Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 2 - mar.-apr. 1953

I I erea1 avoraori ♦ Bilancio umano ♦ Malattie e disoccupati ♦ L'occupazione agricola ♦ Politica produttivistica ♦ Il Ministero del Lavoro ♦ La crisi dei laburisti ♦ La vendita dei periodici ♦ La legge Tah-Hartley ♦ Fascismo e Azione Cattolica ♦ Cronache De Cocci ;1 Grosso " Levi ;1 Orlando ; Pio Xl Tintant ; Trem:elloili 2 ROMA • MARZO ,, APRILE 1953 Bjblioteca Gino Bianco ·, \

~ttere aiLavorato0 dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ogni bimestre in fa~ scicoli di 112 pagine • A hhonamento ann~o L. 1000 - ,, semestr. ,, 5000gni fascicolo ,, 200Estero il doppio • indirizzo postale: LETTERE Al LAVORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul e/ e postale n. 1 / 21921 intestato a ''Lettere ai lavoratori,, nelruv hcio dei conti correnti di Roma Re1pon1a6ile: PIERO RANZI Autor. Trib. di Roma n. 2522 del 25,,1,,51 Stab. Tip. UESISA ,, Roma ,, 1953 Biblioteca Gino Bianco \

Lettere ai Lavoratori A.nno Il - N. 2 Marzo-Aprile 1953 BILANCIO UMANO S ignificativo è il fatto che il Parlamento abbia approvato, alcuui mesi prima del termine della legislatura, una legge la quale . fa obbligo al Ministro del Tesoro di introdurre nella Relazione economica generale un capitolo sul << bilancio umano » del Paese, accanto alle cifre e alle osservazioni intorno al bilancio economico. Quella disposizione, che fu proposta da chi scrive, ha probabilmente un significato che va al di là di una semplice e formale leggina; e mette conto di ricordarla nel primo di maggio, cioè nella giornata mondiale del lavoro. La valutazione dell'importanza della condizione dei popoli, e quindi quella del Biblioteca Gino Bianco progresso sociale, ha subito fondamentali sviluppi dal principio di questo secolo. Forse minore importanza ha oggi, rispetto ad allora, lo strumento sindacale, e maggior rilievo viene assumendo la generica battaglia politica, giacchè la conquista puramente salariale può essere condizionata continuamente da più ampi e meno direttamente visibili indirizzi di politica economica. E' certo co1nunque che negli ultimi decenni siamo entrati in una fase nuova del progresso sociale, dove l'obiettivo salariale diventa parte di un esteso quadro. di più ampio respiro. S1 riconosce ormai che una politica sociale costruttiva 113

non può sfidare la situazione economica; ma, d'altra parte, che il costante miglioran1ento di tale situazione trova legittime e gravi suspicioni se non è accompagnato da norme e fatti capaci di assicurare ai lavoratori una equa parte della produzione accresciuta, o se permangono intollerabili condizioni di vita per taluni, o se per essi si perpetuano le paure del do1nani, o se vi sia ineguaglianza, ancor più degli agi materiali, delle << opportunità ». Il Progresso sociale è intimamente legato, così, al progresso economico, talchè l'uno sempre meno può prescindere dall'altro. Essenziale sembra, ormai, accanto a quello d'una sistematica « sicurezza sociale », l'obiettivo di offrire a tutti le occasioni di lavoro, e quello di far partecipare tutti alle risorse addizionali conseguite dal progresso materiale. Grossi temi, peraltro non insolubili, si affacci ano all'Italia nei prossimi lustri, affinchè una libera iniziativa sindacale e una meditata azione politica consentano ~ongiuntamente il raggiungimento del triplice obiettivo, sen~a restringere le basi fondamentali d'un'economia progressiva. Molti di questi temi 114 Biblioteca Gino Bianco sono stati già affrontati dalla Inchiesta parlamentare sulla disoccupazione. Intendo parlare, per esempio, delle situazioni nuove poste sul tavolo del legislatore dal fenomeno del crescente passaggio dal lavoro autonomo al lavoro subordinato; o di quello dello invecchiàmento della popolazione (il problema dei giovani e il problema dei vecchj); o dell'aumentata propensione al lavoro dipendente da parte di una aumentante popolazione femminile. Altri temi sono quelli dello sviluppo meno casuale e più ampio e sistematico delle facoltà fisiche e professionali dei lavoratori; o quelli della efficienza e della dimensione di un congegno organico di previdenze ed assistenze; oppure quelli derivanti dalla crescente aspirazione alla << regolarità » dell'impiego, la quale deve però conciliarsi con una maggior mobilità prof essionale e spaziale. Infine, occorre risolvere il problema d'un 1niglioramento ambientale e reddituale che non solleciti ulteriormente l'abbandono della montagna e della campagna. Ho esemplificato, e non enunciato. C'è per i nostri legislatori e per gli uomini di governo del pro~simo quinquennio l

