Nord e Sud - anno VIII - n. 23 - novembre 1961

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna A. GERSCHENKRON e R. ROMEO, Lo sviluppo industriale italiano GrusEPPE GALAsso, Scuola e società VITTORIO DE CAPRARIIS, Il pregiudizio favorevole GIUSEPPE PERA, Il Congresso dei magistrati LEONARDO SAcco, Amministrazioni in Puglia e in Basilicata • e scritti di ENZO COLINO, GENNARO MAGLIULO, NICOLA TRANFAGLIA ANNO VIII · NUOVA SERIE · NOVEMBRE 1961 • N. 23 (84) EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE . NAPOLI Bibliotecaginobianco

cedola di commissione libraria bulletin de con1mande de librarie-bucherzettel 1. 2 O edizioni scientifiche italittne s. p. a. via ron1a, 406 (spirito santo) napoli Bibliotecaginobianco IMPORTA a tutti colo · verseranno la entro il 31 l bre la E.S. , cederà lo scon l ' lO O / 0 s11tu tt ~ lumi di p ' • edizione.

NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibliotecaginobianco

. ' S0~1MARIO Eclitoriale [ 3] Giuseppe Galasso Scuola e società [ 5] Vittorio de Caprariis Il pregiuclizio favorevole [ 12] l)OCUNIENTI Alexander Gerscl1enkron e Rosario Romeo Lo sviluppo irictustriale italia1io [ 30] GIORNALE A Più VOCI N.d.R. La fogna fascista e lo stagno borbonico [ 571 Enzo Colino La Johns Hopkins University cl-i Bologna [.58] Gennaro Magliulo La città e lo spettacolo [62] Giuseppe Pera Il decimo congresso dei 1nagistrati [ 6t5] INCHIESTE Leonardo Sacco Le aniministrazioni locali in Puglia e in Basilicata (I) [72] NOTE E RELAZIONI Nicola Tranfaglia Ricerca sociale e azien.rle giornalistich.e [101] Un~ copia L. 300 - Estero L. 860 Abbonamenti So~tenitore L. 20.000 Italia annuale L. 3.300 semestrale L. 1. 700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti aul C.C.P. 6.19585 intestato a En. Scienti fiche Italiane S.p.A. Via Roma, 4.06 Napoli LIBRI RICEVUTI [127] DIREZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. ,'392.918 Abbonamenti, distribuzione e pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Roma, n. 406 - Napoli - telef. 312.540 - 313.568 Bibliotecaginobianco

Editoriale Dei co11vegni clie iri questi ultimi tempi hanno avuto per argomento la politica di sviluppo e la società italiana si può dire che qitello di Torino, organizzato da << Mondo Economico)) con, l' on. Pella come protago,nista, ha fatto alcurie coricessioni nel senso del << tempo breve )) e clella pianificazione; ma sostanzialmente esse non sono che cortine fumogene tatticlie, diffuse per camuffare le divergenze del convegno della Mendala (clave invece r on. Colombo si è spinto molto più ava.nti cli qua rito non f asse prevedibile sulla base delle sue posizioni dell'anno scorso sulla pianificazione regionale), e del convegno di San Pellegrino (dove è sembrato che le posizioni avanzate della SVIMEZ siano condivise dallo stato maggiore di Piazza del Gesù). C'è stato poi il con,vegno della sinistra democratica laica, prorn,osso dal « Morido )), da «L'Espresso)), da << Critica Sociale>)., da << Morido Operaio>>, dal cc Ponte>) e cla << Nord e Sud)>. Questo conveg11,o·ha messo r accento sul cc tempo breve>): sul fatto che oggi noi siamo ancora in tempo ad avviare uria politica di sviluppo dell'economia nazion,ale, ma · clomani potrebbe essere troppo tardi, perchè, se i benefici dell'alta co1igiuntura dovessero localizzarsi esclusivamerite, o anclie prevaleritemente, n_elle regioni industrializzate, gli squilibri attuali risulterebbero aggravati, anzi esasperati; e oltretutto, l'emigrazione dal Mezzogiorno verso la Valle paclaria e altre regioni iridustriali del Mercato comune potrebbe crescere di volunie a un, ritmo tale da provocare u1i'ulteriore congestione dei tradizio1iali distretti industriali, italiani ed europei, uno svuotamen,to dei clistretti industrializzabili riell'Italia mericlionale. In un tempo breve il 'nostro Mezzogiorno potrebbe, cioè, trovarsi degradato a << deserto >>, r come la parte più arretrata della provincia francese, e il Settentrione potrebbe trovarsi alle prese con problemi del tipo di qiielli -che i francesi, ·nella regione di Parigi, non riescono a risolvere (questa è stata anche la conclusione cui è -pervenuto il << co,nvegno sull'inserimento de- . gli immigrati nelle economie indiistriali )>, organizzato a Toririo dal · CRIS). 3 _ Bibliotecaginobianco

Il convegrio della sinistra democratica laica, ha poi denunziato l' assu,rclità dell'alternativa fra pianifìcazione indicativa e pianificazione operativa: se non c'è una certa coercizione, non c'è evide11,temente pianificazione. Per quanto rigiiarda la polemica sui tempi e sui modi della politica di sviluppo, si dovrebbe durique riteriere che e' è uria relativa convergenza tra fautori del « tempo breve )> e clella pianificazione operativa, tra posizioni come quelle emerse dai convegrii della, M endola e di S. Pellegrino, da un lato, e posizioni co1ne q1,1,elleindicate clal convegno romano promosso dalle sei riviste democratiche, da U'n altro lato. E per coriverso si dovrebbe ritenere che c'è u11a relativa divergenz;a fra ciò clie p-er pianificazio1ie inte,ndono Moro, Colombo, Pastore, Sarace·no e ciò che i1itendorio Pella, Len,ti e « 24 Ore>>. E tuttavia, 11,011 vorremmo che, con una logica tutta « dorotea >>n, oi ci ritrovassimo ad avere la pianificazione cli Pella, poco più o poco merio· arriccliita da qualch,e concessione a Colombo per il Mezzogiorno e da qualctie of- .. ferta di incarico, di ordine tecnico, a Saraceno. È contro eqitivoci e firiziorii di questo genere che si deve fin, da ora fare appello alla coeren,te politica di tutti coloro che dovran,no 1iei prossimi mesi assumersi tutte le proprie respo11sabilità per la gran questione della politica di sviluppo. Non ci sernbra, infùie, clie si debba ancora spiegare come e percliè non si possa fare ·una politica di sviltippo con i liberisti. N 011, si possono fare le cose dette a Roma al Convegno sulle << Prospettive di un.a nuova politica economica >> e non, si può 11,emmeno passare << dallo schema al programma>): non si può fare cioè, riemmeno quello clie Colonibo dice di voler fare. E allora i reduci da S. Pellegri1io e dal,la M endola devono rendersi conto che dalle attuali posizioni politiche dei (< dorotei » rion può venire fuori una maggioranza capace di avviare e portare veramente ava,nti, in un tempo breve, un pia·no operativo per lo sviluppo equilibrato dell' econornia italia11,a.l·n questo senso·, soprattutto, ci sembra, è venuta una assai precisa in-dicazio·ne dal convegno sulle <( prospettive di una nuova politica eco-nomica >>, dalla relazion,e generale di Scalfari e ariche dagli ,interventi di La M alfa e di V isentini, di Parri, cli Bonacina e di altri: da un. con.vegno cioè clie è stato promosso a-nche da socialisti e al quale i socialisti hanno pa1tecipato con uno spirito di concretezza politica che certamente avrebbe scandalizzato i m,assimalisti di una volta. 4 Bibliotecaginobianco

