie, ai polsi, e ti rimprovera lenta e tenace tanto da invaderti e sca\'arti Je viscere. RENATA- 'on formi piangere, non \'Oglio. MAnn - Sotto Jc pal9ebre chiuse tì svengono denti-o, fiSSicmc allo s,·enimento estraneo dei corpi non visti, tt precir,>itano dentro, ti si sgretolano dentro, tu ti consumi dentro perduta, c1ucsti mobili, queste mura, questi specchi, ti oscillano sopra e sotto il pavimento e il soUitto, e tu sci come stordita da un'onda che ti seppellisce e ti trascina all'inrinito in un oceano. C:n sepolcro. Un'urna. La tua matxice inutile ti perseguita in ogni angolo e in nome delle creature a cui non vuole dare vita franluma quegli specchi e te li fa cascare dentro, frantuO)a le montagne, i Jaghi1 i fiumi, Jc foreste, le serre di fiori della fanciullezza, i volti vivi, e da ogni angolo te li versa dentro come un torrente in cui tutti i colori impazziscono senza rassegnazione. Tu vorresti gridare per le strade, qui, vorresti dalla tua fronte e dagli occhi in un grido mostrare, far sentire Je tue viscere a tutti coloro che non ,,uoi vedere, che non vuoi fermare sulle tue palr,>ebre spalancate. E se questa vertigine si ferma. tu sei perduta, crolli, tu hai bisogno di questa vertigine, se essa si ferma un solo attimo questo attimo è il tuo abisso. Non t?rc,erli le mani, non piangere, è cos11 e cosi. RENATA- :t vero. [ vero. MAnTA - Pure tu ,•uoi l'assoluzione per un peccato che non hai mai commesso e che commesso hai così bene scontato. f\fa alla \'ertigine non puoi rinunziarc. RENATA- Come fai a sapere così bene tutte queste cose? MARTA- Ora però dobbiamo essere colmi, e dobbiamo ragionare come una lama di rasoio al sole, una di quelle Jamc, sai? una lama affilata sulla pietra bianca e rotonda di un fiume grigiastro, enorme, desolato, disseccato e straziato dal sole che sembra non voglia perdonarlo neanche nella mezzanotte. Ora posso sedere. Ragioniamo dunque. (pausa) · MARTA- Anch'io ho bisogno di una vertigine come la tua. Cosa credi? A tredici anni a\'evo anch'io sentito di dover !are In vita che lai tu. Sorpresi nei miei occhi questo desiderio, un giorno, guardandomi in uno specchio. La faccia mi si era affilata e )ungo jt suo profilo tagliato correvano uno :n~an~~!~~~- sran;c ~i era~-:~ Nt~~nif!!i che camminare per anni sul ciglio di un preci,pizio. Le caviglie e le ginocchia mi trasmettevano alle vene ed ai polsi un piacevole tremore pieno di spavento che mi faceva sem?re più impallidire. Sorridendo tessevo questo pa.llorc a fili molto sottili, e le mani. si in,·oluttuivnno nell'aria in questo lavoro. E no, no, non volli fare questa vita, forse pcrchè non ne ebbi il bisogno, ma soprattutto ,erchè non volli ingannare nessuno. Oh? Mi repugnnvn dover considerare, usare dei poveri corpi umani, abbattuti sul mio, come picLTc clcturt?ate per giungere alla mia vertigine. RENATA- Ma io non inganno nessuno. M.AnTA- E questo invece il tuo peccato. 1nganni gli altri e te stessa, ma più gli nitri che te stessa, perchè tu, per te stessa, infine 1 la vertigine finisci sempre col raggiungerla. RENATA-- Perchè vuoi ferirmi così, sino in fondo? MARTA - Compresi iprcsto J'impossibilità di awroeei umani. Non volli, non volJi. Oggi non so più dire se tutto ciò sia una potenza estrema o una estrema impotenza. Cosa m'importa rpiù il saperlo? Mi scnvai, qui, F'otn 1 aazì6d°~ììaemm··_ 10 Lu101 VERONESI • Sc,ne per "Balletto., di Riccardo Malipiero Jr. (1940) e creai in me 1a pazzia, sola, senza bisogno di creature che mi aiutassero, ed ora, vedete, quando voglio, io posso sgretolare il mondo in me, trasformarlo in toncnti di luce che mi scorrono dentro e trncciano archi, cerchi, dischi, triangoli. Quel mobile, quel letto, quel quadro. E Ja stessa vertigine Ja nostra. E noi abbiamo ogni minuto bisogno di questa illo• gicità se vogliamo vivere in coerenza, ~ se vogliamo non impazzire veramente. 