Nord e Sud - anno XX - n. 162 - giugno 1973

I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Girolamo Cotroneo, Dall'ideologia all' « idologia » - Autori vari, I prezzi nell'economia italiana - René Maury, L' « operazione Fos » - Giovanni Coda Nunziante, Prospettive della programmazione in Italia e scritti di Autori vari, Gianfranco Fumarola, Giuseppe Giampaglia, Ferruccio Grandi, Antonino letto, Felice Ippoljto, Paolo Leon, Annamaria Lombardi, Leonardo Marea, Antonio Rao, Corrado Scattaretico. ANNO XX - NUOVA SERIE - GIUGNO r973 - N. r62 (223) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI BibliotecaGino Bianco -

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I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XX - GIUGNO 1973 - N. 162 (223) DIREZIONE E REDAZIONE: Via Chiatamone, 7 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Chiatamone, 7 - 80121 N~poli - Tel. 393.346 Una copia L. 600 - Estero L. 900 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Estero annuale L. 6.000, semestrale L. 3.300- Fascicolo arretrato L. 1.200- Annata arretrata L. 10.000--Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Ediz. Scientifiche Italiane - Via Chiatamone 7, Napoli BibliotecaGino Bianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] Girolamo Cotroneo Dall'ideologia all'« idologia » [7] Autori vari J prezzi nell'econom.ia italiana [ 17] Cronache meridionaliste Paolo Leon Calcolo economico e progetti speciali [25] Antonio Rao I progetti speciali per la razionalizzazione dell'intervento straordinario [36] Giornale a più voci Felice Ippolito e Antonino letto Le alluvioni in Calabria [ 48] Corrado Scattaretico La coltura del ·pon1.odoro in provincia di Salerno [51] Annamaria Lombardi Il riequilibrio dell'ecosisten1a nei Paesi Bassi [54] Argomenti René Maury L'« operazione Fos » [59] Autori vari L'industria meridionale nel decennio 1961-1971 [69] Ferruccio Grandi Grande e piccola industria [ 83] Documenti G. Coda Nunziante Prospettive della programmazione in Italia [90] Recensioni Giuseppe Giampaglia Quattro ricerche sul comportamento politico [ 116] Leonardo Morea Una geografia dell'Unione Sovietica [ 123] Lettere al direttore Gianfranco Fumarola Abruzzo, raffinerie e sottosviluppo [126] BibliotecaGino Bianco

Editoriale Gli ammonimenti di Carli sono stati espticiti e severi nei confronti dei partiti e dei governi. Una requisitoria, si è detto. In particolare, per quanto riguarda: 1) la patologica dilatazione di un senipre meno efficace intervento pubblico, nell'attività industriale e non solo nell'attività industriale; 2) la degenerazione della imprenditorialità pubblica e privata, il deterioramento del « processo di selezione dellé dirigenze », i rapporti malsani fra « arciconfraternite » e potere esecutivo, l'incidenza negativa di un sottogoverno che imbottisce i consigli di amministrazione con mediocri r°'ppresentanti dei partiti politici della maggioranza, la tendenza verso « una imprenditorialità burocratizzata, scarsamente amante dell'innovazione »; 3) il soffocamento progressivo della iniziativa privata, dal 1no111entoche l'imprenditore 1nedio, non essendo in grado di prevedere i suoi oneri, « finisce per cedere alla tentazione di trasferire l'impresa ad altra più grande o ad enti pubblici»; 4) l'accelerazione dell'indebitamento netto del settore statale. Gli ammonimenti del Governatore della Banca d'Italia si compendiano nella citazione finale di Giustino Fortunato, che, all'indornani del regicidio di Monza, scriveva del distorto sentiniento della libertà che perdurava negli italiani: che credono libero non chi « sia pari ad un altro, e come un altro soggetto alla stessa legge »; ma chi « sia arbitro di sé ed abbia, a un tempo, potestà sugli altri ». E come Giustino Fortunato, allora, così Carli oggi ·an1n1.onisceche, « se l'Italia non vuole, prima o poi, tornare ad essere ciò che era, il nostro obbligo più imperioso è quello della educazione ». L'educazione al sentimento della libertà che più che mai è stato distorto in questi anni di prepotenze corporative, di invadenza delle « ar_ciconfraternite », di « insorgenza populistica » e di perverti 1nento della doverosa deferenza agli interessi generali in soggezione indecorosa agli i1lteressi particolari. La requisitoria di Carli, castigata dalla grande dignità di linguaggio e naturalmente dalla coscienza dei liniiti che si addicono ai veri e seri commessi dello Stato, è venuta, d'altra parte, a confermare preoccupazioni che su questa rivista abbiamo manifestato con insistenza fin da quando ·ci sianio resi conto dello squilibrio che si andava configurando fra au1nento de{la spesa ·corrente e compressione delta spesa in conto capitale; fin da quando ci siamo resi conto che il metodo di go3 BibliotecaGino Bianco

Editoriale verno del paese degradava nella pratica che Ru,nor. ha definito, dalla tribuna del Congresso della DC, « del giorno per giorno e perfino del giorno contro giorno »; e soprattutto da quando ci siamo resi conto che questa pratica, inaugurata dai governi di centro-sinistra, non era affatto corretta e anzi era ricalcata ed aggravata dal governo di centro, tanto che, come ha rilevato il Governatore della Banca d'Italia, si è dovuto constatare, nella prima parte dell'anno, « un'accelerazione dell'ind'ebitamento netto del settore statale ». E significativo, tra l'altro, che l'on. Alpino, sottosegretario liberale, e quindi testimone non sospetto, abbia preso le distanze critiche da Malagodi, rilevando che il Ministro del Tesoro avrebbe dovuto documentare al Parlamento e al paese la gravità della situazione economica e finanziaria, specialmente per quanto riguarda la difesa del reddito e dell'occupazione; e che, invece, più che dei sacrifici necessari per la ripresa, Andreotti e Malagodi, assumendo lo stesso atteggiamento del medico pietoso che si era addebitato a Colombo, hanno parlato dei sintomi della ripresa che essi credevano di poter intravvedere e che, se si potevano o si possono intravvedere, son.o però effinieri ed illusori: perché al paese è stata som1ninistrata la droga dell'inflazione che, come ammonisce l'on. Alpino, è una droga « di brevissimo effetto ». Dunque, dietro la facciata disadorna del pragmatismo di Andreotti, si è svelata la stessa realtà di accomodamenti casuali e di cedimenti corporativi che stava dietro le più barocche facciate dei governi di centro-sinistra, che vantavano a parole propositi di program111.azione e di riforme, ma comprornettevano, con la incoerenza nei fatti, e l'una e le altre. Perciò, nella sua requisitoria, Carli non ha potuto distinguere fra il governo di Andreotti e i precedenti governi; e ha dovuto coinvolgere l'uno e gli altri nella stessa deplorazione. E tuttavia, ci sono, nella relazione di Carli due giudizi più propriamente politici che inducono a confidare nelle residue possibilità di forn1are un governo che possa distinguersi in meglio sia dal governo di Andreotti che dai precedenti governi: 1) c'è « una convergenza di economisti e di uomini politici da posizioni diverse »; 2) c'è, nei ceti imprenditoriali e nelle organizzazioni sindacali, una tendenza, che si fa strada, a darsi « comportamenti coerenti », nella consapevolezza che « non si tratta soltanto di escogitare nuov'i modi di produrre, ma soprattutto di stabilire verso quali beni e servizi orientare la produzione», e che la composizione della domanda può essere lasciata alle forze di mercato, purché tali forze « siano orientate dall'intervento dell'autorità politica verso obiettivi che incontrino il consenso dei cittadini ». Quanto alla convergenza di econornisti e uo111ini politici da posi4 BibfiotecaGino Bianco