Sct1ola e . ' so.c1eta di Giuseppe Galasso La riapertura dell'anno scolastico ha riproposto all' opi11ione pubblica italiana in forma IJiÙ esasperata e con n1aggiore tLrgenza degli altri anni quello che, senza timore <li esagerazione, può ben essere definito con1e il problema nun1ero uno della· nostra vita nazionale. Il problema si pone ormai a tutti i livelli delle carriere scolastiche: sono in crisi lè ur1iversità e le scuole elen1entari, sono in crisi l'istruzione classica e quella tecnico-professionale, e la crisi è tanto di strutture 1nateriali (edifici, aule, sussidi didattici eccetera) quanto di ordinamenti e di personale. Ed anzi, per strano che possa sembrare, è pro- . prio questa diffusione della crisi a tutti i livelli a far sì che del problema non si debba parlare in for1na generale e t1nitaria. Chi non sa cl1e il problen1a della scuola italiana è condizionante dell'intero svil11ppo della società 11azionale? Chi non sa che, prosegue11do col passo di oggj, ci n1ancl1erebbero tra pocl1i anni la maggioranza dei quadri i11ter1nedi e superiori della vita econon1ica e dell'amministrazione? Chi non sa che solo uno sforzo coordinato e massiccio st1 tutto il fronte scolastico può ottenere risultati decisivj? Sono stati fatti, del pari, gli studi che precisano i fabbisogni 11azionali del personale istruito: l)asti ricordare ·per tutti quello fonda1nentale della SVIMEZ st1 "Af uta·m.enti della struttura professionale e ruolo della scuola. Previsioni per il prossimo qitindicenn-io, in cui il problen1a è correttamente posto come correlativo a quello dei mt1ta1nenti prevedibili della tecnologia e dell'organizzazione economica. Non si _può dire perciò cl1e la opinione p11bblica non sia adeguata1nente sensibilizzata a questo tema. Ql1el che è deficiente è, piuttosto, la sensibilità politica al problema, intes~ come co1npleta coscienza delle implicazioni politiche e sociali che la soluzione di esso 5 Bibliotecaginobianco

.. comporta in una società del tipo della nostra. Espr~ssio11e di qt1es-ta sensibilità dovrebbe essere il cc piano per la scuola » : probabilmente uno -degli argomenti sui quali sono stati versati nel nostro paese tra il 1958 e il 1960 più copiosi fiumi d'inchiostro, ma di cui non si sapreb- .bero nascondere nè le deficienze che a st10 tempo furono da più parti rilevate proprio in ordi11e alle implicazioni di cui si diceva, nè - soprattl1tto - il fatto che esso l1a trovato finora una applicazione del tl1tto ir1sufficiente, sicchè si è determinata tra il ritmo di attuazione del pjano e l'evoluzione delle cose una sfasatt1ra tale per Ctìi è ben possibile prevedere che tra qualche anno il tanto discusso cc IJjano }) sarà, come strumento di azione politica, totalmente superato. Qt1anto è accadl1to in questo autunno è, del resto, estremame11te significativo. Elenchiamo alct1ni tra i fatti principali -del solo carn1Jo dell'istruzione elementare e media, anzi i fatti principalissimi: 1) andamento delle iscrizioni alla scuola elementare; 2) conseguenze della · precip-itata unificazione del triennio terminale della scuola dell'obbligo e dell' abolizio11e dell' esarne di ammissione all'attuale scuola media; 3) riordinamenti e riforme di programmi e nuovi sbocchi universitari stabiliti per gli istituti tecnici. La scuola elementare italiana ha visto progressivamente aumentare i suoi effettivi in q11esto dopoguerra. Era questo il segno di u11a capacità, che l'amministrazione italiana dimostrava, di adeguarsi, sia pure lentamente e tra mille insufficienze, alle necessità della società nazionale. Da dl1e o tre a1111ia questa parte il numero degli iscritti alle scuole elementari va, invece, lentamente decrescer1do. Del fenomeno è stata subito data una spiegazione che dovrebbe eliminare ogni dubbio: gli iscritti alle scuole elementari diminuiscono, si. dice, perchè è andato dimint1e11do, dopo la grande espansione post-bellica della natalità., il numero dei nati, e quindi quello degli obbligati all'assolvimento ùelrobbligo scolastico. La spiegazione, per <1ua11tosiam0 informati, è stata generalmente passata per buo11a. E invero essa non manca di fon.damento, percJ1è fa riferimento ad un fenomeno di reale e ind·ubitabile significato nell'evoluzione recente del nostro paese; ma essa è anche lontana dal risultare pienamente soddisfacente. Il criterio dal quale bisogna ·partire dev'essere, infatti, rappresentato dalla congrue11za non tra l'andamento del numero degli iscritti alla scuola elementare e. l'anda1nento del numero dei nati negli anni precedenti; bensì tra l'andame11to del numero degli iscritti alla scuola elementare, tenitto conto clel fenomeno delr evasione all'obbligo_ scolastico, 0 l' anda1nento del 6 Bibliotecaginobianco

