Nord e Sud - anno XII - n. 65 - maggio 1965

, NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Giuseppe Sacco, Gli Stati Uniti tra Asia e Europa · - Marisa Càssola, La Scuola media unica: primo bilancio - Renato Treves, Le classi sociali in Italia - Franco Fiorelli e Sandro Petriccione, La rendita dei suoli - Francesco Compagna, Colombo, i comunisti, il Banco di Napoli. e scritti di Rosellina Balbi, Franco Bordieri, Ermanno Corsi, Girolamo Cotroneo, Enzo Golino, Clemente Maglietta,· Calogero Muscarà, Antonio Vitiello. ANNO XII - NUOVA SERIE - MAGGIO 1965 - N. 65 (126) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - NAPOLI BibliotecaGino Bianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna ANNO XII - MAGGIO 1965 - . 65 (126) DIREZIONE E REDAZIONE: Napo 1 i - Via dei Mille, 47 - Telef. 393.346- 393.309 Amministrazione, Distribuzione e Pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via dei Mille, 47 - Napo 1i - Telef. 393.346- 393.309 Una copia L. 400 - Estero L. 500 - Abbonamenti: Sostenitore L. 20.000 - Italia annuale L. 4.000, semestrale L. 2.100 - Estero annuale L. 5.000, semestrale L. 2.700 - Effettuare i versamenti sul C.C.P. 6.19585 Edizioni Scientifiche Italiane - Via dei Mille 47, Napoli BibliotecaGino Bianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] Giuseppe Sacco Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa [7] Marisa Càssola La Scuola media unica: primo bilancio [25] Note della Redazione La capitale scientifica - Abbagnano e l'idealismo - L'Università corporativa [37] Giornale a più voci Rosellina Balbi La sopravvivenza morale [ 46] Franco Bordi eri L'Istituto siciliano per gli « anùnatori dello sviluppo » [50] Ermanno Corsi Cronache amministrative: Torre Annunziata [53] . Francesco Compagna Colombo, i comunisti, il Banco di Napoli [58] Documenti Renato Treves Le classi sociali in Italia [ 67] Argomenti Franco Fiorelli e Le modificazioni d'uso e la rendita dei suoli [ 89] Sandro Petriccione Girolamo Cotroneo Calogero Muscarà Antonio Vitiello Enzo Golino Recensioni Etica e politica nel pensiero di Carlo Antoni [101] La geografia « attiva » [ 104 J Urbanesimo e spopolan1ento del Mezzogiorno [110] Un breviario dell'intellettuale [ 115 J Opinioni Clemente Maglietta Considerazioni sul « dialogo ì> [ 120] BibliotecaGino Bianco

Editoriale Senz'alcuna intenzione di forzare o di de[orn1.are per artificio polemico la realtà delle cose, non abbiarno alcuna esitazione ad affermare che l'atteggiamento assunto dal PCI nei riguardi del problema del Vietnam, in quanto ha contemplato la possibilita di un invio di volontari comunisti italiani in quella regione, è un fatto estrenzamente grave, uno dei più gravi che si siano verificati in Italia in questo dopoguerra. Sapevamo da te1npo, e del resto nessuno avrebbe modo di fingere di non vedere cose di questo genere, che il PCI è in Italia, o si vuol dare le arie di essere, uno stato nello stato. Come tale esso ha sempre ostentato di avere, tra l'altro, una propria politica estera in contrapposizione a quella dello stato italiano e una propria rete di rapporti con l'estero ordinata in funzione di tale politica. Dobbiamo, tuttavia, riconoscere che questo stato di fatto innegabile non ha finora inciso in maniera apprezzabile sull'osservanza, da parte comunista, di quel minimo di lealtà costituzionale senza di cui in un paese che abbia la fisionomia politica dell'Italia conte1nporanea la convivenza delle tante e così diverse forze presenti in campo non sarebbe possibile. I comunisti hanno inscenato campagne clamorose, come quella contro il Patto Atlantico, o ridicole, come quella per la guerra batteriologica che gli americani avrebbero condotto in Corea; hanno assunto atteggiamenti che hanno più volte varcato i limiti del reato di incitamento alla diserzione o al sabotaggio; hanno proclamato che i lavoratori italiani non avrebbero mai imbracciato le armi contro la « patria del socialismo »; hanno promosso faziosissime (perché unilaterali nel modo più sfacciato) campagne antiatomiche o marce della pace; hanno osannato a Nasser, a Castro, a Lumumba e a tutti i personaggi che hanno ritenuto di dover salutare come eroi della libertà; sembra che abbiano in qualche caso più o meno direttamente favorito azioni di spionaggio a favore di potenze straniere o q.i sovversione in altri stati. Tutto ciò non è bello e non è piacevole. Ma il nostro governo ha potuto finora far fronte con piena lealtà agli impegni internazionali che esso ha assunto; i nostri giovani prestano ordinatamente e con buoni risultati il servizio n1.ilitare; le nostre forze armate sono di fatto integrate nella NATO e partecipano alle manovre e alla preparazione militare dell'Alleanza attivamente e regolarmente; 3 BibliotecaGino Bianco

Editoriale nessuna visita diplomatica di stranieri in Italia è stata turbata in misura eccedente il limite tollerabile in paesi liberi; : nessuna rappresentanza diplomatica di paesi stranieri ha subito offesa consistente. In fondo, _di tutto l'impegno comunista a rispettare la Costituzione della Repubblica nel presente e nel futuro, proprio il conzportam.ento del PCI rispetto ai problemi di politica estera ha dato finora quella che può essere considerata come una garanzia di un certo valore. La Costituzione della nostra Repubblica è una costituzione democratica. Come tale, essa prevede il governo della maggioranza, offrendo alla minoranza la possibilità di diventare a sua volta maggioranza con mezzi pacifici e legalmente riconosciuti di affermazione della propria influenza politica. Ciò non significa, naturalmente, che la 1naggioranza possa governare trascurando del tutto le opinioni e le richieste della minoranza; e l'arte politica, almeno quella dei buoni politici e dei politici saggi, sconsiglia sempre, di fatto, di far ciò. È pertanto una virtù del regime democratico quella di far sì che nell'azione della n1aggioranza una qualche misura di compromesso con la linea politica della 1ninoranza si trovi in ogni caso ad essere presente. Per i grandi problemi del destino del paese e della sua presenza e della sua azione nel mondo ciò è particolarmente importante, e costituisce un titolo di diritto sostanziale della maggioranza a pretendere un'adesione di massima ai suoi indirizzi assai più valido di ogni, pur importante e necessario, titolo giuridico meramente formale. Con il loro comportamento riguardo all'intervento dell'Italia nel primo conflitto 1nondiale i socialisti italiani di allora dettero, nell'insieme, un buon esempio non tanto di spirito patriottico quanto di responsabilità democratica e il paese dovrà essere sempre grato ad essi per l'indicazione che, pur tra i fiumi non ancora dissolti di un'ideologia rivoluzionaria per petizione di principio, essi seppero dare del dovere di rispettare la lealtà democratica in un regime di libertà. Di lì a pochi lustri lo sconsiderato scatenamento del secondo conflitto mondiale da parte del fascismo e le relative vicende che ne seguirono mostrarono fino a qual punto di lacerazione civile si possa (e, aggiungiamo, si debba) giungere quando mancano le garanzie, i diritti e i doveri che il regime di libertà in1pone, pretende e, salvo casi estremi, riesce ad assicurare. Ecco perché, quando i comunisti sottolineano formalmente il loro impegno di lealtà costituzionale, essi debbono con ciò stesso ritenersi impegnati a non varcare certi limiti costituzionali di correttezza e di obbedienza anche nelle questioni di politica estera. Lo esige il senso dello stato, che pur deve in qualche modo ispirare un consorzio civile, una convivenza politica 1noderna; ma lo esigono soprattutto le esigenze 4 BibliotecaGino Bianco

