Nord e Sud - anno VIII - n. 18 - giugno 1961

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna GIUSEPPE GALAsso, Contraddizioni della politica meridionalistica MARIO D1 BARTOLOMEI, Piano verde e Piano Mansholt Gruuo GIUSTI, Cuba senza miti LUIGI AMIRANTE, L'Università in Calabria EvA 0MODEO ZONA, Il Risorgimento sotto processo GOFFREDO FoFI, Meridionali e settentrionali allo « specchio dei tempi» e scritti di GIUSEPPE GALAsso, FEDERICO Gozzi, LUIGI LERRO, LUIGI MAZZILLO, STEFANO RonoTÀ, UMBERTO SEGRE, ANTONIO VITIELLO ANNO VIII • NUOVA· SERIE · GIUGNO 1961 · N. 18 (79) EDIZIONI SCIENTIFICHE· ITALIANE • NAPOLI Bibliotecaginobianco

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NORD E SUD Rivista mensile diretta da Francesco Compagna B"bliotecaginobianco

SOMMARIO Editoriale [ 3] Giuseppe Galasso Contraddizioni della politica meridionalistica [6] Mario Di Bartolomei Piano verde e Piario Mansliolt [18] FRONTIERE Giulio Giustj Cuba senza niiti [30] 11.d. r. Lt1igi Amirante Eva Omodeo Zona Stefa110 Rodotà Federico Gozzi GIORNALE A PIO VOCI Le sortite clell'on. Garbino [ 46] L'Università in Calabria [ 48] Il Risorgimento sotto processo [ 52] Cronache clelle istituzioni [ 56] Gli Stati Uniti visti dal « Ponte » [ 61] INCHIESTE Giuseppe Galasso Istruzione professionale e iridustria in provincia cli Napoli (IV) [ 6,51 RASSEGNE Goffredo Fon "/\1 ericlionali e settentrionali attraverso lo «specchio clei ten1pi » [ 81] PROPOSTE E COMMENTI Luigi Lerro Il CIFE di Salerno e raddestramento degli emigranti [ 106] LETTERE AL DIRETTORE Umberto Segre « Stato 1noclerno » [ 1171 Un11 ropia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti Sostenitore L. 20.000 ltnlia ana uale L. 3.300 semestrale L 1. 700 Estero annuale L. 4.000 semestrale L. 2.200 Effettuare i versamenti 1ul C. C.P. 6.19585 intestato , t:d. Scientifiche Italiane S.p.A. Via Roma. 406 Napoli Bibliotecaginobianco CRONACA LIBRARIA [ 118] DillEZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telef. 392.918 Abbonamenti, distribuzione e pubblicità: EDIZIONI SCIENTIFICHE ITALIANE - S.p.A. Via Roma, n. 406 - Napoli - telef. 312.540 - 313.568

Editoriale Un paio di mesi fa si diffuse la voce, ripresa da niolti giornali, che il Presidente della Repubblica avesse l'intenzione di dimettersi, poichè aveva l'impressione che le grandi nianovre per le elezioni presidenziali clel '62' si fassero già aperte e temeva che esse potessero paralizzare la normale dialettica politica del paese. La notizia fu poi smeritita, ed anzi nelle settimane della rnetà di 1naggio il Pre~idente Granchi prese addirittura l'iniziativa, rapidame·nte rieritrata, di una cerifica della rnaggioranza parlameritare dell'attuale governo. Il fatto, tuttavia, che una tale notizia abbia potuto circolare e che le sia stato attribuito da giornalisti ed osservatori politici u·n niinimo di plausibilità, è una prova di più che il problema delle elezioni presidenziali dell'anno prossimo sia sentito già oggi come un problerna politico di primaria importanza. E del resto non è neppure del tutto inesatta l' afferrnazione che q·uesto problema abbia in sè uria singolare virtù paralizzante: sarebbe, ad esempio, alquanto improprio affermare che oggi il paese abbia un Ministro degli Esteri. Le malattie dell' on. Segni sono parse a molti 1nalattie politiche, poichè sembrava strano che l'uomo fosse sano per le defatiganti esercitazioni nioridarie del viaggio di Elisabetta Il d'Inghilterra, e fosse ammalato quando si trattava di discutere della crisi cubana in Parlamento o di recarsi ad Oslo per la conferenza dei 111.inistri degli Esteri della NATO (e quest'ultima assenza è apparsa, a cose fatte, più grave del previsto, perchè la riunione di Oslo si è rivelata più importante ed impegnativa di molte altre simili dell'Alleanza Atlantica). Per tutto ciò, è parso a molti che l'intenzione del nostro Ministro degli Esteri fosse di evitare di compromettersi con prese di posizione troppo caratterizza:nti, le quali avrebbero potuto pregiudicarlo agli occhi di questo o quel gruppo di elettori. Non sappiarno se ciò sia vero; ma ci senibra indiscutibile che si sia avuta l'impressione che 3 Bibliotecaginobianco

fosse vero: che era quel che bastava per tilteriormente screditare, innanzi all'opinione pubblica italiana ed internazioriale, la nostra politica estera. Le grandi manovre per le elezioni presidenziali sono, dunque, cominciate, e già si fanno i nomi dei candidati più « forti », già si prevede come si orienteranno i vari partiti e come si distribuiranno i loro t.ioti nelle diverse votaziorii. È naturale ed è giusto che in un paese democratico accadano cose del genere, anche se questa volta, forse, stanno accadendo troppo presto. E diremo francamente che proprio tale anticipo sui tempi normali ci preoccupa alquanto: da una parte perchè così si rischia veramente di paralizzare la vita politica del paese fino alla scadenza del 1962; e da un>altra perchè ci sembra che i gruppi del centro-sinistra democratico, laico e cattolico, stanno ancora una volta per essere colti di sorpresa prima che ttn discorso su una posizione unitaria abbia potuto essere intrecciato: che è come dire che stanno per essere battuti in partenza. Quali sono o piitttosto quali dovrebbero essere, a nostro giiidizio, i punti fonda mentali su cui il centro-sinistra deve insistere come su condizioni irrinunciabili e che deve fare oggetto di un impegno uri i- ... tario? A noi sembra clie vi sia una questione che primeggia tra tutte le altre che si pongorio in vista delle elezioni presidenziali; e ci sem,bra, altresì, che sia una questione tale che va fatta valere come esigenza civile prima ancora che politica. Ed essa è che il nuovo Capo dello Stato deve essere un laico. Esiste in Italia un equilibrio di fondo tra forze laiche e forze cattoliche, che va riconosciuto e rispettato prima che per ogni altra cosa per la suprema magistratura della Repubblica. Il partito dichiaratamente cattolico è nel nostro paese parecchio lontano dalla maggioranza assoluta; ma anche se avesse la maggioranza assoluta quell'equilibrio tra laici e cattolici, cui si accennava prima, resterebbe un>esigenza primordiale della vita istituzionale italiana. Le forze laiche non possono ammettere, per ragioni di dottrina, che la tendenza democristiana ad occupare tutte le posizioni-chiave della v·ita pubblica del paese non abbia qualche limitazione al1neno per ciò che rigitarda la più alta carica dello Stato. E ragioni di opportunità politica (quelle stesse per cui, all'indomani della strepitosa vittoria del 1948, De Gasperi 1uolevache fosse Carlo Sforza il primo Presidente della Repubblica italiana) concorrono a rafforzare questa esigenza: la nostra deve essere la Repubblica di tutti, e non di una parte soltanto del paese, ed a mostrare ciò nei fatti non si riescirà mai in 4 Bibliotecaginobianco ,

