Nord e Sud - anno XV - n. 103 - luglio 1968

Rivista mensile diretta da Francesco Compag.na Sandro Petriccione, Amministrazione ordinaria dell'intervento straordinario? - Giuseppe Galasso, Il PCI in una fase di transizione - Antonino Portale, Le dilapidazioni del Sud - Ugo Leone, Il Medio Oriente un anno dopo - Massimo Galluppi, La rivolta degli ''arrabbiati,, e scritti di Giangaetano Bartolomei, Mario Canino, Dino Cof rancesco, Guido D'Agostino, Carlo Maggi, Franco Scaglia, Giacomo Torelli. ANNO XV - NUOVA SERIE - LUGLIO 1968 - N. 103 (164) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI · iblioteca Gino Bianco

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I NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XV - LUGLIO 1968 - N. 103 (164) • DIREZIONE E REDAZIONE: Via Carducci, 29 - 80121 Napoli - Telef. 393.347 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità : EDIZIONI SCIENTIFICHE· ITALIANE - S.pA. Via Carducci, 29 - 80121Napoli - Telef. 393.346-393~309 Una copia L. 400 - Estero L. 700 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Fascicolo arretrato L. 800 - Annata arretrata L. 8.000 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 . . Edizioni Scientifiche Italiane - Via Carducci 29, Napoli Biblioteca Gino Bianco ....

SOMMARIO Editoriale [ 3] Sandro Petriccione Amministrazione ordinaria dell'intervento straordinario? [ 6] Giuseppe Galasso Il PCI in una fase di transizione [15] Antonino Portale Mario Canino Giaco·mo Torelli Note della Redazione Facili previsioni - La « bagarre» delle leggine - « Marketing» e industrializzazione [ 46] Giornale a piit voci Le dilapidazioni del Sud [54] La ristrutturazione del credito [61] Comuni, Province~ Regioni [65] Le idee del tempo Giuseppe Galasso L'Italia dal dopoguerra alla crisi di oggi [68] Frontiere Ugo Leone Il Medio Oriente un anno dopo [75] Massimo Galluppi Franco Scaglia Dino Cofrancesco Guido D'Agostino Carlo Maggi Opinioni e dissensi La rivolta degli « arrabbiati » [ 86] Considerazioni intorno al teatro [ 94] Recensioni L'illuminismo e la stanchezza dell'Europa [108] Tre saggi di storia sociale [114] Il bizantino meridionale [119] Sociologia G. Bartolomei La sociologia della conoscenza [123] Biblioteca Gino Bianco

I ·' Editoriale La reazione contro il « disimpegno » dei socialisti è veramente fortissima ed' è venuta assumendo toni di indignazione: lo abbiamo· potuto constatare non solo a Napoli, ma anche e soprattutto a Milano ed a Roma. Del resto, per convincersene, basta registrare le solite conversazioni che capita di ascoltare sui treni, nei caffè, davanti alle edicole dei giornalai e magari sugli stabilimenti balneari. È una reazione, tra l'altro, molto estesa: perché, a commentare con riprovazione il « disimpegno » dei socialisti, sono tutti coloro che hanno votato per il centro-sinistra, ed in pri1no luogo naturalmente proprio coloro che ha11no votato per il PSU (non è poi detto che, fra i più indignati per il «disimpegno» socialista, non vi siano anche elettori che hanno votato addirittura per i comitnisti, riten.endo garantita la stabilità del governo dalla sicura maggioranza di ceritro-sinistra: questi elettori sono forse assai più numerosi di qitarito non si creda). A sondare poi la profondità di questa reazione, c'è da rimanere norz meno i1npressionati di quanto si resta dopo averne misurato l'estensione: i discorsi che si fanno rievocano tutta la lunga storia dell'impotenza massimalista e della rissa frazionistica dei socialisti, con particolari riferimenti alle conseguenze che l'una e l'altra hantio avuto nel primo dopoguerra. Ci sarà certo anche una buona dose di qitalunquismo nel modo co1ne qua e là si esprime la reazione dell'opinione pubblica nei confronti della linea del « disimpegno>> fatta valere tra i socialisti da De Martino e da Tanassi; ma è d'altra parte significativo che, come si getta la croce addosso ai fautori del « disinipegno », così con grande rispetto si parla di Nenni e a Nenni si affidano le speranze di un rinsavimento dei socialisti, di « questi socialisti che sono sempre gli stessi ». Ora, il fatto che si distig·ua tra la posizione di Nenni e quella dei fautori del « disimpegno », che si getti la croce su questi ultimi e che si levi sugli scudi il nome del più autorevole leader socialista, caratterizza la reazione dell'opinione pubblica - quali che siano gli accenti con la quale essa si esprime - in senso tutt'altro che qualunquistico. La verità è che non si possono assolvere, o anche soltanto giustificare, i responsabili di un'azione che apre un vuoto, che non prospetta alternativa, che mette in discussione la s:tessa stabilità politica che il paese era riuscito a conseguite con la IV Legislatitra. Tanto più che, in qitalificati ambienti socialisti, abbiamo sentito portare, a giustificazione 3 BibliotecaGino Bianco