· numero dei nati. Se ci si pone da questo punto di vista', la spiega·- . zione della quale parliamo, specialme11te per quanto riguarda le province del nostro Mezzogiorno, cessa immediatamente di essere soddisfacente. Il decrescere del numero degli iscritti assume, cioè, alla luce del criterio da noi suggerito, non già il significato di un 11atura'le alleggerimento della pressione demografica sulle strutture e le attrezzature scolastiche del grado elementare, bensì il significato di una vera e propria rinuncia al compito (stavamo per dire alla: missione) di reclutare effettivamente per l'istruzione elementare tutta l'infa11zia italiana'. Se sono i11partenza 100 gli obbligati e 80 i frequentanti di sct1ole eleme11tari, e poi i primi scendono a 8,5 e i secondi a' 70 no11 possiamo considerare questo come un fenomeno natt1rale di parallelismo tra le dt1e serie di grandezze: resta sempre il fatto cl1e 20 obb]igati nella prima ipotesi e 15 nella seconda evadono all'obbligo scolastico, con le ripercussioni che si posso110 prevedere per la lotta· contro l'analfabetismo. Certo l'esempio da noi fatto è, 11elle dimensioni prospettate, più aderente a quella che è la situazione delle province meridionali che a quella delle province settentrionali; ma, inrlanzitutto, in un fe11omeno di questo genere l'ampiezza è sempre grave, per piccola che sia, e, in secondo luogo, quando si po11e mente (a parte og11i altra considerazione) al processo di redistribuzione della popolazione italiana tra le grandi ripartizior1i del territorio nazionale si vede be11e che il problema non riguarda una parte del paese, ma la nazione tutta', e in u110 dei settori fo11damentali della st1a attività. Si aggjunga, infine, che j] diminuito nt1mero degli iscritti 110n ha comportato t1n miglioramento nella disponibilità delle attrezzature materiali della -scuola. Ancl1e quest'an110 i giornali dell'opposizione hanno potuto pubblicare le solite deprimenti notizie sui doppi e tripli tur11i aì quali gli alunni debbo110 assoggettarsi, e le solite fotografie sulle condizio11i di assoluta indece11za e improprietà di n1olte sct1ole. Propaganda tendenziosa? L'interrogativo non merita nemme110 una· risposta. Nel settore della scuola inedia l'avvenimento delranno è stato dato (ci sia concessa la scherzosa terminologia attù1ta alla vita sportiva) dal « cappotto » che la scuola 111edial1a inflitto all'avviamento. Ci si è meravigliati da più parti di questa corsa alla scuola media da parte della maggioranza della popolazione scolastica, alla quale se ne è offerta la possibilità mediante la soppressione dell'esame di ammissione tradizionale. Tutti erano convinti, a quanto sembra, che J' avviamento fosse il_.tipo di scuola .adatto a determinate classi sociali e da esse preferito .. 7 Bibliotecaginobianco • l •

Perchè, dunque, ci si chiede, lo si abbandona per la scuola media, istituzione di tipo tradizionale, legata alla· funzione di vecchie classi dirigenti? L'osservazione è, naturalmente, valida da· più di un punto di vista; ed essa coglie anche una delle caratteristiche del movimento scolastic0 · italia110 dt1ra11tegli ultimi anni: e cioè le mutate prefere11ze di carriera delle nuove leve che si affacciava110 al proseguimento degli studi dopo le scuole elementari. Tuttavia, ora che il fatto è accaduto, a rifletterci, la meraviglia non è poi tanto giustificata. Essa trascura, infatti, t1n importante el~mento della situazione; trascura, cioè, il fatto che, - nel determinare gli orientamenti scolastici, - agiscono non solo fattori come il desiderio di procurarsi i titoli 1Jer t1na futura sistemazione professionale, ma· ancl1e fattori di ordine diverso, alla cui origine sta, in sostanza, una fortissima spinta alla promozione sociale. In fondo, gli avve11imenti di questo autunno non fa11no altro che co1nprovare il fortissimo prestigio ancora detenuto dagli istituti scolastici tradizio11ali; ed è da· credere che, quando a presidio di essi non vi siano disposizioni del genere di qt1elle che ricl1iedevano 1tn esame particolare per l' an.1missione alla scuola media, ma non per l'iscrizione all'avviamento, o di quelle che inibivano fino allo scorso anno scolastico l'accesso dei diplomati dagli istituti tecnici a tutte o ad alcune facoltà t1niversitarie, allora la spinta alla promozione sociale agisce in modo tale da superare gli altri fattori. Si può pertanto vedere nella cc corsa » alla sct1ola·media verificatasi quest' an110 la manifestazione di una volontà democratica profondamente radicata in vasti strati della por)olazione 1taliana, i quali appaiono decisi ad avvalersi di ogni occasione che cospiri ad instaurare una effettiva eguaglianza di oppo1tunità e di possibilità di scelte tra tutti i cittadini. E ci sarebbe perciò ancora da elogiare il Ministro della Pubblica Istruzio11e per la rapidità davvero inconsueta con la quale si è proceduto ad una riforma da lungo tempo at1spicata e la cui conclusione non può e non cleve essere altra che l'istituzione di una- scuola media t1nificata, nella quale si risolvano, o meglio si dissolvano, l'attuale avvian1ento e quel particolare « monstrum » che minaccia di essere, se troverà una estesa applicazione, la « post-elementare ». Senonchè sembra destino cl1e in Italia, qua11do si può godere del pregio della rapidità, si clebba insieme pagare il costo dell'improvvisazione. Un po' per non aver previsto le conseguenze della disposizione improvvisamente adottata, un po' percl1è non ci si è dato troppa pena di essa, è accaduto che Je scuole medie - in moltissime località già piene zeppe e costrette alla· tormentosa ridda dei doppi e tripli turni 8 Bibliotecaginobianco

in edifici ed aule spesso del tutto inadeguati dal punto di vista edilizio e dell'arredamento - abbiano visto crescere ancora il numero dei loro alunni in maniera vertiginosa, mentre gli avviamenti hanno visto allentarsi la formidabile pressione che gli iscritti numerosissimi esercitavano su questa specie di cenerentola della nostra scuola media inferiore, senza che per questo si possa' peraltro giudjcare diventata buona . la loro situazione. Così le scuole medie hanno assai più degli alunni e assai meno degli insegnanti che sarebbe stato opportuno avere; e gli avviamenti si ritrovano finalmente, qt1asi per uno scherzo del. caso, i11 maggiore equilibrio. Pare che alla paradossale e insostenibile situazione delle scuole inedie si voglia porre riparo spostando di autorità una congrua parte dei nuovi iscritti affluiti ad esse verso gli ... avviamenti, sotto il pretesto di importanti cc esperimenti » didatticj. Un rimedio del genere sarebbe, 11aturaìmente, la più grave confessione di incapacità che la burocrazia della scuola italiana potrebbe mai fare. Ora cl}e la istituenda scuola media t1nificata è stata (forse senza assoluta' necessità) praticamente anticipata, bisogna fare i salti a1 quattro e i miracoli, ma non bisogna tornare i11dietro: il contraccolpo di delusione che ne deriverebbe specialmente nei ceti di nuovo reclutamento agli studi postelementari sarebbe altrimenti gravissimo. Quanto agli istituti tecnici, essi rappresenta110 oggi - senza alcuna possibilità di dubbio - il settore più delicato della nostra scuola media superiore: è fra la. popolazione di questi istituti che le nostre industrie in espansione, le nostre società commerciali, le nostre banche etc. reclt1teranno la parte maggiore dei loro tecnici non diplomati, dei loro quadri di livello medio e medio-inferiore e così via. Era tempo che l'accesso alle università fosse concesso a questi studenti in mist1ra assai più larga di qt1anto accadeva (o non accadeva) 6.11ora.Ma poichè un tale provvedime11to avrà indubbiamente un grande effetto nel determinare o accelerare il deflusso dalle sct1ole di tipo tradizionale, è tanto più necessario che queste scuole siano preparate pienamente aj compiti ai quali debbono assolvere. Fino a qualche tempo fa sembrava che fossero solta11to gli istituti tecnici del Mezzogiorno a non disporre del necessario; quest'anno la cronaca· del cc Corriere della Sera » ci ha ampiamente e sorprendenten1ente informati sulle deficienze degli a11aloghi istituti milanesi. Sembra p~rtanto legittimo ritenere che sia soprattutto nel caso di questi istituti che si rende necessaria una visione generale del problema e un preciso, bene articolato piano di interventi, per quanto riguarda sia la loro distribuzione geografica, sia le specializza9 Biblio.tecaginobianco

