Pattuglia - anno I - n. 3 - gennaio 1942

nei suoi limiti questa nuova cultura, occorrerà anche un « nuovo teatro», il tanto invocato teatro del nostro tempo: e non ci fermeremo noi qui a dare un'altra formula per questo nuovo teatro, chè esso non nascerà nella mente arida e solo ricca di vane rormu.Jc dei critici, ma, genuinamente, spontaneamente scaturirà dal mondo poetico del « nuovo • autore - potrà influire sulla cultura del popolo? Perchè appunto questa nuova cultura non sarà esclusivo appannaggio di una limitata classe di persone, ma, con le dovute differenze, di tutto un popolo: Come si !a per dare al popolo, per fargli •subire• l'apporto culturale che il teatro intermediario .fra i migliori ed il popolo in genere, gli arrecherà? A questo punto un mucchio cli vecchie questioni si affacciano no allfl nostra mente: questioni discusse, problemi posti e rimasti insoluti. Ecco che risalta fuori il teatro per masse (non di masse), la q1:1estione degli orari, dei prezzi, della diffusione e della capienza dei locali, del numero delle compagnie (compagnie stabili, compagnie per la provincia, ccc.). Questioni,. vedete, arcidiscussc; problemi, che, anche dopo le più disparate proposte di risoluzione, sono rimasti al punto di prima. D'altra parte, per questa funzione di cultura che dovrebbe avere il Teatro, non c'è già il Cinema, dagli effetti più immediati, e, ci sia consentito di dire, più maneggevole? Ed ecco sorgere una domanda un po' cattiva, ma che crediamo no.n del tutto infondata: visto e considerato che il Teatro non potrà mai fare concorrenza al Cinema - e, .fra parentesi, no.i non vediamo la necessità che la faccia - perchè ci vogliamo sforzare di creare attorno al teatro una· « popolarità • che per tante ragioni evidenti si è fatto portare via, necessariamente, dal Cinema? Non si abbia alcun timore: il Teatro non morirà, non potrà mai morire. Il Teatro, vecchio come l'umanità, perirà il giorno stesso in cui essa sarà soffocata dal caos. Si rientri nei limiti della realtà, però. Il Teatro non potrà diventare popolare nel senso lato della parola. Bene o male che sia la realtà è questa. Il Teatro ci darà nuovi poeti, degli altri Pirandello o Rosso, ma essi saranno sempre meno noti cli un qualsiasi Blasetti o Genina. Il Teatro rimarrà solamente nel patrimonio culturale di una schiera privilegiata di persone, perchè è impossibile creare cento compagnie che diano spettacoli per tre Hrc in venti locali di un a stessa città. Anche senza <1uesta e<:cessiva ..:popolarità», senza questa cinemalograf ica «popolarità• il Teatro continuerà a prosperare. L'amore ·che molti giovani hanno per esso ci dà la certezza di quanto aneliamo affermando. Un amore che potrà avere degli alti e dei bassi, ma che mai scomparirà. Su ".La prima moglie,, la prima moglie è stato giudicato dal pubblico come un colosso 1 come un film pervaso da quella stessa potente liricità che ci commosse e colpi ne La voce nella tempesta. A nostro parere invece questo film americano rappresenla nè più nè meno una buona pelHcola da inserirei fra quella media produzione base della cinematografia made U. S. A. - alla quale del resto - lo ammettiamo subito arrivano ben pochi film italiani. A buona dimostrazione di questo concetto vogliamo ora esaminare i fattori-successo del film che più hanno fatto sentire il loro peso sul pubblico per poi trovarne la somma-arte. Certa atmosfera ben dosata da un mestierante che se ne intcnde 1 aiutata da una sceneggiatura bene ideata, da una fotografia impeccabile e da una scenograria curat.u nel più piccolo particolare, nonchè l'interpretazione di Joan Fontaine, che rivela le sue doti prettamente cincmA.tografiche in un personaggio come quello della seconda signora de \\"inter da essa colorito con un seguito di lonalitù nalurali che non risentono di sforzo nè di studio; si da essèrc umana e \fCl'a usando <lei suo viso come un poeta usa della penna o un pittore ciel pennello, si da rimare il suo sguardo e colorire il suo volto con tutte le sfumalure mai ripetendosi e sempre tenendo intatto al personaggio il suo carattere timid0 ingenuo sincero; atmosfera e interpretazione, dice\famo, sono due elementi determinanti per un pubbl.ico abitualo