Editoriale del « disimpegno », questo argomento: la preparazione, lo svolgimento, i risultati del primo congresso dopo l'unificazione sarebbero gravemente alterati se taluni leaders del partito potessero parteciparvi come ministri. Ma è mai possibile che non ci si renda conto che un argomento del genere è non solo e non tanto oltraggioso nei confronti di coloro che hanno rappresentato il PSU nei governi della IV Legislatura, ma an(!he e soprattutto, oltraggioso nei co,nfronti della platea congressuale e perciò di tutto il partito? È possibile che non ci si renda conto di come quest'argomento risuoni nei confronti del PSU assai più squalificante di quanto non risuonino tutti gli altri argomenti che contro il « disimpegno» hanno trovato largo credito non solo in vasti strati dell'opinione pubblica del paese, ma anche tra la stessa « base » socialista? Comu,nqite sia, il « disimpegno» socialista ha dato luo,go ad una situazione che induce a temere il peggio e ad augurarsi il meglio. Ed il peggio non è soltanto la perdita di tempo prezioso ai fini dell'attività legislativa. Il peggio è un'ulteriore spinta nel senso della « radicalizzazione» deg.Zi orientamenti dell'opinione pubblica e degli schieramenti delle forze politiche e sociali. Non ci sembra, d'altra parte, che il congresso socialista possa confermare e prolungare il « disimpegno»: .perché in tal caso· avremmo le elezioni ed il PSU, senza recuperare i voti massimalisti ceduti al PSIUP, non potrebbe trattenere molti suoi elettori del 19 maggio 1968 dal manifestare con il voto la loro riprovazione per il « disimpegno » o dall'impulso di comportarsi come gli elettori francesi del 23 giugno, 1968, che è poi l'impulso già seguito dagli elettori italiani vent'anni or sono. , Al congresso socialista di ottobre, sarà Nenni che liquiderà l'attuale maggioranza del « disimpegno »; e bene o male saranno restaurate le condizioni generali per formare itn governo di centro-sitzistra. Ma fino a che punto si sarà deteriorata la situazione politica del paese in ottobre, quando si svolgerà il congresso socialista? Di questo deterioramento sembrano ora preoccuparsi gli stessi fautori del « disimpegno». Tanto è vero che per sostenere il governo della cosiddetta « attesa operativa », del quale non fanno parte, i socialisti, ef,isimpegnati, dovranno impegnarsi più di qu,anto non si sarebbero dovuti impegnare per sostenere - un go·verno del quale avessero fatto parte. Del resto, si può facilmente constatare che il governo presieduto dal sen. Leone è itn governo che non lascia sperare gran che sul piano dell'efficienza, che non è in grado di forni re significative indicazioni politiche, che nella sua stessa composizione testimonia eloquentemente della sua debolezza. La DC afferma che questo non è un « governo amico», come fu a suo tempo definito il governo presieduto dall' o·n. Pella (uno 4 BibliotecaGino Bianco

Editoriale dei peggiori governi che abbia avuto il paese, onde, con la formula del « governo amico », fu sconfessato dalla DC); 1na in pari ten1po lascia intendere che si tratta di un governo che impegna il partito solo nella misura n1inima, quella indispensabile perché possa sopravvivere. Così abbiamo il « disimpegno » di tutti. Ognuno si disimpegna come può, per co11dizionare il «disimpegno» dell'altro. E intanto, messa in moto la reazione a catena dei « disimpegni », non è stato possibile arrestarla neanche d'opo la severa lezione che si puo ricavare dagli avvenimenti francesi. Siamo condannati ad aspettare il congresso socialista ed a sperare che la stagione balneare consenta un tranquillo décorso dei tempi di attesa? Pare di sì. Si cerchi allora di fare le cose che si possono fare: portare avanti il discorso sul Parlamento e sulla maggiore efficienza del suo funzionamento; approfondire i temi della discussione che si è aperta sul rapporto fra maggioranza ed opposizione; preparare, anche mediante contatti interpartitici, i progetti delle riforme che dovranno essere attuate dal governo di centro-sinistra, se e quando sarà possibile richian1are iri vita la sola formula di governo possibile; ristabilire un clima di fiducia tra i partiti della maggioranza potenziale e tra le correnti dei partiti di questa maggioranza. A quest'ultimo prop·osito, anzi, l'appuntamento più interessante, fra quelli imminenti, ci sembra essere fissato in sede di Consiglio nazionale della DC. Tale Consiglio dovrebbe riunirsi poclii giorni dopo la conclusione del dibattito sulla fiducia al governo: forse avremo un discorso dell'on. Moro, che per ora dignitosamente tace; certo la sinistra democristiana, la « base », riproporrà in forme aggiornate e più avanzate il discorso avviato fin dal Congresso di Milano, un discorso che in,teressa molto da vicino i socialisti e che pone all'on. Ritmar in particolare, ed ai dorotei in generale, problemi che non possono più essere elusi tanto facilmente. Coriclusione: non pito essere che provvisoria, interlocutoria. Possiamo in pochi 1nesi compromettere tutto quello che abbiamo costruito in parecchi anni. La situazione europea sta degenerando in tutti i sensi. La situazione italiana, se si radicalizza ulteriormente, non sarà più controllabile. Ma non dimentichiamo, per carità, che le elezioni italiane del 19 maggio non hanno dato risultati così gravi per le forze democratiche come certamente si possono considerare i risultati delle elezioni francesi del 23 e del 30 giugno: comunque le elezioni italiane hanno dato luogo ad un risultato politico che consente di formare una « sufficiente » maggioranza di centro-sinistra: o questa maggioranza, o tlna « radicalizzazione » della lotta politica che porterebbe a conseguenze di tipo francese. È abbastanza semplice a dirsi. 5 ·BibliotecaGino Bianco

Amministrazione ordinaria dell'intervento -straordinario? di Sandro Petriccione : 1. Le iniziative prese nel corso del 1967 al fine di mettere in discussione l'impegno meridionalista dei partiti della maggio,ranza, hanno smos~ . so le acque fino allora stagnanti della politica di intervento straordinario nel Mezzogiorno e riacceso un interesse per i problemi del Sud quale non si riscontrava da molti anni. La discussione così riap-ertasi, in previsione delle scadenze che si succederanno nei prossimi mesi (formazione del nuovo governo-, fine del primo periodo di finanziamento della Cassa e rinnovo dei suoi organi direttivi) potrebbe diventare sempre. più serrata e con ogni probabilità si concentrerà sugli strumenti ed il quadro istituzionale entro il quale opera l'intervento straordinario. Un primo contributo in tal senso è fornito dall'articolo di Massi1no Annesi pubblicato qualche mese fa da questa rivista. Esso prende le mosse da una serie di giuste considerazioni sul pericolo che l'·affidamento dei compiti di sviluppo del Mezzogiorno alle autorità di programmazione possa comportare un indebolimento dell'impegno dello Stato nei co·nfro,nti delle regioni meridionali. E ciò a cagione del fatto che è probabile che in' un co1 ntesto di provvedimenti riguardanti l'intera nazione, il Mezzogiorno - sulla base di un tradizionale argomento più volte giustamente richiamato - a causa della sua debolezza esca soccombente. Ciò che Annesi teme sono le illusio,ni suscitate da_ una « fuga in avanti » che, dietro il paravento di parole d'ordine più o meno di mo,da (e la «programmazione» sarebbe tra qL1este), peggiori nella realtà la situazione del Mezzogiorno nei confronti del resto del paese. Queste preoccupazioni, come quelle di. altri ambienti meridionalisti, . si so.no accentuate do·po l'enunciazione - nel corso dei co·nvegni promossi lo• scorso anno dai socialisti - di alcu11e tesi, sostenute forse con una certa frettolosità, ma aventi il merito non trascurabile di rimettere .in discussione gli strumenti di una politica che, per essere apparentemente accettati da tutti, venivano progressivamente svuotandosi di ogni serio contenuto e privati di quelle caratteristiche ~he ne avevano assicurato il successo n1ella loro prima fase di esistenza. 6 Biblioteca Gino Bianco