Editoriale mznznie di funzionalità e di conservazione di un reginie di libertà, di un regime democratico. Finora, nei fatti, il PCI non si è gravemente discostato, come si è detto, da posizioni di tal genere, a dispetto delle molte chiacchiere e dei molti paroloni che esso dà quotidianamente in pasto all'opinione pubblica a proposito di « patria del socialismo », « capitalismo guerrafondaio », « imperialismo occidentale », « colonialismo fascista » e « neocolonialismo dei monopoli ». Sulla questione dei volontari per il Vietnam esso minaccia, invece, di uscire fuori di strada e d'aprire, nella giovane Repubblica italiana, un precedente di eccezionale gravità e una serie di sviluppi iniprevedibili. Tralascia,no il merito della questione vietna1nita; e tralasciamo perciò anche le dissennate associazioni tra la guerra che è in corso nel Vietnam e la guerra civile spagnola: associazioni talniente dissennate che perfino un confusionario nato, co,ne l'on. G. C. Pajetta, ci fa brutta figura a ripeterle. Tralasciamo perfino il pericolo enonne che per la pace del mondo e per l'avvenire dell'u1nanita rappresenterebbe una vittoria che aprisse all' estremis1no criniinoso degli attuali dirigenti cinesi la via di una folle marcia verso ,naggiori e più anipi conflitti, pur essendo questo, al di là di ogni contraria apparenza, la sostanza vera della guerra che si sta conibattendo in Asia e la ragione fonda,nentale dell'atteggiamento assunto colà non soltanto - si badi bene - dall'A1nerica « capitalista», ma anche dall'Inghilterra laburista. Tralasciamo tutto cio e fennianioci soltanto sull'aspetto italiano del problema. Vanno bene gli appelli al paese o quelli alle anibasciate traniere, vanno bene le firme degli « intellettuali» reclutati per l'occasione, vanno ancora bene perfino le 1nanif e tazioni di pia'"'za. Ma il governo italiano ha assunto nei riguardi dell'azione an1ericana nel Vietnani un atteggianiento di « coniprensione », che l'opposizione italiana, se non vuole diventare ipso facto sov1 er iva, deve rispettare, anche per il fatto che l'A1nerica è la prùna e nLaggiore alleata del nostro paese e quindi per il fatto che verso di essa il no tra paese ha obblighi particolari di lealtà. L'invio di 1 olontari coniunisti nel Vietnam e l'ipotesi sciagurata che degli italiani possano sparare, sotto un qualsiasi cielo del mondo, contro soldati americani, romperebbero in maniera irreparabile l'equilibrio democratico nel nostro paese. La nostra democrc;izia si troverebbe irri111ediabil111.ente esposta ad un cieco gioco d'azione e di reazione tra la paura dell'aperta sovversione e l'insipiente spinta alla prevenzione antidemocratica di essa. I de1nocratici sono perciò in diritto di pretendere dal PCI che esso rinneghi l'idea così leggennente ventilata e che, in un modo qualsiasi, esso rientri in un.a posizione di ortodossia costituzionale, fuori della quale - se il suo discorso di volontà e d'in1pegno al rispetto 5 BibliotecaGino Bianco

Editoriale presente e futuro del gioco democratico deve avere un qualche senso concreto - esso non può rimanere. Noi crediamo fermamente che ciò accadrà, perché ancora crediamo, non certo allo spirito deniocratico, 1na alla ragionevolezza dei dirigenti comunisti. Ci chiediamo, però, come mai un'idea del genere sia potuta nascere presso di loro; e crediamo di non andare lontani dalla realtà pensando che essa sia nata soprattutto dallo squallore e dal deserto politico che, dopo la scomparsa di Togliatti, sembra vada facendosi strada nel PCI. La scon1parsa di Togliatti sembrò segnare un inizio di reale dibattito e di evoluzione all'interno del PCI, 1na la mediocrità di molti dirigenti e la logica inesorabile delle forze totalitarie sembrano ora non solo minacciare di stroncare questo inizio, ma anche di privare il partito di quell'unità di indirizzo politico, subdola 1na stabile, di cui esso si avvalse sotto Togliatti. Sembra ormai che i comunisti non riescano a trovare una relativa unità e una certa consistenza di linea politica, che nell'attacco al centro-sinistra e nell'accentuazione del loro interesse per questioni lontane. È sintomatico che, in coincidenza con questo processo, l'azione del PCI sia andata diventando sempre più estre1nistica. Chi diceva che l'estremismo è la malattia infantile del comunis1no? Ma questo cieco, ridicolo, sciocco gioco sovversivo, se potrà forse te1nporanea1nente risolvere qualche problema di equilibrio interno del PCI, non potrà mai far altro che male alla democrazia italia~ 6 BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa di Giuseppe Sacco « La natura confusa di questo conflitto - sporco, brutale e difficile - non può nascondere il fatto che ci troviamo di fronte al nuovo volto di un vecchio nemico »: nel suo di corso di Baltirnora il Presidente degli Stati Uniti ha voluto spiegare ai giovani americani della J ohn Hopkins University che guerra fo se questa, per incere la quale quattrocento loro coetanei, nati in un'America traboccante di favorevoli occasioni e promesse, hanno dovuto spendere la loro vita nelle paludi del Vietnam. La guerriglia del Vietcong « è, infatti, solo una parte di un più vasto disegno aggressivo », ha detto J ohnson; e contro di esso, oggi come nel passato, la massima potenza democratica è chiamata ad impegnar i fino al sacrificio dei propri cittadini. E ancora: « in tutto il mondo - da Berlino alla Tailandia - esi tono popoli la cui tranquillità ripa a alm no parzialmente sulla convinzione che e i potrebbero contare u di noi, qualora venissero attaccati ». Ecco p rché, « nell'Asia del Sud-Est - come facemmo in Europa - noi dobbiamo dire con 1 parol della Bibbia: fin qui potrai tu giungere, e non oltre » 1 • Pure, in que ta gu rra il vecchio nen1ico delle d mocrazie occidentali si presenta oggi, più eh con un nuovo volto, con quattro volti div rsi e relativamente distaccati l'uno dall'altro. Immediatament di fronte all truppe americane e sudvietnamite sta il Vietcong: un nemico inafferrabil , pericoloso ed onnipresente. Anche s gli Stati Uniti rifiutano di ricorro cergli autonoma esistenza, è questo il nemico che rivolge più direttament i suoi attacchi ai civili e ai militari americani. Inoltre, formato per tre quarti ahneno da vietnamiti del Sud, esso mantiene una certa indipendenza dal governo di Hanoi e mostra una maggiore riluttanza al regolamento pacifico del conflitto ed un atteggiamento più chiaramente filocinese. Ma dietro alle spalle del Vietcong si profila un altro nemico, la cui posizione risulta in definitiva più complessa e ragionevole. Il governò di Hanoi sembra, infatti, diviso tra due tendenze, tenute in equilibrio dal vecchio O Ci Min; il quale, malgrado la sua personale e ben comprensibile preoccupazione nei confronti di un predominio cinese nel Sud-~st 1 Il discorso di Baltimora è riportato nel suo testo integrale dal « New York Times », International Edition, del 9 aprile 1965, pag. 4. 