I Editoriale zioni diverse, si può annotare la constatazione ricavabile dalla relazione dell'on. Giolitti al Convegno economico del PSI: gli argomenti non sono inconciliabili con quelli che poi Colombo ha fatto val'ere in sede di Congresso della DC; e la « Voce repubblicana », a proposito della relazione di Giolitti, ha pubblicato un articolo di Giorgio La Malfa che cercava appunto di ragionare sulla « convergenza » pos'sibilé fra le nuove posizioni socialiste e le radicate posizioni repubticane. Vale pure la pena di annotare che il prof. Andreatta - i cui sarcasmi, in occasione del convegno economico di Perugia, organizzato dalla DC, furono indirizzati contro i repubblicani, e naturaln1ente contro la politica dei redditi - ha scritto recentemente, sul « Corriere della Sera », degli « effetti dimostrativi», nel settore del pubblico impiego, provocati dall'aumento degli stipendi ai superburocrati: uno scatenamento di rivendicazioni aggressive, le cui conseguenze inflazionistiche sono quanto mai preoccupanti. Ma non erano stati proprio i repubblicani, coerenti con la loro concezione della politica dei redditi, a prevedere questo scatenamento e perciò a sconsigliare l'inopportuno e intempestivo provvedimento per l'aun1ento delle retribuzioni ai superburocrati? Potrebbe qui ravvisarsi anche una convergenza da posizioni diverse; e comunque, ci sono state le convergenze, e anche le divergenze, manifestatesi sulla relazione di Ro1nano Prodi al convegno di Bologna, organizzato dal « Mulino ». Ma i rilievi più interessanti si potrebbero fare per quanto riguarda i « comportamenti coerenti» delle organizzazioni sindacali. Non si può non concordare, per esempio, con le dichiarazioni rilasciate da Lama il 9 giugno a Massimo Riva e pubblicate dal « Corriere della Sera». Sono dichiarazioni che costituiscono un costruttivo punto di riferimento per accertare le possibili e necessarie concordanze fra l'azione di governo e l'azione sindacale. Quando, infatti, Lan1a afferma che le risorse devono essere distribuite « a vantaggio delle parti più deboli della popolazione », e che « non si tratta tanto di fare una politica di aumento dei salari, quanto di fare entrare nel mercato nuovi consumatori », e quindi in primo luogo i disoccupati e sottoccupati del Mezzogiorno, siamo lontani dai vaneggianienti sul « salario carne variabile indipendente delta programmazione» e dai propositi populistici che ancora inquinano gli atteggiamenti di Carniti e di altri esponenti dell'ala più torva e più torbida della CISL. Sia1no invece se1npre più vicini a un sindacalismo ricettivo della critica salveminiana di segno nieridionalistico. Così come siamo sempre più vicini al riconoscimento della esigenza di far valere, in una trattativa tra forze politiche, rappresentanze sindacali, organizzazioni imprenditoriali, la priorità del Mezzogiorno, e le relative com5 BibliotecaGino Bianco

Editoriale patibilità, come banco di prova dell'impegno contro .la disoccupazione. E come Lama, anche Benvenuto della UIL ha ·dato una indicazione in questo senso quando ha dichiarato a «L'Espresso» che c'è « la disponibilità del sindacato a dare determinate contropartite per favorire nuovi investimenti ». Dopo aver dato a queste indicazioni positive il rilievo che meritano, resta il dubbio che le forze politiche vogliano e sappiano predisporre le condizioni per trarre dalle indicazioni positive t occasione di recuperare la stabilità politica, nell'equilibrio democratico; e quindi l'occasione di uscire dalla crisi che ha provocato l'arresto dello sviluppo economico e l'arrugginivrzento dei n1eccanisnzi istituzionali. Non c'è molto tempo: l'inflazione ci incalza. Quanto al nostro dubbio, nel momento in cui scrivian10 si è chiuso il Congresso della DC e ufficialmente si apre la crisi di goverrLo: il dubbio permane, malgrado l'esito del Congresso de111ocristiano, caratterizzato dall'accordo tra fanfaniani, dorotei e morotei; e dovrebbe essere t'esito della crisi di governo a verificarne il residuo fondamento dopo l'accordo fra Moro, Fanfani e Rumor. Lasciamo quindi in sospeso l'interrogativo che ci preoccupa e al quale la relazione del Governatore della Banca d'Italia ha conferito una evidenza anche più dra1nmatica di quanto non lo fosse quella che a noi da tempo se1nbrava venisse assun1endo. 6 BibliotecaGino Bianco