.. Amministrazione ordinaria dell'intervento straordinario? E dato che si imputano ai socialisti propositi eversivi dell'intervento nel Mezzogiorno è opportuno ricordare - e non certamente per rivendicare delle priorità - che fu il Convegno promosso da « Mo,ndo Operaio » nel 1955 a reagire a quello che allora si profilava come un pericolo molto più reale: che cioè nella disattenzione gen•erale che aveva portato alla scadenza della Cassa senza che nessuno si fosse preoccupato di elaborare dei nuovi strumenti di intervento, e con una programmazione ancora allo stato embrionale e soggetta essa stessa ad una pressione di ambienti urbanistici dalle idee tanto vaghe quanto pericolose, venisse in un momento delicatissimo smantellato il meccanismo dell'intervento straordinario. In tale occasione si osservava che « vi sono state ... obiezioni all'intervento ' straordinario' ... basate sulla considerazione che i problemi del Mezzogiorno troverebbero auto,matica soluzio,ne nell'ambito della programmazione economica... Queste obiezioni partono• da una visione idilliaca della programmazione che i fatti già si so,no incaricati di smentire. Infatti, anche se la pro,grammazionc dovrà essere politicamente 'impegnativa', essa sarà pur sempre il risultato della contrapposizione di esigenze e di interessi dei quali non si potrà non tener conto ... Ed è perciò che non si può pensare di privare il Mezzogiorno del più valido· strumento del quale dispone per fare ascoltare le sue esigenze ». Con queste motivazioni ed in questo quadro d'insieme i socialisti dettero il loro appoggio determinante alla legge, ed è logico che, superata ormai la fase di recessione ed avviatasi - sia pure in mezzo a non poche difficoltà - la macchina della programmazione, in rapporto alla necessità di procedere al finanziamento della Cassa per un altro quinquennio si pensi di fare un ulteriore passo in avanti vagliando l'opportunità di inquadrare in maniera più completa nella politica economica del pae,"e il cosiddetto « intervento straordinario », in modo che esso possa corrispondere alle mutate situazioni alle quali si trova a far fro•nte. 2. La verifica della validità delle norme che reggono l'intervento straordinario e dell'opportunità di una loro modificazione deve essere fondata su di un preciso accertamento dei problemi che occorre risolvere e della capacità degli strumenti esistenti di perseguire nuovi e più complessi obiettivi. Dall'articolo di Annesi, nonostante il riconoscimento che la legge 25 giugno 1965 costituisce « una fase importante, ma interlocutoria, della politica di sviluppo del Mezzogiorno », si ricava l'impressione - non tanto per quello che esso dice, quanto soprattutto per ciò che no11 7 ·BibliotecaGino Bianco

Sandro Petriccione dice - che, salvo la questione dei consorzi industriali, l'attuale ordinamento non solo sia in grado di funzionare efficacemente, ma costituisca la migliore garanzia di difesa degli interessi del Mezz?giomo. Ed è questa invece - a mio avviso - la tesi che deve essere esplicitata e discussa in via preliminare e senza la cui co,nfutazio 1 ne cade ogni proposta di revisione della struttura operativa dell'intervento· straordinario, se non per aspetti marginali. 3. L'intervento straordinario, così come si configura attualmente, è il risultato di un lungo processo di trasformazione e di adeguamento che si è verificato in corrispo•ndenza del cambiame11to dei compiti ad ésso assegnati. L'adeguamento, però, proprio perché non ha mai portato ad una completa riorganizzazione degli strumenti dell'intervento straordinario, ha soltanto in parte seguito i mutamenti che si sono verificati. Quando il legislatore del 1950 dovette definire il ruolo della « Cassa per il Mezzo,giorno », il dibattito in sede teorica sulla politica di sviluppo era appena iniziato. Tuttavia in Italia, per merito del gruppo che faceva capo alla SVIMEZ, già si era diffusa in certi ambienti la convinzione che soltanto attraverso lo sviluppo dell'industria si sarebbe potuto conseguire il risollevamento dell'economia meridionale. Ma dj tali preoccupazioni nella legge istitutiva della Cassa non si riesce a trovare traccia; prevalse se mai il principio rostowiano della creazione dei « prerequisiti » dell'industrializzazione, mentre l'obiettivo principale veniva individuato nella esecuzione di « complessi organici di opere » che consentissero un aumento dei livelli di occupazione, allora particolarmente bassi nel Mezzogiorno. Dal punto -di vista delle procedure si trattava di st1perare con la costituzione di un nuovo ente le carenze e le lentezze dell'amministrazione ordinaria, accelerando il ritmo di spesa nelle regioni meridionali. Quindi, da una parte si eseguiva il maggior volume possibile di opere pubbliche la cui generale carenza nelle regio11i meridionali rendeva meno pressante la definizione di criteri oggettivi di scelta all'interno di ciascun settore, che non fossero quelli della maggiore o minore capacità degli Enti concessionari (Comuni, Province, Consorzi di Bonifica, Enti di Riforma) di predisporre progetti e di eseguire lavori; dall'altra, si otteneva l'elevamento del livello di occupazione in un setto,re, quale allora era quello delle infrastrutture, a forte intensità di lavoro per unità di cp.pitale investito e si co,nsentiva perciò il perseguimento di una delle principali finalità generali della politica economica italiana. È interessante osservare che ancora oggi in situazioni in cui i livelli di occupazione sono assai più elevati di quanto non lo fossero negli anni 8 BibliotecaGino Bianco

