Nord e Sud - anno III - n. 18 - maggio 1956

Rivista mensile diretta da Francesco Compagna · ANNO III * NUMERO 18 * MAGGIO 1956 Bibloteca Gino Bianco

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Rivista mensile diretta da Francesco Compagna Bibloteca Gino Bianco

SOMMARIO Giuseppe Galasso Giorgio Granata N.d.R. Antonio Marando Antonio Nitto Mario Penta Nello Ajello Giulio Salvi Giovanni Cervigni Giose Rimanelli 'Vittorio de Caprariis Giuseppe D'Eufemia Tarcisio Amato Una eopia L. 300 • Estero L. 360 Abbonamenti a Italia annuale L. 3.300 semestrale L. I. 700 Estero annuale L. 4.000 sc,meatrale L. 2.200 Nord · Sud e Nuova Antologia Italia annuale L. 5.500 Estero » L. 7 .500 Effettuare i versamenti BDI C. C. P. n. 3/34552 intestato a Arnoldo Mondadori Editore • Milano Bibloteca Gino Bianco Editoriale [ 3] Panorama preelettorale [9] Sociologia cattolica [19J GIORNAT,E A PIÙ VOCI Attendisti recidivi [31] La scuola a disagio [32] Cultura a Buccino [37] E'migranti in Germania [ 45] Viviani e il << blocco agrario>> [49] La Mostra immortale [56] DOCUMENTIE INCHIESTE Antologia della <<fibbia» [59] Meridionali a Torino [76] LETTERE AL DffiETTORE l94] RECENSIONI Les aventures de la dialectique [102] Democrazia e c1,1,ltura f 1071 I pericoli del conformi.;mo [109] DffiEZIONE E REDAZIONE: Napoli - Via Carducci, 19 - Telefono 62.918, DISTRIBUZIONE E ABBONAMENTI Amministrazione Rivista Nord e Sud Milano - Via Bianca di Savoia, 20 Tel. 35.12. 71

' Editoriale La grossa crisi che travaglia oggi il comunismo internaziona/,e non è che uno degli aspetti della crisi del Partito Comunista Italiano. Mera-. viglia che questa constatazione elementare non sia stata fatta da nessuno degli scrittori di cose politiche in Italia: eppure a ben rif tetterei in e~sa è la chiave che consente di comprendere lo spostamento di iniziativa politica ( e le elezioni del 27 maggio diranno se e in che misura si tratta an-4 che di uno spostamento di forza elettorale) in seno a quello che ormai· solo con molta buona volontà si può ancora chiamare « blocco delle sinistre». O piuttosto, non meraviglia affatto che tale con,statazione non s,:a stata fatta: lo scarso credito che nel nostro paese ancora si dà alle analisi trtinute delle for.ze politiche, la poca attenzione che si presta alla logica del-- ie sz·tuazioni e delle prese di posizioni politiche, l'attitudine diffusa ad avere· occhi solo pei fenomeni vist()Ji o ad accorgersi di certe cose solo quando sono diventate macroscopiche, tutto ciò spiega abbastanza agevolmente la· disattenzione che s'è appena denunciata. E magari induce a qualche considerazz·one pessimi·stica sul mestiere dello scrittore politico oggi~ in Italia .. In realtà quel che è avvenuto nell'uitimo Congresso del Partito Comu12i:.Stadell~Unione Sovietica ha portato solo un altro turbamento ( 'un grosso turbamento, tuttavia) al Partito Comunista Jta/,iano e ha aggiunto 1 un nuovo elemento aJ processo di chiarificazione che era in corso da a/,meno due anni all'interno del blocco delle sinistre. Ma lo stato di disa-- gio nel P. C.I. era iniziato da al.meno due anni. Non è la prima volta che in questa rivista dz.ciamo che le elezioni del 1953 avevano rivelato com&· le sinistre avessero attinto in tutta l'Italia centro-settentrionale il loro limite· di espansione e che in tale _situazione la logica politica avrebbe imposta (3] Biblotéca Gino Bianco '

- ad onta di tutte le di'chiarazioni unitarie - una certa concorrenza, estesa a tutti i collegi della penisola, tra il P.S.I. e il P. C.I. Forse fu nostra illusione, ma a no1:parve che il primo segno di questo si avesse già nella campagna elettorale del '53 proprio qui a Napoli, quando l' on. Togliatti, parlando allo sterminato pubblico dei suoi comizi, ricordò e ammonì che era stato il P.C.I., attraverso l'opera di Antonio Gramsci, era stato il P.C.I. soltanto e nessun altro tra i partiti operai a porre con chiarezza e f er- .mezza il problema meridio·nale come problema nazionale. Dove la polemica col P.S.I. era fin troppo evidente. E neppure è la prima volta che in questa rivista diciamo che la formula elettorale dell'alternativa socialista del 1952 e soprattutto del 1953 era una sorta -di bomba che sarebbe esplosa tra le mani di coloro che ne avevano fatto e ne facevano uso, era cioè qua/,cosa di più che un mero slogan elettorale, anche se l'intenzione di chi l'aveva adottato fosse stata soltanto quella di creare un mero slogan. _in realtà i dirigenti del P.S.I. con quella formttla mettevano iti movi- _mento un meccanismo che non avrebbero più potuto fermare: creavano una aspettatz·va, magari anche in taluni ceti ed ambienti una speran:?;a, .,:omunque facevano ba/,enare un miraggio. E quando nelle elezioni del ··53 si vide che quella formula pagava in contanti di voti, il circolo si saldò: per avere più voti bisognava insistere sempre di più sulr alternativa; insì- _steresempre di più sul!'alternativa, magari anche solo a· parole, rendeva .sempre più irreversibile la situazione. Già prima delle elezioni siciliane del '55 i dirigenti del P.S.I. erano al punto da cui non si ritorna indietro,w .o meglio da cui si può tornare indietro accettando di pagare il prezzo della catastrofe, la catastrofe di ogni speranza in un partito socid/-ista che fosse in qualche piccola cosa diverso dal Partito Comunista. E ciò era tanto più vero, in quanto la manovra socialista intervenlva in un momento in cui l'intera classe operaia era inquieta, in t.enostato di profondo disagio, si sentiva qttasi i'nnanzi a un tornante. La congiuntura economica nel Paese era abbastanza favorevole e la sola cosa che impedtva alla classe operaia di trarre profo.ndi e durevoli vantaggi era appunto Ta politica dei comunisti. Tenuta costantemente sotto una pre~sione eccessiva, forzata ali'opposizione, ad una opposizione senza quartiere, per ragioni che assai poco avevano da dividere con i suoi concreti interessi, mobilitata in scioperi, agitazioni, petizioni per questo e per quello, ma mai o quasi mai per la soluzione dei suoi problemi, sottoposta all'uisura di tecniche si·nda- [4] BiblotecaGino Bianco