1-lE:-.'AT-A E vero. E vero. MAnTA - Pure n mc J'assoluzionc la danno se la voglio. mentre a te non Ja danno. .Molto stTano questo. Perchè piangi? No. No. R&NATA- Tu mi hai veramente scavato dentro cd ora sento più che mai Fingiuslizia di quello che mi a,·- viene. MARTA - Vedi, Hcnata. io in certe ore dei giorno posso creare la morte in mc. Mi svuoto con Je m,ani, mi guardo dentro, in fondo, sorrido, mi butto con la nuca all'indietro e la fronte in alto, mi plasmo con le mani, creo in me il sonno prima. poi tulto questo mi aiuta a buttar· mi in un angolo qualunque dclFuniverso, pensa un ruscello d'acqua tepida che sfiora erbe verdissime e tenerissime e ti accarezza i capelli, e al101·a rimango vinta, in preda a qualcosa che è più, molto ?iù del sonno, una morte, una morte, si, ma una morte da cui, se voglio, posso risvegliarmi. Un pici;>po ridotto ombra orizzontale nel Iiume, con le tenere foglie, allo1·a mi nuota dentro, e delle foglie di cucaliftus ridotte ombre giocnno attorno a pio.,')pO e danno al sonno tulto l'm·oma della morte. Vedi? Mi piego con la nuca all'indietro e la fronte in alto. Sono come vogJio. Questa è Jn più grande vertigine. (pausa in cui Marta è immobile come in preda alla morte. Subito Marta si alza e ride) MARTA - No. No. Ora non voglio. Ora basta. Cosa avete? Parlate. RE1ATA- Cosa devo dunque fare? i\·1AnTA - AIJa vertigine non puoi rinunzin1·c. Non puoi più viv~c senza essere assolta da Gesù. Vieni, vieni con mc. Creeremo assieme Ja morte in noi, e allora a tutto si pcrdona 1 e allora ti daranno l'nssolu~ione. RENAT,\ - Si. Sj_ (Renata si riversa con la nuca al- /'indiclro e la fronte in alto) ~orn - Già le mani mi scavano dcntro. Come nuotano, ombre, quelle foglie, quelle foglie in me, nella mia inutile matrice! (rimane immobile per un attimo. Breve pausa) MAnTA - Quella salo.. Quell'orchestra d'argento. Quelle immobili cop;,ie. Come allora. Come allora. Sempre. Sempre. (buio improDvìso. Subilo dopo una grande luce. Si veclra11no coppie immobili, nere e affifole in un passo acceso di dmi=a, e un"orchestra argenlata con bianchi immobili suonai.ori) HF.NATA (al=tmdosi ebbra) - Oh visto. Io posso crcnre Ja morte in me. .Mar• ta1 Marta! Il mondo è un calice di cristallo che posso frantumare quando ,·oglio in me con le mie mani, i\.b.nTA (protende le braccia verso Rerwla prima, uerso la soglia da cui è entrala. assieme ad Enrico dopo, verso l'or<'hestra infine, e parla con voce alla, sonora, tr<mquillissima, in mw lucidil<t allucinata) - Come è bella la vita quando si sa essere \'Cramente pazzi! TELA TEl!ZO ATTO 5-C'EN,\ La stessa scena del primo nito. Su di una poltrona è stesa Renata che dorme, molto pallida e immobile 1 con la fronte in alto. Enrico è affacciato alla finestra come 11el primo atto e guarda fuori. Erm1co - Po\'era Hcnata, per quanti anni sci vissuta nella più tetra oscurilù? Pure ave\'i bisogno di una vertigine che ti rendesse possibile la vita, e tu questa vertigine l'avevi trovata buttando in pasto ai canj umani il tuo corpo, ç,erchè lo sb1'anasscro liberandoti l'anima. Ora sci redenta come sono anch'io redento in virtù di i\1:arta. (Mcirla entra mollo cauta, ridendo, guarda Renata e poi corre verso Enrico) [;,,:nico - Oh! Marta. IvlARTA- Enrico, sono riuscita a siuggire alla sorella e sono venuta quj sola. Dorme, dorme la sorella, l'ho ipnotizzata. (ride) E.