.. A1nmiJiistrazione ordinaria dell'intervento straordinario? cinquanta, la Cassa pubblica ancora nei suoi bilanci annuali il numero di giornate-operaio cui ha dato luogo l'esecuzione del programma di opere pubbliche. Dal punto di vista della ripartizione settoriale dell'intervento nel campo delle opere pubbliche, che nel loro complesso assorbivano (nel primo quinquennio di attività della Cassa) 1'80?/ocirca delle disponibilità, un posto importante spettava ai progetti connessi all'agricoltura e in particolare alle zone di riforma fondiaria. La destinazione di un simile ammontare di risorse al settore agricolo no·n si giustificava soltanto sulla base di co,nsiderazioni strettamente economiche, ma trovava la sua principale motivazione nelle componenti « agraristiche » della politica italiana, che si potevano riscontrare sia nel movimento· cattolico che in quello comunista e che, partendo da premesse diverse, giungevano a teorizzare la piccola proprietà contadina e (implicitamente) il mantenimento in loco delle forze di lavoro. La strumentazione dell'intervento poi era fondata da una parte sul ruolo di coordinamento tra l'azione della Cassa e quella dei Ministeri ordinari, spettante al Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno ed in particolare al Ministro che lo presiedeva, e dall'altra sull'affidamento ad Enti concessionari della progettazione ed esecuzione delle o•pere da parte della Cassa. Gli Enti concessionari non brillavano certo per capacità operativa ed erano spesso pesantemente condizionati da pressioni politiche o clientelari; ciò non toglie che nei primi anni di attività rappresentavano dei tramiti abbastanza efficaci - stante anche la modesta impo•rtanza dei lavori - per l'esecuzione delle opere. Verso il 1956 la situazione cominciò a mutare radicalmente per l'avvio del processo dii sviluppo industriale nel Nord e l'emigrazione, verso le regioni settentrionali, di mano d'opera proveniente dal Mezzogio·mo. Tutto ciò, mentre faceva diminuire la pressione sulla terra, che era stata una delle cause dell'istituzione della Cassa, tendeva ad aumentare ulteriormente gli squilibri regionali propri dell'economia italiana. Fu in quel periodo che si ebbe una prima modificazione della struttura dell'intervento straordinario co,n la legge 634 del 1957. Tale modifica partiva dall'o,sservazione che la costituzione degli Istitut,i speciali per il credito a medio termine all'industria, che rappresentava un parziale riconoscimento della validità delle tesi della SVIMEZ, aveva mobilitato dei modesti capitali e che perciò occorreva mettere in moto un più completo meccanismo• della incentivazione se si voleva perseguire l'obiettivo di sviluppare le attività industriali nel Mezzogiorno. Perciò biso·gnava accanto agli incentivi creditizi e fiscali, fornire delle infrastrutture specificare, necessarie alla localizzazione della piccola e media industria, la 9 BibliotecaGino Bianco

Sandto Petriccione quale trovava nella carenza di economie esterne uno degli ostacoli più gravi al successo delle nuove iniziative. Di qui partì la proposta di istitui~e dei Consorzi per le Aree ed i Nuclei di Sviluppo Industriale. Su di essi la critica ormai è accettata da tutti e non si tratta che di vedere quali sono i passi da fare per modificare la situazione esistente, e ricondurre il problema delle attrezzature delle aree industriali entro una visio,ne ed una metodologia unitarie dell'intervento, di cui si parlerà più avanti. Accanto alle indicazioni di misure di politica economica, la legge 634 apportava delle modifiche non trascurabili alla struttura organizzativa dell'intervento. Il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno, sorto per il coordinamento con l'Amministrazione Ordinaria, assumeva anche il co1npito di coordinare i programmi della Cassa e di comunicare « alla Cassa ed ai Ministeri... le decisioni adottate in ordine ai programmi annuali delle singole o-pere ». Si deve qui fare un passo indietro e prendere in esame come il meccanismo dell'intervento straordinario ha funzionato ante 1965. Il pia,no generale degli interventi (art. 1 della legge 646 del 1950) si deve ritenere consistesse in un elenco di opere: da esso, anno per anno, sulla base delle richieste e di un giudizio sulle capacità operative degli Enti concessionari (tenendo conto degli impegni pluriennali) venivano scelte alcune opere da eseguire.· Questo per ciò che riguarda i cosiddetti interventi diretti (opere pubbliche). Per gli interventi indiretti, il cui volume dipendeva dalla propensione dei privati ad investire (trasformazione fondiaria, contributi a fondo perduto e su interessi per l'industria), si trattava di formulare delle previsioni sulla dimensione che avrebbe assunto la domanda. In pratica si fissava un certo ammontare dei fondi da destinare a co-ntributi industriali e di miglioramento fondiario, con il risultato di avere anno per anno delle deficienze o dei superi di disponibilità. In definitiva l'attuazione del piano generale degli interventi diretti e l'utilizzazio 1 ne dei fo11di per gli interventi indiretti avrebbero dovuto rappresentare il metro di efficienza dell'opera della Cassa. Invece l'impiego delle risorse finanziarie disponibili secondo le indicazioni del piano quindicennale non si è verificato per tre ordini di motivi: a) il piano era formulato in tennini fisici: senza tenere conto delle variazioni che si potevano verificare (come infatti si verificarono) nei prezzi dei fattori impiegati, per l'esecuzione delle opere previste; . b) il legislatore si è spesso sovrapposto (legge 19.9.1962) all'ordinato svolgimento dell'attuazione, indicando nuovi settori di intervento non previsti, senza allo stesso tempo provvedere alla loro copertura per mezzo di nuovi stanziamenti. Il che tra l'altro ha dato agli organi del10 BibliotecaGino Bianco