,naniera chiara ed indiscutibile se non adottando il criterio di alternare alla presidenza della Repubblica laici e cattolici. E va aggiunto che quando diciamo un « laico » voglia1no intendere un laico autentico, e non una di quelle figure di comodo, di laici che sono cattolici o di indipendenti eletti nelle liste democristiane. Poichè una scelta del genere equivarrebbe ad un'accettazione formale e ad un rifiuto sostanziale del principio su cui insistiamo. N è ci si obietti che q'uella che qui si propone può sembrare una discrimi-nazione, e come tale non può essere accettata dalla De1nocrazia cristiana o dai cattolici. Poichè noi 11,ondiciamo che il Capo dello Stato italiano debba sempre essere u1i laico; ma più realisticamente e pfù conformemente all'equilibrio delle forze politiche esistenti nel paese sitggeriamo un criterio diverso. Non è certo una cliscriminazione quella che porta in Austria a mettere accarito ad un min'istro socialista un sottosegretario cattolico, o viceversa! Dire, pertanto, che questa di alternare laic'i e cattolici alla prima 11iagistratura dello Stato italiano sarebbe una discriminazione equivale a coprire con una argo1nentazione zoppicante una reale volontà integralistica, una reale volontà di falsare l" equilibrio politico del paese. Per porre il problema in questi termini e per far valere questa esigenza è necessario, tuttavia, come si è accennato di sopra, che l'arco delle forze della sinistra democratica, laica e cattolica, dalla sinistra democristiana, ai repubblicani, ai socialdernocratici, ai socialisti, concordino un'azione comune. Solo a questo modo essi non usciranno ancora una volta perdenti dal fitto gioco che si è già i1npegnato; solo a questo modo eviteranno di pagare le spese per gli altri e riusciranno ad impedire che l'elezione presidenziale divenga anch'essa riull'altro che un'occasione di lotta iriterna della Democrazia Cristiana; solo a questo modo finalrnente essi rfuscira1ino a ristabilire quell'equilibrio di fonda tra forze laiche e cattoliche che è pregiudiziale ad ogni sviluppo della vita democratica nel nostro paese. 5 Bibliotécaginobianco

Contraddizioni della politica meridionalistica '\ di Giuseppe Galasso Da più parti si è osservato con soddisfazione che il Mezzogiorno è nuovamente tornato all'ordine del giorno della vita nazionale. Era tempo, e naturalmente anche noi ne siamo compiaciuti. Desidereremmo, tuttavia, per amore - se non della verità - della chiarezza, che si procedesse a qualche non sottile distinguo. Si può fondatamente ritenere che l' eclisse dell'astro meridionale dal firmamento politico italiano sia stato, pressappoco tra il 1955 e il 1958, la conseguenza di due ordini di fatti che non potevano non cumularsi: da una parte, il consolidarsi del cosiddet~o « miracolo italiano » nelle regioni del triangolo padano-ligure e in quelli adia•ce11ti generava nei ceti economici la co11vinzione che fosse quella la zona non solo vitale e decisiva, ma addirittura unica per impostare, promuovere e risolvere i problemi di espansione dell'economia italiana; dall'altra parte, la ormai stracca vicenda della destra meridionale e l'esaurimento della formula frontista a sinistra confortavano i ceti politici nella convinzione che il Mezzogiorno era destinato a rimanere nella lotta politica italiana un'area importante, ma non più di primaria importanza com'era stato pressappoco tra il 1949 ed il 1953. Le elezioni amministrative del 1956 parvero recare a questa visione delle cose il conforto di un preciso orientamento del corpo elettorale, segnando i primi grossi cedimenti nelle posizioni tenute dal blocco della destra monarchica' e fascista, una sostanziale ed evidente battuta d'arresto dell'espansione comunista, i primi (e sia pur timidi) incoraggiamenti dell'autonomismo socialista. Passiamo sopra' alle vicende particolari o ai dettagli che possono qua e là attenuare o addirittt1ra contrastare il giudizio d'insieme, ma non si può disconoscere che tra il 1955 ed il 1958 la politica meridionalistica era caduta in un'impasse pressochè semiparalizzante; esaurita la 6 Bibliotecaginobianco

u Cassa per il Mezzogiorno >> nel suo dinamismo di organo per l'elaborazione, la distribuzione e la propulsione della spesa pubblica straordinaria nel Mezzogiorno; la· spesa straordinaria sostituita in parte sempre più rilevante dalla spesa ordinaria; gli stessi fondi disponibili utilizzati solo in parte; la mitologia del « secondo tempo » della politica meridionalistica sostituita a quella del « primo tempo » quando si era ben lontani dalla conclusione di quest'ultimo, non si aveva nessuna idea chiara sull'altro e, soprattutto, si presci11deva da ogni necessaria· coordinazione e cumulazione dei tempi predicati. Nella pubblicistica meridionalista questo stato di cose fu ampiamente denunziato: se da parte comunista si gridò alla· congiura dei monopoli e al servilismo della classe politica verso gli interessi padronali, da parte democratica (e, ci sembra, con molto maggiore ragione) si mise in rilievo la natura squisitamente politica del problema e la profonda e insostenibile contraddizione per cui una1 politica di pianffìcazione democratica per lo sviluppo del Mezzogiorno doveva essere programmata a Roma da dirigenze politicl1e ed esecutive sulla cui complessiva vocazione democratica si poteva convenire, ma doveva poi essere attuata da dirigenze locali e periferiche la cui democraticità era, nella maggior parte dei casi, per lo meno dubbia. Dalla fine del 1958 in poi, la politica meridionalista\ e· più in generale i problemi del Mezzogiorno, si può dire che abbiano ricevuto una serie (e nell'espressione anticipiamo il nostro giudizio) di parziali rilanci. Le elezioni di quell'anno, se confermarono l'orinai inarrestabile fra·namento della destra, rivelarono d'altra parte che permanevano considerevoli, e tendevano anzi qua e là a crescere, le capacità espansive dei comunisti: chi si illudeva che il Mezzogiorno avesse ormai raggiunto una situazione di equilibrio e di stabilità elettorale paragonabile a quella settentriona·le fu certo fieramente disilluso. Successivamente l'avvento dell' on. Pastore alla direzione del Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno rimetteva in moto alcuni n1eccanismi di quello che dovrebbe essere il centro 1notore della politica meridionalistica, ma metteva in luce nello stesso tempo quali e quante resistenze o anche semplici inerzie, si frapponessero ad un lavoro coordinato e programmato in tal senso. Nel 1960, infine due circostanze concorrevano a determinare una definitiva risensibilizzazione dell'opinione pubblica nazionale ai problemi meridionali: la presentazione al Parlamento della prima relazione sullo stato e sugli sviluppi della politica meridionalistica e le elezioni amministrative dell'autunno scorso. La relazione al Parlamento, che si ebbe ad opera1 e ad iniziativa dell' on. Pastore (rimasto alla direzione del 7 Bibliotecaginobianco