Dall'ideologia ali'«idologia » di Girolamo Cotroneo Fu nei primi decenni del diciassettesimo secolo che Francesco Bacone, con intuizione preilluministica, o già addirittura illuministica, istituì quella teoria degli « idòla », considerata dal Mannheim come il più valido precorrimento del moderno concetto di ideologia, e che di tutta la sua filosofia è ancora oggi il momento più noto. Sono trascorsi da allora più di tre secoli: l'illuminismo settecentesco nella sua « lotta contro la superstizione » credette di avere liberato la ragione umana di tutti gli impacci ideologici, di tutta una mitologia filosofica che favoriva, unificandosi con esso, il dispotismo politico; lo storicismo ottocentesco, invece, consentì alla ragione di dare a quei medesimi « impacci ideologici » il giusto, e spesso anche legittimo, significato di umane speranze quasi sempre irrealizzate o mal realizzate, contribuendo così al loro ridimensionamento critico, situando i miti, le utopie, le ideologie non più nell'immaginario empireo di una Never-N ever Land, né in quel « mucchio di spazzatura» che pure Goethe, per un certo periodo, credette fosse il passato, ma nella temporalità del divenire storico; in tal modo essi diventarono, secondo la celebre espressione di Lewis Mumford, « l'altra metà della Storia dell'Uomo », che la « ragione », nonostante la sua vigilanza, non riesce a cancellare, né a impedirne la ricostituzione. Se all'età dell'illuminismo e a quella della ragione storica aggiungiamo ancora ciò che l'età conte1nporanea, con Vilfredo Pareto e con i già nominati Lewis Mumford e Karl Mannheim (per non ricordare che i più noti), ha de.tto intorno alle ideologie, non si può non giungere alla conclusione - jn tutto adeguata a quella che è la situazione storico-ideologica del nostro tempo - che, nonostante più di tre secoli di critica, il mondo di oggi si nutra di miti e di ideologie anche nei suoi angoli più remoti: infatti quella mappa delle ideologie odierne disegnate dal fortunato (quanto opportuno) Atlante ideologico che Alberto Ronchey ha recentemente pubblicato per i tipi delle edizioni Garzanti (e vale la pena ricordarlo perché si tratta di un libro che fa oqore oltre che all'autore, visti i tempi 7 BibliotecaGino Bianco

Girolamo Cotroneo che corrono, anche all'editore), questa mappa delle ideologie, dicevamo, dimostra come ad esse, e in particolare ad alcune di esse, soggiaccia ormai praticamente tutta l'umanità, al di là delle differenze razziali, politiche e culturali. A parte ogni altra considerazione - e su ciò che ha scritto Ronchey avremo modo di farne più di una - se questo fenomeno insegna qualcosa, essa consiste nel dimostrare, da una parte, la debolezza della critica illuministica che disconosceva la spinta propulsiva delle ideologie e delle utopie (usiamo, alla maniera di Ronchey, i due termini come sinonimi, trascurando, per ora, la distinzione proposta già nel 1929 da Karl Mannheim, sulla quale comunque ritorneremo), considerandole erroneamente, con1e appunto indidicava lo Hegel della Fenomenologia dello Spirito, semplici invenzioni « del clero ingannatore e del desposta oppressore »; dall'altra, i limiti più evidenti delle celebri definizioni che il Marx di Miseria della filosofia e de La Sacra Famiglia diede dell'ideologia, da lui considerata l'insieme di quelle credenze che non avrebbero altra validità fuori di quella di esprimere la difesa degli interessi prevalenti nelle varie fasi dei raparti economici: affermazione, questa, vera soltanto in parte, perché l'attuale trasformazione del marxismo in ideologia - su cui Ronchey ha scritto cose degne della massima attenzione - dimostra che quest'ultima non maschera sotto credenze religiose, filosofiche, morali, soltanto_ la difesa di interessi e privilegi economici, ma anche - e forse più frequentemente - la legittimazione del potere costituito. Lo dimostrano soprattutto gli Stati europei - ché per quelli asiatici il discorso, come insegna appunto Ronchey, è profondamente diverso - i quali al marxismo ufficialmente si richiamano, dove la classe dirigente, il partito e le sue propaggini burocratiche, pur non godendo di privilegi economici - nel senso m.arxiano del termine - attraverso la copertura ideologioa giustificano il loro potere e il loro diritto di impedire il sorgere di qualsiasi tipo di opposizione; né più né meno di come, secondo Marx, si servivano -o si servono - delle ideologie i potentati economici dei paesi capitalisti: il che dimostra la validità dell'assunto di Schumpeter per il quale Marx vide i pericoli dell'ideologia soltanto quando questa riguardava la società borghese, mentre non li vide per quel che riguardava direttamente le teorie sociali da lui elaborate. Questo discorso permette, almeno così ci sembra, di meglio intendere la funzione storica delle ideologie e delle utopie: da una 8 BibliotecaGino Bianco

Dall'ideologia all'« idologia » parte, esse non possono più essere considerate, alla maniera illuministico-marxiana, soltanto frutto della volontà dei « preti », dei « despoti » o delle « classi dominanti », ma hanno una genesi storica rigorosamente individuabile e rappresentano le speranze, i sogni, o addirittura, se ci è consentito usare il termine soreliano, la « poesia sociale » dell'umanità; dall'altra però, una volta concretizzatesi storicamente, una volta assunta una precisa fisionomia politicoistituzionale, diventano patrimonio esclusivo dei detentori del potere e· si trasformano in strumento di dominio (Marx credeva che a questa sorte sarebbe sfuggita l'ideologia « proletaria »: la storia ha invece detto altrimenti). A questi due aspetti dell'ideologia se ne può poi aggiungere un terzo, riguardante lo scarto sempre esistente fra di essa e la realtà storica, fra ciò che si postula astrattamente e ciò che si realizza praticamente, dato che la storia, come Vico ha insegnato, crea i suoi « ordini », spesso « senza verun umano scorgimento o consiglio, e sovente contro essi proponimenti degli uom1n1 ». In questo contesto assurne notevole importanza la pur criticabilissima distinzione di Mannheim, cui prima accennavamo, fra ideologia e utopia, dove la prima sarebbe idea che è incapace di realizzarsi e di dominare la realtà adeguandola a essa (ad esempio, l'ideale cristiano dell'amore fraterno, storicamente irrealizzabile e quindi ideologico), mentre la seconda sarebbe ciò che di essa si realizza, che diventa istituzione politico-sociale. La contraddizione implicita in questo discorso e fin troppo evidente: che cosa sia ideologico (e perciò irrealizzabile) e che cosa utopico (quindi realizzabile) può essere stabilito soltanto post-factum, non mai preventivamente; ma il post-factum si collocherebbe addirittura alla fine dei tempi, perché nulla ci assicura che ciò che magari per secoli sia rimasto « ideologico » (l'amore fraterno cristiano di cui parla appunto Mannheim) non possa un giorno realizzarsi: nessuno insomma può rigorosamente provare che non debba giungere il tempo, di cui la profezia biblica, quando la spada si trasformerà in vomere e il lupo e l'agnello pascoleranno sul medesimo campo. Tuttavia l'argomento proposto da Mannheim ha una sua validità e un suo preciso senso nel discorso che intendiamo svolgere: indipendentemente dalla sofisticata distinzione terminologica fra ciò che è utopico ·e ciò che è ideologico, resta pur sempre il fatto che in ogni dottrina etico-politico-sociale vi è sempre un margine più o meno largo di trascendentalità; essa quindi non riesce mai, 9 BibliotecaGino Bianco