.. zioni jmpartite, sia i !)rogrammi da svolgere, sia le attrezzature di cui · si dovrà disporre. E in particolare per qua11to riguarda j programmi, che pensare di disposizioni che impongono u11improvviso adeguarne11to a schemi e a metodi nuovi anche a cl1i ha già compiuto la parte mag- ' ·giare di un regolare corso di studi, distt1rbandone senza· ragione il processo di formazione culturale e correndo il rischio che non si completi lJene nè il vecchio nè il nuovo programn1a? Questi, co1ne abbiamo detto, sono soltanto alcuni dei problemi che · improvvisamente si sono posti all'attenzione dell'opinione pubblica in occasione della riapertura dell'anno scolastico. Ma evidentemente 11e sussistono altri di non minore rilevanza. Basterebbe pensare alla questione del latino. I problemi ai quali abbiamo accennato sono sufficienti_. tuttavia, per dedurne alct1ne linee generali di prin1aria i1nportanza. È chiaro che il problema dell'istruzione in Italia si pone (facendo astrazione dall'Università) su molteplici livelli. Si pone come problema dell'istruzione universale al livello della· scuola elementare. Si pone come problema di istruzione funzionalmente moderria e sociale al livello della · scuola media. Ma si pone co1ne problema di promozione sociale, di sviluppo delle aree depresse e di integrazione nazionale a tutti i livelli. Quan,do si pensi a ciò, non può non riuscire sorprendente che la disct1ssione sui problemi della scuola italiana si sia incentrata nei n1esi precedenti all'apertura dell'anno scolastico sulla questione dei rapporti tra scuola pubblica e scuola· privata, questione sulla quale è sembrata a t1n certo momento doversi giocare una delle poste più alte della vita politica italiana. E per giunta la discussione è stata portata soltanto sul terreno sempre difficile dell'opposizione tra laicismo e confessiona- ... lismo, coi laici cl1e rivendicano le ragioni dello stato democratico e sovrano, e coi cattolici che rivendicano la libertà di insegnamento e di associazione. Natu.ralmente le questioni di princi_pio sono irrinunciabili., e la battaglia per la difesa della scuola di Stato è ancor meno rinunciabile di altre; ma sarebbe forse opportuno spostare la materia del contendere da questo terreno a quello della rispondenza alle reali e prof onde esigenze avanzate dalla nazione nel campo scolastico. Della sct1ola pubblica è da dire che a tali esigenze essa è ancora be11 lontana dal soddisfare. Ma che dire della scuola privata? È oltremodo difficile stabilire oggi dove la scuola privata cessi di essere un'iniziativa a puri fini educativi e cominci al essere una iniziativa a fini prevalentemente commerciali. E ci sono altri aspetti da considerare. Non si può passare senza turbamento dalle aule linde, serene, 10 s·ibliotecaginobianco

spaziose, confortevoli della maggior parte delle scuole private a quelle precarie, male adorne, ir1imed.iabilmente inst1fficienti della maggior parte delle scuole di Stato. Nella nostra Napoli abbiamo avuto proprio di recente la posa della prima pietra (naturalmente con l'intervento delle massime autorità cittadine) di un complesso scolastico che pro- . mette di essere tra i più ammirevoli non di Napoli soltanto, in una , bellissima posizione, con un impiego di rnezzi che è chiaramente cospicuo e senza difficoltà. E si tratta di Napoli, ossia del capoluogo italiano di provincia con forse maggior carenza di aule scolastiche. Lungi cioè dall'operare in funzione di quella richiesta di istruzione universale e di promozione sociale che il Paese avanza instantemente la scuola privata opera una azione selettiva doppiamente pericolosa: perchè dà alle differenze sociali il sigillo forse più clamoroso, il sigillo di una istruzione diversamente articolata, e perchè consente a determinati gruppi una tempestiva ipotecazione degli orie11tan1e11tie delle coscienze- di gran parte dei giovani appartenenti alle classi da' cui provengono- in così gra11de misura gli elementi direttivi della vita del p-aese. La scuola privata si è andata perciò sempre più confermando come la scuola degli agiati se non dei ricchi, come la scuola di quelli cl1e so110 importa11ti ..... ._ t. se non potenti. È ammissibile una tale verticale spaccatura della gioventù italiana? Avremo, dunque, sempre più da una parte ben sistemate le élites e dall'altra, arrangiato alla bell'e meglio, il volgo? •I•µ , .. t • • Si aggiunga, inoltre, che le scuole private svolgono la loro attiv-ità, per la parte maggiore, nel campo dell'istrt1zione classica e magistrale, oltre che elementare. La loro parte nel campo dell'istruzione scientifica, "·, tecnica e professionale è del tutto di secondo ordine. Ciò aggrava ·la l9ro posizione. Le scuole tecniche e professionali sono i11dubbiamente quelle più vicine alle grandi couches popolari del nostro paese, ·e sono un elemento determinante per valutare la modernità di un sistema scolastico. Le consegt1enze da trarre dall'assenza delle scuole p1ivate da questo settore ci sembrano altrettanto chiare di quelle sopra esposte. In conclusione, dunque, l'opposizione tra scuola pubblica e scuola privata non è l'angolo visuale da cui si possa specialmente guardare ai problemi della scuola· italiana; dei quali sfuggirebbe altrimenti la vera natura; e la libertà di insegnamento e di associazione dovrebbe essere fuori di ogni discuss~one, ma il rapporto tra le conseguenze del1' esercizio di essa libertà e la fisiologia della circolazione sociale e del ·potere nella società dovrebbe essere oggetto di a·ssidua e attenta sora:. veglianza. 11 Biblioecaginobianco

Il pregiudizio favorevole di Vittorio de Caprariis Hugl1 Seton-Watso11, che è direttore del dipartimento di storia alla Scuola di Studii Slavi e delrEuropa Orientale dell'Università di Londra, l1a scritto, qualche settimana fa, un articolo, Eastern Europe: Five Years after October, nel quale si possono leggere queste malinconiche considerazioni: cc la sincerità dei de1nocratici dell'Europa Orientale nel collaborare coi comunisti e nel mettere in cantiere riforme sociali veramente radicali rende ancora più mostruoso il tradimento consumato co11tro di essi dai loro alleati co~unisti. E quando si osserva il prevalere di analoghe illusioni nell'Asia, nell'Africa~ 11ell'A1nerica Latina di oggi, la tragica vicenda dei paesi dell'Et1ropa Orientale, negli anni tra il 1945 ed il 1948, appare qualcosa di più che 11n argomento di esercitazioni a·ccademiche; e l'incapacità dei no11-comunisti ad imparare la lezione delle ~ose diventa sempre più scoraggiante ». Seto11Watson ·11a perfettamente ragione sul fondo della questione; ha torto solo 11el dimenticare di n1ettere nel co11to anche l'Europa Occidentale, o almeno quei pa·esi d_ell'Europa Occidentale, co1ne la Francia e l'Italia, · nei quali vi sono ancora parecchi non-comunisti i quali intrattengono quelle st.esse illusioni che persero i democratici ungheresi o cecoslovaccl1i tra il '45 ed il .'48, 11ei quali vi so110 ancora parecchi non-comunisti che guarda110 al comunismo ed al suo bra·ccio secolare con il senso dell'attesa escatologica. Ad ogni modo, F elix Arigl'ia, verrebbe voglia di esclamare ancora una volta: felice Inghilterra, dove si possono ancora' scrivere proposizio11i del genere senza che saltino fuori dei democratici progressisti pronti a darvi dell' cc agente provocatore » al soldo della reazione e del capitalismo americano. A chi scrive queste pagine, ad esempio, è toccato di sentirsi rimproverare, da un a·utore12 ·Bibliotecaginobianco