Comitato dei Minist1i per il Mezzogiorno dal 1958 fi110ad oggi, con la breve interruzione del Ministero tambroniar10 ), fu un fatto importante innanzitutto in sede tecnica. Era data, finaln1ente, la possibilità di valutare e discutere nel st10 insieme tt1tta la1 politica statale verso il Mezzogiorno, precisandone la dimensione politica e tutto il contesto economico e sociale in cui essa si inseriva. Ma, al di là dell'importanza tecnica, valeva l'importa11za politica della' relazione, che « contro la tendenziosa formula del miracolo italiano, contro la concezione liberistica dell'intervento nel Mezzogiorno limitato alle opere pubbliche, contro l'antimeridionalismo di fatto delle aperture a' destra ... l1a rappresentato una fondamentale spinta per addivenire a un effettivo e persuasivo chiarimento del rapporto che si è venuto a stabilire fra politica meridionalista· e apertura a sinistra » t. 111connessione con l'evolversi di tutta la -vita politica italiana il rapporto meridionalismo-apertura a sinistra era emerso, infatti, nei dibattiti della democrazia laica e cattolica e del socialismo autonomista, come la sola valida impostazione politica dei problemi meridionali che avesse serie e concrete prospettive di realizzazione. D' a1ltra parte, le elezioni confermarono che la situazione rimaneva nel Mezzogiorno largamente aperta, anche se ormai la destra si poteva cbnsiderare defi11itivamente tbattuta: l'offensiva comunista aveva' ancora ampio margine di svolgimento nel corpo elettorale del Sud; e il problema di una stabilizzazione dell'elettorato meridionale si proponeva nel 1960 pressappoco come nel 1953. Il che era tanto più preoccupante in quanto il PCI - mentre ha certamente mantenuto nel Mezzogiorno il suo impegno organizzativo ed ha forse incrementato la sua presenza sul terre110 dell' agitazio11e e della prop·aganda - ha fatto registrare, contemporaneamente, un autentico vacillamento del suo interesse culturale e ideologico verso il meridionalismo e i problemi meridionali; come prova, oltre tutto, la recente vicenda del più autorevole organo del meridionalismo comunista, la rivista « Cronache Meridionali », che l1a cessato fin dallo scorso dicembre le pubblicazioni e non ne ha finora annunziato ufficialmente là ripresa, della quale tuttavia si dice che dovrebbe essere imminente. A parte gli sviluppi politici - per cui, sia pure lentamente, si ripresentava con nuova forza a'i ceti dirigenti del paese la tematica meridionalista - si era svolta intanto un'altra serie di processi che 1 Cfr. Il Mezzogiorno davanti agli ann·i sessanta, ed. Comunità, Milano, 1961, prefaz. 8 Bibliotecaginobianco

incidevano su un altro aspetto dell'interesse del pubblico italiano verso ]e regioni meridionali. Alludiamo alle iniziative industriali realizzate nel Sud in questi ultimi anni. Esse si possono distinguere in almeno tre categorie: iniziative relative al ridimensionamento di vecchie azieJ?- de IRI; iniziative isolate di privati imprenditori meridionali e non meridionali; iniziative spontaneamente o programmaticamente convergenti di gruppi privati e non privati che hanno determinato o sono suscettibili di determ'inare rilevanti fenome11i di industrializzazione di più o meno vaste zone. È intuibile facilmente la molto maggiore importanza di queste ultime iniziative, che sono anche il fenomeno più recente. Iniziative del genere hanno finora investito il corno sud-orientale della Sicilia, fra Catania e Ragusa; e sono alla vigilia di investire l'intera zona centrale della Puglia nel triangolo Ba'ri-Brindisi-Taranto, con l'importante appendice lucana di F·errandina. La concentrazione degli investimenti e la individuazione di cc poli di sviluppo » - ripetute e fondamentali affermazioni della scienza economica· non meno che della pubblicistica democratica - sono sembrate così ricevere un principio di attuazione. Nello stesso tempo la scoperta dj nuove risorse energetiche nello stesse zone sopra segn.alate (petrolio siciliano e metano di Basilicata1)ha dato a queste iniziative il crisma di una indiscutibile validità economico-imprenditoriale. Grazie a tali sviluppi, l'interesse del mondo grande-industriale per il Mezzogiorno si è di recente notevolmente risvegliato anch'esso. E non più in chiave di interesse allo sfruttamento della politica per la creazione nel St1d delle infrastrutture, così come erano intese dalla teoria· del cc primo tempo »; bensì nel quadro di una politica di espansione azien,dale nella fase di alta congiuntura attraversata dal nostro paese e, quindi, nel quadro della possibilità, chiaramente intravvista, di una ristruttura·zione dell'intero mercato e dell'intero sistema economico nazionale. Di fronte a questo elemento, cl1e si può giudicare largamente positivo, si sono però profilati fin dapprincipio due pericoli. . Il primo è costituito dalla evidente possibilità che le iniziative del Mezzogiorno servano alle esigenze di mercato dei singoli gruppi imprenditoriali in maniera così esclusiva o con criteri talmente ristretti che - anzichè aversi un vero e proprio processo di n1dustrializzazione del Sud con tutte le sue conseguenze eco11omiche e sociali - si abbia un processo di industrializzazione di tipo che defìnire1no, per intenderci, coloniale o semi-coloniale: vale a dire che il Sud serva come zona ottimale di localizzazione della produzione rispetto ai mercati di 9 Bibliotecaginobianco