cali ormai inadeguate, stanca dunque e tuttavia frustata dall'ambizione di una conquista del potere che le si faceva vedere prossimo, assai prossimo, per la sera, al più tardi per l'indomaniJ la classe operaia giunse al giugno '53 quasi all'estremo delle sue forze. Se non ci fossero altre prove a dimostrar;:che i dirigenti comunisti potranno essere dei buoni tattici, ma 1ion sono sempre, a cominciare dal molto celebrato on. Togliatti, dei buoni politici, basterebbe a dimostrarlo il tempo che essi hanno messo a comprendere che il delicato meccanismo della resistet7:zaoperaia era stato frantu1nato dalle loro mani divenute grossolane. Nella si·tuazione dei mesi successivi al giugno '53 vi era qualcosa che ricordava i mesi successivi all'occupazione delle fabbriche nel '21 ( senza, grazie a Dio, le squadracce i asciste): pure dopo le elezioni sindacali del '53 la cupa ostinazione dei disorientati dirigenti comunisti non seppe parlare d'altro che delle -preissioni padronali. Cominciava cd/ora,appunto, la lenta crisi del P.C.I.: la manovra socialista aggiungeva al pericolo dell'immobilità l'altro, più grave, dell'isolame1ito del P.C.l. all'estrema sinistra, in u1iaposizione difficile già di per sè e resa più difficile dalla stanchezza e dall'inquietudine della classe operaia. E estremamente caratteristicoche prima delle elezioni siciliane del '55 i dirigenti comunisti lanciasseroun disperato appello al frontismo; ed è egualmente caratteristicoche dura1itetutta la seconda metà del '55 la propaganda comunista si sia svolta in termini di esortazione al frontismo o in termi- ~ ni di commento alla formula dell'apertura a sinistra, che doveva essere non dei soli socialisti, ma di socialisti,comunisti e di tutti gli altri dem'Ocratici. Ed è altresì illuminante la spregiudicatezza tattica mostrata dai comuni,sti in Parlamento nel tallonare i socialistio addirittura nello scavalcarli.Poichè i dirigenti del P.C.l. s'erano fincilmente accorti che il problema non si risolveva più con un nuovo appello dei partigiani della pace e che se il secondo dei due partiti della classe operaia, se il partito cadetto cominciava a fare una politica più agile ed intelligente, meglio rispondentea/,le condizioni del momento e ai sentimenti dei ceti operai, la guida di ta/,iceti gli sarebbe f ata/,mente 11enuta,malgrado i patetici crucci di qualche inccdlito f,:ontista di parte socialista~ È su questa situazione di grave disagio che è intervenuta la crisi del, comunismo internazionale ed è per questo che essa è soltanto un aspetto [5] Bibloteca Gino Bianco

della crisi del P.C.I.} anche se è un aspetto di grandissima importanza e tale da rendere ancora più difficile la soluzione degli altri problemi. Ma, se oggi il P.S.l. sembra dover soffrire di meno del crollo det mito di Stalin, no,n è soltanto perchè il P.S.l. non è il P.C.I. o perchè esso ha potuto più pgevolmente iniziare certi discorsi e separare certe responsabilità. Per dovere J; coscienza dobbiamo dire che tra il '48 e il '53 non ricordiamo nulla da parte del P.S.l. che lasciasse sospettare un apprezzamento socialista di Stali'n o· dello Stato sovietico diverso da quello comunista. Se oggi il P.S.l. sembra àover soffrire di meno di questa crisi ciò è anche, se non soprattutto, perchè ,essasopraggiunge in un momento ip cui il P.C.I. è confrontato con gravl difficoltà di altra natura, laddove essi, i socia/Asti, sono nel pieno svi/11-ppo di una manovra politica. Paradossalmente la crisi del culto di Stalin facilita più che danneggiare un processo di differenziazione tra P.C.I. e P.S.l. che .11onpuò, se svolto coerentemente, che portare ad un solo risultato. Tuttavia - ed è qui che zl nostro discorso tocca direttamente e ,;o/.. .tanto il P.S.l. - per costituire veramente un'alternativa o.ccorre proporre una politica. Noi prendiamo atto con molta soddisfazione delle affermazioni clze l'on,, Nenni ha ripetuto più volte, che il P.S.I. accetta senza ri- ' .serva le regole del gioco democratico e che s'impegna a rispettarle anchd il giorno in etti dovesse contarsi come maggioranza. E giudichiamo altresì che la posizione da lui assunta sul problema dello sta/1:nismosia una posizione assai corretta (purtroppo lo stesso non possiamo dire di que!f a di taluni suoi compagni di direzione): il caso Stalin non si risolve in un caso personale, ma mette in discussione l'intero sistema sovietico, poichè dimostra che il cosiddetto sociali·smo sovietico ha generato un crudele dittatore. Queste proposizioni sono importanti e rassicuranti: ma il problema della politica de~l'alternativa socialista resta, dopo di esse, ancora da risolvere, almeno in parte. Ora quel problema si identifica coi problemi stessi del Paese, fa una sola cosa con ess/: è stt questi, cioè sulle ,so/1,zioni che si prospettano per questi·, che occorre intenderst chiaramente, fuori di ogni . . ' generzczta. Per !~Italiatali problemi si .chiamano, per stare al campo della politica estera, solidarietà politica con le grandi democrazie occidentali, solidarietà 1zellatutela della libertà e nella costruzione di più saldi legami economici e sociali a/,l'interno della comunità atlantica. E si chiamano soprattutto in- [6] Bibloteca Gino Bianco

• transigente riaffermazione della necessità di creare una comunità politica ed economica europea e quindi lavoro diuturno per mettere in movimento i meccanismi che dovranno portare a tale comunità, daf/l'Euratom al mercato comune. L'on. Nenni ha lasciato intendere clie, se l'Euratom resterà confinato a scopi pacifici, i socialisti vi saranno favorevoli·:si tratta di chiarire questa posizione e di chiarirla nel ~enso che questa rivi.staha più volte accennato, che l'agenzia atomica europea, deiStinataall'utilizzazione pacifica dell'energia nucleare, è soltanto una tappa nella strada che conduce alla comunità politica europea.Ma il P.S.l. deve, su questo problema, scegliere tra Mollet ed Ollenhauer, cioè tra tutti i partiti soci,alistieuropei, da un lato, e le soluzioni· di Mosca dall'altro. Per la politica interna il problema maggiore del nostro Paese è quello di dare opera innanzi tutto ad una nuova po~iticaeconomica, organica e coerente, che spezzi le difficoltà della situazione italiana, che dia la prio~ rità ai problemi dei disoccupati e dei sottoccupati su quelli degli occupati, una politica antimonopolistica e produttivistica, che pianifichi per l'avvenire. È una politica di austerità che chiedono oggi le necessità del nostro l'aese ed è su questa che il P.S.l. deve ,pronunciarsicon tutta chiarezza. Noi crediamo che l'Italia abbia molto da imparare, in questa materia, dalle esperienze di altri Paesi, dalle esperienze newdealistiche e laboriste, dalle esperienze delle democrazie scandinave: per questo la sufficienza che l'on. Nenni ha usato nel parlare delle esperienze del laborismo inglese ci ha francamente lasciati perplessi. Sarebbe ora forse che il socialismo italiano facesse un esame di coscienza o, se più piace, un'analisi di ciò che è vivo e di ciò che è morto nelle sue dottrine economiche. Se il mondo non è stato fermo, se il mondo è andato avanti dopo Marx, come finalmente i socialisti sembrano ammettere, è andato'avanti anche il pensiero eco.nomico. Finalmente, non può non lasciareperplessi la contraddizione che è nel 1·ifiutoperentori·odel frontiJmo e nella praticadelle comuni condidature coi comunisti a/,leelezioni provinci.ali.Anche ammettendo che le liste unitane ,.:oicomunisti sono imposte dal meccanismo della legge elettorale nei comuni al, di sotto dei diecimila abitanti (e tuttavia...), anche ammettendo ciò, un·'analogagiustificazione non vale per le elezioni provinciali. Qlui v'è, come si è dettoJ una contraddizione, e una contraddizione che non giova affatto alla chiarezza delle posizioni, e può riuscire un passivoper l'avvenire, [7] Bibloteca Gino Bi'anco