al drnmmu storico di Beatrice Cenci o alla commedia di Lilia Silvi. fra gli altri pregi del [ilm notiamo pure quelli dati dalla buona scelta dei personaggi di secondo piano. Turba di attori che io direi fatti su misura per certe parti, come gli abiti o le scarpe per certe persone. Attori che noi vediamo incanutire nei loro personaggi abituali: vecchi lupi dell'onestà, del trava.glio o del sotterfugio. Hanno una sola maschera ma la portano con onore. La stessa, presenza di Lallrence Oli- ,,iec il grande de La voce nella lempesta e la rinomanza mondiale del romanzo da cui è stato tratto il film hanno tatto presa sul pubblico insieme con un doppiato indovinato. Ed ecco dopo tanto pro l'immancabile contro: la regia ha cercato in ogni scena di giungere all'interessante, al persuasivo, all'avvincente ed è spes~ so riuscita nel suo intento; solo che <1uesta ricerca attuata tecnicamente più che poeticamente traligna dall'immagine e giunge a farci considerare l'opera dal punto di vista della padronanza di un mestiere, non della acquisizione di un'arte. Quello che pote.va essere arte rimane quindi semplicemente e necessariamente intenzione. Lo stesso Oli\fier completamente oscurato del resto dalla sua compagna è monotono e freddo: la sua recitazione è solo qua e là ravvivata da colpi di scena e riscaldata da un parlare scattante impulsivo veemente che noi non sappiamo se attribuire all'attore o al doppiatore. Xon manca ne1>pure - anche se in piccola parte - certa rettorica spie• ciola quale ad esempio cj'uella che compare nella scena dell'incendio del castello (finalone originalissimo, questo deU'inccndio dell'antico maniero, che ne finalmente (evviva la novità!) possono vivere la loro vita. Ed infine dopo la superficialità della regia, la freddezza del protagonista e Ja rettorica più comune ecco il difetto più notevole del1'opera: la teatralilà. Teatro e cinema rappresentano due forme di spettacolo ognuna delle quali è arte e come tale ha un suo campo ben determinatoj non è ammissibBe quindi che elementi fondamentali dell'una vengano a costituire parte essenziale deWaltra. Per cui se in arteteatro il dialogo è elemento basilare, l'arte-cinema ha il suo naturale fondamento nell'immagine. Lo scambio delle posizioni porta - negando questi elementi essenziali - i due termini in contrasto ad una fusione da cui deriva un ibridismo spettacolare privo di ogni vitalità intrinseca e di qualsiasi forza esprcss.iva. Prendo come esempio cli quanto ho citalo sopra la sequenza de La prima moglie in cui l'Olivier rivela alla sua seconda moglie di avere ucciso Rebecca. Olivier parla di continuo e J'obbiettivo passa da un primo piano di lui ad un primo piano di lei: ci mostra lui che cammina e parhi e lei che si ritrae si spaventa capisce ama. Poi l'immagiJ1c, giunto il discorso al suo apice, viene a far da complemento alla parola cercnndo di esprimere con il particolare visivo. Vediamo in.fatti la macchina ricostruire l'azione che l'Olivier racconta carrellando avanti, pano1·amicando ccc. ccc. e facendoci vedere il divuno, il portasigarette coi mozziconi, le scarpe del protagonista, il pavimento ingombro. Tutto questo potrebbe del resto ricostruire uno qualsiasi cli noi cl1c, seguendo una comme<lia1 in\fecc di ammirare la mimico "i,. PLJNTRS-PILIL 3) Ci sarebbe molto facile rispondere con altrettante insolenze a quelle rivolteci da e. m. b. dc> L'ASSALTO di Bologna dalle colonne deUa·sua «rassegna cinematografica•. Ci sarebbe molto facile sottolineare tutte le puerilità e le sciocchezze condensate nella mezza colonna dedicataci. Ma noi, a diiferenza dal caustico e. m. b1 ., abbiamo fiducia nell'intelligenza del nostro prossimo e non crediamo che questa piccola prova di inintelligenza e di insensibilità possa pregiudicare la sua. dite?) in cui il fuoco \'Orrebbe significare amore che distrugge odioj sul il bacio dei protagonisti che ri- Fondazione ~u1filff'~Clf:or1t Il ,,ecchio proverbio, anche se abusato eia coloro che cercano una vana giusti· ricezione alle loro malefatte, è sempre attuate: «errare humanum est-. Errare è umano: anche ·per questo non vogliamo infierire. come ha Fatto il nostro caro camerata nei nostri confronti, contro e. m. b. Inoltre