............................................................................... _ . . . .............................................................. -, .............................................................................................. , . .................. . .................................................................................... "'.\•" sbocco o di rifornimento e come zona ottimale per il reclutamento di manodopera a buon mercato; ma non venga servito esso stesso dalle nuove iniziative, che potrebbero restare estranee, nella loro dinamica e nella loro articolazione, alle esigenze e alla struttura, non dire1no di una grande politica regionale di sviluppo, ma anche soltanto alle esi- .genze del normale sviluppo e della normale vita economica locale. Il pericolo, cioè, sta nel fatto che - su scala molto maggiore e, quindi, con aspetti negativi e positivi anch'essi ampliati - si ripeta per la nuova industrializzazione ciò che si verificò per la vecchia industrializzazione di questa o quella zona, di questa o quella città meridionale, con la fondazione di imprese segregate 11ella propria· logica produttiva, isole (nel migliore dei casi) di mo,dernità economica in un ambiente che persisteva nel suo grado medio di depressione civile. In tal caso il sistema degli appalti e dei sub-appalti intorno alle imprese maggiori distorce sul nascere le probabilità di formazione di una' classe industriale locale; mentre l'aumento del reddito ed il miglioramento del te11ore di vita, conseguenti all'incremento dell'occupazione, si traducono in una sorta di « emigrazione all'interno », sostitutiva· (psicologicamente e materialmente) di quella all'estero o al Nord. Nel caso di iniziative direttamente o indirettamente controllate dallo Stato (IV Centro Siderurgico a Taranto, iniziative ENI, e così via) molte delle conseguenze negative possono essere evitate in partenza. Per le iniziative private, legate ai rigidi imperativi del profitto, il pericolo è invece più grave. L'altro pericolo di cui parlavamo è invece offerto dal fatto che esigenze di demagogia elettorale, ignoranza o inettitudine, o altri tipi di speculazione, operino contro i processi in atto o auspicati di concentra'- zione degli investimenti e contro la formazione di « poli di sviluppo », rivendicando invece una industrializzazione diffusa e l' cc eguaglianza delle opportunità » per tutta quanta l'area meridionale. Ad un certo momento è sembrato che il patrocinatore di questa impostazione, che ha così raggiunto una considerevole consistenza politica, sia divenuto l'on. Colombo. Ma è forse interessante notare che t1na tale impostazione aveva trovato, negli a11ni precedenti, una quasi analoga formulazione nelle assemblee frontiste del Movimento di Rinascita; formulazio11e che appare ripresa e, in un certo senso accentuata nella campagna regionalistica promossa ora dal PCI. Ad ogni modo, è certo che, nonostante pericoli siffatti, i sostenitori più o meno interessati della qualificazione professionale (in vista di un incremento dell'emigrazione) e del turismo come uniche positive passi10 Bibliotecaginobianco

bilità di sviluppo del Mezzogiorno; gli avversari dei ((doppioni»; i sostenitori di un lunghissimo « primo tempo » da dedicare a·lle infrastrutture (intese nel senso più ristretto del termine) da alcuni mesi a questa parte tacciono o presentano le proprie tesi con maggiore circospezione. Gli avvenimenti sopra richiamati sono troppo eloquenti perchè tesi del genere possano ancora incontrare l'incondizionato favore di ambienti imprenditoriali, che intravvedono nuove possibilità alla loro attività. In questo quadro generale di maturazione politica e di sviluppo economico come si inseriscono i più recenti avvenimenti politici relativi al Mezzogiorno? come si inserisce l'attuale fase di azione del governo? Non troppo bene, bisogna rispondere, a quanto ci pare, anche se ci si vuol limitare ad una· analisi sommaria solo di alcuni punti delle varie questioni. Già per quanto riguarda gli avvenimenti politici merita una particolare segnalazione l'atteggiamento assunto dalla destra meridiona'le. Abbiamo detto che monarchici e fascisti sono andati incontro nelle ultime prove elettorali ad una serie di disfatte che ne hanno gravemente e ulteriormente leso le posizioni una volta fo1tissime. La stessa vittoria di Lauro alle cc comunali » napoletane del 1960 ha significato una sconfitta ... del vincitore nel momento in cui questi non ha potuto trasformarla in una stabile situazione di governo del capoluogo campano. A tale profilarsi della minaccia di una definitiva decadenza la destra· meridionale ha tuttavia reagito con rabbia, mirando nello stesso tempo a spostate verso destra l'asse dell'indirizzo politico nazionale e ad arrestare la frana delle proprie forze nella grande cc riserva » meridionale. Le carte che la destra ha giocato a questo scopo si possono ravvisare: a) - nella serrata pressione esercitata sulle soluzioni in vista per il comune di Roma; b) - nell'arroccamento di Lauro a difesa della sua insostenibile posizione di sindaco di Napoli · anche nell'ipotesi, probabilissima di un voto contra·rio del Consiglio ai bilanci presentati dalla Giunta; c) - nella stretta unità d'azione tra monarchici e fascisti nell'Assemblea Regionale Siciliana per rendere la vita impossibile ad ogni soluzione non appoggiata a destra. E sebbene anche la carta a e la carta b siano di rilevante importanza, non c'è dubbio che sia la carta e ad avere avuto fino ad ora il maggiore rilievo, anche perchè la destra non ha esitato (come del resto non ha esitato l'estrema sinistra) a spingere il gioco fino alle ultime conseguenze del cc rilancio » milazziano. Ma la maggiore impo1tanza 1 della ·carta siciliana non deriva soltanto da questo. Deriva anche, e anzi deriva soprattutto, dagli echi e dalle risonanze 11 Bibliotecaginobianco

che essa suscita tra i liberali e la destra democristiana. La Democrazia Cristiana ha assunto, di fronte al problema delle amministrazioni meridionali, una posizione formalmente ineccepibile: chiusura - essa ha decretato - a destra e a sinistra e formazione di giunte cc convergenti ». Posizione tanto più facile ad assumersi in quanto la Democrazia Cristiana è libera ora, al centro, dalle ipoteche di destra gravanti sul secondo Ministero Segni o su quello Tambroni. Senonchè la posizione formalmente ineccepibile si rivela poi sostanzialmente priva di significato politico nel momento in cui essa non risulta suscettibile di concreta applicazione e serve, evidentemente, a fat fronte no11 tanto verso destra, quanto verso il centro-sinistra. Si rileva qui, cioè, il difficile e malinteso gioco di equilibrio sul quale si regge la cc convergenza» post-tambroniana. La carta Palermo, che serve a1la destra meridionale per provocare il proprio reinserimento nel gioco politico 11azionale, serve contemporaneamente alla destra liberale e democristiana come contrappeso inesorabilmente richiesto per le soluzioni di centro-sinistra attuate in alcune giunte centro-settentrionali. Nè l'attuale dirigenza democristiana sembra avere la forza di imporre una chiara distinzione e separazione di natura e di finalità tra la « convergenza » a livello nazionale e le esigenze di un articolato ed efficiente schieramento democratico a livelli diversi: il che, tra l'altro, renderebbe più snella·, più vitale e più funzionale la stessa « convergenza n attuata al centro. (E qui ci preme anche di notare, tra parentesi, che, - mentre per una· realizzazione del centro-sinistra sul piano nazionale si può addurre a motivo di scusa quella specie di innegabile letargo nel quale sembra caduto il PSI dopo il suo congresso, - per quanto riguarda la Sicilia tale motivo non sussiste. I socialisti siciliani, sia pure con tutte le riserve cl1e si possono avanza·re sulle confusioni e sulle incertezze derivanti alla loro azione da pregiudiziali inerenti alla loro posizione interna di partito, - e si veda per questo l'atteggiamento assunto all'atto dell'elezione dell' on. Milazzo, - sono stati, tuttavia, fin dal primo momento un elemento attivo del gioco politico siciliano dopo la caduta della giunta dell' on. Maiorana). Quanto all'azione di governo, essa si è concretata finora nella serie di provvedimenti decretata dal Consiglio dei Ministri nella1 seduta del 20 maggio : una decina circa dei quali riguardanti la regione calabrese e in più uno del Ministro Pastore, recante modifiche alle leggi sulla Cassa per il Mezzogiorno, ed un altro del Ministro Colombo, per imporre a1lle aziende produttrici l'obbligo di fornire energia a chiunque ne faccia richiesta per scopi domestici e per utenze artigiane e indu12 Bibliotecaginobianco •