l'immediato avvenire. Sarebbe forse stato·meglio perdere qualche seggio di consigliere provinciale per mettere fine ad ogni equivoco. La politica richiede a volte molto coraggio di rinuncia, richiede di sacrificare,senza scrupolo il particolare all'essenziale. Così soltanto si sitggellano i partiti e ld classi dirigenti. Auguriamoci comunque che il costo della posizione assunta dal P.S.I. nelle elezioni· provinciali non sia troppo alto, tanto alto da pregiudicare certe soluzioni di' cui pure si sono qui rilevati alcuni elementi che sono in via di maturazione. ; [81 Bibloteca Gino Bianco

- • Panorama preelettorale di Giuseppe Galasso Quattro anni or sono il secondo turno delle elezioni amministrative - portando alle urne la quasi totalità del corpo elettorale del Sud, e confermando le indicazioni emerse nei pochi casi in cui la consultazione elettorale era stata anticipata, anche nel Sud, al primo turno - rivelava in tutta la loro gravità gli spostamenti dell'opinione pubblica meridionale dopo· il 1948; e preannunciava que1la concorrenza di fattori che nel 1953 avrebbero causato, proprio in grazia dei rapporti di forze determinatisi fino al 'Sl-'52 nel Sud, e rimasti poi nel '53 sostanzialmente immutati, la sconfitta del centro democratico. Fu in tal modo che venne ad avverarsi la previsione di quanti andavano sostenendo, ormai da un decennio, che le carte decisive per la vita italiana si giocano nel Mezzogiorno del nostro Paese. È, dunque, più che lecito domandarsi se dall'imminente consultazione amministrativa si possano attendere nel Mezzogiorno indicazioni di rilievo· non inferiore a quelle che emersero dalle elezioni del '52. Le destre « nazionali» - monarchici e fascisti - colsero indub·biamente, nelle « amministrative >> meridionali del '52, successi vistosi, non solo per il numero dei comuni e dei. capoluoghi di provincia conquistati e per i notevoli incrementi di voti verificatisi anche là dove esse restarono1 minoranza; ma soprattutto per la clamorosa conferma che allora sembrò. venire alle loro tesi f ondame11tali circa un Mezzogiorno << riserva di saggezza della nazione >> e « indefettibile custode dei valori nazionali e del senso dello Stato», della cui rappresentanza le deslte stesse avrebbero it [9] Bibloteca Gino Bianco

monopolio. Nel che è magari un fondo di vero, ove si intendano per valori nazionali e senso dello Stato le debolezze nostalgiche e nazionaltotalitarie di tanta piccola borghesia meridionale; e per « riserva di saggezza» la sensibilità di questi e di altri settori della società meridionale ai pregiudizi secondo i quali i partiti del conservatorismo sovversivo sarebbero partiti « di ordine>>. In realtà, il successo delle destre svelava già nel ~52, agli osservatori più attenti, la sua natura effimera. In 1)rimo luogo, avevano •concorso ad esso in non piccola misura zone notevoli di borghesia produttrice, spinta da una congiuntura di disagio ad una opposizione che passava per la destra solo perchè non si poteva incanalare, per ragio11i d'incompatibilità, 11egli schieramenti di sinistra, ma che era destinata in ogni caso a subire le vicende di quella congiuntura e a venir meno ogni volta che si fosse imposta una più decisa scelta di fondo. Fu così che già alle elezioni del '5.3 le destre sem1 brarono subire nel Sud una sostanziale battuta di arresto. Successivamente, l'evolversi della situazione politica, l'isolamento parlamentare, la scissione di Lauro, le sempre più agitate vicende del M.S.I. diffusero nel1' opinione pu!bblica·.sia il senso della ristrettezza del gioco di interessi, in cui le dirigenze di destra tradizionalmente si muovono, sia il senso della 1010 costituzionale insufficienza ad ogni ruolo politico di qualche rilievo. Le elezioni regionali siciliane dello scorso anno (che sono il più notevole precedente elettorale di cui disponga chi vuol pervenire ad una qualche fondata indicazione sulla consultazione del 27 maggio nel Mezzogiorno) l1anno dimostrato la completa chiusura di ogni prospettiva di ulteriore espansione delle destre. Oggi, infatti, indipendentemente dai partiti in cui si articolano, le destre appaiono tagliate fuori dalle realtà vive e vitali del Mezzogiorno. Nelle campagne il ceto agrario, che è stato sempre la tradizionale base di reclutamento delle dirigenze di destra, ha visto indebolirsi la sua forza, il suo prestigio, la sua influenza. Per certi aspetti si può dire che una classe dominante agraria non esiste più. I contadini hanno visto, da vicino, che gli agrari sono stati colpiti, che il Governo non si identifica con essi, che la loro residua influenza si esercita sempre meno in senso elettorale e che decresce anche in senso politico (come infl1uenza su deputati, prefetti, funzionari), anche se con ritmo minore. Questo è stato uno dei principali risultati della riforma fondiaria, dalla quale, dopotutto, non si atten- [10] Bibloteca Gino Bianco