7 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco asiatico, mantiene un atteggiamento di intransigenza ed è ostile a ogni trattativa da aprirsi mentre ancora incombe la minaccia di bombardamenti. Tale intransigenza, però, vuole in realtà coprire una certa tendenza alla moderazione, onde la posizione di Hanoi si differenzia sostanzialmente, anche se non formalmente, dalla posizione del Vietcong, il quale teme sempre di essere sacrificato nel caso di una trattativa tra il Vietmin e gli americani; e si differenzia anche da quella della Cina. È questo, la Cina, il terzo avversario che gli Americani si trovano di fronte nelle paludi del Vietnam, ma i suoi scopi ed interessi sono ben diversi sia da quelJi del Vietcong che da quelli di Hanoi. Nel soste- · nere una posizione intransigente, e spesso addirittura provocatoria, il governo di Pechino persegue un duplice ordine di obbiettivi. C'è, da un lato, la volontà di affermare la fine delle ingerenze occidentali nell'Asia meridionale, che coincide con il più vasto disegno di affermare l'esiste·nza di una zona di esclusiva influenza cino-comunista nell'Estremo Oriente (già delineatosi nel Tibet ed in Corea), e di vanificare ogni sforzo da parte degli altri popoli asiatici di uscire dalla miseria seguendo vie diverse da quella prescelta ed esemplificata dalla Cina (l'aggressione all'India inerme, proprio se si considera l'inutilità economica delle zone rivendicate dalla Cina e la gratuità dell'umiliazione imposta ad un'immensa nazione fin allora amica, ne è la prova più evidente). Ma c'è, d'altro canto, nella condotta cinese per la questione del Vietnam, lo sforzo di mostrare al mondo dei non bianchi quanto sia tiepido l'impegno della Russia e vana la fiducia in lei riposta quando la « guerra di liberazione nazionale », di un popolo di colore possa farle rischiare l'escalation nucleare. Stimolando ed appoggiando i guerriglieri del Vietcong, Pechino vuol ridicolizzare agli occhi dei rivoluzionari del terzo mondo la prudenza di Mosca, dimostrando come impunemente la guerriglia rivoluzionaria possa passare tra i denti atomici della tigre americana e colpire senza che questa abbia la possibilità di mordere. E come soluzione alternativa, Pechino può sperare - qualora la rappresaglia ame- · ricana si dimostri invece in grado di colpire e di straziare, se non di distruggere, la carne dell'avversario nel Vietnam del Sud, ad Hanoi, o addirittura in territorio cinese - che l'Unione Sovietica non riesca ad evitare quello scontro diretto con la potenza americana che porrebbe brutalmente fine alla politica di coesistenza inaugurata da Kruscev e culminata nel trattato di Mosca. L'interesse dell'Unione Sovietica ad un insuccesso della guerra rivoluzionaria « alla cinese.» nel Vietnam coincide qui con quello degli Stati Uniti; ma non per questo l'URSS non deve essere considerata come il quarto avversario, la cui ombra si proietta sul territorio e sul conflitto 8 BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa vietnamita. Per quanto gravi siano le divergenze tra l'URSS e la Cina, troppi fattori concorrerebbero a determinare la reazione di Mosca per poter essere certi dell'evitabilità dello scontro diretto russo-americano qualora l'esasperazione di una lotta contro un avversario terribile nella giungla e nelle paludi (lì dove agli Americani costerebbe carissimo combattere) e difficilmente individuabile e raggiungibile dal cielo (lì dove gli Americani dispongono di una terrificante potenza) conducesse i bombardieri americani sempre più a nord, nello sforzo di colpire alle radici i centri vitali dell'avversario; sempre più a nord, in territorio cinese, magari, e sulle installazioni in cui si prepara la bomba all'idrogeno. Ma, a parte la difficoltà di prevedere con certezza la maniera in cui l'URSS sarebbe costretta a reagire ad un intervento militare americano sui centri atomici cinesi, le implicazioni della polemica russo-cinese nella crisi del Vietnam sono così profonde e complesse che l'URSS non può regolare la sua condotta fondandosi esclusivamente sul proprio interesse di grande potenza mondiale in quell'area. Proprio nella misura in cui Pechino appoggia gli estremisti del Vietcong al sud della penisola indocinese, ed una giovane generazione filocinese al nord, Mosca ha interesse a rinforzare la posizione di O Ci Min e del gruppo più moderato di Hanoi, che nutre un forte sentimento nazionalista ed anticinese. Nella misura in cui i bombardamenti americani indeboliscono e sconvolgono la struttura militare, economica e statale della repubblica nordvietnamita, i Cinesi possono sempre più pressantemente offrire un aiuto che significherebbe la definitiva esclusione dell'influenza di Mosca dal Sud-est asiatico; e sempre più l'URSS è quindi impegnata a sostenere l'autonoma sopravvivenza di un governo comunista come quello di Hanoi che malgrado la posizione geografica è riuscito a mantenersi abbastanza indipendente dalla Cina. Si spiega, dunque, il singolare episodio che ha visto Pechino bloccare alla frontiera i rifornimenti militari russi, e la decisione con cui Mosca ha reagito, denunciando il comportamento cinese a tutti i paesi comunisti o simpatizzanti. Ma l'impegno sovietico in favore del Vietnam del Nord implica rischi enormi. I 125 esperti militari sovietici che vi si trovano attualmente e quelli molto più numerosi che affluiranno per controllare ed installare i missili SA.Ivi,le cui basi di lancio sono state di recente individuate dall'aviazione americana, sono permanentemente esposti agli interventi aerei americani. Si riproduce così una situazione di tipo cubano, perché lo scontro russo-americano può diventare diretto, con tutti i pericoli che ne derivano. Ma se l'Unione Sovietica, malgrado la sua disponibilità per una soluzione negoziata e la sua lontananza dal teatro della crisi, è da considerarsi anch'essa come uno degli avversari contro cui gli Americani s1 9 BibliotecaGino Bianco ..