.. A1nministrazione ordinaria dell'intervento straordinario? l'intervento straordinario maggiori poteri discrezionali nello stesso momento in cui li si rendeva non responsabili della mancata attuazione completa del programma; e) anche tenuto conto delle variazioni dei prezzi vi è stato un forte divario tra i programmi preventivi annuali e i consuntivi di spesa a causa di errori nella valutazione dei costi delle opere. Tali errori in parte erano da imputarsi ad errori di progettazione, a insufficiente studio preliminare dei progetti ed in parte a cause sistematiche come la pressione di ciascun settore della Cassa per inserire in programma il maggior numero di progetti, riducendone artificiosamente i costi in preventivo. Inoltre la struttura fortemente centralizzata della Cassa (con Uffici periferici che rispecchiano talo,ra esigenze tecniche sorte al momento dell'esecuzione delle opere e perpetuatesi poi nella gestione, o come risultato di pressioni locali spesso perfettamente legittime ma il cui risultato non coincide talvolta con obiettivi di efficienza aziendale), mentre rende faticoso il dialogo con gli Enti concessionari, già di per sé no11 facile per la loro struttura, costituisce un quasi insormontabile ostacolo per un intervento diretto previsto dalla legge istitutiva e spesso unico strumento per sbloccare le situazioni locali rese poco manovrabili dall'ipoteca di gruppi politici che si muovono in base a motivazioni diverse da quelle dell'efficiente attuazione dei programmi. 4. La situazione in cui la nuova legge venne approvata era del tutto diversa. Si trattava infatti di modificare l'originaria impostazione dell'intervento straordinario fondata sull'ideologia della « preindustrializ- • zaz1one ». Vero è che gradualmente il settore industriale, sia come intervento indiretto (contributi, finanziamenti e agevo,lazioni fiscali) che co-me intervento diretto (infrastrutture delle « Aree » e dei « Nuclei » ), aveva cominciato ad assumere un certo peso; sj trattava tuttavia di un ruolo che veniva ritenuto marginale rispetto all'esecuzione di grandi infrastrutture ed allo sviluppo del settore agricolo. Tuttavia, dal 1950 al 1965 il volume di riso1 rse destinato agli interventi diretti è rimasto press'a poco immutato, mentre quello per interventi indiretti (specialmente per il settore industriale) si è circa decuplicato. Ciò ha comportato che l'impegno della Cassa è passato dal 23% per investimenti indiretti e 77% per interventi diretti nel quinquennio 1950-55, a 79% e 21% nel 1963-65 con un capovolgimento dei rapporti tra i due settori. Allo stesso tempo in sede teorica il modello rostowiano della « preindustrializzazione » era stato superato da una serie di contributi, tra i quali 11 BibliotecaGino Bianco

Sandro Petriccione occorre ricordare quelli di R. Nurkse e di A. O. Hirschman, che pur partendo da impostazioni diverse, assegnavano un ruo1 lo preminente allo sviluppo industriale. La nuova legge punta, pur co,n una serie di· cautele, sulla concentrazione delle attività in ambiti geografici delimitati e, restringendo ad essi l'intervento della Cassa, conferisce a questo intervento un maggiore peso in quanto gli affida il compito di assicurare il raggiungimento degli obiettivi fissati nel piano di coordinamento, assicurando « a livello tecnico esecutivo il rispetto della priorità dei tempi e delle modalità per la realizzazione degli i·nterventi » ( art. 6). Il coo,rdinamento dei tempi di intervento riveste natuTalmente molto maggiore importanza per il settore industriale ed è chiaro che la norma di legge implica delle competenze tecniche e delle capacità di iniziativa che invano si cercherebbero presso i consorzi industriali, come sono stati organizzati, per cui la legge prescrive che la Cassa possa essere autorizzata a provvedere in via sostitutiva all'attuazione degli interventi. Questa norma diverrebbe poi la regola se si vuole che i program1ni di attrezzatura delle aree industriali trovino concreta attuazione. Tutto questo non rimarrebbe senza influenza sulla struttura della Cassa imponendo delle misure di decentramento e probabilmente una organizzazione interna a carattere regionale piuttosto che settoriale, come è attualmente. Un primo passo è stato compiuto in questo senso con l'istituzione di un Servizio per le Aree ed i Nuclei Industriali, ma occorreranno modifiche notevoli se si vorrà che la Cassa possa assolvere i suoi compiti di Ente che può garantire, con un apparato tecnico-organizzativo adeguato, il raggiungimento, degli obiettivi del programma economico nazionale negli aspetti assai delicati della traduzione in interventi operativi delle direttive di carattere generale. 5. L'aspetto che però Annesi tende a sotto,valutare nel suo articolo è il progressivo svuotamento dei poteri della Cassa. Qui, credo, nell'intento di difendere l'intervento straordi,nario da pericoli lontani, egli trascura di osservare come in realtà lo strumento più importante dell'intervento viene messo, in condizione di non funzionare. È stato giustamente osservato 1 che la nuova legge è un notevole passo in avanti per la precisazione dei compiti dell'intervento straordinario e per una più esatta definizione della politica di concentrazione. Essa invece è assolutamente insoddisfacente per ciò che riguarda la strumentazione dell'intervento. 1 Come infatti osserva lo stesso Annesi, nel suo libro: Aspetti giuridici della disciplina degli interventi nel Mezzogiorno, SVIMEZ, pagg. 41-49. 12 BibliotecaGino Bianco