larga messe di operosità feconda e motivo di n1editata fatica. Ciò che è fondamentale, per queste ci vili scelte, è di non dimenticare mai cl1e ogni n1iglioramento del livello di esistenza e di benessere del Paese non si ottiene durevolmente che attraverso un aumento progressivo del dividendo reale nazionale: il problema produttivo e le variabili che lo condizionano devono quindi trovare sem- . ' . pre p1u ampia conoscenza, accanto a quelli della distribuzione e del migliore uso dei vantaggi offerti ai lavoratori da un ambiente più efficiente. Stia.mo poi oggi sottolineando una tappa importantissima, quella non soltanto di un riconoscimento del valore materiale del lavoro, ma anche del pieno riconoscimento del suo valore n1orale: presupposto della odierna sempre più ampia ricerca di un miglioramento delle << relazioni umane » all'interno dell'impresa, ricerca alla quale si devono accingere lavoratori ed imprenditori nel libero clima di pattuizione sindacale consentito dagli istituti democratici. L'azione sindacale potrà dunque evolversi nella duplice direzione della resistenza combinata e dell'educazione. Biblioteca Gino Bianco D'altra parte, il progresso sociale cui dobbiamo mirare non si riferisce esclusivamente a quel quarto della popolazione che è sindacata. Occor- _re che l'opi~ione pubblica e gli uomini di Stato si preoccupino di un altro terzo della popolazione, il quale costituisce il gruppo degli << economicamente deboli>> e ha maggior bisogno di intervento lungi1nirante ed amoroso da parte della collettività. Di qui l'importanza di una politica sociale ad ampio raggio che agisca seriamente come correttrice di effetti cumulativi negativi, come quelli che si producono tra indigenza e ignoranza, tra povertà e malattie, tra miseria e disoccupazione. Oggi in tutti i paesi dèl mondo si pongono, accanto al generale riconoscimento della necessità di un rapido progresso sociale, due problemi: con quale ritmo e in qual senso si può progredire? Alla saggia e non avara soluzione di siffatti problemi è legato senza dubbio nel prossimo mezzo secolo l' avvenire del mondo. ROBERTO TREMELLONI (da« La Stampa» del 1° maggio 1953). 115

Aspeffi medico-sociali della disoccupazione Una lettera ai lavoratori sul problema che s-i prospetta già nel titolo che, dopo qualche esitazione, abbiamo premesso a queste linee, ci sembra necessaria poichè gli aspetti ne sono indubbiamente scottanti e vitali, ma scriverla ci ha tenuti alquanto perplessi, perchè non tutti questi aspetti sono chiarame,nte rappresentabili e documentabili. Crediamo però di potere onestamente, alla luce delle indagini più recenti, fare il punto ~u quello che oggi di sicuro o di probabile si S'a, così da poterlo esporre con una certa tranquillità .di coscienza ai fini doverosi di suggerire quanto potrebbe essere fatto per migliorare anche in questo campo situazioni dolorose per il disoccupato e la sua famiglia. 1) - Il primo aspetto difficile del problema è quello, cui abbiamo già implicitamente accennato, della penuria di notizie fresche e precise sullo stato sanitario dei diS1occupati. Sappiamo infatti che, mentre le notizie sullo stato di salute dei lavoratori occupati e dei loro familiari sono largaBibl J ca Gino Bianco PIERO GROSSO nato nel 1908, studioso di problemi del lavoro e della assistenza sociale. mente attingibili attraverso le abbondanti e precise statistiche che nei loro confronti raccolgono lo J stituto Nazionale di Assicurazione Malattia e gli altri Enti di assistenza sanitaria per i lavoratori, mancano invece quasi totalmente notizie circa la salute di coloro che da qualche te.mpo hanno perduto il lavoro o non lo hanno ancora ass.unto. Ciò in quanto ai lavoratori che non lavorano, ed ai relativi familiari, la assistenza sanitaria non viene concessa che per un tempo assai breve dal n1omento in cui la loro occupazione è venuta a cessare, tempo che non supera mai i 6 mesi. Per coloro, poi, che pur facendo parte delle cosiddette forze di lavoro non hanno ancora trovato una occupazione - i cosiddetti inoccupati - non si ha nessuna notizia, in quanto ad es9i di per sè non spetta assistenza alcuna.

Incerta appare quindi la possibilità di formulare giudizi meccanici circa il reale stato di morbosità degli inoccupati, dei disoccupati e delle loro f a1niglie, poichè nella 1nigliore ipotesi - ove st,atiE"Ati 1 che complete si facessero - non avremmo nei loro confronti che statistiche relative ai primi 6 mesi di disoccupazione, cioè ad un periodo in cui il disoccupato e la sua famiglia non hanno potuto ancora rirentire effettivamente le conseiguenze dello stato di disoccupazione. 2) - Alcune ricerche molto importanti sono state tuttavia fatte sull'argomento in questi ultimi mesi, parte grazie a studi privati, parte ad iniziativa di un Gruppo di lavoro di sanitari e scienziati costituito per rinchiesta parlamentare su1la disoccupazione e presieduto dal prof. Pietro Di Donna. Il Gruppo ha avuto l'ausilio di tutti gli Enti interessati all' a~,sistenza sanitaria dei lavoratori, e per conseguenza ha potuto far co1npiere indagini in settori e con mezzi assai vari. Ed anche se non sempre. i risultati sono stati documentativamente probanti, date le difficoltà che sopra abbiamo accennato, a miglior conforto dei risultati delle indagini stesse ha però sopperito la prof onda dottrina degli studiosi e la ~perimentata tecnica degli Enti chiamati in causa. Tra l'altro, l'I.N .A.M. ha potuto f omire una documentazione statistica rilevata ex novo, se pur limitata ai primi mesi di disoccupazione che sopra dicevamo e Biblioteca Gino Bianco l'Alto Commissariato per l'Igiene e la Sanità ha compiuto una indagine schermografica su varie decine di migliaia di lavoratori disoccupati e loro familiari. D'altro canto, alcune centinaia di medici, tra cui erano i sanitari più insigni in materia di medicina del lavoro, e delle altre categorie più o meno affini, sino a giungere ai medici condotti di zone particolarmente climateriche, sono stati interpellati con un minuto e preciso que&tionario che oltre alle questioni generali comprendeva domande circa le condizioni di abitazione e alimentazione delle categorie sociali interessate e vari problemi particolari speciahnente connessi con la disoccupazione minorile, quella f emminilc, dei 1ninorati fisici e <lei lavoratori dimessi da sanatori. Da queste. cd altre indagini abbiamo modo di conoscere induttivamente quali siano le con~ dizioni .di salute e di occupabilità dei disoccupati e d~i loro parenti. Non tutto è apparso chiaro, e qualche cosa è apparsa contrastante tra quello che poteva essere la nostra esperienza e l'intuizione logica conseguente alle segnalazioni fornite dai fatti rilevati. Nel complesso, però, grazie anche alla profonda competenza di coloro che agli studi del genere ed ali' assistenza consacrano la vita, possiamo esporre alcuni dati che ci sembrano n1olto interessanti. ~) - La frequenza di malattia dei lavoratori disoccupati provenienti dai settori dell'industria e 117