Girolamo Cotroneo de facto, a realizzare storicamente i progetti e le potenzialità che contiene. A questo punto la distinzione fra ideologia e utopia cade da sola (e bene ha fatto Ronchey a utilizzare i termini come sinonimi) attraverso la semplice costatazione che nell'ambito dello stesso progetto vi è un margine trascendentale, o un margine toutcourt, che in nessun caso può essere compiutamente realizzato (e questo sia che si tratti di un « progetto » individuale che di uno collettivo, diciamo, di classe o di gruppo). Tutto ciò per due ordini di ragioni: prilno, perché, in senso generale, la « idealità » - a causa, se si vuole del'imperfezione e :finitezza dell'uomo - non riesce mai a concretizzarsi interamente, per cui, partendo da questa prospettiva, fra l' « essere » e il « dover essere » resta sempre una incolmabile frattura (la critica hegeliana della « ragion pura pratica » di Kant è, al riguardo, esemplare); secondo, perché, in senso particolare, come Sartre ha insegnato, ogni « progetto » urta sempre con il progetto dell'Altro ( o degli altri), per cui nessuno di essi può mai attuarsi interamente. Che cosa vuole significare tutto questo discòrso? In primo luogo, che la critica delle ideologie è assai più complessa di quanto non abbia creduto certo neomarxismo semplicista, che non sembra avere compreso neppure il significato pratico-politico del discorso di Marx; in secondo, che per impostare un discorso sulle « ideologie » occorre anzitutto saper distinguere in che se.nso esse si presentino in maniera positiva (cioè come stimolo a un'azione politica di natura progressista) o in maniera negativa (come intralcio all'azione); oltre che collocarsi « all'interno » di esse per conoscere l'ambiente culturale e socio-politico in cui nascono e si sviluppano - come appunto ha fatto, e lo vedremo meglio dopo, Alberto Ronchey. Ora, senza quella preliminare distinzione fra momento empirico (diciamo noi: utopico, direbbe Mannheim), che rappresenta la realizzazione storica delle dottrine politico-sociali, e momento trascendentale (o ideologico, secondo Mannheim), che ne rappresenta il margine di irrealizzabilità, qualunque discussione si presenterebbe poco meno che superficiale, privandosi di uno strumento metodologico essenziale per leggere in chiave storica e non in termini di astratto razionalismo le avventure delle ideologie. Ronchey - poiché è sempre lui il punto costante di riferimento del nostro discorso, anche quando sembra esserne lontano - ha dato implicitamente una risposta che chiameremmo, senza alcun intendimento svalutativo, « positivista »: e se volessimo andare a cer10 BibliotecaGino Bianco

I Dall'ideologia all' « idologia » care nella cultura italiana - perché è in essa che Ronchey, nono 4 stante la sua visione « europea »; trova pur sempre le sue ultime radici - una fonte da cui la sua tesi potrebbe derivare (e diciamo « potrebbe » perché questo nome non ci sembra risulti fra i molti da lui citati), la individueremmo in Vilfredo P~reto, nella distinzione da questi apportata fra « scienza » e « ideologia », cioè fra l'aspetto « oggettivo », valutabile perciò scientificamente, e quello « soggettivo », cioè la capacità di persuasione in essa contenuta, di una teoria sociale: Avremmo così una scienza sociale, alla quale si contrapporrebbe una ideologia sociale che non avrebbero praticamente nulla in comune, fondandosi la prima sulla costatazione empirica e sulle analisi dei dati, mentre la seconda avrebbe i suoi punti di forza nel sentimento e nelle aspirazioni istintive di giustizia, di eguaglianza, di libertà, presenti in tutti gìi uomini. Ritorna qui, sia pure in termini sostanzialmente mutati, anche se formalmente identici, quella distinzione fra empirico e trascendentale che sopra avevamo delineata: soltanto che adesso· al momento trascendentale viene assegnata una funzione retorica, quella di « persuadere ». Le difficoltà che questa soluzione presenta (.e diremo più avanti perché essa ci sembra vicina a quella proposta da Ronchey) non sono poche: Noberto Bobbio, nel suo studio - risalente ormai al 1957 - sulla critica delle ideologie sviluppata da Pareto, ha scritto che per tramite di questa ci è consentito « distinguere lo studioso dei fatti sociali dal propagandista o dall'apostolo »; il che è certamente vero sul piano pratico immediato. Ma sul piano di una critica filosofica delle ideologie il discorso è più complesso: perché in tal modo si rischia di rigettare illuministicamente nel campo delle fabulazioni mitologiche tutto ciò ehe non è verificabile sperimentalmente. Che cosa significa, infatti, « persuadere »? Nel notissimo Traité de l' argumentation di Perelmann e di OlbrechtsTytecha, il termine « persuasivo » viene opposto a « convincente », nel senso che il primo può vàlere soltanto per alcuni, mentre il secondo può ottenere l'adesione universale; e così nella prima Critica kantiana, la « persuasione » viene definita « una semplice apparenza, perché il fondamento del giudizio che è unicamente nel soggetto, viene considerato come oggettivo », per cui ogni argomento fondato su di essa « ha una validità soltanto privqta ». La distinzione proposta da Pareto, quindi, si risolve in una differenziazione fra la sociologia e i> ideologia, oggettiva l'una, soggettiva l'altra, scientifica l'una, emotiva l'altra: ma così facendo, - a parte 11 BibliotecaGino Bianco

