Nuova Repubblica - anno IV - n. 9 - 26 febbraio 1956

31. 8.56 nuova PIERI ANNA Via Campane 4 · repuhh t te a ... : : Comitato direttivo: TRISTANO CODIGNOLA (direttore resp. ), PIERO CALEFFI, FERRUCCIO PARRI, PAOLO VITTORELLI. Seg,. di redazione: GIUSEPPE FAVATI. Oirez. e redaz.: Firenze, Pia 0 zza libertà 15, lei. 50-998. Amm.: Firenze, Piazi:a Indipendenza 29, tel. 483-207/8. Autoriz. Trib. Firenze del 30 dicembre 1952. Printed in ltaly. St. Tip. de «la Nazione>, Firenze, Via Ricasoli 8. 99 • ANNO IV • N. 9 LA FINE DI STALIN di PAOLO VITTORELLI I L XX CONGRESSO del partito cornunista clell'Uniono . Sovietica è senza dubbio uno dei pili interessanti che vi s'iano stati da moltissimo tempo, forse da.l con– gresso del 1922, quando Stalin riusciva a cÒnquistare l'ap– parato del partito, che doveva permettergli di porre fine al « centralismo democratico» leninista e d'instaurare la sua dittatura personale e il cosidetto « culto del -capo», tante volte condannato in quest'ultima assise. L'affer– mazione del principio della direzione collettiva, che è stato al centro di tutti i disco1·si, fuorché forse del solo inten-ento di Togliatti, e la condanna del « culto del capo>, sono infatti la chiara indicaziohe che si vuole superare lo stalinismo e aprire una nuova fase nella vita del comn– nisrno sovietico. Fuorché il discorso di Togliatti, abbiamo detto. Fol'se pc-rché considerava che il principio della direzione collet– tiva afferma_to da tutti gli oratori sovietici, da Kruscev a :Malenkov, fosse una questione interna del partito sovietico, Togliatti ha avuto il garbo - o l'accortezza? o la voluta prudenza? - di nòn menzionarlo in nessun luogo del suo discorso, accontentandosi semplicemente di fare un : ·cenno al rnodo in cui i dii-igenti sovietici « discutono le questioni che stanno davanti a loro» e « criticano se stessi con coraggio». Per Togliatti, cioè, la direzione collettiva si risolve nella discussione aperta, non nella decisione col– legiale, ]a democrazia interna di partito, cui sembra av– viarsi almeno ai vertici il con-1lmismo sovietico, si risolve nell'autocritica. Ma non bisogna com,1nque trarre deduzioni eccessive da questa differenza fra il discorso di Togliatti e quello dei dirigenti sovietici, ché a Togliatti spettava di mettere l'ac– cento su un altro punto. A Togliatti - come a Thorez - spettava di mettere l'accento sulla possibilità di una via diversa da quella sovietica per giungere al potere, sulla possibilità di una via italiana - o di una via francese - di giungere al socialismo, al socialismÒ quale è concepito dai partiti comunisti. E questo è stato fatto con dili– gehza, sebbene vi sia una differenza, non solo di tono, fra le affermazioni di 1. 1 ogliatti e quelle di Thorez, forse · clete1·minata dalle differenze sensibili esistenti attualmente fra la situazione parlamentare italiana e quella francese. Sia ~rogliatti che Thorez hanno ammesso che vi è una via nazionale per giungere al socialismo, facendo quindi aperta professione di « t.itismo », se ci è consentita l'espres– siùne, e accçttando a cinque anni di distanza quanto Cucchi e Magnani cercarono di sostenere invano in seno · · al partito italiano prima della loro espulsione. Ma, men– tre Thorez ha apertamente parlato di fronte popolare, di– cendo a Mosca quello che il partito comunista francese si sforza di fare accettare agli altri partiti di sinistra, almeno da quando Faure sciolse l'Assemblea Nazionale, Togliatti è stato più sfumato, non ha detto l'espressione proibita; un editoriale dell'Unità polemizzava anzi, in un commento al discorso di Kruscev, contro quei giornali italiani che l'avevano interpretato come un invjto a fare il fronte popolare in Occidente per conquistare. il potere. La situazione italiana è infatti diversa da. quella fran– cese almeno per due rispetti: sul piano attuale Un blocco delle destre, in Francia, attorno al- poujadismo, potrebbe offrire possibilità immediate di formare una maggioranza parlamentare di fronte popolare; sul piano retrospettivo, ]a vittoria del fronte popolare fraricese alle elezioni del '36 1·appresentò un genuino tentativo di resistenza al f~scismo, mentre la sconfitta del fronte democratico popolare ita– ]iano alle elezioni del 1948, non solo non permise l'instau– l'8Zione di una democrazia popolare in Italia, ma non fu nemmeno seguita dall'a creazione di ·un regime fascista. L'interpretazione italiana del discorso di Kruscev sem– bra tuttavia più esatta di quella francese, per lo meno nel quadro delle prospettive d'azione del movimento CO· munista sul piano internazionale. Quando I<ruscev invita i comunisti occidentali a servirsi anche dei mezzi parla– mentari per conquistare il potere, pur senza rinuqciare all'uso della violenza laddove sia necessario, egli non Un numero ~- 40. Estero l. 50. Un numero arretrato L. 50, Abbonamenti I annuo per Italia è ,FJancla L. 1500, sem. L. 800, trim. l, 450. Estero: l, 2000, 1100, '600, Sostenitore L. 10.000. CIC post. 5/6261, da Nuova Italia», Firenze. Gli abbonamenti de– corrono dall'inizio del mese. Per pubblicità rivolgersi all'Ammi– nistrazione. Tariffa: L. 15.000 per Inserzioni di mm. 70 per colonna ESCE LA- DOMENICA e Nuova Repubblica> è settimanale politico e di cultura. è' anchs giornale murale, registrato presso Trib. di Firenze con decreto n. 1027 del 21 luglio 1955. Manoscritti, fotografie, disegni an• che se non pubblicati, non si restituiscono. Diritti riservati per tutti I Paesi. Il periodico viene inviato gratuitamente In saggio 11 chiunque ne faccia richiesta. Spediz. in abbonam. postale Gr. Il. 26 FEBBRAIO 1956 ~ L: 40 {l'enoMt.' 