vole personaggio (o almeno da tale che è considerato « autorevole ») dalla sinistra democratica italiana:, di avere scritto, i11un articolo polemico contro Piovene stampato nel cc 11ondo », null'altro che delle cose « fruste » : cl1e era t111modo elega11te_e cortese di dire che, dopo tutto, · si trattava soltanto di un articolo « provocatorio ». Questo e1Jisodio, che no11 è inventato ma è realmente accaduto, mi sembra simbolico della conft1sio11e che reg11a sovrana nella mente di pareccl1i uomiI1i della sjnistra de1nocratica oltre cl1e di tanti i11tellettuali e letterati che si se11tono con1e il sale della terra. Effettivamente, per tanti di questi uomi11i, di questi irTtellettuali e letterati, se provate a ricordare che cinque an11i fa vi fu l'intervento s,ovietico in Ungheria, e che questo i11tervento no11 ft1 ordi11ato da Stalin (sul qualé, con alquanta i11generosità e co11 pari stupidità, si caricano tutte le colp>e), ma da Krusciov, che a·ppare loro u11 « liberale » magari non troppo spinto, se 1Jrovate a ricordare cl1e la direzione collegiale dello stesso Krusciov si è assottigliata :6110 al pt111to di compre11dere ormai lui solo, e che pertanto qt1esto 1nedesi1no « liberale » dall'aria bonaccio11a'non è altro che il capo di t1n regime totalitario, il quale a giorni alter11i ci n1inaccia di sterminio; se ricordate tutto ciò, rischiate di passare per un reazio11ario, per u11 oltranzista e per un gt1errafondaio. Tra questi intellettt1ali e letterati e politicantj si è diffusa u11a singolare 1nalattia della rnente e della· volontà cbe li porta ad un sostanziale conforn1ismo fìlo-comt1nista, ammantato cli propositi di fiera i11dipende11za di giudizio, t1n oonfor1nismo cl1e in qualcl1e caso fa 1Je11sare ad una strana deficienza· di coraggio intellettuale. Farò u11 altro ese1npio: chi 11011ricorda gli t1ragani di 1Jroteste cl1e sollevarono solo due o tre a11ni fa gli esperimenti 11ucleari dei fra11cesi? Vi fu allora a11che u11 grande n1anifesto, firmato da q t1a'Si lt1tti gli studiosi italiani di fisica nucleare, nel quale si de11unciavano i pericoli cl1e l'umanità tutta i11tera correva per l' aume11to del tasso di radioattività nell'aria: e non solo i giornali comu11isti, ma tutti quegli intellettuali e quei letterati cl1e si sono sopra ricordati .fìr1nar,0110i loro bravi doct1menti e si affannarono a gridare allarn1ati per la salute dei loro simili, ed a tacciare di brutale i11umanità tutti coloro che richiamavano sommessamente l'attenzione stil fatto che gli esperi1ne11ti nucleari no11 si potevan•o giudicare e condannare troppo semplicisticame11te (a11cl1e se in concreto quelli allora fatti dai francesi era110 una cosa un po' ridicola'). Orbene, qualche giorno fa, ossia dopo la decisione sovietica di riprendere gli esperimenti nucleari nell'atmosfera, mi è toccato udire uno di quegli 13 Bibliotecaginobianco

f intellettuali, il quale dt1e o tre anni or sono prote~tava con tutte, le sue forze (uomo del resto di molteplici letture e fine critico d'arte), tuonare. contro i giornali italiani, colpevoli di non avere pubblicato 11otizia dei lavori di non so quale commissione francese di esperti, la . quale aveva co11cluso che non v'era alcun pericolo per gli a·umenti del tasso di radioattività nell'aria. Egli voleva intendere che la stampa « borghese », come al solito in mala fede, non aveva· traccia di quell'informazione che avrebbe, i11certo modo, attenuato l'odiosità del gesto sovietico e l' allar1ne da esso prov·ocato : « perchè queste cose - esclamava incollerito - nei giornali italiani non si stampano ! ». E quando gli ricordai il manifesto dei fisici nucleari italiani egli (che a differenza di altri che la pensano come lui è fornito di coraggio e di onestà intellettuale) osservò che questo era un « buon argomento ». Non so se era veramente un « buon argomento » : voglio dire che non so e no11 ho la competenza 11ecessaria p,er stabilire quale dei due gruppi di esperti fosse nel giusto. Tuttavia il punto più importante della questione non è questo, ma un altro: e cioè cl1e quell'uomo, colto e capace, nella sua professione, di mostrate buon gusto e forza di ragionamento, avesse come cancellato dalla sua mente ogni ricordo delle sue stesse polemiche di qualche anno innanzi, e fosse pronto a dare all'Unione Sovietica il beneficio di un dubbio e a discutere, questa' volta, la questione degli esperimenti nucleari 11011già facendo appello al sentimento u1nanitario, ma ispirandosi ai criteri della ragion politica. Come può capitare che la me1noria funzioni sempre in una direzione sola, o anche a direzioni alterne, ma· sempre a beneficio di una stessa p·a1te? Come può capitare che ci si dimenticl1i dopo· un mese dell'Ungheria, dei crimini di Stalin, di quelli cl1e Krusciov commise per ordine di Stalin (e che andranno, evidentemente, giudicati con lo stesso metro con cui si giudicano quelli del suo signore e padrone), di tutto, inso-mma, e che si parli ancora· del maccartismo? E come può capitare cl1e si sia sempre pronti a fare appello ai criteri della ragion politica quando si tratta dell'Unione Sovietica, e mai quando si tratta, poniamo, degli Stati Uniti? Le discussioni sull'incidente capitato a Cuba qualche mese fa' sono ancora tropp·o vjve nella memoria per essere state dimenticate soprattutto da quegli intellettuali e letterati e politicanti di cui veniamo parla11do. Qualunque cosa si voglia pensare della vicenda (e chi scrive non è certo tra coloro che ritengo-no cl1e i dirigenti statunitensi si siano, in quel cas·o, condotti razionalmente), è lecito -cl1iedersi perchè coloro i quali, pur conda11nando a fior di 14 Blbliotecaginobianco .. .. \' . .