• deva la soluzione del problema della poca terra e dei troppi contadini, ma proprio questo, di accelerare cioè la decomposizione degli aspetti più vistosi e anacronistici del << blocco agrario >>. Forse non è inesatto dire che oggi le destre, più che nelle campagne, possono conservare alcune posizioni elettorali nelle città maggiori, specialmente in quelle di cui esse detengono o hanno detenuto l'amministrazione e dove i sistemi amministrativi di cui .i-\chille Lauro è stato suprema espressione garantiscono tuttora ad esse il controllo di molte torbide zone di affari e di notevoli strati popolari, legati da una rete di corruzio~e minuta e degradante, ma non ·per ciò meno efficace. Ma anche queste delle città sono posizioni elettorali ora decrescenti, ora vacillanti, comunque non potenziabili. V ero è anche che, nelle città come nelle campagne, .le clientele non sono più un fenomeno dominante. I grandi nomi contano sempre meno nel polarizzare suffragi su questa o quella lista~ perchè i grandi partiti si sono organizzati con tecniche più moderne e sono essi ormai ad 'attrarre i voti, con i loro simbo_li,i loro <<apparati», la loro politica organizzativa. Ii margine tra forze organizzate e forze non organizzate del coflpo elettorale meridionale avanza a favore delle prime; e le destre sono certamente il settore politico più danneggiato da questo fenomeno. D'altra parte, le amministrazioni di destra instaurate nel 1952 hanno retto male alla prova .. Più di una è andata disciolta o è vissuta in uno stato di crisi latente per dissoluzione della maggioranza in seguito alle fiere lotte intestine accesesi in questi ultimi anni intorno agli assessorati. i\ltre si sono discreditate molto per la loro palese insufficienza o per i loro inqualificabili metodi di politica amministrativa. Molte (e fra queste le due più importanti: quelle di Napoli e di Bari) sono condannate a sicura fine dalla modificazione i11senso proporzionale della legge elettorale. Poche, insomma, resisteranno alla prova delle urne. * * * Tutt'altro quadro presenta, invece, lo schieramento di sinistra, tuttora accentrato nel Sud intorno ai comunisti. Le elezioni siciliane del '55 fecero intravvedere la eventualità, all'interno di esso, di un ridimensionamento dei rapporti di forza tra comunisti e socialisti, il cui significato politico, ove venisse in qualche misura confermato nella prossima e più larga consultazione, non sarebbe certo equivocabile, 1 poichè indicherebbe null'altro che [11] Bibloteca Gino Bianco

la presa di coscienza, da parte delle popolazioni meridionali, della sterilità politica dei voti recati alle liste comuniste e dalla necessità di modificare i rapporti di forze nei confronti della D.C. e della destra creando a sinistra sbocchi politici possibili. La crisi del comunismo occidentale dopo i noti avvenimenti russi non può peraltro che render sempre più evidenti questi sbocchi, svigorendo progressivamente il P.C.I. anche di quella capacità di pressione che è costituita dalla sua compatta str11tt11raburocratico-organizzativa (anche se è presumibile che nel Mezzogiorno questo fattore - la crisi sovietica - eserciterà in un primo tempo assai minore influenza che nel Settentrione). D'altra parte, pur con tutte le sue deficienze e distontinuità, gioca notevolmente a discapito delle posizioni di sinistra estrema la politica interventista e riformatrice inaugurata nel Sud dai Governi democratici. Questa, infatti, ha creato, quanto meno, un'atmosfera diversa da quella tradizionale, .con speranze ed aspirazioni nuove, ha portato a termine qualche realizzazione che un decennio addietro le masse rurali del Sud non avrebbero ,creduto possi,bile.Nelle campagne, nelle città meridionali si segue questa politica con maggiore attenzione di quanto si 1 possa credere. Altro si aspetta da ess_a,ma non è più così sem1pliceormai il parlare qui dello Stato soltanto come di un nemico oppressore o 1come « cosa <leigalantuomini». La riforma fondiaria, ad esempio, mina (e lo abbiamo già detto) le basi del prestigio economico-sociale degli agrari; ma priva contemporaneamente il movimento di sinistra del suo più facile campo di manovra per un periodo di abbastanza largo respiro. Non bisogna, tuttavia, trascurare i motivi di forza, generali e particolari, prossimi e remoti, che rendono le posizioni meridionali della sinistra, ma specialmente del P.C.I., ben più solide di quelle della destra e anche più coriacee, in certi asp,etti, di quelle odierne dello stesso P.C.I. nell'Italia centro-settentrionale. Un motivo è, ad esempio, costituito dal fatto che le sinistre sono state, nella stragrande maggioranza dei casi, all'opposizione delle amministrazioni che sono testè decadute, e si giovano perciò del logorio che il potere ha esercitato sulle passate maggioranze, peraltro facilmente squalificabili di fronte all'elettorato. Un altro non sottovalutabjle motivo risiede certo nelle grandi agitazioni che in questi ultimi mesi, sotto l'impulso di vari fattori, fra i quali quelli meteorologici, eccezionalmente ostili, hanno imperversato un po' dappertutto nel Mezzogiorno e che hanno avuto a Venosa e a Barletta così tragico epilogo. In queste agitazioni i comunisti hanno [12] Bibloteca Gino Bianco

• voluto vedere una ripetizione, magari più impetuosa, di quel1 le che nell'inverno del 1949-50 diedero in qualche zona il senso di un vero e proprio fra11amento della tradizionale organizzazione civile. Pare, invece: che sia più fondato il punto di vista di chi interpreta queste agitazioni come un·ondata di risucchio del movimento delineatosi nel 1949-50, sul quale i comunisti (ulteriormente sollecitandolo) costruirono le loro maggiori fortune elettorali nel Sud e che andrebbe incontro perciò ad una fase di decrescenza. Lo stesso orientamento elettorale appena appena affiorato in Sicilia nel '55, con l'accennarsi di una tendenza di voti di sinistra a preferire il P.S.I. al P.C.I., andrebbe ricondotto in questa prospettiva generale. Ma, intanto, è lecito giudicare che, per lo schieramento di sinistra nel 5UO ,complesso, le agitazioni di questo inverno hanno significato una ennesima occasione •permantenere il contatto con i •problemi più urgenti ed elementari che assillano la vita di vaste •massein un ambiente che resta, nonostante tutto, caratterizzato dalla miseria, dalla disoccupazione, dalla disgregazione sociale. Il che non potrà non aver conseguenze alle prossime elezioni. Anche se corre l'obbligo di notare che in questo ambiente la direzione comunista del movimento popolare (come per un tragico pendant alle deficienze dell'azione e soprattutto della tradizione riformista) non è ancora riuscita ad evitare i'l frequente ricorso della jacquerie sanguinosa e vana. La Democrazia Cristiana resta ancor oggi il più forte partito del Mezzogiorno, non solo per il numero dei suffragi che in ogni caso si raccolgono sul suo simbolo, ma anche per la capacità di recupero che essa ha dimostrato di possedere e che le circostanze attuali sembrano favorire in modo singolare. Della crisi delle destre i democristiani dovrebbero essere indiscutibilmente i beneficiarii maggiori, così come dovrebbe accadere per i ,casi in cui le amministrazioni di sinistra abbiano fatto cattiva prova. Nelle città maggiori la ,polemica sulla « destalinizzazione >> è un altro sicuro motivo di richiamo. Ma il momento favorevole della Democrazia Cristiana non è originato soltanto dal fortuito concorso di elementi esterni. Esso presenta anche ragioni di ordine interno. Il rinnovamento operato, consule Fanfani, nei quadri e nei sis~emidi organizzazione e propaganda ha già fatto sentire nelle elezioni siciliane ultime l'importanza del [13] · Bibloteca Gino Bianco I