Amministrazione ordinaria dell'intervento straordinario? La legge dà infatti ampi poteri al Ministro del Mezzogiorno 2 , e di fatto costituisce un Ministero ordinario, dietro la denominazio 1 ne di « segreteria» (la quale peralt,ro ha un numero di funzionari e di esperti paragonabile addirittura a quello del Ministero della Programmazione). Il Ministro (art. 3) non solo approva i programmi esecutivi della Cassa, ma « dà direttive per la loro attuazione ». In che cosa debbano consistere queste direttive non appare chiaro; ma per il loro mancato rispetto il Ministro può proporre lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione della Cassa. L'ampliamento dei poteri del Ministro e della « segreteria » faceva prevedere che il rapporto Minister~Cassa avrebbe avuto la tendenza a diventare quello tipico tI""ai Ministeri e le cosiddette Aziende Autonome (ANAS, Ferrovie, ecc.), con l'aggravante che molte delle limitazioni e dei controlli che vincolano l'attività dei Ministeri ordinari non sussistono per la Cassa. Di fatto ciò è puntualmente avvenuto e il « Comitato dei Ministri del Mezzogiorno » da una parte ha elaborato delle direttive piuttosto generiche, quali quelle contenute nel « piano di coordinamento »; dall'altra ha interpretato il potere di « direttiva» (art. 3 della legge), di cui si è fatto cenno, nel senso di entrare nel campo delle dirette responsabilità esecutive della Cassa e nella scelta di singole opere 3 • Valga ad esempio di questa interpretazione estensiva dei poteri del Comitato la direttiva in merito all'ultimo programma della Cassa che, in sede di approvazione, include in programma alcune strade provinciali nel Napoletano ed in particolare ]a fan1igerata Sorrentina 4 • Ciò che più preoccupa è che la pratica trasformazione in dicastero ordinario dell'apparato del Comitato dei Ministri rende irresponsabile 2 Il potere del Comitato si estende poi agli interventi indiretti nel settore industriale (finanziamenti e contributi) ove gli è demandato l'accertamento dell'ammissibilità alle agevolazioni (e quindi l'inizio della procedura) cosicché di fatto la Cassa, tra Comitato ed Istituti finanziatori, non ha che dei compiti formali di ratifica, il che, tra l'altro, contrasta con la politica recentemente iniziatasi di « contrattazione programmata » in cui la Cassa dovrebbe svolgere direttamente il ruolo di esecutrice delle direttive del CIPE. 3 Annesi ritiene che « il programma economico nazionale in ciò che concerne la indicazione dei settori di intervento e la precisazione della natura degli interventi. .. è di una genericità sconfortante ». Bisogna dire però che quando esso, come nel caso dell'attrezzatura delle Aree e dei Nuclei ha fissato degli obiettivi quantitativi, questi non sono stati fatti propri dal piano di coordinamento, cosicché oggi che il programma economico nazionale è approvato per legge, non si sa se il Consiglio· di Amministrazione della Cassa debba attenersi ad esso o al piano di coordinamento. 4 Manlio Rossi Doria nel suo brillante articolo: Due anni e pochi mesi, « Nord e Sud», marzo 1968, osserva che « i due strumenti che avrebbero dovuto aiutare la Cassa ... ---- la direzione politica del Ministro, del Comitato e della piccola 'amministrazione ' creata attorno ad essi - non sono stati nel fatto in questo primo periodo di molto aiuto a questo fine». 13 BibliotecaGino Bianco •

Sandro Petriccione la Cassa del raggiungimento degli obiettivi fissati in programma, a causa di un potere di direttiva che non si limita a dare delle indicazioni di ordine generale, ma entra nelle decisioni di carattere esecutivo pro,prie della Cassa; che in tal modo si va trasformando in Ente di pura erogazione e di controllo, privo di ogni seria capacità di iniziativa. Bisogna d'altra parte osservare che, se si vuole p,ercorrere la strada della « ministerializzazione » dell'intervento straordinario, allora bisogna seguirla fino in fondo; e non ci si può giovare di una p•resunta « autonomia » della Cassa per sottrarsi a controlli e censure politiche. Se invece - come io· credo - devono prevalere le preoccupazio,ni dell'efficienza della politica per il Mezzogiorno nel quadro del programma nazionale e le considerazioni sull'adeguamento tecnico degli strumenti ai problemi che devono essere fronteggiati,, si deve allora sopprimere il tramite tra Cassa e Programmazione costituito dal Comitato e dalla « segreteria » nella sua forma attuale. Ciò non vuol dire che il Ministero del Bilancio debba darsi carico direttamente della politica del Mezzogiorno, che tra l'altro continuerebbe a gio,varsi della presenza di un Ministro che coordini l'attività della Cassa con quella del CIPE. Ma si eviterebbe l'esistenza di due programmi eco ... nomici distinti, uno a livello nazionale ed uno per il Mezzogiorno, in una situazione che non giova alla chiarezza delle direttive. E si darebbe un concreto contenuto alla funzione di iniziativa, a livello tecnico-esecutivo, attribuita alla Cassa. Se è vero che talune tesi, sostenute negli ambienti della pro-grammazione a p,roposito della strumentazione della politica meridionalista, presentano aspetti criticabili, è anche vero che bisogna guardarsi dal cadere nella mitologia di una legislazione per il Mezzogiorno che risolverebbe ogni problema. E co,munque, se è vero che occorre tutelare la Cassa, il principale strumento dell'intervento straordinario, contro certi pericoli - che tuttavia non incombono per domani -, bisogna evitare di correre un pericolo immediato: che è quello di dare paradossalmente una mano, per difendere la Cassa contro pericoli lontani, a coloro che in concreto alla Cassa stanno scavando la tomba. SANDROPETRICCIONE 14 BibliotecaGino Bianco

Il PCI • lll una fase di • • trans1z1one di Giuseppe Galasso 1. LA STRATEGIA E LA TATTICA DELLA LOTTA AL CAPITALISMO IN ITALIA. All'indomani della seconda guerra mondiale il patrimonio del PCI in fatto di elaborazioni strategiche e tattiche relative alla condotta della lotta politica in Italia era fondato essenzialmente su due elementi: da un lato, gli indirizzi di fronte popolare maturati negli ultimi anni prebellici; dall'altro lato, lo schema suggerito da Gramsci fin dal 1926 per un'alleanza tra le classi operaie del Nord e quelle contadine del Sud che scalzasse le basi dello stato italiano e demolisse il blocco storico che ne dominava la società. Agli indirizzi di fronte popolare era legato, come loro massimo frutto, il patto di unità d'azione che il PCI aveva concluso, nel comune esilio, con il Partito Socialista Italiano già da molti anni. Del patto fu stabilito un testo definitivo in data 27 ottobre 1946 1 ; e a quella data si pensava ancora alla possibilità di una fusione tra co,munisti e socialisti in un partito unico. Ma già in un discorso dell'anno seguente Togliatti prendeva atto del superamento, di una tale prospettiva: « Quando abbiamo lanciato la parola della creazione di questo partito nuovo, pensavamo che questo compito l'avremmo realizzato attraverso la fusione col partito socialista, pensavamo che dal confluire di queste due grandi esperienze storiche concrete, la nostra e quella dei socialisti, sarebbe uscito più rapidamente un partito nuovo dei lavoratori italiani, che avrebbe potuto attraverso la propria azione e le proprie alleanze essere alla testa della ricostruzione e del rinnovamento d'Italia. Oggi non si può dire se e quando arriveremo alla fusione col Partito Socialista. Purtroppo sembra che i dirigenti socialisti, quasi senza distinzione, siano arrivati a lasciarsi influenzare in tal modo dalla canea reazionaria, che persino hanno vergogna di parlare di fusione e di unità con noi. È evidente che l'obbiettivo della fusione per noi rimane e tendiamo ad esso. La creazione di un solo partito della classe operaia e dei lavoratori rimane uno dei nostri scopi fondam.entali. Ma è evidente che non possiamo aspettare, per creare quel partito nuovo di cui i lavoratori hanno bisogno nella situazione presente, che quell'obbiettivo sia stato raggiunto. Una grande parte di quelle attività che pensavamo sarebbero state caratteristiche del partito sorto at1 Cfr. La -politica dei comunisti dal quinto al sesto congresso. Risoluzioni e documenti, Roma, p. 135. 15 ·Biblioteca Gino Bianco