Giuseppe Sacco battono nel Sud-est asiatico, essa rin1ane tuttavia la controparte di un grande processo di riavvicinamento diplomatico e la .grande potenza il cui interesse generale coincide con quello degli Stati Uniti al fine del mantenimento dello statu quo nei rapporti di forza sul pianeta. Il vecchio nemico contro cui la massima potenza occidentale si batte nel Vietnam appare dunque oggi molto diverso, differenziato e sfumato, di quanto non apparisse alcuni anni or sono, quando l'Occidente ed in primo luogo gli Stati Uniti si battevano contro l'espansionismo comunista a Berlino, in Corea, a Cuba. Così nella realtà, come nella visione americana, il vecchio nemico non è più il blocco unico dei paesi comunisti: al nuovo volto dell'espansionismo rivoluzionario corrisponde di fatto una nuova struttura statuale e n1ilitare, una nuova potenza « revisionista » nei confronti dello statu quo mondiale; al blocco monolitico succede nell'immagine che l'America si fa dell'avversario un quadro almeno duplice, cui corrisponde una duplice politica ed un duplice comportamento diplomatico. C'è in primo luogo la ricerca di un appease1nent con l'Unione Sovietica e lo sforzo di convivenza con la sua pur notevole potenza militare. È un atteggiamento culminato nel trattato di 1\tlosca, che Pechino ha violentemente denunciato e che indica una strada su cui gli Americani pensano di poter far progressi anche oggi, pur in coincidenza con la crisi del Vietnam; anzi, proprio in coincidenza con essa, quasi a sottolineare la radicale opposizione tra questo comportamento e quello che, dall'altro lato, essi ostentano nei confronti dell'aggressività _della Cina continentale. L'intransigente fermezza, l'implacabile ostilità americana di fronte ad ogni sforzo dei Cinesi di sopraffare i popoli d'Asia, rei di non averne accettato il sistema politico e la supremazia, e di realizzare essi il sanguinoso sogno nipponico della grande Asia, non è che uno degli elementi della politica del « doppio binario » nei confronti del mondo comunista. Questa politica tende a considerare la posizione della Russia come quella di una potenza compartecipe dell'establishment mondiale del potere, come una potenza il cui interesse sostanziale consiste nel conservare inalterati i rapporti di forza sia con gli USA (con cui condividerebbe non solo la responsabilità, ma le stesse distruzioni che deriverebbero da un conflitto nucleare), sia con le potenze che di questo establishment non fanno parte, giovani nazioni emergenti o paesi di antico prestigio che tentino di riprendere quota dopo un periodo di lento e progressivo declino. È evidente che se è oggi possibile per la diplon1azia americana tenere questo duplice atteggiamento e la duplice condotta che, come vedremo, ne discende, ciò è in massima parte dovuto alle divergenze 10 BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa manifestatesi sul piano ideologico, e soprattutto sul piano politico-diplomatico tra le due potenze comuniste: divergenze la cui ampiezza è tale da spingere oggi alcuni pur non avventati osservatori occidentali e qualche consigliere di Johnson a prospettare la possibilità di un bombardamento delle installazioni atomiche cinesi senza che la Russia si senta, almeno in maniera automatica, impegnata ad intervenire; vale a dire senza che il prezzo ne sia il conflitto mondiale, il cui timore trattenne già una volta gli Americani dall'inseguire dal cielo i « volontari » cinesi in rotta a nord del fiume Yalu. Ma che si giunga o meno a un cosi d ci ivo e pericolo o liv llo del1' escalation nucleare, ciò che mette conto rilevare è che l'obbiettivo stesso che gli Americani si propongono (abbordando così apertamente quel graduale processo di rappresaglia, al culmine del quale 10n può esserci che l'olocausto nucleare) consiste in definitiva nell'eliminare ogni altro avversario dalla trattativa, e nel restituire il ruolo di interlocutore unico alla potenza che, per essere la sola in grado di fronteggiare la potenza americana ai più alti livelli dell'offesa, è non di meno considerata dagli Stati Uniti come la più ben disposta per addivenire a un ragion vole compromesso nel Sud-est asiatico. L' strema durezza e rigidità dell'America di fronte all'aggressività con1unista in Asia ha dunqu lo scopo di porre le ambizioni imperialistiche di Pechino davanti all'evidenza di un irrevocabile impegno americano a bloccar non lo forzo che attraverso l'autoritarismo comunista i] popolo cine e mette in atto per uscire dalla miseria e dal sottosviluppo, ma ogni volontà dominatrice ed espansionista. Nel discorso di Baltimora, J ohn on ha ripetuto chiaramente come « questa guerra sia piena di una terribile ironia » e come gli Americanì comprendano bene che cosa desideri il popolo del Vietnam del Nord: « noi non desideriamo - ha detto J ohn on - devastare quello che il popolo del Nord Vietnam ha costruito con dura fatica sacrificio »; e tuttavia, « può darsi che noi oggi vivia1no nel tempo preannunciato molti anni fa, quando fu detto: io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io vi ho posto davanti la ita ~ la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, onde tu viva, tu e la tua progenie ». La terribile manifestazione di potenza dell'America serve certo a dimostrare tutto questo, a porre senza mezzi tern1ini dinnanzi alle ambizioni cinesi l'alternativa della distruzione totale: «· useremo la nostra forza con moderazione », dice il Presidente degli Stati Uniti, « ma la useremo». Senonché l'escalation nucleare ha contemporaneamente lo scopo di riproporre il contrasto per il Sud-est asiatico nei termini di un dialogo tra le sole potenze nucleari, vale a dire tra le due sole grandi potenze che possono affrontare il negoziato sul problema del Vietnam 11 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco nel quadro di una trattativa globale, perché sole tra gli stati della terra hanno interessi planetari. Restituito così all'Unione Sovietica il ruolo di interlocutore principale, se non di unico interlocutore, il Presidente americano tende a far scorrere la soluzione della crisi del Vietnam lungo il binario « morbido » dei rapporti est-ovest: tende cioè a creare una situazione in cui sia possibile scambiare l'accettazione, da parte orientale, dell'assoluta irrinunciabilità della posizione strategica americana nel Sud-est asiatico contro concessioni in altre