Girolamo Cotroneo il ritorno a una posizione addirittura prehegeliana, per cui scienza si può fare soltanto di ciò che sia empiricamente dimostrabile - l'ideologia ridiventa illuministicamente mistificazione (si cerca di « persuadere » quando non vi sono argomenti per « convincere »), inganno o, nella migliore delle ipotesi, l'aspetto prelogico dell'attività intellettuale; in ogni caso essa finisce sempre con il costituire un impaccio, un ostacolo per la ragione calcolante e raziocinante. Il rischio è grosso: considerare l'ideologia semplice fabulazione, valida soltanto a suscitare emozioni~ ancorché preparanti un'azione politica concreta - rischia di liquidare assieme al contenuto trascendentale anche quello etico-politico dell'ideologia, che è tutt'altro dal sentimento o dalla predicazione apostolica; inoltre, sopravvalutare l'aspetto sociologico, scientifico, è anch'esso un errore che può essere pagato caro; le scienze sociologiche, statistiche in genere, oggetive e scientifiche, si fondano, come ha dimostrato Raffaello Franchini nella Teoria della previsione, sul principio della ripetitività, cioè sul presupposto che le cose nel futuro andranno come per il passato; che è concezione positivistica largamente supe~ rata, dato che ormai tutti dovremmo essere convinti che il margine di imprevedibilità degli accadimenti è talmente vasto da rendere improbabile ogni calcolo previsionale (senza contare poi che il « sociologismo assoluto » si fonde con il « potere », rafforzandolo, molto di più che non le fabulazioni mitologiche: ma questo è già un altro discorso). Come prima si diceva, le tesi di Ronchey sembrano discendere « per li rami » da questa concezione di Pareto: ma qui occorre andare piuttosto cauti. Vero è che Ronchey sostiene come « dinanzi ai dati di fatto e ai problemi oggettivi » sia impossibile ignorare i limiti. delle ideologie; che se la società potesse « inseguire utopie o schemi ideologici deduttivi, senza tener conto delle condizioni storiche e degì'interessi individuali o di gruppo », la scienza economica non avrebbe più motivo di esistere, mentre a reggere l'organizzazione sociale basterebbero « le morali o le ideologie o le religioni » (la cui parte però ci guarderemmo bene dal sottovalutare); che è necessario tener conto dei « duri fatti» naturali e umani « che contraddicono idee e schemi dogmatici ». Si tratta di affermazioni, pur validissime, che sembrano indicare l'inclinazione di Ronchey verso le analisi oggettive, la sua preferenza verso i dati di fatto concretamente dimostrabili, piuttosto che non verso quelle che egli, con espressione indubbiamente felice e fortunata, chiama 12 BibliotecaGino Bianco

Dall'ideologia all' « idologia » le « idologie », cioè la feticizzazione dell'ideologia, la sua cristallizzazione nel duro ghiaccio dello schema solidificato. Oggettivismo scientifico, dunque, contro la fabulazione mitologica? A prima vista si sarebbe tentati di credere questo: la stessa terminologia usata da Ronchey, il suo costante richiamarsi ai dati sociologici, alle analisi concrete dei fenomeni sociali, più che alle idee generali, sembrano spingere il lettore verso questa conclusione; lo stesso definire « ideologie » praticamente tutte le passioni, gli ideali, le spinte etiche del nostro tempo, potrebbe confermare questo giudizio sulle sue tendenze e scelte culturali di fondo: ci troveremmo quindi di fronte a un'apertura verso una sorta di positivismo pragmatico che non sarebbe del tutto illegittimo fare discendere dai Sistemi socialisti e soprattutto dal Trattato di sociologia generale di Vilfredo Pareto (non per nulla Enzo Bettiza ha scritto sul Corriere della sera che fin dagli anni più giovani Ronchey si è diretto, culturalmente, « verso quelle sponde e quegli autori atlantici la cui vorace assimilazione avrebbe poi fatto cadere su di lui una superficiale accusa di 'tecnocratismo ' »). Le cose comunque stanno diversamente: a parte il fatto che la formazione di base di Ronchey è certamente di tipo storicistico (come potrebbe facilmente rendersi conto chi di lui avesse letto altro che Atlante ideologico - nonostante Bettiza abbia ancora scritto che nella sua visione d'insieme « lo spazio per lo storicismo hegeliano o marxiano sembra ridursi al minimo », ché anzi « è lo stesso storicismo che, da soggetto, diventa oggetto d'analisi »), a parte questo, dicevamo, il modo stesso in cui il discorso di Ronchey è impostato costringe a una certa cautela prima di giungere a etichettarlo come un ideologo della tecnocrazia, come un sociologo toutcout. Che cosa sono, infatti, per Ronchey le « idologie »? Noi sappiamo che la forza delle « idee » consiste nel fatto che esse diventano « ideali », che hanno una concreta forza storica, indipendentemente dall'elemento utopico (usiamo il termine nel senso corrente) che pure possono contenere. Ma quando l'ideale diventa dogma, quando pretende di essere « scienza » e non soprattutto « fede >>, ecco che l'ideologia si trasforma in « idologia », la cui forza, contrariamente a quella delle ideologie, o degli ideali, è ormai non più positiva, ma negativa. Il àiscorso di Ronchey diventa a questo punto molto preciso: in pratica, egli dice, il nostro ·tempo, quello che potremmo datare dalla fine della seconda guerra mondiale in avanti, ideologicamente 13 BibliotecaGino Bianco

Girolamo Cotroneo si fonda ancora sull'eredità culturale dell'Ottocento; avendo la cultura contemporanea mitizzato certe forme sociali e certe organizzazioni politiche e economiche come risolutive di tutti i mali dell'umanità, oggi non è più in grado di compiere l'autocritica. Così, mentre sul piano pratico la scienza, l'economia vanno avanti verso tutt'altre direzioni, la cultura si muove ancora nell'ambito delle ideologie ottocentesche, che ormai costituiscono soltanto degli idòla, dei pregiudizi (ma è purtroppo vero ciò che Bertrand Russell diceva, e cioè che è più facile disintegrare un atomo che un prediudizio ). L'intento di Ronchey non è quindi, a nostro avviso, quello di privilegiare i « duri fatti » di fronte agli ideali, come talvolta alcune sue dichiarazioni inducono a credere, ma quello di dimostrare che gli ideali con i quali ancora pensiamo di spingere avanti la storia sono appassiti, sono vitelli d'oro orn1ai senz'anima. A questo punto si intende che la critica di Ronchey -- e questo giustifica tutto il nostro precedente discorso - non e quella illuministica, né quella sociologico-pragmatica, ma è critica storica, è atto conoscitivo, suffragato dalla concreta indagine « sul campo ». Perché il merito maggiore di questo Atlante ideologico - e qui lasciamo da parte le considerazioni teoretiche sulle quali ci siamo fino ad ora intrattenuti - è quello di descrivere dall'interno, attraverso un rapporto, diremmo, « fisico », con esse, le ideologie del mondo contemporaneo. In un'intervista rilasciata tempo fa a un quotidiano milanese, Ronchey ha detto di soffrire di « psicosi di accertamento », che è malattia nobile per chi, come lui, fa il mestiere di giornalista e di saggista socio-politico. Tutto ciò che egli scrive sulle ideologie e sulle situazioni di fatto del mondo contemporaneo, si tratti del gandhismo indiano, del marxismo letto da Mao, della mistica industriale che anima gli zaibatsu giapponesi, del miscuglio nazional-comunistico vietnamita, dell'ideologia pseudo-messianica cubana con i suoi riti e poemi, della négritude, del mito della rivoluzione « socialista » araba, delle « eresie » jugoslava e cecoslovacca, tutto ciò che scrive, dicevamo, è infatti il risultato di un'indagine e sul campo », a contatto fisico con la cultura in cui tali ideologie son.o germinate, con il contesto socio-politico che condizionano e 2he le condiziona. Di fronte alla « letteratura » che spesso si fa intorno ai problemi del nostro tempo e del nostro pianeta, Ronchey compie analisi rigorose alle radici dei fatti: per cui il suo scopo principale, cioè quello di dimostrare la sostanziale inconsistenza delle ideologie di cui i popoli della terra oggi si alimentano e la 14 BibliotecaGino Bianco