striali con potenza non superiore a 30 KW. Più in particolare i provvedimenti per la Calabria vanno dalla istituzione di una U11iversità in r1uella regione a stanziamenti per Ié! eliminazione di baracche e case malsane; da un'aggiunta di 50 miliardi in cinque anni sullo stanziamento previsto dalla legge s1Jeciale per la Calabria alla· djsposizione che si tengano presso le Prefetture calabresi riunioni trimestrali di tutti i responsabili locali dell'amministrazione per garantire una costante e armonica applicazione delle leggi ordinarie e speciali dirette allo sviluppo della Calabria; dalla disposizione di inviare in Calabria con un particolare sistema di incentivi, i migliori funzionari statali alla disposizione per adeguare secondo l'esperienza·, le possibilità degli istituti speciali di credito. Quanto al provvedimento sostenuto dall' on. Pastore, esso si propone in particolare di affrontare, anche con mezzi e modalità straordinari, alcuni aspetti di particolare depressione dell' ambie11te meridionale, autorizzando tra l'altro l'assunzione a carico della Cassa per i1 Mezzogiorno, fino all'85 per cento della spesa occorrente 1Jer le opere eseguite dai consorzi di sviluppo industriale ai fini delle attrezzature delle relative aree; prevedendo la concessione, da parte della Cassa, di finanziamenti per le spese inerenti alle espropriazioni per impianto di industrie, la concessione di contributi per la costruzione di case destinate ai lavoratori delle industrie situate nelle zone industriali e la concessione di contributi ancl1e per la costruzione di invasi che possano giovare a risolvere in qualche modo, il problema dell'approvvigionamento idrico di tali zon · ammettendo anche le grandi industrie a fruire dei contributi per le spese di i1n1Jianto all'interno delle aree industriali, e trasferendo sulla Cassa l'onere relativo ai piani regolatori delle aree. Inoltre, il provvedimento proposto dall'on. Pastore autorizza la Cassa per il Mezzogiorno ad operare anche con interventi in settori finora esclusi: edilizia popolare, ospedali scuole materne e porti. Infine il provvedimento proposto dall' on. Colombo si inquadra nella azione del governo per la unificazione delle tariffe elettriche su base nazionale. È ancora· troppo presto 1Jer esprimere su questi provvedimenti, sia nel loro complesso che singolarmente presi, un giudizio completo e meditato. Crediamo, tuttavia, che proprio questo - mentre i provvedimenti proposti dal Consiglio dei Ministri si preparano a seguire il loro iter parlamentare - sia il momento di avanzare alcu11e considerazioni di massima·. Desidereremmo chiedere innanzitutto: in qual modo l'insieme dei provvedimenti sopra esposti si inserisce nel quadro di quell'intervento 13 Bibliotecaginobianco

............................ ·-···-··· ............................................................. ·····-····-··· ...................................... _ . ....................... .. ....................................... -, ................ - .. . - ·-··-····"·•·"··· .. ·· ... . ............. " ... -........................ -, . ............................... ·-····· . · ,, , . . ,._.,,.,, .. _ ............... _ organico e coordinato che 110n ci pare più discutibile, dopo tanti anni di dibattito meridionalistico e dopo tante esperienze negative, come strumento indispensabile della politica per il Mezzogio1·no? in qual modo è compatibile con la politica' di sviluppo del Mezzogiorno l'accentuato impegno in favore della Calabria? Abbiamo, cioè, l'impressione che una ·pur lodevole jntenzione di « attivismo » e di rapide realizzazioni abbia fatto perdere, in misura che 110nsapremmo ancora precisare, la visione del quadro complessivo della politica meridionalista. E abbiamo altresì l'impressione che, se il Presidente del Consiglio fosse punto dalla vaghezza di altri viaggi nel Sud, finirebbero con 1'11scir fuori numerosi altri interventi su scala regionale che, singolarme11te, non sarebbero nè più giustificati nè meno giustificati di quelli adottati per la Calabria, ma che certame11te, al pari di questi, uscirebbero fuori, quando fossero adottati allo stesso modo, dal quadro di una coerente politica· di sviluppo. Desta, del resto, qualche perplessità il desiderio evidente di avviare a grande velocità interventi di dettaglio (sul piano geografico e su quello settoriale) quando l'insieme della politica di sviluppo denuncia, altrettanto evidenteme11te, incertezze e lentezze per qualche verso addirittura esasperanti; clesta qualcl1e perplessità l'impegolare la Cassa per il Mezzogiorno perfino nella costruzione degli asili infantili, quando la Cassa ha fatto e fa· sorgere tante polemiche sulla sua capacità di aggressione rapida e risoluta di problemi (lo si ammetta) un pò più complessi e, tuttavia, più semplici nella loro microscopica dimensione; e desta soprattutto qualcl1e perplessità l'aver confuso insieme i precipitosi provvedimenti adottati per la Calabria e l'interessante provvedimento di agevolazione delle iniziative industriali. A proposito di quest'ultimo è anzi da notare che il modo come esso è stato la11ciato e la compagnia in cui è stato messo non solo l'ha11no indebolito e, per così dire, « scolorito » sul piano politico generale e perfino su quello propagandistico, ma ne hanno infirmato la stessa validità, sul piano politico specifico e sul piano tecnico, di articolazione della politica di sviluppo. Si pensi quale migliore risultato si sarebbe ottenuto, in ogni senso, se si fosse atteso ancora un poco e il provvedimento in questio11e fosse stato presentato e promosso insieme con gli altri che sono in corso di elaborazione presso il Comitato dei Ministri 2 • Così com'è oggi, inve2 Gli indirizzi del Cornitato, sempre fondati sul doppio principio di una chiara programmazione (che precisi metodi, scopi e tempi della politica di sviluppo) e della concentrazione degli investimenti (che è la premessa indispensabile per realizzare dinamici e vitali poli di sviluppo), sono puntualmente e lodevolmente riaf14 Bibliotecaginobianco