zone di frizione, che non rivestano, nella visione americana, l'assoluta preminenza riconosciuta invece alla necessità di arrestare durevolmente l'espansionismo cino-comunista in Asia. Le divergenze ideologiche e politiche tra le due Rome del comunismo offrono oggi agli Stati Uniti un'allettante occasione per sviluppare una differenziata azione politica e diplomatica in Europa ed in Asia; una duplice condotta diplomatica capace di allargare la frattura tra i due avversari, nel momento stesso in cui se ne trae partito. E viene, a questo punto, in piena luce un elemento fino ad oggi poco chiaro. Viene a questo punto in piena luce, cioè, come, proprio perché le occasioni di una tale politica sono oggi più favorevoli di quanto non lo fossero, ad esempio, al tempo della guerra di Corea, si pongano con accresciuta frequenza e gravità, per la massima potenza democratica, i problemi di una scelta di priorità e di preminenza tra lo scacchiere asiatico e quello europeo. « Oggi come ieri - rilevava recentemente "Le Monde" 2 - le decisioni prese da un lato influiscono inevitabilmente sull'altro ... ogni nuovo impegno degli Americani o dei Russi in Asia s•i ripercuote necessariamente sui loro impegni in Europa. Possiamo star certi che, pesando il pro ed il contro delle diverse reazioni possibili ai bombardamenti dell'USAF nel Nord Vietnam, il gruppo dirigente del Cremlino non perde di vista questa verità neanche per un istante. Vorremmo essere sicuri che essa sia altrettanto chiara all'uomo che, alla Casa Bianca, detiene il potere della scelta- finale tra le opinioni spesso contraddittorie del Dipartimento di Stato, del Pentagono, dei servizi d'informazione e dei consiglieri presidenziali ». Le preoccupazioni di André Fontaine non sembrano tuttavia confermate dalla recente condotta del Presidente americano, che appare ben consapevole dei rapporti che intercorrono tra le soluzioni cercate per i prob~emi asiatici e quelle richieste dai problemi europei nel 1nomento in cui, accordando priorità assoluta alla necessità di spezzare l'aggressività cino-comunista, J ohnson non esita a cancellare quasi tutti gli incontri 2 ANDRÉ FoNTAINE, L'Europe et l'Asìe, riportato nella Sélectìon hebdomadaire del quotidiano « Le Monde», n. 855, 4-10 marzo 1965. 12 BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa al massimo livello in programma, e nei quali si sarebbero dovuti affrontare i problemi dell'Alleanza Atlantica ed i difficili rapporti con l'Europa Occidentale. La « politica del doppio binario » sembra, quindi, nella visione del Presidente americano, far corrispondere, alla rigidità per quel che riguarda le questioni asiatiche, una grande souplesse ed una grande comprensione nei confronti dell'Unione Sovietica e dei suoi interessi in Europa. Un sintomo indicativo in questo senso sembrano poter essere considerate l'estrema prudenza e la grande moderazione che hanno contraddistinto la reazione americana alla deliberata provocazione organizzata dai sovietici col blocco delle autostrade che collegano Berlino al mondo libero e con l'esercitazione militare congiunta delle forze di Mosca e di Pankow che hanno sperin1entato << in loco » la manovra con cui dovrebbe essere schiacciata Berlino-ovest in caso di conflitto. Troppi sintomi danno indicazioni in questo senso, e ne risulta chiaramente che la diplomazia americana pone oggi al primo posto, tra i suoi obbiettivi, la difesa delle proprie posizioni in Asia. E, ciò che è pi:.t grave, essa sembra disposta, per porre termine ad una situazione militarmente non brillante in quel settore, a trattare con l'unica potenza che possa offrirle, in un negoziato, il riconoscimento dell'irrinunciabilità degli interessi americani nella penisola indocinese, in cambio di un ammorbidimento dell'opposizione americana ad ogni influenza e possibilità di manovra sovietica in Europa. Un atteggiamento di questo tipo da parte americana sarebbe stato, ancora pochi anni or sono, assolutamente inimmaginabile, essendo la priorità dell'Europa, per tutti gli anni cinquanta, fuori discussione. Ma oggi esso trova giustificazione, o almeno spiegazione, nel manifestarsi alla luce del sole di un dissidio cino-sovietico, da cui - almeno in linea teorica - può trarre frutto una politica che si proponga di allargare la frattura tra le due massime potenze comuniste, di porre severe limitazioni a quella che ha il comportamento più aggressivo e di riconoscere un più vasto campo d'azione a quella che, in quanto tende al ripiegamento sui problemi interni ed alla moderazione in politica estera, può approfittarne in misura minore. L'aspetto più debole di questo comportamento consiste nel fatto che, se la scelta « asiatica » degli USA dovesse risultare confermata, essa pqtrebbe dar luogo ai più inquietanti sviluppi, perché l'analisi della situazione internazionale che ne è all'origine sconta che il divario tra URSS e Cina sia incolmabile, ed anzi destinato a d~ventare sempre più rilevante, mentre non prende in considerazione la possibilità che contemporaneamente, e forse in un tempo ancora più breve, la frattura, già delineatasi all'interno del blocco delle potenze occidentali, si allarghi in maniera 13 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco irrimediabile, o quanto meno più grave di quanto non avvenga all'interno del mondo comunista. Vale a dire che la politica estremamente flessibile, agile e complessa, che la massin1a potenza democratica sembra voler porre in essere nei confronti del mondo comunista, e che sfrutta tutti i contrasti e le divisioni verificatisi all'interno di questo negli ultimi anni, non tiene, invece, conto a sufficienza della grave assenza di coordinamento e delle serie divergenze manifestatesi tra le potenze occidentali. Sicché, ad esempio, non esiste - come ha giustamente rilevato James Reston sul « New York Times » 3 - una politica occidentale nel Sud-est asiatico, ma soltanto una politica americana. Ciò è tanto più grave in quanto la stretta connessione tra la crisi vietnamita e il destino dell'Europa, sottolineata dalla recente vicenda determinata dalla riunione del Bundestag a Berlino, « non ha mancato di essere individuata dai diplomatici europei ». Se è vero che, con la sola e parziale eccezione dell'Inghilterra, le potenze europee « sin dal tempo della guerra si sono ritirate dall'Asia, lasciando a Washington il compito di contenere