manteniamo la nostra riclucia nella rubrica dcli' Assalto; però non vorremmo che simili cantonate pregiudicassero la serietà di una rubrica che ha sempre avuto qual~ cosa eia clirc. .Nel qual caso saremmo proprio noi a consigliare al caro e collerico c. m. b. di «pensare alla salute», chè ne avrebbe aJloru certamente bisogno. Certi sfoghi polemici possono essere il sintomo di un collasso ncn oso che potrebbe avere gravi conseguenze cd, a volte. anche dolorose. Ad ogni modo pervengono al camerata e. m. b. - al quale stiamo facendo ]4 dell'attore si ricercasse - magari col binocolo - il particolare con la stessa tecnica adoperata dall'Hitchok. L'effetto raggiunto sarebbe il medesimo e si tratterebbe di un tentativo di filmare il teatro. E filmare il teatro contravviene, se non ad un canone - che ancora ben definito non esiste - cli estetica cinematografica, certo all'assunto primo che abbiamo di già enunciato per cui cinema e teatro vengono acl essere ben distinti come arti a sè stanti. L'immagine in cinema non deve commentare la parola o la parola commentare l'immagine: è Ja sola immagine che deve far intendere quello che l'orecchio può !are a meno di sentire. Ma non abbandoniamoci a qucslioni tcorici1e: abbiamo voluto solo chiarire un fatto e non vogliamo dilungarci inutilmente. La prima moglie è, pur ,con i. cliFetti succitati, un film che piuce. benchè non sia per nulla significativo per la storia del eincma i esso infatti più che alla poesia mira all 1erfctto e cli conseguenza potrù essere modello cli tecnica o di mestiere ma non canone ci'urte. Ciononostante questo film - come avevamo sopra affermato - è migliore di buona parte dei film italiani, la qual cosu del resto non può apparirci troppo strana se pensiamo che In nostra cinematografia si sta attualmente asseslando. 1.iberarsi dal teatro deve essere la parola d'ordine della cincmatograria italiana che deve pure finirla con i teatranti che la prostituiscono come arte. Ed inrinc: i maestroni italiani non sono ·buoni cli crearsi una attrice cinenrnlo• gro/ico come la Fontainc? Scmb:1wa quasi certo quando ali' oriz1.onlc del firmamcntc cinemulog,·a[ico , edcmmo sorgere le nuove stelline che si chiamavano Lotti, 13eghi, Cortese, Dal Poggio, Dilian. Grandi speranze che i cinematografnri d'Italia si sono arfrcttati a deludere. EN/1/CO CAMl'Of/ESI una gratuita pubblicit.'.l - i nt.stri migliori auguri di una pronto guarigione. 4) Ferno.Ido Giummalteo in uno degli ultimi numeri del «LAMBELI.O-. di Torino scrive sul « Cinema e la propaganda». Egli dice cose che noi sotlosc i ,i.amo di tutto cuore, prima fra tutte questa: « Ammesso come plausibile l'intento propagandistico che può in determinate circostanze originare la produzione di un film, questo intento non deve trascendere ed elevarsi a quella che è la funzione precipua, e diciamo pure, primordiale, del cinema: l'arte•. Attento camerata Fernaldo. Noi 1 per avere atfermato cose press'a pOC-O uguali riguardo a certa produzione tedesca, siamo stati benevolmente accusati di disfattismo! JJ7 A R IN CORPO OTTO Giuseppe Morotta nel N. 47 di ••Film,,. seuimanale cinematografico di Roma del 22 Novembre 1941 accennando alla nollra ••Lettero. aperta a Alino Doletti,. apparsa sul primo numero di c1uesto giornale, ci accusa di senilità desolan1e e ci taccia di credere ai vestiti. Desideri.amo che Marotta sappia che tutti i gwvani - dico tutti - della nostra generazione intendono la vita ed i. problemi ad e.1'$0 inerenti come una cosa seriu e si ritengono quindi in diritto di dife11dere il buon gu.sto e la serietà ita• liana a costo di pestare piedi iroppo delicati. Quanto ul fatto dei vestili vorremmo chu il lettore cortese - o. buona di.mo .slro:::ionr della serietà di certi giornali che si d,couo specializ:ati - rilegge•se la risposta che 0$valdo Scaccia, critico e redat• tore tli "Film.,, ha dttto al camerata Clu1tco Pellegrini in •• Libro e AJO$Chetto ., del 19-10-1941. E~li potrà meglio gmdicare, nono$tante le proie.ste di Doletti net N. 49 delln steuo " Film ,,. sfJ noi crediamo ,,ei vestili o se piuttosto Giuseppe A1orotta creda oddiriuura nei soprabiti. EN//ICO CAMl'OIIESI

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==