Giuseppe Galasso traverso la fusione, dobbiamo oggi realizzarle da soli, come Partito comunista. Qui sta una parte della gravità del compito, della sua difficoltà» 2 • La rivendicazione del compito di classe al PCI non solo non escludeva, ma diventava anzi, nella concezione togliattiana, il presupposto necessario di una politica « unitaria », concepita come articolazione strategico-tattica, sul piano politico, del disegno di sostituzione del « blocco storico » tradizionalmente do·minante nello stato 1 italiano con un « blocco storico » nuovo, da realizzarsi intorno al PCI : disegno che, come si è già avuto occasione di notare, rappresenta il succo della visione storica della propria funzione che il PCI si è dato già subito all'indomani della caduta del fascismo. Applicata al problema della guerra contro la Germania nazista e il risorto fascismo di Salò nel 1944, quindi al problema della collaborazione fra i partiti del CLN per portare il paese al referendum istituzionale e alla convocazione della Costituente, poi al problema della collaborazione fra i tre grandi partiti di massa (PCI, PSIUP e DC) nel governo della Repubblica durante i suoi primi diciotto mesi di vita, poi ancora alla formazione di quella coalizione politico-elettorale che, col nome di Fronte Democratico Popolare, raggruppò la sinistra italiana sotto la guida del PCI, alle elezioni del 18 aprile 1948, la concezione togliattiana della politica « unitaria » trovò una classica espressione, fra le altre, nel discorso del leader comunista alla Conferenza organizzativa del 1947: « È certo che riusciremo a spingere avanti la democrazia italiana per il cammino di un rinnovamento radicale soltanto se riusciremo a creare e n1antenere una unità, un blocco di forze democratiche, le quali, muovendosi sul terreno della democrazia, sappiano far fronte alla resistenza delle vecchie caste reazionarie, sappiano spezzare questa resistenza e realizzare tutte quelle riforme che è necessario realizzare ... Dobbiamo fare non una politica ristretta di classe, ma una ampia ·politica democratica e nazionale. Per questo, quando abbiamo cercato di formulare in termini generali la nostra politica economica abbiamo parlato di 'nuovo corso economico '. Questo .termine vuol far capire a tutti come noi comprendiamo che per il rinnovamento democratico dell'economia italiana è necessario stabilire contatti e alleanze tra la classe operaia e le altre classi lavoratrici interessate a questo rinnovamento, e che queste alleanze possono e debbono arrivare fino a determinati gruppi delle classi possidenti e operose della industria e del commercio» 3. _Così impostata, la politica « unitaria » promossa da Togliatti postulava numerose implicazioni. In primo luogo, doveva essere chiarita la 2 « Critica marxista», 2 (1964), nn. 4-5, p. 189. 3 lvi, p. 171 e p. 178. 16 - BibliotecaGino Bianco