l'espansione cinese » 4 , si verifica oggi che -- con la « politica del doppio binario » instaurata dagli Stati Uniti, con la priorità da essi riconosciuta alle questioni asiatiche e con lo speciale tipo di considerazione « planetaria » e globale dei proble1ni settoriali, caratteristica delle due superpotenze - « ciò che accade nel Vietnam tocca i loro vitali interessi nazionali, e tuttavia esse non vengono neppure consultate su quanto gli Stati Uniti fanno in quella penisola » 5 • Ciò equivale a dire che la scelta degli USA per una priorità dei problemi asiatjci e la politica del negoziato globale con l'altra potenza « planetaria » sono e·sse stesse fattori capaci di allargare le divergenze tra i membri dell'alleanza atlantica. È questo un primo punto che sarà opportuno tenere presente prima ancora di esaminare le ragioni per cui si è detto che il disaccordo del campo occidentale - qualora dovesse crescere più rapidamente e diventare più grave di quello tra i paesi comunisti - può costituire il dato capace di vanificare, e addirittura di rendere pericolosa, la politica del negoziato globale. Il dissenso con gli Stati Uniti, come ha anche rilevato James Reston nella citata corrispondenza da Roma, non interessa solo la Francia gollista, ma tutti gli stati europei, anche perché l'esistenza nel cuore del continente di una potenza così aspramente « revisionista» dell'establishment planetario del potere, altera - e non in maniera solo provvi3 JAMES RESTON, The Uncoordinated Alliance, corrispondenza da Roma per il « New York Times », International Edition dell'8 aprile 1965, pag. 4. 4 Ibidem. s Ibidem. 14 BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra tAsia e l'Europa soria - così profondamente i dati e la struttura stessa della situazione europea che i rapporti tra gli USA e gli altri alleati non possono rimanere immutati. Analogamente sono comprensibili i timori di un perpetuarsi ed istituzionalizzarsi, e quindi aggravarsi, della frattura del mondo occidentale. Dato il carattere delle istituzioni politiche di questi paesi, e la crisi di adattamento che tali istituzioni oggi attraversano, il dissenso con la massima potenza democratica potrebbe favorire l'instaurarsi, nei paesi europei, di regimi caratterizzati da istituzioni di tipo autoritario, da politiche aspramente conservatrici all'interno e avventurose all'estero, da uno spirito di rivincita diretto in parte, se non in tutto, contro la troppo grande potenza dell'alleato. Il dissenso con gli Stati Uniti sarebbe in tal caso destinato ad approfondirsi e a perpetuarsi, essendo di fatto connaturato alla struttura stessa che i sistemi politici dell'Europa Occidentale avrebbero così assunto; e da un simile assurdo antagonismo con la più moderna democrazia tali sistemi trarrebbero, anzi, quotidiano alimento. La profonda trasformazione conservatrice e nazionalista dell'Europa - trasformazione sia degli stati europei, sia dei loro rapporti e della situazione politica del continente -, di cui non sono mancate avvisaglie e sintomi significativi a partire dal 1962, e soprattutto negli ultimi mesi, creerebbe una situazione in cui una politica che accordasse alla diplomazia sovietica un più largo campo di manovra in Europa, in cambio di qualche concessione nell'Asia Sud-orientale, sarebbe doppiamente pericolosa. Al limite, tale politica porta, infatti, con sé la negazione di una delle sue stesse premesse, spingendo la Russia, mentre le offre la possibilità di un'azione diplomatica a vasto raggio in un continente così debole e diviso, verso atteggiamenti più aggressivi di quello che gli Stati Uniti le attribuiscono come probabile per il futuro prevedibile, e che da essa si attendono. La convinzione americana del sostanziale disinteresse dell'Unione Sovietica per le questioni del Sud-est asiatico, e del comportamento moderato che, nella presente situazione interna, essa non potrebbe non tenere nelle questioni di politica internazionale, si era venuta formando negli anni di Kruscev, quando la preoccupazione della pace era divenuta dominante al Cremlino. Il governo americano sembra convinto che nuqa sia fondamentalmente cambiato con l'allontanamento dal potere di Kruscev, e che nulla possa davvero trasformarsi, perché del tutto inalterata resta la gravità dei problemi interni della Russia Sovietica, e la necessità di farli passare avanti alle questioni internazionali. Ma ciò non significa che le innovazioni introdotte nel comportamento diplomatico sovietico si limitino soltanto ad un cambiamento di tono 15 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco (peraltro non raccolto dalla controparte) nella vertenza russo-cinese. Come rilevava Aldo Garosci sul « Mondo » 6 , alla linea Kruscev ha fatto seguito un comportamento piu ambiguo e contraddittorio, che implica, « malgrado le dichiarazioni favorevoli alla coesistenza pacifica, il mantenimento di tutte le posizioni ostili all'Occidente nel Terzo Mondo, la rottura di vari canali di comunicazione (tra l'altro, Ginevra)». E inoltre, malgrado gli sforzi di entrambe le parti, « le relazioni tra Stati Uniti e Russia sono peggiorate ... sul terreno della Germania ». - Il blocco parziale delle autostrade tra Berlino e il mondo libero e la ripresa della propaganda antitedesca in Europa orientale sono, come rileva Garosci, « una manifestazione contraria allo stesso interesse sovietico, come si era venuto delineando nella tattica degli ultimi anni ' dopo il muro ', che le cose miglioreranno o possono migliorare trovando la loro consacrazione nella sisten1azione attuale >i. Le azioni di disturbo nei corridoi e nel cielo di Berlino, nonché il nuovo trattato russo-polacco, sono il segno di un importante cambiamento nella tattica diplomatica sovietica, che rinnega oggi gli sforzi di Kruscev per trovare un modus vivendi tra le due Germanie, e quindi un modus vivendi tra Mosca e Bonn, dove si disse a lungo che il premier sovietico intendesse recarsi di persona. Tutta una lunga serie di indizi sta a provare che, secondo il Cremlino, la difesa e il consolidamento degli interessi russi in Europa passano oggi attraverso l'accordo non più con Bonn, ma con Parigi. Il riavvicinamento franco-sovietico, mediante il quale Mosca tende a spezzare la già compron1essa unità del mondo occidentale, non può che risultare favorito dall'atteggiamento americano che accorda alle questioni asiatiche