, Dall'ideologia all'« idologia » loro inadeguatezza di fronte ai problemi concreti e alle difficoltà pratiche di cui sono afflitti, è raggiunto per via che forse a Ronchey piacerebbe fosse definita empirica o addirittura sociologica, m·a che, da parte nostra, preferiamo definire « storica ». Le conseguenze che scaturiscono da questo modo di lavorare non sono poche: prima fra tutte quella di sradicare certi miti che si formano e si dissolvono rapidamente nella cultura euroccidentale, da quello sovietico (dileguato già dal 1956) a quello cinese, a quello cubano, a quello (ormai declinante) degli Stati Uniti, fino a quello recentissimo palestinese. Attraverso il controllo de visu, Ronchey smantella i modelli teorici, spesso costruiti da chi nulla o poco sa di quei luoghi e di quelle culture, che vengono idoleggiati quasi fossero la Repubblica di Platone. Intendiamoci, però: non è che Ronchey voglia a tutti i costi dimostrare la nullità o l'inconsistenza teorica e pratica dei modelli di sviluppo scelti in certe parti della terra; egli vuole soltanto dimostrare la loro irripetibilità, la loro inapplicabi'lità a paesi di altra cultura e di altra tradizione, mettendo indirettamente a nudo l'astratto razionalismo di chi propone modelli scaturiti in altri ambienti e in altre situazioni storiche. Se questo è certamente il risultato più notevole che l'Atlante di Ronchey raggiunge da un punto di vista pratico, ve n'è, a nostro avviso, un altro, meno decifrabile, forse, ma più interessante per chi voglia darsi ragione del modo in cui si è costituito tutto questo immenso apparato ideologico (o idologico) che avvolge come un'immensa tela di ragno il globo terracqueo. Certe volte esplicitamente, altre per sottinteso, Ronchey lo illustra in maniera pressoché esauriente. Dalla lettura del suo Atlante, infatti, soprattutto dalle pagine dedicate alle ideologie extraeuropee, si evince come siano stati i modelli europei, inseritisi lentamente o brutalmnte nelle vicende degli altri continenti, a modificare il tessuto sociale, la cultura, la vita politica, la storia stessa di tutti i paesi del mondo. Ci troviamo di fronte - e l'Atlante di Ronchey Ge lo fa toccare per la prima volta con mano - a un fenomeno di acculturazione quale mai si era finora verificato. Un fenomeno di acculturazione di gran lunga maggiore rispetto a quello verificatosi nell'età del colonialismo: perché mentre allora i paesi europei non avevano particolare interesse a modificare culturalmente, per maggiormente inserirli nella propria orbita politica, bastando a questo la maggiore forza militare, i paesi loro sotton1es~i, oggi là posizione si è completamente rovesciata; la penetrazione ideologica, sia quella marxista che, in mi15 BibliotecaGino Bianco

Girola1no Cotroneo sura minore, quella democratico-occidentale, mira a sconvolgere le stesse categorie mentali dei popoli verso cui è diretta, onde meglio attrarli nella sfera di potere dei portatori dei nuovi evangeli. Si tratta di un fenomeno certamente complesso, anche perché, come ha notato Lévi-Strauss, « tutte le civiltà riconoscono, l'una dopo l'altra, la superiorità di una fra esse che è la civiltà occidentale ». Ed è un fenomeno che Ronchey ha toccato con mano: e ha potuto costatare come la cultura occidentale fuori dei confini d'Europa (o del Nord-America) venga interiorizzata in maniera mediata, mutando profondamente il suo significato originario (le pagine sull'India o sulla Cina sono, a questo proposito, veramente esemplari). Il seguire lo svolgersi e l'articolarsi di questa operazione di innesto è uno dei momenti più appassionanti della lettura del libro di Ronchey; soprattutto quando si comprende - e la cosa non è certo difficile - che da questi profondi mutamenti culturali sarà deciso il futuro dell'umanità: se cioè essa avrà di fronte a sé più ampi orizzonti o se sprofonderà in quello che recentemente Roberto Vacca ha definito « il medioevo prossimo venturo ». GIROLAMO COTRONEO 16 BibtiotecaGino Bianco

, , I • prezzi nell'economia italiana di Autori vari ,; Il 1972 è stato per l'economia italiana, a detta delle autorità governative, un anno sicuramente difficile, che ha tuttavia rappresentato, sotto il profilo congiunturale, il superamento della fase recessiva che aveva caratterizzato il sistema nel periodo 1970-1971. Nonostante che i consuntivi siano rimasti ancora, sotto molti aspetti, deludenti, il tasso di crescita del reddito nazionale è passato da 1,6 % dello scorso anno al 3 ,2 %, che se è ancora al di sotto del tasso medio di sviluppo dell'economia per il trascorso venten, nio 1951-1971, rappresenta co1nunque un 1niglioramento rispetto al recente passato e comunque un indice sintomatico di miglioramento generale. Se l'aumento del tasso di crescita del reddito è da accogliere come sintomatico del miglioramento della situazione economica generale, le tensioni a cui è stato sottoposto - soprattutto dall'autunno in poi - il sistema dei prezzi nel suo complesso sono da ritenere un elemento negativo del contesto economico. Lo scopo di questa nota è di analizzare con un certo dettaglio la situazione dei prezzi al fine di individuarne le cause di crescita e gli effetti sul sistema economico in generale. Per fare questo è però necessario descrivere, sia pure brevemente, quanto è avvenuto a livello internazionale in tema di prezzi perché ]e vicende mondiali hanno avuto, come vedremo, rilevanza ai fini della crescita dei prezzi all'interno. Il quadro internazionale. - Per i sistemi economici dell'Occidente il 1972 è stato un anno sostanzialmente positivo. Si è avuta infatti una ripresa generalizzata che è stata particolarmente accentuata negli Stati Uniti. Alla ripresa dello sviluppo non ha fatto però riscontro una riduzione, salvo forse per gli Stati Uniti, del tasso d'inflazione. In particolare il ritmo di aumento dei prezzi ha cominciato ad intensificarsi dopo la prima metà dell'anno tanto è vero * Questa nota è stata redatta a cura di alcuni ricercatori del Centro di Specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno dell'Università di Napoli (stesura a cura di S. Vinci). 17 Biblioteca Gino Bianco