Il PCI in una fase di transizione questione dell'unità all'interno della classe operaia, una volta venuto meno il proposito di unificare socialisti e comunisti in uno stesso partito e una volta che, col passar degli anni, si doveva semp.re più apertamente riconoscere che sezioni importanti della classe operaia militavano anche nel campo democristiano, nel socialdemocratico e in quello di altri partiti. In seco1 ndo luogo, si doveva risolvere il problema dell'unità possibile e realizzabile tra le forze della classe operaia e quelle di altre classi sociali. In terzo luogo, si poneva il problema di inserire in questo quadro di classe più largo il tema del rapporto tra il Nord e il Sud e della funzione rivoluzionaria assegnata alle due parti del paese nello schema gramsciano ereditato dal partito già dal periodo clandestino e facente parte, come s'è detto, del suo patrimonio di disegni politici. Sull'unità della classe operaia si soffermò Togliatti, in un momento assai delicato, nella sua relazione all'8° co·ngresso. « Per difendere i suoi interessi », egli disse, « e andare avanti verso il socialismo la classe operaia deve unire le sue forze, non dividerle. Isolare la parte più avanzata degli operai, i comunisti, vuol dire condannare tutta la massa operaia alla scissione interiore, al disorientamento, alla confusione. Ciò è tanto più vero da noi, date la forza, le tradizioni, la compattezza e il prestigio del nostro partito. Difendendo e rafforzando la propria unità la classe operaia non si chiude in sé stessa, non si isola dal resto delle forze democratiche e progressive, anzi, crea migliori condizioni per il contatto e la collaborazione con queste forze, perché acquista la capacità di combattere con successo non solo per i suoi interessi immediati, ma per un .programma generale di rinnovamento. Solo in questo modo si creano le condizioni favorevoli a che la classe operaia e i lavoratori entrino nella direzione del governo e dello Stato, e in questa diventino, come devono essere, la forza predominante. Questo è il punto di partenza e il valore della parola d'ordine della formazione di un governo democratico delle classi lavoratrici » 4. Il momento era delicato perché nel 1956 si era già chiaramente delineato il processo di sganciamento del partito socialista dal patto di unità d'azio,ne che lo legava al PCI. Della funzione che toccava a ciascuno dei due partiti della classe operaia (al PSI era ancora riconosciuta questa qualifica) nel quadro di una politica di classe unitaria Togliatti non poteva perciò non parlare. « Esistono da noi », egli disse a questo proposito, « due partiti che si richiamano alla classe operaia e ai principi del socialismo, il nostro e il Partito socialista italiano. Questi due partiti hanno raggiunto da più di , 4 VIII Congresso del Partito Comunista Italiano. Atti e risoluzioni, Roma 1957, p. 76. 17 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Galasso venti anni la comprensione, l'intesa reciproca e una stretta collaborazione. Questa conquista è entrata nella coscienza delle masse lavoratrici delle officine e dei camp1 i, e vi è entrata molto profondamente, perché è stata fatta l'esperienza che essa ha contribuito in modo· decisivo a tutti i successi riportati dalla classe operaia e dal popolo nelle loro lotte. Le forme della collaborazione sono state diverse nei diversi periodi. Esse non possono non cambiare a seconda delle circostanze. È quindi errato qualificare senz'altro come ' frontismo' l'unità nell'azione di questi due partiti. L'organizzazione di un fronte elettorale unito, come si ebbe nel 1948, non fu che una di queste forme, ma subito dopo che il partito socialista ebbe superato, anche col nostro fraterno aiuto, la crisi provocata dalla scissione socialdemocratica e dai successivi risultati elettorali, non vi fu più alcun 'frontismo', ma una collaborazione che non solo ammetteva, ma supponeva piena reciproca autonomia, come risultò dalla diversità delle posizioni nostre e dei socialisti su molte questioni. Noi non abbiamo mai visto con malanimo questa diversità. Essendo concordi negli obbiettivi di fondo e nel metodo della lotta democratica, la nostra collaborazione unitaria si realizza, nei decisivi movimenti politici e di classe, anche al d,i fuori dei patti scritti. Questo è ciò che deve rimanere, così come crediamo debba rima .. nere, tra due partiti come il nostro e quello socialista, un rapporto di fraternità, di contatto reciJJ'roco tutte le volte che sia necessario, di collaborazione negli organismi di massa a cui partecipiamo e di unità nelle lotte contro i comuni avversari, che sono i nemici della classe operaia, della democrazia e del socialismo. Tutto ciò non esclude, anzi ha come sua condizione l'autonomia e la fraterna critica reciproca» s. Si trattava, in realtà, di una formulazione evasiva che non rispondeva ai veri interrogativi posti dalla riconosciuta esistenza di due partiti della classe operaia: due partiti per una stessa politica? due politiche per un solo partito avente due diversi nomi? d~e partiti e due politiche con tutte le non lievi co·nseg11enze di tale duplicità? Il valore concretamente ideologico-politico 1 di questa formulazione stava, tuttavia, nel fatto che per questa via Togliatti tentava di salvare empiricamente quel postulato della politica 11nitaria di classe come base di una più larga unità politica interclassista che era essenziale alla sua impostazione. Una chi,ara presa di posizione a riguardo della successiva evoluzione del PSI verso la collaborazione con la DC che doveva sfociare nel centro-sinistra non si ebbe, perciò, che al 10° congresso del 1962, nella relazione al quale Togliatti dichiarò: 18 « Ai socialisti si pone oggi il problema cui accennava Gramsci nel 1923, quando scriveva: ' il movimento socialista italiano degli ultimi trent'arutl è stato un apparecchio per selezionare nuovi elementi dirigenti dello Stato borghese', critica ch'egli rivolgeva anche ai popolari. Questo è ciò che offrono al partito socialista gli attuali dirigenti democristiani, quando gli s Ivi, p. 74. BibliotecaGino Bianco

·' Il PCI in una fase di transizione chiedono, in cambio di alcune misure di ammodernamento e razionalizza .. zione, di inserirsi in un fronte atlantico e anticomunista, accingendosi a rompere l'unità delle forze operaie e popolari in tutti i campi, da quello politico generale a quello amministrativo, a quello sindacale. La cosa più grave è che tra i socialisti vi sia chi ha cercato, come Pietro Nenni, di dare di questa politica di scissione una giustificazione generale, col pretesto che la nostra solidarietà col movimento comunista del mondo intiero ci renderebbe intoccabili e impraticabili, particolarmente se si tratta di lotta per il potere. Ma oggi si lotta sul terreno del potere tutte le volte che il movimento operaio e democratico affronta questioni di fondo dell'organizzazione economica e politicar La solidarietà, poi, con la classe operaia e con i popoli che hanno conquistato il potere e costruiscono società socialiste, è sostanziale per un movimento che voglia continuare ad essere socialista. Il che non vuol dire che spetti a noi risolvere i problemi che stanno davanti a quei popoli, né che noi rispondiamo del modo come li risolvono. La realtà è che Pietro Nenni cerca argomenti e pretesti di fronte alle perplessità e al palese rifiuto di una così gran parte del suo stesso partito per giustificare l'accettazione dei propositi scissionisti, anticomunisti e antisocialisti dell·attuale direzione democristiana. I problemi del potere egli rifiuta di risolverli con un partito di operai e di popolo, come siamo noi, mentre ne cerca la soluzione dove non si può trovare, cioè nella soggezione a una politica di scissione della classe operaia e delle masse lavoratrici » 6. Con questa dichiarazione il carattere di partito di classe fino ad allora riconosciuto al PSI veniva, com'è ovvio, molto edulcorato. Una volta poi che si è giunti alla unificazione tra PSI e PSDI, esso cedeva il posto ad una aperta imputazione di socialdemocrazia a carico del partito che aveva sostenuto insieme col PSI tante lotte. Longo dichiarò all' 11 ° congresso : « La decisione presa dai congressi del PSI e del PSDI di arrivare a ritmi accelerati alla unificazione socialdemocratica, non ci ha affatto sorpresi (anche se) questa decisa riunificazione costituisce un fatto nuovo di estrema gravità ... La precipitazione con cui la si vuol fare ci pare esprima non tanto la maturità della operazione quanto il timore di lasciar passare il momento buono ... Nella riunificazione socialdemocratica (avvertiamo) la completa rinuncia da parte del PSI, ad ogni funzione autonoma, l'abbandono di ogni posizione di classe e socialista, la trasformazione del PSI in forza subalterna ed ausiliaria del sistema di potere della DC... I punti politici centrali della piattaforma dell'unificazione socialdemocratica sono quelli che, da anni, le forze capitalistiche dirigenti e le forze moderate e di destra della DC pongono come condizioni per la collaborazione della DC col PSI ... Quando Nenni dice che lo stato non è più quello di cento anni fa, che non è più il consiglio di amministrazione della grande borghesia, egli tenta solo, e grossolanamente, di nascondere la realtà della natura di classe che conserva lo stato e che .può venire intaccata soltanto dall'estendersi 6 X Congresso del Partito Comunista Italiano. Atti e risoluzioni, Roma 1963, pp. 73-74. 19 Biblioteca Gino Bianco

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