preminenza e priorità su quelle europee, e tende addirittura ad offrire, in cambio della moderazione sovietica nel Vietnam, una certa « morbidità » americana di fronte alle iniziative russe in Euro-- pa. La pericolosità dell'atteggiamento americano è, quindi, in diretto rapporto con la pericolosità del riavvicinamento gollista all'Unione Sovietica, che compromette quel che resta dell'unità occidentale ed europea. Il Cremlino tenta oggi di attrarre sulle sue posizioni diplomatiche una parte dell'Europa occidentale, dividendola dagli altri stati europei e dalla massima potenza democratica; ed a questo gioco presta scoperto il fianco l'involuzione politicamente conservatrice ed istituzionalmente autoritaria della Francia gollista. È singolarmente significativo di un radicale cambiamento di tattica il fatto che proprio Valerian Zorin, l'uomo cioè che alcuni anni fa denunciava come « fascista » l'avventura gollista della 6 ALDO GAROSCI, Guerra di generazioni, « Il Mondo » del 20 aprile 1965. 16 BibliotecaGino Sia.neo

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa Francia, venga oggi, in qualità di ambasciatore a Parigi, chiamato a trarne partito. Col passaggio del potere da Kruscev al duo Breznev-Kossighin, il problema europeo non ha più, per la diplomazia sovietica, al suo cuore la Germania, ma la Francia. La Germania, anzi, ritorna oggi, nella nuova visione della Russia sovietica, a quella umiliante condizione di oggetto della politica internazionale che si pensò di imporle alla fine del secondo conflitto mondiale, perdendo quella dignità di « soggetto » della storia presente che il buon senso di Kruscev non aveva mancato di riconoscerle 7 • La Gern1ania è, anzi, chiamata a pagare le spese del riavvicinamento con la Francia di De Gaulle, che l'URSS spera di staccare definitivamente dagli USA e dal mondo democratico, adulandola col riconoscerle un ormai inesistente diritto a dire la propria parola nelle questioni del Sud-est asiatico e col riconoscerle un ruolo formale (che essa non ha e non può più avere) di grande potenza - anzi, il ruolo di grande potenza europea che dividerebbe, con l'Unione Sovietica, le responsabilità dell'ordine e della sicurezza del continente 8 - o con piccole concessioni, tipo accordo sulla televisione a colori, che, non costando nulla ai sovietici, consentono al generale, nello stesso tempo, di fare cosa sgradita agli Stati Uniti e di realizzare un piccolo utile per l'economia francese, mettendola in condizione di ricattare la Germa1;1ia e gli altri paesi dell'Europa occidentale. I risultati, positivi per l'URSS, di questa manovra diplomatica non sembrano essersi fatti attendere a lungo. La posizione della Francia si è così rapidamente evoluta che oggi perfino il vecchio Cancelliere Adenauer - che s'era impegnato a fondo nella convergenza franco-tedesca tentata due anni or sono dal generale, e che più d'ogni altro uomo politico tedesco avverte la pericolosità delle posizioni nazionalistiche e riunificatrici nell'opinione pubblica tedesca - ha ritenuto di dover protestare, in una lettera al Capo dello Stato francese, contro il sistematico sabotaggio gollista degli sforzi di rilanciare l'unificazione europea e contro 7 Quello squallido retore del regime gollista che è ormai François Mauriac ha da qualche tempo ripreso a proporre i vecchi slogan antitedeschi. Vedasi il Bloc-notes pubblicato nel « Figaro Littéraire » del 18 maggio 1963, in cui si dice tra l'altro: « Pour moi, je persiste à penser que tout se ramène à ceci: tant qu'il y a eu des Allemagnes, nous nous y sommes promenés; lorsqu'une Allemagne est née enfin, ce fut pour nous fini de rire. Aujourd'hui qu'il en a deux, nous pouvons de nouveau dormir au moins d'un oeil. Quand les deux rnorceaux seront recollés, il faudra redevenir ce lièvre qui dort les yeux ouverts ». s Si vedano a questo proposito i discorsi pronunciati da Valerian Zorin al suo arrivo a Parigi (in « Le Monde», del 10 aprile· 1963, pag. 3) e al momento della presentazione delle credenziali (in « Le Monde», dell'll-12 aprile 1965, pag. 22). Interessante e divertente è anche la risposta di De Gaulle a quest'ultimo discorso (ibidem). 17 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco la crescente cooperazione politica ed economica tra Francia ed Unione Sovietica. Secondo il « New York Times » 9 , la risposta del generale « ha confermato la decisione di dimostrare l'indipendenza della Francia dai suoi alleati occidentali ». Secondo il quotidiano americano, « il generale vuol mettere in chiaro, prima della visita del Ministro degli esteri sovietico, che la Francia è un libero agent ». Il governo francese ha perciò riaffermato di recente la propria indipendenza nei confronti delle due organizzazioni militari occidentali alle quali la Francia formalmente appartiene. Alla Conferenza ministeriale della SEATO, che si riunirà a Londra al principio di maggio, la Francia non sarà presente in forma ufficiale, ma invierà solo un « osservatore » di secondo rango. Per quanto riguarda la NATO, invece, il Ministro della Difesa, Messmer, ha dichiarato che, benché egli intenda prendere parte alla riunione ministeriale che si terrà a Parigi a fine maggio, è sua convinzione che nessun risultato utile potrà venir fuori da questo incontro, a causa delle divergenze tra Francia e Stati Uniti a proposito della strategia nucleare: « viste nella prospettiva della visita di Gromiko - commenta il " New York Times '' 10 - queste mosse hanno suscitato ... il timore che il generale stia muovendo verso una specie di tacito accordo con l'Unione Sovietica sulla posizione della Germania orientale ». Tutto quello che il generale deve fare per distruggere la politica comune dell'Occidente sulla riunificazione tedesca è di includere, nel comunicato sulle discussioni con Gromiko, una sola frase, in cui si mettano sullo stesso piano la Repubblica federale di Bonn e la D.D.R. di Pankow. De Gaulle non e lontano da questo passo che lo porrebbe completamente ·al di fuori dello schieramento occidentale; si può dire, anzi, che lo abbia già quasi fatto, quando in una delle sue conferenze-stampa elencò anche Pankow tra le « capitali » dell'Europa orientale. Ma, ciò che è più grave, la convergenza franco-sovietica tende a realizzarsi sulla base del pregiudizio antitedesco che periodicamente riaffiora nella politica francese e che la diplomazia sovietica ed i movimenti comunisti occidentali accuratamente alimentano e coltivano. La convergenza franco-sovietica serve, nelle speranze di De Gaulle, a far assumere alla Francia « una responsabilità particolare per quanto si riferisce ai destini della pace e della sicurezza in Europa » li, passando cinicamente attraverso l'umiliazione di quella Germania democratica che ancora poco tempq fa sembrava dover essere, nelle intenzioni del Capo dello Stato 18 9 21 aprile 1965, pag. 1. 10 21 aprile 1965, pag. 1. 11 Vedi nota 8. BibliotecaGino Bianco