del co1nn1ercio, calcolata in base ad un bimestre di assistenza sa.. nitaria, risulterebbe essere dc.Ilo 11,27()/o il che, rapportata teoricamente la frequenza ad un anno di disoccupazione dovrebbe rappresentare un totale del 67,62. Occorre peraltro rilevare che - come era ·intuibile -- sensibilmente diversa appare la percentuale tra il settore dcll'indu~tria e quello del commercio, nel secondo dei quali (58,56-0/o) non sembra esservi morbosità tanto elevata quanto in quello dell'industria (68,l()t>/o). Ma qui bisognerebbe anche vede.re quan_to incidono certe malattie non i·iconosciute profes,sionali ma tuttavia proprie del settore con1mcrcialc, come nervosismo, esaurimento e simili, che per difficoltà di diagnosi e di attribuzione non vengono di solito neppure prese in ron~iderazione ed alle quali - a ..li~{f"renza Ji ciò che av•,iene per l'attrezzatissimo settore della industria, - nessuno mai ha dedicato una rilevazione od uno studio veri e propri e completi. Comunque, le cifre che sopra abbiamo vedute ci mostrerebbero un apparente au1nento percentuale della morbosità nel disoccupato rispetto all'occupato, essendo le corrispondenti percentuali degli occupati del 54,169/o nell'industria e del 35,180/o nel commercio. Si tratterebbe di un aumento proporzionale nientemeno che del ·25 °io, o quasi: ed è proprio questa sproporzione enorme che viene a conf erB·b1 118 G' s· 1 0eca ,no 1anco marci in quel che ci suggerirebbero invece l'esperienza ed il ragionamento intuitivo, cioè che le proporzioni debbano essere, invece, inverse, e che l' apparente aumento di morbosità sia dovuto a cause diverse da un aumento vero. Non è possibile, infatti, ci dic·e l'esperienza, che nei primi due rrtesi di disoccupazione la salute di un lavoratore peggiori siffatta. mente, e forse anzi che peggiori affatto. In quei primi due mesi le condizioni di vita del soggetto non pos&ono essere state alterate in modo da produrre stati morbosi. Liquidazione ri• scossa e sussidio in riscossione hanno sopperito ed ancor soppe .. riscono ai bisogni individuali e fa miliari. Uno sfratto dalla abituale abitazione, anche se il fitto non è stato pagato, non può ancora avere avuto luogo; e cos-ì via dicendo. Di più: nella realtà pratica son venute a cessare, specie per il lavoratore dell'industria e soprattutto di certe industrie, molte cause immediate di degenza derivanti dalle condizioni stesse del lavoro. Quali dunque le cause dell'aumento statistico della morbosità nel disoccupato appena divenuto tale? J\,Iohe accessorie, ed una principalissima: il fatto che al mo1nento della disoccupazione il ne.odisoccupato, ben sapendo che il tempo di ulteriore assistenza sanitaria sarà per lui or~ai breve, e disponendo d'altronde di maggior libertà e camodità di

farlo, intensifica il ricorso alla assistenza medesima, cercando di curarsi allora in quanto prima non ha curato, o addirittura instaurando una generica cura di 9C stesso prima che sia troppo tardi per sapere se è malato e per curare a mezzo della assistenza di lavoro anche le piccole indisposizioni che curava con i propri .mezzi quando, lavorando, disponeva di mezzi maggiori. Una conferma indiretta di questo ragionamento intuitivo ci è data nella sede statistica la più rigorosa quando osserviamo i dati concernenti non le cure a domicilio e 'le degenze brevi, ma le degenze lunghe ed ospedaliere: qui le pereentuali si rovesciano e, dal 12,54°/o che si riferisce ai lavoratori occupati cadono al1'8,730/o per quelli disoccul!_ati. 4) - Sin qui quello che possono dirci le rilevazioni possibili . . . . m via numerica e rigorosa, proprie del solo primo periodo di disoccupazione. Che cosa avviene dopo? Questa è la grande e veramente dura qu.estione, a cui vorremmo poter rispondere per porre od invocare rimedi efficaci per la eliminazione di mali tanto più gravi e profondi quanto più 5'i tarda a correggerli. Le notizie sono in questo caso, come sappiamo, soltanto indirette: ma anche da esse qualche luce può essere portata, bastevole a guidarci verso una meta utile. Sappiamo intanto in via ~eBiblioteca .G. ino Bianco nerale che ad un certo momento della disoccupazione e delle sue tragedie, in aggiunta od in concomitanza con esse, non solo si infittiscono le manifestazioni di morbilità occasionale ed acuta, ma si confermano nel modo più netto quelle dei morbi cronici. Conferme indirette a questo asserto, che ogni medico del lavoro potrebbe in coscienza enunciare per motivi di esperienza, ci son venute anche dalla indagine schermografica dell' ACIS, purtroppo ancora alquanto lacunosa, non già perchè rAIto Commis~ariato - che era partito con la ferma intenzione di far esaminare oltre duecentomila soggetti tra disoccupati e miseri - abhia nulla trascurato, ma perchè una certa mentalità, che ci pesa definire medioevale, ancora diffusa in zone sia rurali che cittadine, e forse anche una certa remora dovuta a qualche propaganda dai fini molto più politici che sociali, ha fatto sì che appena il 14 O/o o poco più dei soggetti invitati all'esame abbiano, malgrado il loro evidente immediato interesse, corrisposto alla chiamata. Malgrado ciò, si ha per la prima volta in Italia e foroo nel mondo un complesso di dati tanto vasto quale è questo raccolto, che ci apprende notizie nevralgicamente interessanti, che confermano in modo palmare quelli che erano i dati intuitivi della esperienza sanitaria. Tra i risultati più cospicui del119