ce, il provvedimento - pur presentando molteplici aspetti positivi per aver affrontato con energia alcune situazioni di emergenza - è fatalmente troppo ristretto nel suo ambito settoriale per potersi salutare in esso la posa della prima pietra di un nuovo corso della politica meridionalistica. È veramente e dolorosamente ironico che - dopo di aver incitato all'azione - si debba poi ammonire contro le tentazioni del- \ l'attivismo. Ma è pur certo che di questo passo e in questo modo non si inizia « un nuovo ciclo di vita per le regioni meridionali », come, con la sua sempre cauta e a appropriata terminologia, si è espresso « Il Mattino » di Napoli. Al contrario ci si avvia· ad una dispersione della politica di sviluppo tanto più grave in quanto, almeno stando a come l'on. Fa11fani ha presentato ai giornalisti i risultati della seduta· del Governo del 20 maggio, potrebbe sembrare cl1e ci avvian10 ad una sorta non sappiamo se di istituzionalizzazione o di teorizzazione della· nuova (e non facilmente definibile) strada imboccata con tanta celerità. (Aggiungiamo che il Presidente del Consiglio ha trovato jn tale occasione anche il modo di affermare che i governanti del 1945 hanno trovato il nostro paese in una situazione peggiore di quella in cui esso si . trovava nel 1861 e che pertanto i è progredito in Italia nell'ultimo quindicennio più che in tutti gli 8,5 anni precedenti. Non confondiamo - vorremmo osservare - l'opera di costruzione dello Stato unitario con l'opera di ricostruzione post-bellica! Il nostro tempo l1a nella· difesa den1ocratica contro gli opposti totalitarismi di destra e di sinistra e nella politica di sviluppo economico e sociale sufficienti titoli di nobiltà per astenersi da ingenue e oltretutto, infondate rivendicazioni. Nè questo è il modo migliore di valorizzare agli occl1i dell'opinione pubblica, secondo la· git1sta esigenza fatta vnler in più di un'occasione dallo stesso on. Fanfani, l'opera dei Governi den1ocratici). A questo punto, però, è necessario cl1iarire altre ragioni di perplessità di fronte all'articolarsi dell'impegno meridionalistico dell'attuale Governo: ragioni che vanno al di là dei provvedimenti del 20 maggio. Fu durante l'ultimo dibattito sul Mezzogiorno, tenuto alla Camera alla fine del gennaio scorso, che l'on. Giolitti mise giustamente in evidenza la fondamentale e negativa in1portanza di un concetto al quale sembra che l'attuale Ministro del Bilancio sia molto legato e secondo il quale non sarebbe opportuno intensificare l'intervento dello Stato in fermati anche nella premessa alla II Relazione sul Mezzogiorno presentata dall'on. Pastore 4 al Parlamento. 15 Bibliotecaginobianco

periodo di alta congiuntura 3 • L'intervento dello Stato, cioè, andrebbe promosso ed intensificato solo nel caso e nei periodi in cui la congiuntura declini. Ora questa concezione arcaica e assistenziale dell'intervento statale va decisamente rovesciata, se si vuole che la politica di sviluppo assuma la corposità e il ritmo necessari alla sua buona riuscita. Essa pecca, oltretutto, sul terreno della lo.gica più elementare: nel momento in cui la congiuntura si invertisse e i fattori espansivi che hanno sostenuto finora l'economia ita1 liana venissero meno, dove si attingerebbero le possibilità di riequilibrare la struttura del sistema socio-economico nazionale? Le regioni meno sviluppate rimarrebbero fatalmente nel loro stato di inferiorità, essendosi giovate soltanto di quegli investimenti che nel periodo delle cc vacche grasse » avessero potuto per varie ra'gioni sfuggire alla logica dei fattori agglomerativi; mentre le regioni più sviluppate avrebbero tutte le ragioni di chiedere, all'avvento delle « vacche magre », una efficiente protezione dell'impo11ente capitale economico e sociale concentrato in esse. Non è un mediocre e timido ,spirito fiscale che può presiedere ad una rivoluzione democratica. L'ortodossia finanziaria non può essere il criterio di base di una vasta e coordinata serie di riforme che debbono assicurare e promuovere un più ampio, libero ed equo svolgimento della vita italiana. Non si tratta oggi di soste11ere l'economia nazionale ma di ristrutturarla nelle sue a1ticolazioni geografiche e sociali e nei limiti, naturalmente, del possibile: ai miracoli nessuno aspira e nessuno crede. È, quindi, in sede di impostazione del bilancio dello Stato, è i11questa posizione fondamentale che bisogna combattere oggi la prima battaglia per un più coraggioso e deciso impegno di azione pubblica nel Mezzogiorno e per il Mezzogiorno. D'altra parte, si sbaglierebbe di grosso se si credesse che le « va'.cche grasse » siano per durare indefinitamente 4 • Gli esperti sono già in grado di indicare i termi11i di tempo in cui è prevedibile la riduzione o addirittura la scomparsa dei fattori espansivi in atto in Italia da alcuni anni a questa parte. Entro un quinquennio, ad esempio, questa 3 Si veda a questo proposito l'interessante saggio di D. LA CAvERA, Liberali e grande industria nel ·Mezzogiorno, ed. Parenti, Firenze, 1961; specialmente nell'introduzione. 4 Particolarmente centrata su questo aspetto della questione è stata la seconda. parte della relazione tenuta dal prof. P. SARACENO (Linee di sviluppo dell'economia italiana e ruolo dell'agricoltura e della bonifica) al recente congresso dell'Associazione Nazionale Bonifiche a Napoli (18-20 maggio 1961). · 16 Bibliotecaginobianco ••

dovrebbe essere la sorte della riserva di mano d'opera disoccupata, sottoccupata o disponibile nel settore agricolo. In queste çondizioni il « tempo lungo » sarebbe la peggiore medicina dei mali italiani. Il ten1po e cieco e non fa distinzione: esso cura allo stesso modo i sani e i inalati, i ricchi e i poveri. Se ci affidiamo ad esso, I economia e la società nazionali progrediranno certamente in tutto il paese" ma nelle zone più sviluppate col passo dei forti e nelle zone meno sviluppate col passo dei deboli. Ravvicinamenti e riequilibri o non avranno luogo o avranno luogo in misura parzia'lissima margjnal . In realtà no11può essere il tempo (nè cc lungo », nè cc bre ») il m dico dei nostri mali, ma 1 impegno civile, la decisione politica lo spirito di rinnovamento sociale, la modernità delle dute. Alla fine, è pur ] uomo che « fa n la vita economica. 17 Bibliotecaginobianco