Gli Stati Uniti tra l'Asia e l'Europa francese, la controparte di una « storica » convergenza con la Francia 1_ 2 • Senonché, per l'Unione Sovietica, è probabilmente vero il contrario: ciò che essa cerca è l'umiliazione della Germania, la consacrazione dell'inferiorità politico-diplomatica dell'unica vera grande potenza dell'Europa democratica, dell'unica potenza che ha la giustificazione morale per mettere in discussione le posizioni di potere dei Russi nel cuore dell'Europa. Dietro l'incoraggiamento alle malinconiche aspirazioni francesi a vedere riconosciuto a Parigi un ruolo decisivo, che non può più essere il suo, nelle questioni mondiali, si scorge facilmente che l'oggetto principale dell'attenzione russa in Europa rimane la questione tedesca: « è chiaro come il giorno - scrive André Fontaine su "Le Monde" - che i sovietici sperano che esso (il riavvicinamento franco-sovietico) condurrà a un allineamento delle politiche dei due paesi nei confronti della Germania » 13 • Nella conferenza stampa di De Gaulle del febbraio 1965 si ritrova la stessa concezione della Germania divisa e limitata, nella sua libertà d'azione diplomatica e nella sua forza militare, dall'accordo delle potenze che la circondano, ed in primo luogo dall'accordo della Francia e della Russia 14 ; si ritrova, cioè, la stessa concezione per cui gli storici francesi chiamarono constitutio - quasi a indicarne la perennità - il trattato di Westfalia che frantumava la Germania; si ritrova insomma una concezione che chiaramente non tiene conto dei cambiamenti intervenuti nella realtà europea tra la metà dell'Ottocento e la metà del Novecento, con l'emergere di forti e grandi unità politiche nel cuore del continente a scapito dell'equilibrio fondato sulle potenze periferiche. Ma la concezione di De Gaulle, che corrisponde alla patetica aspirazione della Francia a ristabilire le condizioni oramai scomparse di un anacronistico primato in Europa, viene oggi pericolosamente a coincidere con la più recente manovra sovietica nella lunga battaglia che, attorno alla Germania, si combatte da almeno vent'anni. Ed è una manovra che tende, attraverso l'incoraggiamento del pregiudizio antitedesco e la congiunta umiliazione della Repubblica Federale da parte dell'URSS e dei così detti « alleati » della Germania democratica, a distruggere nei tedeschi ogni fiducia nell'utilità della scelta occidentale ed a spingere Bonn a cercare il solo obbiettivo nazionale in tal caso an12 Un intelligente esperto di cose politiche germaniche, Alfred Grosser, non s'è stancato di ripetere, fin dall'inizio dello « storico» riavvicinamento franco-tedesco, che tale politica era da considerarsi, da parte gollista, puramente provvisoria e strumentale. 13 ANDRÉ FoNTAINE, L'Europe et l'Asie, art. cit. 14 Il testo del discorso di De Gaulle è pubblicato nella Sélection hebdomadaire de « Le Monde », n. 851, 4-10 febbraio 1965. 19 BibliotecaGino Bianco

Giuseppe Sacco cora possibile - la riunificazione - attraverso la sola via che resterebbe aperta: la trattativa diretta, su posizioni debolissime, con il governo di Mosca. Quanto poco saggia sia la moderazione americana di fronte alle provocazioni sovietiche a Berlino è, a questo punto, pienamente evidente. La possibilità che questa moderazione costituisca una prima manifestazione del comportamento « differenziato » nei confronti dell'azione diplomatica del comunismo europeo ed asiatico (per cui al primo si lascerebbe maggiore possibilità di manovra in Europa, contro un'ipotetica tolleranza sovietica all'inflessibilità americana in Asia) giustifica pienamente qualsiasi inquietudine. Se la scelta « asiatica » della Casa Bianca dovesse confermarsi, non resterebbe alla Germania democratica - che già ha subito, negli ultimi tempi, una non breve serie di gravi sconfitte diplomatiche - altra via d'uscita che una «nuova Rapallo». Abbiamo sottolineato in un recente articolo 15 come la logica del proprio interesse ben compreso spinga tuttora la Germania occidentale verso un'integrazione sempre più profonda con l'Occidente e con l'Europa; ma è inutile nascondersi che - nel caso di una scelta « asiatica » dell'America, o anche, come si verifica attualmente, di una polarizzazione dell'attenzione americana sulla questione del Vietnam e dell'inesistenza di una politica per l'Europa - la perseveranza· e la fermezza della dirigenza tedesco-occidentale nella sua scelta occidentale potrebbero esaurirsi più rapidamente di quanto non ci si aspetti. Gli Stati Uniti non sono privi di responsabilità per i rovesci diplomatici subiti di recente da Bonn. L'improvvisa freddezza americana riguardo al progetto della MLF, dopo che Erhard e Schroeder vi si erano, anche per le insistenze americane, impegnati a fondo, è il caso più macroscopico, ma non il solo. Se i tedeschi dovessero un giorno ritenere che tali responsabilità discendano non solo da una certa mancanza di mestiere dell'attuale Presidente degli Stati Uniti nelle questioni di politica estera, ma anche da una scelta deliberata, è possibile che si diffonda nella Germania democratica una valutazione nuova degli interessi della RFT, di cui si avvertono oggi solo le prime avvisaglie. Quando il direttore di « Der Spiegel », Rudolf Augstein, rilevava che all'affermazione di De Gaulle, secondo la quale il problema tedesco interessa essenzialmente gli europei, si può obiettare che esso invece riguarda in primo luogo i tedeschi, e che quindi la logica di De Gaulle porta ad una « nuova Rapallo » 16 , la sua era una voce isolata, la voce 15 Vedasi il nostro articolo: La disponibilità della Germania nel n. 124 di « Nord e Sud», marzo 1965, pag. 22. 16 Vedasi, in « Der Spiegel » del 17 febbraio 1965, l'articolo di Rudolf Augstein, dal titolo Nach De Gaulle: Rapallo. / 20 BibliotecaGino Bianco

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