la non facile e costosa ricerca - si pensi che ogni visita schermografica costa alcune centinaia di lire di spese vive, cui vanno aggiunte quelle. del costo del _trasporto delle attrezzature mobili, della retribuzione del personale addetto, delle spese generali e di molte altre - sono quelli derivanti dall'esame delle frequenze percentuali delle principali malattie toraciche tra i disoccupati e f arniliari, confrontate con quelle degli occupati e con le cate.gorie di attività svolta. Apprendiamo da esso che non soltanto la tbc polmonare attiva risulta pressochè quintupla negli strati dei disoccupati miseri rispetto al complesso attivo della popolazione, pas\Sando dallo 0,53 O/o al 2,53 °/o, ma che le affezioni cardiovascolari presentano tra essi un incremento numericamente se non proporzionalmente ancor maggiore, salendo dallo 0,86 °/o al 3,03 O/o. Altri aumenti sensibili si hanno nelle per fortuna assai più rare bronchiettasie e neoplasie. Lievissimo è invece l'aumento dei casi di tbc inattiva, ove evidentemente le difese organiche intervengono potentemente a difendere chi al cornbattimento della vita è più · duramente soggetto : si pass,a dal tre1nendo 9, 93 O/o de.Ila popolazione attiva normale al 10,02 °/o tra coloro che della disoccupazione da tempo subiscono i disagi. Le punte maggiori degli aun1enti percentuali di morbosità si hanno .tra gli ex addetti al commercio e gli ex impiegati, quelle minori, come era prevedìbile, nell'agricoltura ove la disoccupazione è sempre più specifica e personale che assoluta e f amiliare. ed ove la terra stessa dil pane. I disoccupati dell'indus-tria (forse anche per m·otivi numerici) sembrano essere i più prossi,mi alla media per indice di frequenza dei morbi, come facilmente vediamo dalla seguente tabella: MALATTIE AGRCIOLTURA INDUSTRIA COMMERCIOIMPIEGATI lf MEDIA I Tbc. polmonare attiva . . . 1,39% 1,96% 2,43% 1,79% 1,92% Tbc. polmonare inattiva . . 9,47% 11,10% 12,62% 13,66% 11,28% Affezioni cardiovascolari . 3,91% 3,22% 2,18% 3,51% 3,26% Neoplasie . . - 0,06% - - - Bronchiettasie . 0,12% 0,33% 0,24% 0,32% 0,31% Stati infiamm. aspecifici . . 0,38% 0,27o/., 0,24% - 0,25% Anomalie varie 0,38% 0,50% 0,49% 0,32% 0,47% . TOTALI 15,65% 17,44% 18,20% 19,60% 17,54% Bib -~YecaGino Bianc~

Nel complesso, l'indice generale di morbilità della popolazione in sofferenza di disoccupazione sale, nei confronti <li quello della popolazione in gc.- nere, dall'll,94 °/o al 16,67 °/o con uno scarto quindi di oltre un terzo, pari al 4, 73 °/o dei totali assoluti. 5) - Le indicazioni poste in luce dalle varie ricerche che abbiamo sin qui sommariamenteJ esposte nei loro risultati ulthni, per quanto al pa~antc distratto possano sembrare divergenti od in parte contrastanti, è chiaro come confermino, per chi le considera con occhi e spirito aperti, la previsione che in principio avevatuo già f onnulata cò intravista. Re~:a cioè chiaro e. vien bene precisalo dall'esito di queste ricerche che se nei primi llit'Si di disocc Z-ipazionc coloro eh~ di e3sa partecipano non rher,tono ancora nella salute del1e sofferenze che produce e non sono quasi mai seriamente ammalati, sono viceversa esposti ai più gravi pericoli se la disoccupazione su prolunga. Pericoli, si badi bene, che si riflettono poi direttament,e ed immediatamente sullo stato sanitario di tutta la popolazione, almeno pe1· quanto si riferisce alla tbc ed altre malattie di carattere infettivo o addirittura contagioso. E resta quindi, ahimè! anche confermato che qualche cosa, nel vigente sisten1a di assistenza ai lavoratori non è, eufemisticaBiblioteca Gino Bianco mente dicendo, perfetto. In forza di esso s,i assistono nel periodo di disoccupazione, e si curano, color.o che di reale assistenza non hanno bisogno, e restano invece esclusi da ogni e qualsiasi assistenza e cura i massi1ni bisogno6'i, per i quali il male o è sovrastante o è già in atto. Non è possibile che un Govem() ed i Partiti di qualunque tendenza o colore che siano, restino in atteggiamento passivo avanti ad una situazione di così eccezionale squilibrio. E' dovere di ognuno, e ciascuno lo comprende, sollecitare rimedi cui si può giungere agevolmente con provvedimenti opportuni, semplici e non soltanto a rigore non costosi, m.a anche, a ben vedere, di pratico risparmio. Non regge il dire che la ma~a dei disoccupati non contribuisce alle spese necessarie per l' assistenza ai lavoratori, nell'odierno clima in cui tutta la compagine delle contribuzioni collettive sottintende anche legislativamente una assistenza collettiva che .va molto oltre l'annoso privato mutualismo. E d'a.Jtro canto, basta pensare a quello che coS'ta allo Stato, cioè alla collettività piena dei cittadini, cioè a tutti noi ed a ciascuno di noi (ed anche al nominato passante distratto) un qualsiasi tubercolotico di cui si renda necessario l'internamento in sanatorio, ed al pochissimo che costa invece r estensione di una profilassi intelligente al pro121