Piano verde e Piano Mansholt di Mario Di Bartolomei Secondo u11a parola d'ordine molto diffusa specie negli ambienti ministeriali e del partito di maggioranza relativa, il 1961 sarà cc l'anno dell'agricoltura ». E invero no11 si può negare che esiste un notevole fervore di iniziative, sia al livello governativo che nelle organizzazioni di categoria e imprenditoriali: l'iter parlamentare del Piano verde è ormai praticamente concluso; si avvicina la data della confere11za 11azionale << del mondo rurale »; in settembre a Roma la Commissione Economica· e Sociale della C.E.E. organizzerà una conferenza per discutere gli aspetti sociali della politica agraria comune, che sarà praticamente il complemento della conferenza di Stresa del 1958. A questa concorde volontà di fare, purtroppo, non corrisponde molta unità di intenti e soprattutto non corrispondono idee molto chiare. Per esempio, è stato notato unanimemente l'errore di varare un piano quinquennale per un cospicuo importo prima ancora di sapere in quale direzione gli interventi vanno orientati; compito, questo, affi-. dato alla conferenza di giugno: Così non si è tenuto conto, nella formulazione del Piano verde, del fatto che l'agricoltura italiana è destistinata a fondersi con un tipo di agricoltura europea che ha o si avvia ad avere caratteristiche omogenee: spendere oggi per corroborare tipi di impresa destinati a perire domani significa spendere male; d'altra parte, non prevedere in tempo le linee di omogeneizzazione del1' agricoltura dei sei Paesi significa pregiudicare il processo di integrazione e relegarsi ad un ruolo economico subalterno. La prima osservazione da fare agli autori del Piano verde concerne la impostazione stessa del piano. Nel criterio degli ordinatori sarebbe prevalso il principio della organicità, che si rileverebbe dall'entità differenziata degli stanzia1nenti fissati per i vari settori d'intervento; al 18 Bibliotecaginobianco

riguardo viene notato come il disegno di legge segua metodicamente lo svolgersi del ciclo produttivo agrario in tutto l'arco delle sue manifestazioni. Il principio dell' elasticita sarebbe poi assicurato dalla possibilità di adottare e modificare i criteri di incentivazione, media11te la facoltà consentita al Ministro dell'agricoltura di rettificare annualmente la ripartizione della spesa. Ora, appare senza dubbio apprezzabile che si sia voluto per la prima volta, battere una strada diversa da quella tradizionale in agricoltura, della manovra protezionistica sui prezzi; ci si orienta verso l'obbiettivo sociale del sostegno e del n1iglioramento dei redditi agricoli operando sulle strutture, e ciò in armonia con l'orientamento generale dei maggiori stati europei. Tuttavia ciò non uol dire necessa- · riamente cl1e si sia fatto qualcosa di più di un semplice au1nento quantitativo degli investimenti; e a dimostrarlo potrebbe anche bastare il fatto cl1e non sono state operate scelte priorjtarie, ma tutto il settore agricolo viene fatto pregindjziahnente rientrar nell'assetto operativo. Le scelte vengono rinviate alla discrezionalità del Ministro dell' agricoltura, il quale dovrebbe pu11tualizzare le direttive di massima contenute nel titolo I del piano, con una elasticità di intervento che vi ne mutuata dal piano verde tedesco d l 19.5.5: con poca pertinenza in quanto proprio in Germania~ conten1poraneamente a] piano erde, veniva affrontato ed avviato a soluzione l\1nico grave problema delle strutture agricole nazionali quello della frammentazione e polverizzazione, sicchè l'agricoltura tedesca, che ha un~incidenza assai minor della nostra nell'economia nazionale, IJoteva trarre il massimo vantaggio dagli interventi finanziari per il ,niglioramento della produzione. Ecco dunque che si cl1iarisce l'errore fondamentale di impostazione del nostro Piano verde: esso nasce con le ambizioni qualitative della programmazione organica~ ma per far cio non ha ottemperato ad alcuni essenzjali presupposti: non si inquadra in un piano di sviluppo di tutti gli altri settori produttivi; non appresta strumenti adeguati al centro ed alla periferia per la direzione ed il controllo degli investimenti; non prevede una legislazione particolare per il cambiamento dei rapporti fra proprietà, impresa e lavoro, vale a dire delle condizioni di fondo strutturali dell'agricoltura. Insufficientemente motivato appare anche il principio antiprotezionistico. Infatti il Piano verde non tiene conto di quella che è una condizione generale della pianificazione : uno studio dei settori in cui deve essere concentrato l'intervento secondo concreti obbiettivi da 19 Bibliotecaginobianco

realizzare nel periodo stabilito. Senza tale studio i fondi verrebbero erogati secondo i criteri enunciati dalla legge, sulla base delle domande degli interessati. I risultati verrebbero ad essere sostanzialmente opposti a quelli previsti; il Pia•no assicura infatti alla proprietà ed alla impresa agricola una certa mole di finanziamenti per bonifiche, miglioramenti, irrigazioni, meccanizzazioni, riconversioni colturali, senza porsi il problema se la struttura di base - dimensione e tipo di condt1zione - è tale da poter fruire degli aiuti e da assicurarne la convenienza economica. Lontane da tale ottima dimensione sono certamente le azie11de agricole di montagna, le proprietà contadine della fascia prealpina e dell'arco appenninico, le mezzadrie povere dell'Appe11nino, la maggior parte delle imprese agricole nelle residue zone latifondistiche. Da un q11adro siffatto, ove non intervenga il necessario riassetto stn1tturale, è facile desumere che l'intervento finanziario no11 troverebbe le aziende i11condizione di poterne beneficiare; e quand'anche esse ne venissero ugualmente a fruire, diverrebbe molto discutibile il reale vantaggio economico che potrebbero conseguirne. La preoccupazione che muoveva le forze della si11istra democratica nella loro opposizione al Piano verde era appunto che esso bloccasse la possibilità di varare finalmente provvedimenti organici per una riforma delle strutture ed un migliorame11to permanente dei redd"iti agricoli e delle condizioni di vita dei lavoratori del settore. Questa stessa preoccupazione ha condotto socialdemocratici e repubblicani alla Camera a non avversare pregit1dizialmente l'approvazione del disegno di legge, cl1e - giunto ormai in aula - la D. C. era comunque decisa a varare, ma ad ottenerne t1na formulazione che lasciasse la porta aperta per una applicazione elastica .fino a giustificare un vero e proprio mutamento di indirizzo qt1alora, come si spera~ sorgano nei prossimi 1nesi il proposito e l' orie11tamento di rivedere a fondo la sitt1a- . . z1one agraria. Il complesso di emendamenti cl1e su ispirazione della U.I.L. i deputati del P.R.I. e del P.S.D.I. hanno proposto, e che ora fanno parte del testo discusso anche dal Senato, in sosta,nza raggiunge questo obbiettivò. Si trattava di prevedere, nelle finalità e -direttive d'intervento, strumenti di programmazione, di indirizzo e di controllo adeguati ad un piano ancora da fare, di cui gli articoli del provvedimento in esame fossero non altro che una cornice finanziaria. Bisognava poi che fosse prevista, a brevissima scadenza, la formulazione di iniziative 20 Bibliotecaginobianco