Autori vari che da allora uno dei principali obiettivi delle politiche economiche è stata la lotta contro il rincaro dei prezzi. · In sostanza il problema dell'inflazione ha raggiunto ormai una dimensione internazionale e di ciò sono consapevoli i vari paesi tanto è vero che all'inizio del mese di agosto mentre alcuni adottavano o rinforzavano le misure per il controllo dei prezzi, Francia e Germania chiedevano l'esame in sede CEE della possibilità di addivenire ad una strategia comune. Né è seguita l'elaborazione da parte della Commissione CEE di un insieme di proposte che furono discusse il 31 ottobre a Lussemburgo dai ministri finanziari della Comunità allargata. Ne risultò un impegno di azione comune anche se poi ciascun Paese fu lasciato libero - data la diversa situazione congiunturale - di adottare le politiche ritenute più idonee per il controllo della dinamica dei prezzi. Furono posti in essere fondamentalmente due principali tipi di azioni e precisamente: 1) misure a carattere monetario e con decisione immediata in quei Paesi (Francia, Germania e Belgio) ove si temeva meno di interrompere il processo di sviluppo;· 2) misure a carattere prevalentemente amministrativo in quei Paesi (Regno Unito e Olanda) dove la ripresa economica non era ben delineata. Una visione d'insieme dell'andamento dei prezzi in alcuni dei principali Paesi dell'Occidente è fornita dalla seguente tabella. TABELLA 1 ANDAMENTO DEI PREZZI IN ALCUNI PAESI (variazioni percentuali sugli indici base 1963 = 100 dal sett. 1972 sul sett. 1971) i:.i.. ..... ..... o V) ..... V) ..... ·a Cl! Il) Cl! Cl! ..... Cl! e o ..... Cl! Cl! e .... 'So (.) ·a ..... P'.I ;:J ·e ;:J Il) o i:: - ..... N p. - Cl! Cl! V) Il) Cl! ..... . .... o N p. 8 ..... ;::l ..... P'.I .... H I V) .... e > Cl! i:.i.. .... Il) c,J < bi) é3 ro ..... cn Q) 11.. cn Q) c., ~ Prezzi all'ingrosso +4,7 +5,9 +3,6 +4,7 +2,7. +5,0 +4,7 +6,5 +4,4 +0,7 Prezzi al consumo +5,4 +6,3 +6,3 +6,4 + 7,3 +3,2 +6,6 + 7,0 +6,7 +5,6 Per quanto riguarda ancora la situazione dei prezzi di alcuni beni ai quali è particolarmente interessato il nostro sistema in qua18 BibliotecaGino Bianco •

I I prezzi nell'economia italiana lità di acquirente sul mercato mondiale si può accennare alla situazione del commercio mondiale delle materie prime. Per questi beni si è avuta una sostanziale ripresa nel 1972 e ciò ha provocato incrementi anche notevoli nei prezzi. Le quotazioni delle carni - già orientate al rialzo durante l'intero 1971 - hanno registrato ulteriori rincari tanto è vero che c'è stato un incremento superiore al 30% tra il settembre 1971 e il settembre 1972. In conclusione il quadro internazionale dei prezzi per l'anno 1972 presentava grandi uniformità anche in virtù del fatto che la trasmissione da un Paese all'altro e la diffusione à livello internazionale delle tendenze inflazionistiche sono favorite dall'interdipendenza delle economie e dalla comunanza degli schemi di comportamento. Tutto ciò che si è detto e i dati a cui si è fatto riferimento sopra riguardano il 1972 e cioè un anno che è stato abbastanza tranquillo per quanto riguarda le vicende monetarie internazionali. Tale anno infatti per quest'ultimo aspetto era iniziato sotto il segno dell'accordo monetario raggiunto a Washington il 18 dicembre 1971 tra i dieci principali Paesi industrializzati e poi durante l'anno non c'erano stati movimenti particolarmente pericolosi. Come tutti sanno la situazione è peggiorata rapidamente all'inizio del 1973 e si ha l'impressione che ancora il peggio debba avvenire. Di queste vicende ci si è occupati nella nota precedente per cui tralascere1no nella presente nota di esaminare quanto è avvenuto nel sistema monetario internazionale non mancando però di sottolineare che l'incertezza sul valore futuro delle monete dei vari Paesi costituisce un elemento favorevole a tendenze inflazionistiche. I prezzi in Italia nel 1972. - Come già si è detto in precedenza la dinamica dei prezzi nel 1972 è stata abbastanza sostenuta anche se dal confronto internazionale la posizione dell'Italia è risultata media nel senso che il tasso d'infl~zione italiano è intorno ai valori medi internazionali. Il confronto con gli altri Paesi può rivelarsi elemento di conforto dal momento che se il tasso d'inflazione italiano è uguale a quello medio internazionale ciò significa che per effetto dell'inflazione le industrie esportatrici non perdono di competitività rispetto a quelle degli altri Paesi, ma non può certamente essere di conforto al consumatore italiano e ai lavoratori in particolare il s_apere che i prezzi aumentano non soltanto in Italia ma anche altrove. 19 BibliotecaGino Bianco