.. .. .. -· labbra l'impresa sovietica a Budapest, assortiyano la loro condanna di tante cautele (la ragion di stato, la. sicurezza dell'Unione Sovietica, la perdita di prestigio della medesima, etc.), n{>n abbiano sentito la necessità di aggiungere le medesime cautele all'assai più tonitruante co11danna da essi medesimi pronunciata nella vicenda di Cuba. Ed è lecito chiedersi percl1è questi fieri ed intransigenti giudici della co11dotta della democrazia americana in quel caso, questi soloni, che me~ano vanto di u11a coscie11za austera ed inflessibile ed impa·rziale, non abbiano sentito il dovere morale elementare di s•ottolineare l'abisso che v'era tra Budapest e Cuba, ed anzi abbi~no volentieri ceduto alla tenta•zione di paragonare le due vicende. E ancora è lecito chi€dersi perchè questi medesimi personaggi sia110 sempre pronti a commuoversi su Lumumba (il quale pure aveva qualche morto sulla coscienza) e dimentichino così naturalmente l'assassinio, di Nagy; perchè non possono neppure sentire dire che Fidel Castro è un volgare tirannello sudamericano, no11 molto diverso da q11el Batista eh' egli_ ha sostituito nel fare pronunciare condanne a morte dai suoi tribunali per delitti di opinione; perchè essi, cl1e s0110 sempre pronti a lanciare l'anatema sui Ciang-Kai-Shek e su consimili uomini politici, che a loro giudizìo sarebbero stati o sarebbero soltanto dei ·et servi » degli americani, evitano accuratamente di pronunciare analoghi giudizi sui vari « Quisling» che Mosca ha messo sul trono nell'Europa Orientale. È evidente · che v'è in essi u11a singolare tendenza a guardare da una parte sola, l1na tendenza che abbiamo potuto constatare valida sempre ed in ogni caso e soprattutto nei momenti di crisi e di tensione. Ed è evidente ,che questo n.011può essere un fatto casl1ale, ma dipe11de da una· stortura intellettuale, da t1n verme che rode la loro coerenza mentale e li costringe a fa tue contraddizioni ed a volte anche ad assumere posizioni ed a pronunciare giudizi, cl1e non paiono affatto cornpatibili con l'integra ed imparziale coscienza di cui menano tanto vanto. Dovendo dare un no1ne a questa stortura intellettuale darei quello di «. pregiudizio favorevole )) ,verso i comunisti. In effetti, la posizione di questi intellettuali e letterati ricorda· assai davvicino quella cl1e aveva assunta, una quindicina di anni fa, un filosofo francese di scuola esistenzialista, Merleau-Ponty, in t1na serie di saggi pubblicati poi in volume col titolo di Humanisme et Terreur. Merleau-Ponty concludeva allora ad una' posfzione di attesa filo-comunista, ad una posizione che dava, cioè, al comunismo ed alla sua incar11azione secol~re appunto il beneficio di ciò che ho chiamato il « pregi~dizio favore15 ibliotecaginobianco

/ vole». Chi assumeva un tale atteggiamento non s'impegnava a militare esplicitamente nelle fila di un partito comunista, ma guardava ad oriente con fiducia, perchè aveva accettato di far coincidere la logica marxista con la logica stessa della storia: e dunque i processi, le epura-_ zioni, le violenze, i massacri, i campi di concentramento erano- forse necessari alla realizzazione di quella logica marxista. C'era un forse di troppo: e lì era la ragione per cui Merleau-Ponty non diventò mai comunista; ed a11che la ragione del suo successivo abbandono del « pregiudizio favorevole ». Ma i nostri intellettuaìi e letterati non hanno il coraggio della ricerca e l'onestà intellettuale cl1e aveva Merleau-Ponty. E se capita loro di essere forniti di qt1alche cultura filosofica, si fanno forti di un rozzo storicismo, come quello, ad esempio, che inducevct anni fa Francesco Flora, reduce da t1n viaggio in Russia, a dire eh' egli gt1ardava soltanto all'incremento di libertà rappresentato dalla rivoluzione socialista, senza preoccuparsi di ciò cl1e questo aveva significato nellcr storia effettuale dell'Unione Sovietica. Oppure, quando hanno il buon gusto di evitare di pro11unciare simili giudizi, pongono avanti gli umili e gli oppressi, i poveri ed i diseredati, qt1asi essi solo sentissero e fossero capaci di sentire tutta la miseria del mondo, e si appellano ad un' evasior1e se11timentale dalla logica e dall'analisi puntuale dei fatti, ed affermano, come affermò Sa1tre a st10 tempo, di guardare l'uomo e la società nella loro verità, cioè con gli occhi del meno favorito. Ed - è qui che affiora quel cc pregiudizio favorevole >> di cui si diceva prima, che indusse un ~1oravia a scrivere libretti sulla « speranza » ed a· recarsi al congresso comunista all'i11domani di Budapest; o che induce un Piove11e a scrivere che la luce viene da oriente e che la sola cos~ vitale cl1e esista, ormai, è il socialismo o il comunismo, e che a noi non resta altro che tentare di inserire un pò di « individuo » in tutto il collettivismo socialista (dove non sai se stupirti di più dell'inconclu~ <lenza logica' o dell'ingenuità). Devo aggiungere, tuttavia, che l'appello al sentimento non esclude, in codesti intellettuali e letterati, una sorta di esaltazione innanzi alla violenza rivoluzionaria, innanzi al delitto compiuto in nome della rivoluzione, che appare ad essi santo e. giustificato (soprattutto se avviene i11un paese lontano dal loro): e qui credo che, pit1ttosto che una rigorosa logica marxista, vi sia in essi un miscuglio di tutte le correnti irrazionalisticl1e della cultura dei primi trent'anni del novecento, lo stesso miscuglio cl1e indusse alcuni di loro a celebrare o almeno ad approvare, a suo tempo, la violenza fascista e nazista, che anch'essa appariva loro .una forza di liberazione d~ll'opa16 Bibliotecaginobianco