legislative ed amministrative atte a promuovere le essenziali riforme strutturali 1 . Naturalmente, presupposto essenziale di tutto ciò è che all'attuazione delle direttive presieda una volontà politica fortemente orientata. Infatti è necessaria nel Ministro dell'agricoltura, chiave di 1 Senza entrare in un'analisi minuziosa di tutti quegli emendan1enti apportati al testo originario del Piano verde che modificano variamente la ripartizione della spesa, e senza citare i nuovi commi che nell'art. 2 del titolo I introducono nel settore operativo finalità di carattere sociale, è necessario rilevare la fondam ntale importanza della nuova formulazione dell'art. 3. Il testo governativo, infatti, recitava: cc Il Ministro per l'agricoltura e le foreste, sentito il Consiglio superiore d 11a' gricolhua, determina annualn1ente le direttive per attuare, in modo organico e coordinato, le iniziative e gli interventi di cui all'articolo 2, avuto riguardo alle situazioni r gionali. Sui criteri informatori di dette direttive sarà preventivament s ntito il parer del Comitato interministeriale d Ila rico h·uzione. Ai fini della det 1minazione dell direttive di cui al comma precedente, quando si tratti di problemi di particolar interesse locale, il Consiglio Superiore può sentire Commi sioni r gionali e provinciali, all'uopo nominate dal Ministro per l'agricoltura e le foreste, presi dute dai capi degli Uffici periferici del Ministero dell'agricoltura e delle foreste e composte da rappresentanti degli Uffici statali intere sati, delle Organizzazioni indacali, di organismi locali, nonché da tecnici ed esperti ». Il testo modificato ed approvato recita: cc Il Ministro per l'agricoltura e per le foreste, sentito il Con iglio superiore dell'agricoltura ed il Comitato interministeriale c.lella ricostn1zione, d interpellate 1 a sociazioni sindacali di categoria dei lavoratori e degli imprenditori agricoli, d termina, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della pre ente 1 gge, ed in conformità alle finalità di cui al precedente articolo 2, i criteri fondamentali per l' ~ pplicazion degli incentivi e degli interventi previsti negli articoli seguenti. I criteri suddetti potranno e sere annualmente riesaminati, con le stesse nonn di cui al comma precedente, in base alle risultanze della relazione annual al Parlamento di cui al successivo articolo 49 ed a particolari esig nze economico-sociali eventualmente manifestatesi. Con le stesse modalità di cui al prin10 comma, il Ministro per l'agricoltura per le foreste determina annualmente I ulteriori direttive per attuare, in modo organico e coordinato, le iniziative e gli interventi di cui all'articolo 2, avuto riguardo alle situazioni regionali. Il Consiglio superiore sentfrà il parere dei Comitati regionali dell'agricoltura e delle foreste di cui all'articolo 5 del decreto del Pre idente della Repubblica 10 giugno 1955, n. 987, integrati dai rappre entanti degli uffici periferici statali delle Amministrazioni dei lavori pubblici, del lavoro, della pubblìca istruzione e della sanità, nonché da tecnici particolarmente qualificati ed esperti nei problemi dello sviluppo agricolo, designati da enti e da organizzazioni economiche e sindacati operanti nella regione. I Comitati esprimono il loro parere sui criteri di applicazione, nella regione, delle direttive di cui al primo comma e, per ciascun territorio agrario omogeneo 21 Bibliotecaginobianco

. volta del piano, data la discrezionalità cl1e gli è riconosciuta, una forte volontà politica ed una chiara visione dei complessi risultati da raggiungere. Il Ministro, ove voglia conseguire gli obbiettivi, deve costantemente rettificare l'indirizzo della politica agraria seco,ndo l'andamento economico generale. La nuova formulazione dell'articolo 3 nel titolo I del disegno di legge approvato, predispone appunto il meccanismo mediante il quale tutto il complesso dei provvedimenti finanziari può essere fatto servire ad una politica di sviluppo, anzichè, com' era i•nizialmente,' a-d un semplice programma pro,duttivistico. Nel suo lavoro il Ministro ha bisogno di un organo tecnico centrale del piano, compito che viene riservato al Consiglio superiore del1' Agricoltura, di- cui è previsto un adeguamento funzionale; a questo proposito bisogna notare che attualmente nel Consiglio, su circa sessanta membri che lo compongono, solo uno rappresenta le categorie dei lavoratori agricoli. Il Consiglio dovrà predisporre programmi organici riguardanti comprensori e zone omogenee in cui si ritenga opportuna una concentrazione di investimenti. L'attuazione dei programmi dovrebbe essere commissionata, dopo che siano stati discussi ed approvati in ogni caso dalle apposite commissioni regionali a base « tripartita », agli Enti di colonizzazione e di bonifica, di cui è pure previsto un adeguamento. Così, la strumentazione per un intervento organico nel settore si trova delir1eata nel nuovo testo pervenuto al Senato. Evide,ntemente però essa sarebbe inutile, ove non si desse concreta attuazione all'ordine del giorno con cui le forze della sinistra democratica, cui si sono associati i sindacalisti e la sinistra cattolica, han•no inteso vincolare il governo ad alcune fo·ndamentali riforme strutturali, da realizzare con leggi separate ad effetto immediato. Cadendo su un contesto strutturale iJ?. via di trasformazione, i provvedimenti finanziari del Piano verde potrebbero avere una efficacia i,nnegabile 2 • della regione medesima, sull'ordine di priorità degli interventi dello Stato in relazione alle fondamentali esigenze economico-sociali del territorio. Ove i Comitati non esprimano il parere entro due mesi dalla richiesta, il Consiglio superiore provvede senz'altro alle incon1benze di sua competenza ». 2 L'ordine del giorno __. che costituisce un preciso impegno politico e programmatico - è il seguente: « La Camera, considerato che - per ottenere, nell'attuazione delle fondamentali enunciazioni programmatiche del piano quinquennale di sviluppo agricolo, risultati soddisfacenti - occorre provvedere sollecitamente al miglioramento delle strutture agricole onde evitare che gli investimenti e gli incentivi previsti siano inoperanti 22 Bibliotecaginobianco ,·

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