babile e9Posto a tbc. Si vedrà subito come con non molti milioni spesi oggi se ne possano economizzare centinaia don1ani o, forse, ancor quest'oggi medesimo prima che mezzanotte scocchi. Si proceda all'iniziativa di estendere l'assistenza sanitaria al lavoratore ed ai familiari per tutto il periodo di disoccupazione, e se si vuole ri9Parmiare qualche cosa ancora, la si attenui piuttosto nei primi_ mesi della disoccupazione, rinforzandola via Cronache ita.liane via che questa si prolunga. Si sarà in tal modo reso un servizio insigne a tutti ed a tutto, ai singoli come, alla collettività, alla logica ~ome alla . pratica. E tutti ne saremo grati a chi Io avrà fatto. Basta non aspettare che sia &coccata l'ora zero, nell'interesse dell'individuo minacciato nella vita non meno che in quello della collettività minacciata non solo nella salute ma anche nella borsa. Esempi farmaceutici 1) la « Bellafolina Sandoz » pari all'incirca a 10 grammi di tintura di Belladonna che in Farmacia costano lit. 25 più 10 di onorario è stata aumentata da lit. 365 a 450; 2) il 15 febbraio 1951 la Commissione acquisti: 1.N.A.M. di Napoli in violazione alle leggi vigenti dispose l'acquisto di circa L. 5.000.000 di medicinali. Ecco i prezzi praticati dall'industria all'I.N.A.M. ed i corrispondenti al pubblico: I. N. A. M. Arseniato di ferro L. 3,50 a fiala Gluconato di calce L. 14,50 Estratto epatico L. 14 PUBBLICO fino a L. 28 » a » 57 variabile da » 45 a 100 e oltre Corpo Luteo 50 mgr. L. 50 fino a L. 500 da cui si deduce:. o l'industria ha ingannato l'I.N.A.M. circa il titolo e la qualità sicura di non essere controllata o, se la merce è buona, truffa il pubblico quando, sicura dell'incompetenza dell'Alto Commissariato, si fa stabilire dei prezzi iperbolici per la vendita al pub]?lico. (da una memoria dei proprietari di farmacia di Napoli).

L'OCCUPAZIONE DELI AVORATORI GRICOL I -Premesso I. - Lo stuà,io della occupazione assume per il settore agricolo aspetti del tutto particolari. Accanto al problema della disoccupazione in senso stretto, comune a tut~i gli altri settori produttivi, rappresentato dal numero dei lavoratori che non trovano lavoro neppure nei momenti di massimo impiego e che si identificano con quella che può definirsi massa esuberante dell' of /erta rispetto alle massime possibilità della domanda, è proprio dell'agricoltura un problema di sottoccupazione, indicante, per i lavorat,ori agricoli parzialmente occupati, l'inoperosità a cui essi sono cost,retti, durante più o meno lunghi peri odi dell'annata agraria, daU'irregolarità del diagramma di lavoro e dal,l'irrazionalità della organizzazione aziendale. 2. - Il primo fenomeno, misurabile in unità lavorat,ive nel periodo di massimo impiego nei campi - presupponente l'ipotesi di un diagramma rettilineo di altezza costante in quel punto - non è di rilevante entità, data la capacità di carico propria della Biblioteca Gino Bianco agrico/,tura, che pwò p1'odurre, sia pure con graà,i di convenienza diversi, la stessa quantità di beni con differenti carichi di mano d'opera; data la relativa mobilità dei lavorat,ori agricoli durante i grandi lavori stagionali; data la possibilità di impiego in mestieri occasionali extragricoli nei momenti di forzat,a inoperosità nell'agricoltura. Di esso non si occuparono le presenti indagini, potendone avere nozione attraverso la nota rilevazione statistica delle forze di lavoro sollecitata dalla Commissione d'Inchiesta o degli iscritti agli uffici di collocmnento, a condizione che si tenga presente che i flessi massimi dei diagrammi di lavoro· hanno periodicità diverse da zona a zona. Incarico all'INEA fu dato dalla Commissione di occuparsi invece del secondo fenomeno, quello della sottoccupazione, misurabile in tempo lavorativo durante l'intero intervallo co111,- preso nell'annata agraria, riferito alle unità occupat,e. Tale fenomeno assume proporzioni più o meno vis~ose nelle varie parti del Paese in relazione alla più o nieno accentuat,a irregolarità dei dia123

grammi di lavoro, e costituisce complessivamente il fenomeno di più grave portata dell'occupazione agricola. 3. - Poichè la sottoccupazione è originata dallo squilibrio tecnico degli ordinamenti produttivi, flstituto Nazionale di economia agraria è stato incaricato di conzpiere una irulagine sulla struttura dei diagra,nmi di lavoro nei vari tipi d'impresa e nei diversi ordinamenti produttivi di tutte le principali zone del Paese, con le relative conseguenze, nei diversi momenti dell'annata, sull'impiego del lavoro delle varie categorie di famiglie contadine; e di compiere altresì un' anali.si approfondita della sottoccupazione agricola del Paese. A tal fine fu eseguita anzitutto una valutazione di larga 1nassima delle propor~ÌO·· n.i che il fenomeno assume nello intero Paese ed in secondo luo- &o una analisi dettaglia~a del, g1a.- do d'impiego annuo dèUe catcgor ie lavoratrici in tJl,cune z ;;ne a! africoltura co;iladina ~s<,ensiva ed in altre ad agricoltura contadina intensiva. Il - Stagionalidtàel lavoro 4. - L'indagine constata che, a differenza dei diagrammi di lavoro dell'industria - i quali sono generalmente caratterizzati da una medesima quantità di lavoro domandato durante i singoli momenti· dell'anno, per cui l" offerta presenta squilibri costanti - l24 8 . 8 . Bib 1oteca 1no 1anco quelli dell'agricoltura, al contrario, presentano una domanda più o meno fortemente irregolare, in relazione alle esigenze tecni• che di lavorazione del tipo di. investimenti effettuati nelle aziende agrarie. Di conseguenza, allo squilibrio del diagramnza teoricamente costante costruito per il punto di massimo impiego, si aggiunge lo squilibrio misurato dall'area variabile compresa tra quel diagramma teorico costante e l'effettivo diagramma di lavorazione dell'azienda, nell,inlero intervallo dell'annata agraria. Per accertare le cause di tale particolare squilibrio tra do1nanda ed offerta, o, in altri termini, tra quantità di lavoro richiesta e quantità di lavoro disponibile, la indagine ha esaminato un gruppo di aziende situate nelle varie regioni del Paese, le quali, pur nell'impossibilità di ef Jettuarlle la scelta con tecnica campionaria, sono state assunte e trattate co1ne rappresentative. La classi jicazione delle aziende sulla base delle due modaUtà alle quali più verosimilmente poteva farsi risalire la causa della variabilità del diagram,na di lavoro delle aziende - classificazione per tipi d'impresa od organizzazione dei rapporti fra impresa e lavoro e classiJicaziòne per ordinamento produttivo o tipo di investimento e di organizzazione della produzione - ha dat,o i s~guenti risult.ati ( dati percentuali):