cità della storia. Comunque ciò sia, sentimentale o no che ne sia l'o~igine, il « pregiudizio favorevole » è una stortura intellett11ale, -la quale può portare anche ad una malattia morale devastatrice. Poichè, lo si faccia in nome della dialettica rivoluzionaria o in nome del « meno favorito », la soppressione delle libertà politiche, la persecuzi,one per delitto d'opinione, l'epurazione, i campi di concentramento e i massacri, .non perdono affatto la loro natura propria di aberra'zio,ni dall'uman·o, e dunque di procedimenti ingiustificabili agli occhi di chi non sia disposto a considerare cc ambigui }> i valori della libertà, del governo fondato sul consenso dei governati e del diritto di ognuno alla felicità. Sul piano dell'analisi delle idee come su quello dell'analisi storica la causa è, per così dire, già giudicata; e non posso che ripetere- qui ciò che 110 già scritto altre volte. Per paradossale che ciò possa sembrare, proprio lo sforz.o di dare una validità teorica al « pregiudizio favorevole }> porta inesorabilmente alla sua 11egazione. Poichè, per farlo, è necessario riproporsi tutto il problema del marxismo come ragion_ storica universale, e riproporselo nella sua dimensio·ne più drammatica: una volta riaffermato cl1e il marxismo non è una qua1siasi filosofia della storia, ma è la logica stessa della storia infinita la quale s'incarna nella autentica rivoluzione, resta da cl1iedersi se questa rivoluzione finale può accettare nel suo interno, a differenza delle rivoluzioni passate, t1na libertà di contestazione, che è la s•ola cosa che garantisca ancora la vita della dialettica e dunque della storia. Ma ancora una volta ci si urta alla stessa clifficoltà : se è vero che una rivoluzio11e ripete la sua forza ed il suo stesso modo di essere dal fatto di concentrare tutta la negatività i11una clata forma: storica, rovesciata la c1uale il fiume della positività potrà scorrere ordinato, è evidente che ancora una volta tutto ciò che co11testa la violenza rivoluzionaria appare, ·nei fatti, co,ntrorivoluzionario. Ammettere la libertà di contesta:zione equivarrebbe ·a degradare, a interrompere e finalmente a porre al rischjo della disfatta ,lo slancio rivoluzionario. E poichè non v'è rivoluzione al mondo che si compia con un atto solo, ossia in un momento solo, tutti i successivi momenti di una rivolt1zione che voglia restare fedele a1 se stessa devono negare, come il prin10, il principio della contestazione, ossia uccidere la dialettica, spezzare la corsa della storia, sopprimere la libertà. A questa a11alisi sul piano delle idee corrisponde puntualmente l'analisi storica della Rivoluzionè di Ottobre: Lenin dovette negare la libertà non solo dei conservatori, delle ~< guardie bia11che », ma anche quella dei populisti e dei socialrivoluzio11ari e dovette sopprimere ogni partito 17 Bibliotecaginobianco

.. diverso da quello bolscevico; e poi dovette negate, nell'ambito stesso del partito bolscevico, ogni libe1tà ai sindacati; e Stalin fu costretto a continuare per la stessa strada ed a liquidare tutte le op,posizioni all'interno del pa1tito, e, fì11alme11te,come co11 apparente stupore ricordò . Krusciov, dovete distruggere gli uomini stessi che l'avevano aiutato a distruggere i suoi avversari: e ciò non già perchè egli a,,esse u11 tem- · peramento di despota orientale o di pazz,o sanguinario, come sembra lasciar intendere il medesi1no Krusciov e con1e scioccamente credono tanti nostri intellettuali e letterati, ma perchè era prigioniero di un sistema che lo portava a sopprin1ere ogni pri11cipio di co11testazione. E da qualche a11no a qt1esta parte Knisciov in persona 110n sta· face11do altro che annullare ogni opposizio11e (sia pure senza liquidare fisicamente tutti gli avversari), poichè è a11cl1e'gli prigioniero della stessa divinità. Dall'analisi ideologica e da quella storica risulta evidente che .1· il fam.oso cc pregiudizio favorevole » (il quale, se vuole essere vera111ente fedele a se stesso, non può 11011supporre la libertà) è 11egato compiutamente. E si pan.e il problema di sapere se 110n vi sia più avvenire in u11 regime che non pretenda di terminare la storia, ma solo di aiutare gli u•omini a·d essere vera1nente liberi, in tutta la più larga accezione del tern1ine. Simile a questo è un altro errore, che pure è co1nmesso molto spesso da quanti, tra questi intellettuali, 110n accettano l'i11terpretazior1e marxistica, e tuttavia si appella110 allo storicismo per considerare con · sprezza11te sufficienza· coloro che ribadiscono con fermezza i valori libe- · - rali e democratici contro il comunismo, e per trattarli da oltra11zisti pericolosi. Voi - così suona il ragio11amento di costoro - siete degli illuministi che 110n accettano i fatti della storia : l'Unione Sovietica è un fatto esistente ed innegabile, una realtà storica; e le realtà storiche non si 11egano e non si combatto110, ma si accettano e ci si sforza di intenderle; come non serve rimproverare a Calvino di aver fatto ardere Serveto, così non serve rimproverare a Stalin di aver liquidato_ parecchie ce11tinaia di migliaia di creature tu;nane. D'altro canto, H mondo va verso uria certa djrezione, va verso il socialismo, il con1unismo e 110n ci si può irrigidere, caparbiamente e ciecamente, in certe ottuse 11egazioni. Anche qui v'è una stortura intellettuale grave, deri-- vante dal fatto che) per rozzezza logica, si scambia per storicismo una dottrina che 110n ha nulla a che fare co11 lo storicismo. Chiedersi dove va il mondo equivale a chiedersi quali siano i grandi co11flitti ideali e pratici del nostro tempo per 1neglio .indirizzare la nostra azione, per 18 ·l:3ibliotecaginobianco

. ' intervenire con questa a combattere o ad agevoìare o a correggere; ma non vuol dire affatto adeguarsi supinamente a quella che crediamo per un momento la direzione della storia. Chi fa questo mostra un'insanabile confusione mentale, commette un atto riprovevole moralmente e... rischia di trovarsi ad aver torto ogni dieci anni. Vent'anni fa, quando le divisioni tedesche erano in vista di Mosca e la svastica dominava l'Europa, molti di coloro i quali credono che oggi il mondo va verso il comunismo credevano che andasse verso la· ,rittoria 11azista, · e procuravano di scrivere inni giornalistici o di tessere, in inconbi italotedeschi di giuristi, le istituzioni del cc nuovo ordine >> ! Il mo11do va in tante direzioni diverse, e verso tutte oontemporanea1nente! È dunque falso intellettualmente e ri1)rovevole moralme11te addossargli quelle che sono e del1bono restare le nostre scelte perso11a1i. All'origine di questa confusione concettuale v'è, con1e dicevo, una ,, radicale jncomprensione del vero storicismo, un assurdo trasferimento ' della dottrina storicistica della conoscenza storica a dottrina dell' azio11e politica. Non è la· prima volta cl1e rni ca1Jita di polernizzare contro qt1est' aberrazione logica; tuttavia mi sembra necessario insistere su questo tema, perchè è esso che fornisce l'alibi filosofico e morale a tanti « tremolii » e sbandame11ti ed errori di intellettuali e di politici. Quando studiamo l'instaurazio11e della Riforn1a a Gi11evra e le lotte dj Calvino non ci serve a nulla, è ben vero, dire che Calvino fu un tristo perso11aggio ed un avversario acerTimo della dottrina della tolleranza religiosa per aver attizzato il rogo di Serveto. Il nostro problema è di comprendere ciò che è accaduto e non possian10 trattare Calvino come u11 avversario da abbattere o un alleato da difendere ad ogni costo. Anche per questo caso conserva tutto il suo valore l'ironica esclamazione di Mare Bloch a proposito dei contrasti feroci tra gli storici intorno alla figura di Robespierre: cc robespierristi, anti-robespierristi, fateci grazia! Diteci semplicemente chi fu Robespierre ». 11a se a noi fosse toccato di fiorire tra il 1530 ed il 1550 e fossimo stati convinti.. profondamente convinti, com'era, ad esempio, convinto Sebastiano Castellione, cl1e il cristianesimo era un'aurea moneta che si sarebbe dovuta poter spendere t1gualmente i11 tutti ,i paesi, e che pertanto si doveva badare al nocciolo della fede e non giudicare e perseguitare chi non fosse convinto di certe cerimonie e di certe dottrine irrilevanti dal punto di vista di qt1el nocciolo; se a noi fosse toccato vivere a quel tempo e avessimo nutrito nel 11ostro intimo le profonde convinzioni di Castellione, cosa avremmo fatto? Avremmo, forse, detto: il mondo va 19 .-Bibliotecaginobianco I .