suo peso. Si aggiungano ad esso gli impulsi vigorosi che vengono al partito Ja organizzazioni a cui lo legano in varia misura ragioni di affinità o di cointeresse e delle quali qualcuna è in un periodo di particolare vivacità: Coltivatori Diretti, C.I.S.L., A.C.L.I., ecc. Si aggiunga ancora la suggestione che sull'opinione pubblica esercita sempre, per il solo fatto di esser tale, la parte che detiene una -cosìcospicua somma di poteri nel Governo, 11elle Provincie, nei Comuni, 1 nelle mille istituzioni ed enti in cui si articola la vita pubblica italiana. Si aggiunga, infine, il privilegio costituito da una quasi ufficiale investitura di ra,ppresentanza ,degli interessi della fede e della Chiesa cattolica. È evidente che un partito il quale controlla idi solito un buon terzo dell'elettorato meridionale ed ha tante e così varie ragioni di opportunità è destinato - quali che siano gli orientamenti che prevarranno 1 nella votazione del 27 maggio - a rimanere l'elemento fondamentale del prossimo periodo amministrativo: quello intorno al quale, in regime di proporzionale, fatalm,ente verranno a legarsi, nella grande maggioranza dei casi, le fila di ogni_combinazione di governo locale~ Ma, se questi sono gli odierni termini di potenza della posizione democristiana nel Sud, quale è poi il significato politico di essa ? Non è facile rispondere a questo interrogativo. Allo scudo crociato si appoggiano in ogni luogo _glielementi sociali più disparati. L'azione delle amministrazioni democristiane testè decadute non è stata ·univoca. Le stesse dirigenze periferiche del partito, consce della eterogenità delle forze che i11 esso confluiscono, lasciano agli elementi locali un buon margine di li- . bertà di movimento nelle competizioni e nelle vicenqe amministrative. Ed è ·proprio da questa grande varietà di posizioni e di atteggiamenti che affiorano anche oggi quei motivi di preocc11pazione, che hanno sempre accompagnato l'azione della Democrazia Cristiana nel Sud. Chè, se un significato politico prevalente dovesse attribuirsi ai suoi atteggiamenti, esso sareb1 be, oggi come oggi, quello di una tendenza alla liquidazione della estrema destra nel senso di un assorbimento trasformistico delle posizioni residue della stessa, con tutti i suoi interessi, le sue tradizioni, i suoi uomini; si dovrebbe riscontrare altresì il significato di una tendenza all'assorbimento « spicciolo » dell'estrema sinistra ,e di ogni altra forza viva, sul piano di una conversione, magari non disinteressata, di piccoli gruppi, se non proprio dei singoli uomini. Sarebbe, insomma, la tendenza di un paternalismo grigio così nelle sue pretese conformistiche, come nei metodi [14] Bibloteca Gino Bianco

• stanchi della sua azione; l'inconscia aspirazione ad un << regime >> fondato tanto sulla apparente modernità di una addomesticata tecno-burocrazia o, sul trasformismo dei tradizionali ambienti di cultura quanto sulla instabilità politica di larghe masse aggregate da motivi fideistici e da esigenze assi-- stenziali. Ovvero, il centrismo come qualunquismo interclassista. È chiaro perciò che si deve ancora attendere per giudicare se il « nuovo corso » fanfaniano nel Sud si sia limitato ad una sostituzione di persone e ad un miglioramento della tecnica organizzativa e propagandistica o abbia, invece, operato una effettiva trasformazione interiore del paritito. Giova in-- tanto chiedersi se siano stati i nuovi (e ancora scarsi) quadri a dare il tono· a tutta la intelaiatura politica ed organizzativa del partito; o se sia stato invece il vecchio personale elettorale ed amministrativo ad invischiare nelle reti del suo trasformismo la linea nuova. Si tratta di sapere, in definitiva, se la politica delle riform,e è destinata ad essere il vigoroso avvio verso nuove realtà democratiche o verso moderne audacie reazionarie. * * * Resterebbe da parlare dei << minori >> partiti democratici. Di essi, << il più forte », elettoralmente, è ancora, nel Sud, il Partito Liberale. Fino a qualche tempo fa esso pareva poter anche scegliere la via di un serio, e moderno impegno meridionalistico. Oggi la sua scelta è capovolta. Mentre si consumano le ultime clientele liberali (Colitto, Capua, De Caro) il P.L.I. ha scelto la via di un recupero a destra, che ap1 pare oltremodo difficile; ed l1a sollecitato una sorta di ipoteca morale da quelle forze che oggt sono unite nella cosiddetta « Confìntesa ». Comunque, sulla strada del. recupero dei voti di destra, il P.L.I. incontrerà, a contendergli il passo, la Democrazia Cristiana, alla quale non pare possano negarsi le maggiori probabilità di successo in tal senso (1 ). ( 1 ) Il che si è già avuto occasione di djre su Nord e Sud, nella n.d.r. del n. 7: << Se si guarda... alla storia elettorale italiana degli ultimi dieci anni si vede subito che questa opinione conservatrice ha sempre oscillato tra i monarchici e la D.C~: nella 'grande paura' del '48, essa è corsa a far argine al comunismo ponendosi sotto la protezione del partito cattolico; dopo non ha esitato a rinforzare la destra di opposizione più decisa e non può esservi dubbio che sarebbe pronta ' a ricovrarsi sotto le grandi ali ' del perdono di Fanfani ove avvertisse la necessità di costruire ' . ' un nuovo argine >>. [15] Bibloteca Gino ·sianco •