Variabilità del diagramma per Classi di tipo d',mpresa variabilità ;,. q) .,.. Cli q) .... ... - (,) Cli s:l o o Cli ... ,a, Q> N • ... ... (,) • ... Q> Il) ... - N (.) <i-> Q> d :.= -o Cli ·5 q) ... ... N ... Q.. Cli Cli ;,. .... Q>' o Q.. e e .:: N o clS N ... "'C o ... Q.. Q.. C N ... Q> ... ... clS 13 ·-: Q.. s (,) clS Cli fino al 1O,O0/ 0 8,8 6,7 5,9 8,3 dal 10,1 al 3O,O0/ 0 44,2 53,3 67,6 87,5 dal 3O,l al 5O,O0/ 0 26,5 16,7 17,7 4,2 dal 50,1 all'SO,O0/0 11,7 20,0 8,8 - oltre l' 8O,10/o 8,8 3,3 - - In comple.sso 100,(J 100,0 100,0 100,0 5. - L'esame dei dati ha rilevato che: A) La grande maggr.oranza delle aziende agrarie (92,9°/o) hanno diagra,nmi di lavoro con variabilità relativa supf;:·iure ul 100/o cioè quasi ,iessuna azienda - ad eccezione ,:Ii un rcrto numero di ortoflorofrutticole l22,2 per cento) o di un più modesto numero di aziende irrigue ( 9, l per cento) o di aziende a prevalente indirizzo zootecnico ( 8,30/o) - presenta diagrammi di lavoro uniformi, per cui il lavoro disponibile delle categorie addette alle aziende agrarie - in qualsiasi ·ambiente, per qualsiasi tipo di impresa e per qualsiasi ordinamento produttivo - rimane inuBiblioteca Gino Bianco Variabilità del diagramma per ordinamento produttivo o <D <D a • I Q> - o b • Q.. Cli • :s 13 Cli (,) fil Cli Cli o o ... ""CIS:S ...,:, • :s ... - - o o :S:,-0 =~- o o Q> (,) .=uc.= ... 8 'bi) e: (,) (,) - ·!: . Cli e O cri''" Ol3 . .. ' o ... o ... ... .... (,·)a . (,) o Q> ... :s e - ... <D ... ... e!: o Cli o o Cli Q.. ... o 13 a.(,) 6,7 4,3 9,1 22,2 - 7,1 73,3 30,5 81,8 33,4 18,6 55,1 20,0 43.5 9,1 44,4 6,3 20,4 - 21,7 - - 50,0 · 13,3 - - - - 25,0 4,1 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 ilOO,O tilizzato per una parte più o meno sensibile dell'anno. B) Nessuna influenza, o comunque modesta, ha sulla regolarità del diagramnia di lavoro il tipo di impresa adottalo : le aziende a proprietà ed afJittanza coltivatrice, quelle ad econom.ia capita/,istica, o quelle a niezzadria hanno all'incirca lo stesso tipo di distribuzione che presenta casi in ogni classe di variabilità, con le maggiori frequenze nelle due classi « dal 10,1 al 30,0°/o >) e « dal 30,1 al 50,00/o »; ci~è diagrammi piuttosto irregolari. Una lieve differenza si nota nella distribuzione delle aziende a mezzadria il cui 67,6°/ o è concentrato nella classe dal 10,1 al 30,0 per cento, contro il 44,20/o della 125