verso il trionfo di Ca1vino, verso il trionfo dell'intolleranza dovunque, a Parigi come i11 Spagna, a Londra come i11Germania? O ancora: le chiese protestanti sono una realtà di cui bisogna tener conto, e n·on si posso110 negare e meno a11cora mettere in pericolo? Oppure avremmo • affro11tato, come Castellione affrontò, miserie m-orali e 1nateriali per tener fede al pri11cipio della tollera11za, per scrivere e pubblicare opere i11 difesa di tale principio? Questo esempi.o 1nostra perfettamente la differenza che v'è tra il problema di uno storico e quello dell'uomo che vive ed agisce 11el suo ten1po. Il problema principale dello storico è di comprendere Calvino per ciò che fu, per ciò che la sua azio11e rappresentò nel grande dra1n111a della Riforma e delle ·origi11i della civiltà moderna. Il che 11011vuol dire affatto, come 1nolti creclono, cl1e si giustifichi ogni cosa del passato. L' acct1sa alla dottrina storicistica della conoscenza, di distruggere la vita morale co11la formula del realerazionale, è falsa perchè, come ricordava IJiÙ di trent'anni fa A,dolfo Omodeo, il pensiero storico domina la realtà passata invece di subirla, defi11isce gli uomini invece di esaltarli: « spesso avviene che colui che passava 1Jer uomo di stato lo digra·diam-o a politicante, che svolse una qua1 lche azion.e che ebbe possibilità d'incrementi olb·e le sue stesse intenzioni; il presunto poeta scivola giù nel gradin.o del letterato. Ma possiamo imbatterci in Gia11battista Vico, e allora l'osct1ro professore di retorica· sale ai fastigi su1Jremi dell'umano pensiero » . · · . Ma per tutti noi in quanto viviamo nel 11ostro tempo e concorriamo ai conflitti ideali e pratici che lo f a11no esistere, il problema è profondamente diverso. Non si tratta soltanto di intendere ciò che ci sta accadendo intorno, 111aancl1e, ed anzi soprattutto, di stabilire ciò che le nostre profonde co11vinzioni) le nostre idee p-oliticl1e e la nostra coscienza morale c'impongono di fare nelle determinate condizioni 111 cui ci trovia1no. Comprendere 1Jer comprendere in questo caso 11-onservirebbe a niente: innanzi tutto perchè si tratterebbe sempre di una comprensione assai paTziale ed imperfetta, sommaria ed approssimativa, dal mome11to che jJ processo storico è ancora i11atto e le forze che agiscono in esso non s0110 tutte con.osciute, e potrebbe ben darsi cl1e <( la storia vada » i11 t1na direzione ben diversa da quella apparente. E p-oi perchè una volta cl1e si siano approssimativamente valt1tate le realtà che ci sono in11anzi, no11 abbiamo ancora fatto nulla, 11011 abbiamo deciso nulla sulla n.ostra scelta. La causa degli dei può non piacere a Catone: e questi, se sente repugnanza per quella causa, non può non decidere di combatterla in ogni modo. Quando n-on si tenesse 20 Bibliotecaginobianco

• I conto di qt1este verità eleme11tari, qua11do ci si adattasse a seguire in tt1tti i casi la causa degli dei, perchè è quella a cui si presume debba sorridere la vittoria, a1lora si distruggerebbe ogni libertà e dignità .dell'individuo, og11i libera vita, ogni eticità, e l'uomo sarebbe degradato ad uno schiavo, che tesse gli orditi della fortuna. Noi non possiamo spartire la realtà che concorriamo a creare nel momento stesso in cui agiamo, non possiamo essere allo stesso tempo t1omini d'azione e storici della nostra azione, e vedere come la politica che affermiamo e quella che neghiamo si integreranno a vicenda, ed in quali guise avverrà questa integrazione. E meno ancora possiamo stabilire chi incarna la libertà e chi non l'incarna. Noi non possian10 metterci nei panni di Dio, e dire: la storia va verso ...; oppure : ·oggi, malgrado la negazione della libertà, il comunismo è l'erede del liberalismo ... Questo è un atteggiame11to che può essere dettato da scarsa meditazione dei problen1i o addiritura da viltà: l'uo1110deve avere il coraggio di agire allo scoperto, di credere nelle cose cl1e vuole o fa se11za la garanzia di muoversi nel senso della storia di domani; o, a chiamare le cose col loro n.ome, senza la· gara11zia che si troverà dalla parte dei vincitori di domani. Si può onestamente affern1are di voler combattere per il con1unis1no 1)erchè si è convinti cl1e solo l'avvenire di u11 regime di qt1esto tipo porterà alla costruzione della città di Dio in terra . .È, invece, profondamente disonesto affermare che sì, è vero, i regimi comunisti s01Jprimono le libertà individt1ali, no11 fondano il go-verno sul consenso dei gover11ati, negano la vita della cultura, 1na, tuttavia, conviene rassegnarsi ad esso, perchè l'avvenire è lì, e qui11di il meglio che noi si 1Jossa fare è te11tare di travasare un pò di individt1alisn10 in quei regimi. Voi, scrisse una volta Tocqueville a Gobi11eau, siete convinto che la Francia dev'essere governata dal regime della scialJola e del bastone; ma· siete disposto, forse, ad offrire la vostra schiena alle .frustate, per provare la verità delle vostre convinzioni? Pa1imenti disonesto è affermare che il comt1nismo è u11a realtà che non si può negare e quindi co11viene ve11ire a patti con esso, percl1è tanto l'avvenire si situerà ad un pu11to d'incontro di democrazia e comunismo. Per noi, che abbiamo visst1to in quell'epoca, i delitti di Stalin non sono oggetto soltanto di esercitazioni accademich~ come il rogo di Serveto; per noi, che viviamo in questi tempi, il totalitarismo del regime comunista sovìetic0 è, sì, una realtà che biso,gna conoscere e procurare d'intendere, ma soltanto per poterla meglio combattere e più sicuramente vincere, Noi possiamo soltanto affermare le nostre convinzioni, i - nostri 21 Bibliotecaginobianco

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