Autori vari Un'idea più precisa dell'andamento dei prezzi nel 1972 la si può avere osservando la seguente tabella. · TABELLA 2 NUMERI INDICI DEI PREZZI (base 1970 = 100) Settori e classi INDICE GENERALE per settori di origine Prodotti agricoli Prodotti non agricoli per destinazione economica Consumo Investimento Materia ausiliarie INDICE GENERALE - alimentari - non alimentari - servizi I INDICE GENERALE - alimentazione - abbigliamento - elettricità e combustibili - abitazione - beni e servizi vari 1Q71 Prezzi all'ingrosso 103,4 102,2 103,6 103,7 101,3 106,2 Prezzi al consumo 104,8 104,0 106,1 104,8 Costo della vita 105,0 103,9 107,3 104,0 102,9 106,5 1972 107,6 112,6 106,7 109,4 104,2 106,0 110,8 110,6 111,3 110,7 110,9 110,2 113,8 103,9 105,9 113,3 Variazione + 4,2 +10,4 + 3,1 + 5,7 + 2,9 - 0,2 + 6,0 + 6,6 + 5,2 + 5,9 + 5,9 + 6,3 + 6,5 - 0,1 + 3,0 + 6,8 Dai dati della tabella risulta che l'aumento ha riguardato tanto i prezzi all'ingrosso che quelli al minuto ed inoltre tanto per i prezzi all'ingrosso quanto per i prezzi al consumo e il costo della vita l'aumento più sensibile ha riguardato i beni di più largo consumo quali i beni alimentari e l'abbigliamento. Un aumento notevole dei prezzi l'hanno avuto pure i servizi. Altro particolare da sottolineare è che proprio per i prodotti agricoli l'incremento è stato superiore nei prezzi all'ingrosso che non nei prezzi al minuto e questo elemento è da tenere presente per il prossimo futuro. Qui in sostanza si vuol dire che che non essendo avvenuto per intero il trasferimento dell'aumento dei prezzi all'ingrosso sui prezzi al con20 Bib~iotecaGino Bianco

I I prezzi nell' econo1nia italiana sumo c'è da aspettarsi che questo si verificherà nel prossimo futuro. Sull'aumento dei prezzi all'ingrosso dei prodotti agricoli, a scanso di qualsiasi spiegazione in termini di aumento eccessivo dei costi di lavoro, c'è da osservare che esso è un fenomeno di natura internazionale. Sui mercati internazionali i prezzi dei prodotti agricoli sono notevolmente cresciuti - si è già citato il caso delle carni - per cui in Italia si può dire che c'è stato adeguamento alla situazione internazionale. Un altro elemento di cui bisogna tener conto nella ·spiegazione dell'aumento dei prezzi all'ingrosso dei prodotti agricoli è la politica agricola della CEE che utilizza un sistema di prezzi elevati per garantire un certo reddito agli agricoltori. Per quanto riguarda infine i servizi, qui non si può tacere della circostanza che gran parte di essi sono forniti da enti pubblici o comunque sotto il controllo pubblico e che quindi sono poco giustificabili le spinte inflazionistiche provenienti da questo settore anche in considerazione del fatto che ad un umento del costo del servizio non si accompagna quasi mai un corrispondente aumento di efficienza nella prestazione del servizio. L'unica eccezione che vale la pena di sottolineare riguarda la fornitura dell'energia elettrica il cui prezzo è rimasto inalterato (anzi si è avuta una lievissima riduzione) malgrado l'aumento generalizzato. Osservando le variazioni trimestre per trimestre si rileva che l'aumento è più marcato man mano che ci si avvicina alla fine dell'anno e che gli incrementi dell'ultimo trimestre del 1972 sono i più marcati per la totalità delle voci e ciò non induce certo all'ottimismo per quanto riguarda il presente. Anche per questi l'aumento più elevato nell'ultimo trimestre del 1972 lo si ha per i prodotti agricoli e da qui una conferma ulteriore ad incrementi sostenuti nei prezzi al consumo dei beni agricoli nell'arco del corrente anno. La situazione presente. - Per capire quello che già ora sta succedendo nel settore dei prezzi e quello che probabilmente ci attende nel prossimo futuro occorre fare un passo indietro e cioè partire dalle previsioni sull'andamento dei prezzi contenute nella Relazione previsionale e programmatica per l'an·no 1973. In questa relazione presentata al Parlamento alla fine del settembre 1972 non veniva fatta alcuna precisazione quantitativa sulla futura ascésa dei prezzi, ma c~nsci del fatto che la situazione ragionevolmente prevedibile era di aumento più marcato rispetto al 1972, si annunciava l'intenzione di non d~r luogo ad aumenti dei 21 BibliotecaGino Bianco

Autori vari prezzi, controllati e delle tariffe ( con l'eccezione delle tariffe telefoniche) e un'applicazione graduale dell'IVA sui generi alimentari di prima necessità. Di motivi per ulteriori impennate dei prezzi nel 1973 ne esistevano già di solidi fin dalla fine del 1972 e precisamente: 1) la tendenza ascendente su tutti i mercati internazionali rafforzatasi nell'ultima parte dell'anno; 2) l'introduzione a partire dal 1 ° gennaio 1973 di una nuova imposta - l'IVA - al posto dell'IGE - con l'esperienza negativa precedente di altri Paesi che avevano sperimentato aumenti dei prezzi in corrispondenza con l'entrata in vigore della nuova imposta; 3) l'eventuale incremento nel costo del lavoro per effetto dei rinnovi contrattuali di importanti categorie di lavoratori (i metalmeccanici, i chimici, i braccanti agricoli, ecc.). A questi motivi già presenti all'inizio del corrente anno se ne è aggiunto un altro e cioè: 4) la fluttuazione della lira e la sua conseguente svalutazione nei confronti delle principali monete europee. Vediamo ora di esaminare più in dettaglio i motivi di cui sopra per capire come essi hanno operato in questa prima parte dell'anno. Riguardo al primo motivo si può dire che esso è stato operato nel corso di questi primi mesi del 1973. A tal proposito si deve citare come elemento positivo la decisione di recente adottata dalla CEE di dar luogo ad aumenti limitati nei prezzi di alcuni prodotti agricoli. Su queste decisioni ha influito positivamente l'allargamento della comunità alla Gran Bretagna che è stata la più tenace sostenitrice di una politica di stabilità dei prezzi agricoli. Il secondo motivo è stato, a nostro parere, il più importante elemento di perturbazione dei prezzi in quest'anno. L'introduzione di un nuovo tipo d'imposta è stata l'occasione che tanti produttori da tempo attendevano per effettuare cospicui aumenti dei prezzi senza suscitare interventi (o minacce di) da parte delle autorità pubbliche. In effetti molti produttori hanno seguito metodi di applicazione della nuova imposta di tutto comodo e cioè hanno aggiunto la nuova imposta senza detrarre l'IGE oppure hanno applicato l'IVA come si trattasse dell'IGE ed è evidente come tutto ciò abbia comportato aumenti dei prezzi assolutamente imprevedibili al momento dell'entrata in vigore dell'imposta. I1 controllo dell'autorità pubblica sui sistemi di applicazione non è stato così rigido 22 · Bib~iotecaGino Bianco

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