azienda a proprietà e afJittariza coltivatrice ed il 53,30/o delle iniprese capit_aUstiche. Ila è probabile che la maggiore uniformità in tal caso dipenda dal fatto che le aziende a mezzadria, ~uue concentrate in poche z.one, presentano ordinamenti produttivi unifornii, e quindi sia la particolarità di questi ad influire sulla variabilità dei diagrammi di la-,;oro. C) Influenza decisiva sembra invece '(J;l.}ere soltanto l'ordinamento produttivo, il quale, se è organizzato con pluralità ·di colture, con indirizzi intensivi e con l' allevamemo del bestiame, c)à luogo a diagrammi di lavoro nettameme meno variabili, riducendQ al minimo quel f eno,neno di squilibrio tra lavoro disponibi.le e lavoro effettivamente impiegato che abbiamo visto proprio, in forma più o meno accentuata, di tutte le aziende agrarie del nostro Paese. L' imensi Jicazione colturale pura e semplice, se consente un aumento del reddito, non soltanto non risolve il problema della sottoccupazione, ma anzi, ta/,volm ta, allorchè essa si realizzi con la specializzazione monocoltura/,e -- di quel tipo arboricolo così diffuso negli ambiemi meridionali - provoca e inasprisce l' irregolarità del diagramma di lavoro e spesso lo stesso grado di sottoccupazione. Gli ordinamenti che pre- · 81 §teca Gino Bianco sentano diagrammi di lavoro n,eno variabili e pressochè uniformi sono quelli delle aziende a prevalente indirizzo zootecnico ( lo 87,5°/o di esse ha variabilità comprese tra il 10,1 e il 30,00/o) wl ordinamento produttivo irriguo (81,80/o) nonchè quelli delle aziende ove nella coltura promiscua ( cereali, prato, e colture arboree) vengono praticate le coltivazioni industriali (73,30/o) (bietola canapa, ft tabacco, poniodoro ecc.). Gli ordinamenti che presentano invece diagrammi più in·egolari sono quelli delle aziende a semplice coltura promiscua ( il 65,20/e di esse ha variabilità conipresa tra il 30,1 e l'80,00/o) e specialmente quelli delle aziende ad indirizzo monocolturale, non im• porta se estensivi od intensi·vi (81,3°/o con la variabilità indicata). · 6. - Le conseguenze della irregolarità dei diagranimi di lavoro sul grado d'impiego annuo dei lavoratori agricoli siano essi insediati stabilmente sul fondo proprio o di altri (proprietari colti.- vatori, affittuari coltii,atori, mezzadri, ·salariati fissi) o siano essi assunti periodicamente in azienda di ~erzi ( braccianti) o abbiano infine ad un tempo f una e f altra caratteristica (figure miste) sono illustrate dai seguenti dati riassuntivi : .

(in O/o sul lavoro in complesso disponibile dalla famigli_a) Lavoro effettuato Sottoccupa• Lavoro zione disponibile I Extra- j Lavori (-) Agricolo . Totale agnc. domeet. Proprietari coltivatori Proprietari affittuari Mezzadri 100 (75,3) (0,1) (24,6 80,6 19,4 100 (82,0) (0,1) (17,9) 76,4 23,6 100 (82,4) (. .) 117,6) 92,1 7,9 Salariati . 100 (65,9} l0,6) (33,5) 88,1 11,9 Figure miete . 100 (63,1) (8,7) (28,2) 80,0 20,0 · In comple.$50 100 l72,2> (3,5) l24,3) 84,7 15,3 7. - L'esame dei dati mensili sul grado della sottoccupazione, nientre conf enna quello delle medie annuali per la maggior parte delle categorie lavoratrici, mette in luce, per la mezzadria, una situazione alquanto diversa da quella che appare dalla media: il basso grado di impiego annuo è infatti il risultato di mesi ad accentuata sottoccupazione e di n,esi in cui il lavoro disponibile · diventa assolutamente insufficicnte ai bisogni di lavoro dell' azienda e non altrimenti spiegabile sarebbe il fatto che proprio per °le imprese dove prei:ale la semplice coltura promiscua ( ad ececzione delle mezzadrie dell'ltaUa settentrionale ove maggior pe:§o acquista l'allevamento del bestiame da reddito) e quindi con diagramma di lavoro piuttosto irregolare, si abbia il più basso grado di sottoccupazione: 0 / o delle ore uomo non occupa te sul complesso delle ore nomo mediamente disponibile nel mese. Nel mese Media annua di massima di minima occupazione occupazione (giugno) (dicembre) Proprietari coltivatori . . . - 19,4 + 3,6 - 40,3 Affittuari coltivatori . . . - 23,6 + 3,1 - 48,2 Mezzadri .. . . . . - 7,9 + 33,8 - 39,5 Salariati . . . ♦ . - 11,9 + 4,1 - 26,6 (a) Figure mi.ate . . ♦ . . - 20,0 o - 35,8 In complu,o - 15,3 + 12,0 - 36,8 (a) gennaio Biblioteca Gino Bianco

8. - I dat,i riportati consenlono di giungere alle seguenti conclusioni: · a) le famiglie, dove ciascun membro svolge esclusivaniente la stessa attività del capo fa,niglia, presentano diagra1nmi di dislribuzione del lavoro con le stesse caratteristiche di quelli del tipo di aziende ove essi prestano la propria opera: cosicchè dominante a tal fine è il tipo di ordinamento produttivo esistente. Il grado della sottoccupazione, di conseguenza, è elevato per le /ani.iglie di proprietari ed affittuari coltivatori diretti, per la ragione che raramente, nelle loro aziende, il bestiame da reddito o le industrie trasformatrici o l'irrigazione hanno importanza tale da esercitare una funzione equilibratrice · per gli stessi motivi è elevato 'anche per le famiglie rnczzadrili, ove è diffuso il bestiame da lavoro, relativamente elevato è il grado di intensificazione colturale, con conseguente accentuazione delle punte e delle depressioni, e scarsa import'!"'~a hanno le coltivazioni industriali; certamente meno elevato invece si presenta quello delle famiglie di salariati fissi perchè l'ordinarrtento produttivo aziendale crea una base d'impiego minimo costarue per Jutto l'anno. b) Le famiglie, dove ciascun componente ha varie fonti di i1npiego o ne ha una sola ma es.sa è diversa da quella degli altri, pres~ntano due situazioni diverBib g ca Gino Bianco se, corrispondenti ad un ef Jettivo equilibrio del mercato del lavoro in un caso, e alla più grave precarietà nell'altro. Il caso delle famiglie miste (e si ricordi che tra di esse son-, comprese tutte quelle Jormat,e da avventizi), ove alcuni 1nenibri svolgono esclusivamente o in nio- ~ do assolutamente prevalente una attività extragricola, rivela una situazione di stabilità ed equilibrio, che spesso non è conosciuto dalle faniiglie cosiddette pure. Lo sviluppo industriale della zona è tale da assorbire com. pletamente unità che altrìmcnt_i graverebbero sulla terra, contr1buendo così a creare quelle condizioni ,ideali perchè l'agricoltura si trasformi verso ordinamenti che, regolarizzando l' occup~zione determinano aumento di be- , . nessere : condizioni caraUerizzate dal, costante assorbimento del tasso naturale di incremento <k-lla po polaziorie rurale da parte dell'industria, e, conseguente• mente dal reddito familiare in esp~ione. I diagrammi di_ lavoro, in tali casi, pur divergendo tra loro a seconda. ~el tipo d'impresa cui la_ _Jamigli~, con i componenti dediti esclus,- vamente all'agricoltura, è legata, sono tendenzialmente regolari; e ciò anche escludendo l'occupazione rettilinea dei componenti extragricoli. Di conseguenza il grado della sottoccupazione è tendenzialmente il minimo. Il caso invece delle famiglie miste ove alcuni membri, o tutti,