·Gli altri partiti minori dis.pongono nel Mezzogiorno d i ·una base ri- ·strettissima. Nei loro confronti le prossime <<amministr ative» dovrebbero dirci specialmente se essi abbiano toccato ormai il punto limite della loro parabola discendente. Non sembrerebbero ingiustificate le speranze di chi confida che il processo della loro dissoluzione si sia arres tato. Infatti l'indipendentismo di sinistra è in crisi manifesta. Gli ultimi suoi epigoni preferiscono ormai entrare direttamente nelle liste socialcomun iste; ma è dubbio che essi riescano a trascinarsi dietro tutto l'elettorato prog ressista che soleva dar loro i suoi suffragi, ad onta degli equivoci •che,come oggi risulta dimostrato, si celavano dietro questa formula dell' « indipendentismo di sinistra », logora frangia del frontismo. Egualmente, non manca no, fra i giovani, leve nuove degli ideali di sinistra democratica. Sicchè a vrebbe certamente ·giovatoal successo elettorale di questi ideali una battaglia combattuta dalle ±orze della democrazia di sinistra su piattaforme il più unitarie possibile. La decisione congressuale del P.S.D.I. di presentarsi alle prossime elezioni t:on liste e simboli propri in tutto il Paese ha, invece, reso episodica e limitata questa prospettiva; pur essendo chiaro che si tratta di una decisione 1:i quale, quando non suggerisce l'immagine denigrator ia della <<lotta in un catino», potrà avere risonanza efficace solo nel Nor d in qualche raro centro particolarmente qualificato per tradizione social ista. * * *, Questi essendo, nelle linee generali, il campo dei conten denti e il quadro della contesa, sono evidenti le indicazioni -che ne r isultano. È improbabile che le elezioni del prossimo 27 maggio non abbi ano a rivelare una destra in declino. È improbabile che esse denuncino una netta ripresa della capacità di espansione del P.C.I. È improbabile infine che esse non dimostrino una vivace tenuta della D.C. o un sensibile progress o del P.S.I. Nulla, quindi, presumibilmente, di nuovo rispetto alle elezion i siciliane del '55. .E nulla, anche, di sostanzialmente diverso da quanto pot rà accadere nel Nord·; salvo che alla presumibile •battuta d'arresto dei comunisti nel Sud potrebbero corrispondere nel. Nord a,ddirittura fenomeni di vera e propria crisi elettorale, mentre, per quanto riguarda le destre, la ,distribuzione del loro elettorato è tale •cheil problema di nuovi orientamenti di questo elet torato ha rilevanza soltanto nel Sud. [16] Bibloteca Gino Bianco

Il 27 maggio è destinato allora a rispondere negativamente all'interrogativo da noi posto in principio? Non esitiamo a credere che l'importanza maggiore della prossima consultazione nel Sud sarà data dai suoi sviluppi post-elettorali, dal modo come saranno affrontati e risolti nella maggioranza dei casi i problemi per la formazione delle giunte provinciali e comunali. Allora la Democrazia Cristiana si troverà di fronte alla difficoltà e al pericolo di esser costretta a collaborare in metà del Paese con i gruppi con- . siliari della sinistra socialista e nell'altra metà con i gruppi consiliari di una destra definitivamente squalificata e squalificante, definitivamente caiante nelle sue fortune elettorali. Allora il P.S.I. stesso si troverà di .fronte alla scelta fra una definitiva rinunzia a tuttora permanenti equivoci della sua azione e la responsabilità di imprevedibili involuzioni di tutta la situazione italiana, ma particolarmente dì un mancato rinnovamento delle dirigenze amministrative meridionali. È quest'ultimo, in fondo, l'aspetto di maggior rilievo del prossimo I quadriennio amministrativo. Giusti ci appaiono invero i rilievi avanzati a questo proposito dal settimanale Basilicata: << l'esperienza di questi dieci anni dimostra>>, esso ha scritto, << che non solo i democristiani con l'inevitabile •Contornodelle clientele locali, ma gli stessi comunisti e loro alleati 110nhanno saputo agire concretamente nel settore dei numerosi problemi locali. Fatta la debita tara alle difficoltà frapposte dalla legislazione vigente che tanti fastidi arreca alle amministrazioni locali, si può però affermare che proprio le maggioranze di sinistra, analogamente a quelle di centrodestra, sono venute meno, in tutto il Mezzogiorno, sul piano dell'e realizzazioni concrete, anzitutto perchè a tali maggioranze è mancata la indispensabile capacità tecnica, che può derivare da una particolare visione politica e quindi da un metodo>>. E Basilicata ha anche giustamente ricordato che << quanto più sarà modificato l'attuale rapporto politico-amministrativo, tanto più sarà fatto un ,passo in avanti nella modernizzazione della nostra vita politica ». Avrebbe perciò un'influenza addirittura deleteria una eventuale paralisi della vita amministrativa nelle nostre regioni. Ma no11meno deleteria - per chi sinceramente aspira a un Mezzogiorno più liberale - sarebbe l'influenza di amministrazioni fondate sull'accordo fra la D.C. e i residui del- [17] Bibloteca Gino Bianco

l'estrema destra. Il regime commissariale potrà essere soluzione necessaria in alcuni casi: e noi formalmente lo auspichiamo per Napoli e per Bari, ove la distribuzione delle forze in questi due consigli comunali non permettesse altro che la soluzione dell'intesa monarchico-democristiana. Nfa esso non potrà generalizzarsi. · D'altra parte, gli svolgimenti recenti dell'esperienza sicilia.na denunciano il facile logorio di soluzioni che non si fondano su una prospettiva di organica collaborazione. [18] Bibloteca Gino Bianco

• Sociologia cattolica di Giorgio Granata ·Nel 1931Gabriel Le Bras, docente di diritto presso la Università di Parigi, pu·bblicava sulle pagine della Revue d' histoi·re de l'Eglise de France un saggio dal suggestivo titolo: << Statistica e storia religiosa. Per un esame particolareggiato e per una spiegazione storica della situazione del cattolicesimo nelle varie regioni della Francia >>. Quello scritto dischiudeva la via ad una serie di ricerche affatto nuove ed originali. Da allora in poi la sociologia religiosa è venuta facendo notevoli passi innanzi; la Chiesa ne ha raccomandato la opportunità e la utilità relativamente alla teologia pastorale, che da quelle investigazioni riceve ausilio e sostegno agli effetti di un magistero vieppiù fecondo; congressi e convegni di sociologia religiosa sono tenuti ad intervalli periodici; a Bologna, per iniziativa del Cardinale Lercaro, è stato fondato un Ufficio Diocesano di statistica religiosa, e presso 'la Pontificia Università Gregoriana di Rom,a, la Università Internazionale << Pro Deo >>, la Pontificia Facoltà Teologica di Milano sono state istituite cattedre di sociologia religiosa; per quanto concerne l'Italia in particolare, gli studi in argomento, allo stato delle cose~ sono numerosi: senza indugiare in una rassegna particolareggiata delle· varie voci contenute 11ella 1 bibliografia, è -lecito affermare che siamo in possesso di due saggi esemplari: quello di Don Aldo Leoni per la Diocesi dii Mantov,a (So~iologia e geografia religiosa di una Diocesi, Roma, P. Univer-- sità Gregoriana, 1952) e l'altro di Suor Maria Agnese delle Ausiliatrici del• Purgatorio, al secolo M. A. Censi, per il quartiere Tiburtino di Roma (V na indagine campione in una Parrocchia urbana - Studio sulla Parrocchia Maria SS. Immacolata nel quartiere romano Tiburtino, nella rivista << Orientamenti sociali», 1953). Nondimeno, la sociologia religiosa ha incontrato, agli inizi, ostacoli e·· resistenze negli ambienti cattolici; occorreva, anzitutto, battere in breccia [19] Bibloteca Gino Bianco