11111,racciante ucciso. Partinico: Volei e al/re ,çei nersone arrestate. Comi.w: un bracciante ucciso. Foouia: venti disucc111mti che chiedevano mis11 re contro il gelo arrestali) {Dis. di Dino Bosclii) INVERNO '55-'56 _ La catena della solidarietà impartisce la dii·ettiv:a di ricostituire fronti popolari do– vunque sia possibile, ma auspica qualcosa di meno e qual– cosa di pili: egli auspica - e il discorso di Togliatti sem– bra intonato a questa linea - che i comunisti si sforzino d'inserirsi nuovamente nella vita pubblica dei loro rispet– tivi paesi, laddove· il r13gime parlamentate sia solida– mente impiantato, e che nell'ambito di questi regimi, con un'azione a più lunga scadenza, cerchino di attuare i loro obiettivi di partito. La· situazione europea non è più quella del 1947-48, l'alternativa che si offre ai comunisti non è più quella di conquistare subito il potere con i fronti popolari nei paesi occupati dall'Armata Rossa o vicini alla zona d'influenza sovietica, oppure di rassegnarsi a fare la guerra fredda ai margini della vita politica del loro paese. La scelta non è più fra le alternative del « colpo di stato di Praga» o della « prospettiva greca». La scelta è più fluida, più sfumata, e s'inquadrn, sul piano interno di quei paesi occidentali dove i comunisti sono una forza di massa, nella prospet– tiva internazionale della « pacifica coesistenza>. Sarebbe quindi un errore reagire solo in modo nega·– tivo a questa volontà dei comunisti di «coesistere» e di inserirsi nuovamente nello Stato. Al termine di questa politica può effettivamente esserv i il fronte popolare e la conquista comunista del pote.re ; ma può anche esservi l'inserimento delle masse nella vi ta dello stato democra– tico, la democratizzazione delle· masse comuniste oggi an– cora incerte sul significato reale di questa « via italiana verso il socialismo». E lo stesso discorso vale sul piano internazionale. Kruscev si è dichiarato convinto della crisi inevitabile del sistema capitalistico, dell'invincibilità della causa so– vietica. Ma l'inevitabilità della crisi del capitalismo non significa l'inevitabilità della fine della democrazia, non significa la vittoria della causa del comunismo così com'è. Il l'itorno alla direzione collettiva è un primo timido passo per tornare alla democrazia interna di partito (e perciò è deplorevole che Togliatti non abbia sentito la necessità di avallarlo, pur avallando, in questo e negli altri congressi comunisti, tutte ]e tesi dei dirigenti so– vietici) ; e il ritorno alla democrazia di partito. se si estendesse dai vertici alla base del comunismo sovietico e dalla base ai vari settori della vita pubblica dell'Unione Sovietica e degli altri paesi comunisti, confennerebbe la inevitabilità della crisi del totalitarismo politico almeno in pari tempo all'inevitabilità della CL'isi del capitalismo in Occidente. La sola differenza importante fra Oriente e Occidente, in quest'analisi delle prospettive, è che mentre, in Occi– dente, larghi settori d'opinione ammettono l'inevitabilitl" della crisi capitalistica e predispongono i mezzi •per un trapasso pacifico ad altre forme di convivenza civile, in Oriente la tesi engelsiana dello « svanimento » dello Stato, della inevitabilità della crisi del totalitarismo e di un trapasso alla democrazia integrale, è ancora relegata. nel campo delle utopie. Vi è dunque largo posto, in Occidente, per una demo– crazia che ·sia veramente socialista., e per un socialismo che sia veramente democratico: ché l'inevitabilità della crisi del capitalismo affermata dai comunisti e l'inevita– bilità della crisi del totalitarismo affermata dai democra– tici potrebbero un giorno tradurre ]a coeSistenza in reci– proca penetrazione. Ma, per cooperare a questo fine, le sinistre occidentali devono anzitutt0 evitare l'assol'bimento negli schieramenti comunisti occidentali che sopprimerebbe la loro autono– mia e quindi la loro funzione di « ponte> fra i due mondi e porterebbe non all'incontro fra• questi due mondi, ma alla rottura, alla guerra civile, alla guerra mondiale. All'apertura comunista, il mondo democratico occiden– tale del quale facciamo parte può e deve dunque rispon– dere con un'apertura. democratica al mondo comunista: ma solo a condizione di difendere la democrazia e di in– fluii-e sulla crisi del totalitarismo sovietico per avviarlo verso la democrazia con la stessa tenacia con cui i comu– nisti si sforzano di avviare ]a crisi del capitalismo verso forme pubbliche di gestione dell'economia. Perché l'evo– luzione dei due mondi sia veramente positiva, occorre cioè che sia rigorosamente parallela, poiché la « vittoria finale> di un comunismo ancora totalitario o di una democrazia ancora capitalistica costituirebbe un 1·e.g_ressoe non ~tl progresso dell'umanità,

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