-.mco - Marta, tu sci inimitabile. Dasta sentirti parJare ,per essere presi da un sonno di volo. Si sente i1 corpo sospeso nell'aria su due nli immobili. MAnTA - Cosa [acevi. Enrico? ENRICO - Guarda,·o queJle case suUa strada e sulle loro mura Je erbe e Jc piante ni loro Inti, e Ja luna dissolta in esse_. e mi sembrava tutto sciolto in chiarore. Marta, le finestre e Jc porte nere su di -esse,, e le c1·cature che le muovono, e le voci che invisibilmente le agitano, non sono sospese nell'universo? Si, ridi, Marta, ridi, così, piano, come tu sni fare. Giorni fa aspeltavi la sera 9er svuotnrmi dello sgomento meridiano. Ora non più. Calavo nella torùbn di luce che era cosi intensa dil avvolgere tutto nel buio. Le creature umane erano cieche. Sulle pareti del petto mi batteva J'nfo della dis;.,crazionc. Temevo che il mondo fosse pugnalato da tanta luce e sentivo i1 bisogno di lanciare un grido di richiamo per assicurarmi che era viva Ja spiaggia, che era viva l'onda, l'agave, la pietra, la casa, Ja •?olvcrc, Ja creatura viva, il fiume, la pianta. Ed erano rjchiami cosi <li• sperati che creavano Jo sgomento in tutti, e non mi rispondeva Ja ,pietrn, non mi rispondeva l'onda, l'agave, la creatura viva, rimanevo solo, .portandomi con Je mani negli occhi la disperazione che vi i;,iantavo dentro. Ora, Marta, tutto l! finito. Io e Renata possinmo ora entrare nef Qiù scg1·cto Wone del meriggio, ci distendiamo in esso ca esso si distende in noi, come lungo il filone di midollo spinale <leJ sambuco, e Wtriamo l'uno nell'altro l'aga,,e -é la pietra, trat9iriamo il e commino della giornata, viene la sera, tutto preci9ita in noi mentre essa sale, noi cnpovolti, e con l'univc•·so noi possiamo in noi creare Ja morte. Vedi llennta? MARTA (stririgendo il polso di Renato) - Senti? Si percc,;,iscono appena i battiti del sangue. E vuota dentro. Pott·cbbc vibrare come una campana di cristallo svuotata anche deWaria. ENRICO (stringendo il polso di Renata che Maria T,a llbbandonato) - E' vero. MARTA - Ormai siamo padroni assoluti della nostra vertigine. Renato potrebbe rinunziare ormai alla sua tanto desiderata assoluzione, ma non vuole rinunziarci. Ùl'8 è facile fargliela ottenere. La Sorella gliela può <lare. Se Ja chiamo ora e le foccio toccare il polso di Hcnnta, 9otrebbc dubitare che ..ella è in fine cli vita? Aspetteremo che si svegli e lo sua volontò. sarà esaudita, ( chiama a voce alla verso la porla eia cui è entrata) Sorella! Sorella! (lo sbattere cl'urra finestra la .fa fermare perptessn. Alla finestra, dal di fuori, si protende e/entro, clispernto e svisato, il c,o/to della A1aclre) LA M.\OHE - Enrico, Enrico, Ja sistemazione umnnn. Cosa sta succedendo della mia povera carne che si stnccn\!a da mc quando vi generai? Murla è perdut.a. Voi siete malati. Enrico. Enrico, 1·itorna in te. ENnrco (/o per andare verso la madre) - ì\ladrc mia, madre mia! MARTA (lo trc,llienc) - Fc1·mati, non parlare, tu ?Otresti in un attimo distruggere tutto. Lascia parlare mc. Mamma, mamma, pcrchè ti agiti in tanta disperazione? Pensa. Quando ero bambina ho conosciuto un giovane contadin.o che lavorava da noi. Doveva essere innamorato di mc, perche mi raccontava sempre delta sua vita, e mi guardava più col •pallore del suo volto lungo e ovale che con gli occhi. A1i parlava dei mari, delle tet-i-c. che aveva attra\!ersati. Ave- ,·a molto sorrerto e ave,,a patito In fume. Mi dicc"a che lui Crn arri\'ato alln conclusione che fa vita si annoda e si snocln continuamente, inavvertitarnente, ineluttabilmente. Quando meno lo sperava proprio allora il nodo si scioglieva. E sor1·idcn<lo finiva sempre cosi i suoi racconti: « Se nessun fatto più dovesse sciogliere il nodo viene In morte n scio-. glierlo stendendoci per terra con le mani incrociate e i due piedi che finalmenle si baciano con le punte rnp;rncificatc ». Ecco1 mamma, la vera sistemazione umana ». E strano che tutti si agitano per tssa, quando infine tutti sanno che essa è unica per tutti. Mamma, mamma, vedi Renata? Essa è vicina a raggiungere .to sua sistemazione umana. Pensa, mamma. pensa, guardati attorno e tocca fisicamente col pensiero ogni creatura umana, assaggiaJa tutta con

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