il pr'egiudizio che, attraverso di essa, si volesse far dipendere e subordinare il sentimento religioso a condizioni affatto esteriori, quali, ad esempio, la posizione geografica del luogo ove i fedeli vivono o il tenore di vita di questa o di quell'altra collettività. Ben presto, però, anche i cattolici hanno scoperto che, se l'uomo è libero e le sue _sceltesono varie, difformi, ed imprevedibili, egli, tuttavia, vive in un determinato ambiente, per modo che i fatti, le forme, le strutture della vita sociale esercitano notevoli influenze sulla vita religio5iae viceversa. In contrasto, anzi, con l'ingenuo ed incondito determinismo professato dei sociologhi del secolo scorso, in quest'ordine di idee si è proceduto tanto innanzi, che oggi si discute, casomai, circa un influsso dell'uomo sulla natura circostante, e, quindi, di una geografia umana che dovre1 b·be sostituire, alfi.ne, l'antica geografia fisica: così, Pierre Deffontaines ( Géographie et religions, Paris, Gallimard) ha fornito la dimostrazione che ìa cultura della vite, necessaria al sacrificio eucaristico, si accompagna all'espansione del cristianesimo, il quale mentre viene conquistando regioni e Paesi incide contemporaneamente sulla natura delle coltivazioni, trasformando a vigna a·ppezzati di terreno. La cultura cattolica, inoltre, durante un certo periodo di tempo ha fatto il viso dell'arme alla sociologia religiosa, poichè è sembrato che taluno intendesse svalutare, e degradare, la vita religiosa, segreta ed intima, di ciascun credente - insofferente, quindi, di qualsiasi limitazione - al1a stregua di un fatto esteriore, rigorosamente valutabile e controllabile. Ma se la Chiesa, da una parte, è una società meramente interiore, d'altro lato, in quanto istituto ed organizzazione gerarchica, costituisce una societas sitt1iatanello spazio e nel tempo. In maniera analoga, l'azione del cattolico non si esaurisce unicamente in una successione di atteggiamenti spirituali, morali e culturali: infatti, egli è tenuto ad adempiere gli obblighi della pratica religiosa, che ricadono nell'ambito e sotto l'osservazione della sociologia religios~. Senza dubbio, il numero dei battesimi o delle comunioni in una determinata località ha assai poco a che fare con la schiettezza e la serietà del sentimento religioso prof es~ato dai fedeli; ma, se le statistiche concludono che presso una diocesi i genitori indugiano troppo lungamente prima di condurre i loro nati al fonte battesimale, ciò sta ad indicare che ivi i rapporti tra i fedeli e la Parrocchia lasciano a desiderare e che la Chiesa [20] Bibloteca Gino Bianco

• esercita il suo magistero, per lo meno relativamente agli obblighi delle << ini-- ziazioni », in un'atmosfera di rilassatezza, o Pddirittura, di indisciplina. Gli studiosi di sociologia, conforme alla classificazione instaurata in Francia, sono soliti suddividere la popolazione cattolica in qu.attro categorie. Appartengono al primo gruppo i così detti conformisti stagionali, cioè coloro i quali forniscono la prova di essere cattolici unicamente in alcune congiunture. La Chiesa considera, infatti, come << iniziazioni » alcuni atti, quali il ·battesimo, la cresima, la prima comunione, gli ultimi sacramenti, il funerale religioso, che si succedono, scaglionati nel tempo, a segnare le varie età dell'uomo, per modo che il battesimo corrisponde alla nascita, la prima comunione e la cresima alla fanciullezza, il matrimonio alla virilità, e via dicendo. I conformisti stagionali partecipano alla vita della lor.o Parrocchia in maniera oltremodo superficiale ed episodica, cioè a dire soltanto attraverso le « iniziazioni » ; costoro continuano ad essere tradizionalmente nella Chiesa, anche se la religione ha per essi un significato, affatto esteriore, di omaggio all'ambiente, ai costumi dei padri, e, magari, a • • • • • spaventi e terrori superst1z1os1. Alla seconda categoria vanno inscritti, invece, i praticanti od osservanti, che assistono abitualmente alla messa domenicale e che soddisfano il precetto pasquale. Presso i membri di questa categoria i vincoli ed i rapporti con la Chiesa sono maggiormente intimi e saldi. Del terzo gruppo fanno parte i devoti, coloro che non si accontentano unicamente di frequentare la messa domenicale o di adempiere il precetto pasquale, ma sono in regola anche con le devozioni, cioè si comunicano frequentemente, assistono magari ogni giorno alla messa, partecipano alla istruzione eiatechistica, risultano iscritti alle associazioni religiose, sono inseriti, insomma, in maniera salda e continuativa nella vita della Parrocchia. L'ultima categoria, per converso, raccoglie i separati, quelli che hanno rotto ogni vincolo con la Chies,a, non fanno battezzare o comunicare i figlioli, si sposano civilmente, rifiutano per i propri congiunti i funerali religiosi, e via dicendo. La classificazione rammemorata è senza dubbio convincente e comoda; nonostante le apparenti diversità, su di ess.a, del resto, è atteggiata la suddivisione proposta dal Canonico Fernand B.oulard per l'intiero territorio francese, i cui paesi sono stati raggru·ppati in tre categorie: A) paesi cristiani, nei quali la Chiesa è in regolare contatto con i fedeli, che assistono [21] \ . Bibloteca Gino Bianco

alla messa domenicale ed adempiono il -precetto pasquale nel la misura, relativamente agli adulti, dal 45 al 100 per cento; B) paesi cristiani ma indifferenti: in quei centri la popolazione adulta è costituita in gran parte (e precisamente: nella percentuale dal 44 per cento allo O) da conformisti siagionali, che vivono nella tradizione cristiana, ma non p raticano una piena vita religiosa, con il risultato che i contatti fra la Chiesa e i fedeli sono sporadici ed occasionali; C) paesi di missione, nei quali per lo meno il 20 per cento dei fedeli vivono << seplarati», non hanno più contatti con la Chiesa. La suddivisiop.e, invece, prospettata dal Padre Pin (Vocation de la sociologie religieuse, in << Revue de l'Action populaire >>, 1951) in Parrocchie a carattere prevalentemente statico e Parrocchie a carattere prevalentemente dinamico, con tutte le altre ulteriori specie e sottospecie, elencate dall'Autore, è assai meno persuasiva. Non è nostra intenzione a questo punto addentrarci in un esame d iffuso circa i metodi esperimentati per procedere ad una ripa rtizione delle varie diocesi - o delle parrocchie nella diocesi - conforme q uegli schemi. Le percentuali déi fedeli conformisti stagionali, oppure pratica nti, o, infine, devoti possono essere desunte, per esempio, attraverso una di stribuzione di •<<santini»,all'ingresso della Chiesa, opportunatamente variat i secondo che ·si tratti di uomini o di donne, di adulti o di bambini, opp·ur e - con maggiore serietà e sicurezza - mercè la distribuzione di questio nari ai messa- .lisants: in tale eventualità il parroco fornirà ai fedeli le _necessarie istruzioni e li ammonirà sull'importanza dell'indagine in corso. D'altro canto, è apportuno avvertire, ancora una volta, che le anzidette .classificazioni hanno un valore soltanto prammatico, di comodo: il sentimento religioso appartiene alla vita interiore dell'individuo e può essere ~ difficoltà, unicamente per le sue manifestazioni proiettate ver so l'esterno, calato ed inquadrato entro schemi e caselle. Accade, pertanto , che persone le quali hanno spezzato i rapporti con la Chiesa, nondimen o nei relativi colloqui dànno l'impressione di essere già vicini allo spirito e alla mentalità cristia1'a, che alcuni devoti, e. persino bigotti: o, per me glio dire, appaiono provvisti di un tenace e prof.ondo sentimento religios o, anche se le loro convinzioni metafisiche sembrano ormai spente, o quasi . È doveroso, ancora, avvertire che le ricerche di sociologia re ligiosa cond.otte da sacerdoti o da fedeli hanno bisogno di una esp licita autorizzazione da parte della competente Autorità ecclesiastica << che sola è giu- (22] Bibloteca Gino Bianco ....

• dice della convenienza o meno di siffatte rivelazioni, del modo di procedere e della opportunità di pubblicare o di tenere segreti i risultati» (Aldo Leoni, Sociologia religiosa e azione pastorale, Edizioni dell'Ateneo, 1955, pag. 29). Del resto anche il Le Bras ha invaria1 bilmente dichiarato di << n'alig1ier que les cliiffres fournies par l'autorité compétente, qui est juge de i' opportunité des silences >>.Non ne trarremo, tuttavia, motivo di meraviglia o di scandalo: qualsiasi ricerca sulla struttura interna di un partito, condotta dal partito medesimo, sul'la sua composizione sociale, sul numero degli iscritti, è ognora viziata o sospetta di adulterazioni e deformazioni, se non altro nelle numerose reticenze e silenzi. Su di un piano rigoroso e scientifico va tenuto conto, s'intende, dei «limiti>> insiti in tali inchieste - vuoi che si tratti delle indagini relative alle pratiche religiose dei fedeli nella Diocesi di Mantova, vuoi del numero degli iscritti alla Federazione romana del Partito Comunista Italian.o; occorre adoperare, quindi, i risultati di quelle ricerche con cautela e circospezione, fìnchè non saranno eseguite nuove esplorazioni più imparziali, e <<sganciate>>,e, perciò, più scientifiche. Dalla lettura di tabelle, cifre e diagrammi a nostra disposizione - · tabelle, cifre e diagrammi che qui vengono assunti per il loro significato complessivo - discende, anzitutto, una indicazione di carattere generale. Il cristianesimo è ovunque in sitU;azione di difesa, di containement e di lento, ma costante regresso: in alcune zone le perdite sono rilevanti ed altrove, invece, minime; tuttavia, il fenomeno, sia pure entro limiti e secondo misure diverse, è uniforme. Le ragioni di ciò sono state chiaramente investigate e coraggiosamente denunciate all'arcivescovo di Parigi, Cardinale Suhard: «Le strutture e i metodi sono ancora, per la maggior parte, quelli che avevano valore quando la vita della comunità era totalmente cristiana. Parrocchie, opere, istituzioni non si sono sviluppate in modo corrispondente alla realtà, ai gruppi sociali, specialmente in questi • µltimi decenni. Esse si sono rivolte verso l'interno e non verso la vita umana, che si sta svilu·ppando. La vita contemp.oran~a si è formata al di fuori del Cristianesimo, al quale ormai sfuggono moltissimi valori moderni. La corrente di questo sviluppo non passa più per la Chiesa: ogni cosa si evolve come se il Cristianesimo fosse il cammino vers.o un paese immaginario >> (Le prétre dans la Cité, lettera pastorale dettata per la quaresima del 1949). In realtà, ove si passi ad un esame delle varie situazioni, i dati raccolti [23] Biblotèca Gino Bianco

Nel 1953 la situazione dell'edilizia delle scuole elementari, quale risulta dalle statistiche ufficiali, era la seguente: le aule costruite in novant'anni erano 66 mila, quelle adattate (e Dio sa fOme !) 27 mila. Il fabbisogno era di 157 mila; ne mancavano 64 mila. Vi sono dunque «ufficialmente» 64 mila maestri che non hanno la loro aula; circa la metà degli alunni si deve adattare ad orari ridotti. Il Settentrione manca del 22 per cento di aule scolastiche; tale percentuale sale a 59,4 nell'Italia meridionale, con la punta massima del 72,7 in provincia di Avellino. Ma la· situazione· nelle nostre regioni è certo peggiore di quella che queste cifre denunziano; mentre nei Comuni del Nord i locali adattati sono in massima parte idonei, nel Sud avviene il contrario, perchè essi sono quasi sempre reperiti « presso case di privata abitazione, e sprovvisti di ogni requisito, anche il più rudin1entale >>. E c'è anche un altro dato che tocca in modo particolare il Mezzogiorno. Qui abbondano le piccole scuole rurali con un piccolo numero di alunni « per le quali le amministrazioni comunali sono in genere riluttanti ad affrontare la ~pesa necessaria alla costruzione dell'edificio occorrente ». Quali le cause di questa situazione? Risultano evidenti da quanto si è finora esposto. E credo si possa concordare con quanto è stato scritto nel 1953 dal Sacchetto, direttore generale al Ministero della P.I. per l'edilizia scolastica.Egli dice che, mentre la scuola è andata attraverso i decenni perfezionando i suoi ordinamenti, « nessun radicale provvedimento è stato mai preso ad adeguare alle cres·centiesigenze la rete dei suoi edifici: edifici, la cui costruzione essendo affidata all'iniziativa degli Enti locali, sono sorti laddove le possibilità di questi Enti lo hanno consentito e laddove µna particolare sensibilità educativa lo ha suggerito ed imposto. Nè gli espedienti a cui, di tempo in tempo, si è ricorsi - contributi, sussidi _edagevolazioni di credito - hanno arrecato un contribu~o sensibile ·alla soluzione del problema, specialmente nelle zone più diseredate, così come si è andato via via accentuando il distacco, ingiusto ed umiliante, tra i centri più provveduti e la maggior parte dei centri minori, specie di quelli di campagna e di montagna ». Dopo questa diagnosi così esatta, cui faceva sèguito la constatazione « che·i tentativi compiuti nel corso di quasi un secolo per risolvere il problema dell'edilizia scolastica con la procedura delle agevolazioni di credito nei confronti delle località più povere, han fatto fallimento ... » e che [24] BibliotecaGino Bianco

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