,çvolgono, soltanto durante i pe• riodi di inoperosità, altri lavori sul terreno proprio o su terreni altrui per le operazioni coltu ~ rali stagionali o in imprese extragricole, rivela una situazione .:i squilibrio e di precarietà. Lo svil1.4Ppo industriale è pr·p,ticaniente inesistente o volto alla soddisfazione dei bisogni elemen• tari, consentita dal basso potere di acquisto (prodotti dell' artigianato, alimentari, ecc). Di consc• guenza non si ha nessuna definitiva eliminazione dall'agricoltura di unità lavorative; il tasso 1u1turale di accrescimento del la popolazione continua a ristagnare sulla terra, la pressione demografica aumenta e le attività extragricole hanno soltanto la f unzione, peraltro progressivamente insuf Jiciente, di integrare il magro bilancio familiare del contadino e la crescente sua sottoccupazione. In tali casi - in relazione a quel tipo di inevitabile progre.\- siva intensifica=ione colturale permessa dalla abbondqnza di capacità lavorative sprovviste di capitali - i diagrammi sono te, ldenzialmente irregolari e di conseguenza la sottoccupazione tende ad aggravarsi. lii -Il gradomedido'impieginozone adagricoltucroantadinesatensiva edinzoneadagricolturcaontadinaintensiva 9. - L'analisi ora compiuta consiglia di esaminare in modo più approfondito la struttura delr oc2 1oteca Gino Bianco cupazione agricola sotto il prof ilo del bilancio annuale tra capacità di lavoro disponibile e capacità di lavoro utilizzato (grado annuo di inipiego). Si è innanzitutto valutato iit via di larga approssiniazione il deficit di occupazione per tutto il territorio nazionale e per le due categorie lavoratrici dei braccianti (e compartecipanti) e dei coltivatori ( intesi con questi, i proprietari ed afJittuari coliivutori e i coloni parziari). La valutazione consente di afJermare che l'aumentare della sottocupazione agricola italiana( I) ( calcolando nell'occupazione an• che i 72 m,ilioni circa di giornc.te forniti dall'intervento st,atale) si aggirerebbe su 641 niilioni di giornate, pari al 35°/o delle giornate disponibili in co1nplesso da parte delle forze di lavoro, puri grosso modo a circa 500 1niliardi di lire di reddito · di lavoro che l'agricoltura perde ogni anno. E ciò senza tener conto di quella maggiore aliquota, non valui abile, che essa perde per l'attuale basso com penso del lavoro, couseguenza della sua forte pressione demografica; la quale è limite non tanto all'equilibrio tra domanda e offerta quanto alla trasformazione dell'agricoltura in (1) La relazione precisa che le due valutazioni, quella per i salariati avventizi e quella por i coltivatori devono essere fatte distintamente, perchè adempiono a due scopi diversi. La loro somma, pur non essendo corretta, è stata fatta per dare un'idea np• prossimata dello squilibrio esistente nell' occupazion,e agricola del nostro Paese. 129

ordinamenti produttivi più convenienti. 1O. - I risultati dicono ancora che in media nel nostro Paese i lavoratori agricoli risulterebbero inoperosi od occupati i,nproduttivamente per 94 giornate uomo sulle 270-280 disponibili in un anno, cioè per il 34°/o. Teoricamente ciò significa che, al liniite massirno delle possibili conz.. binazioni, su 1, 6 milioni di lavoratori 2,5 sono disoccupati durante tutto l'anno, mentre gli altri 5, I sono pienamente occupati; e, al limite minimo, che tutti i 7,6 milioni di lavoratori sono disoccupati per un terzo dell'anno. La verità però non è in nessuno dei due casi. E solo una statistica - che riteniamo fondamentale - sul numero dei lavoratori agricoli raggruppati per classi di occupazione, potrebbe rispondere al quesito. Si è di opinione che, in un rilevaniento del genere, nessun lavoratore o quasi risulterebbe incluso nella prima classe (da O a 10 o 20 giornate annue), e si avrebbe invece in tutte le altre classi la pre• senza di un certo nuniero di individui, con le niaggiori frequeuze entro le classi comprese tra 70 e 220 giornate lavorative occupate, o, in altri termini, tra 200 e 60 giornate di sottoccupazione annua. E l'afferm~ione risulta confermata indirettaniente dalle indagini comunali svolte nel~e zone ad agricoltura contadi~ na estensiva ed intensiva, ed in particolare dalla distribuzione per Bibli ~a Gino Bianco classi di occupazione dell'indagine campionaria effettuata nelle zone tirreniche calabre. Il. · Per un più approfondito es~me del grado d'i,npiego annuo delle categorie rurali e soprattzi:tto della. struttura -dell'occupazione agricola, sono poi state cond~tte due distinte indagini : .. una in alcune zone ad agricoltura estentiva ed un'altra in talune zone ad agricoltura contadina intenSìiva del Mezzogiorno continentale. Il primo gruppo di zone co11iprende : la M are11in1a tosco-laziale coincidente col comprensorio dell'Ente di riforma; il latifondo contadino della Puglia settentrionale e della Basilicata; i territori del versante jonico-calabro. Il secondo co,nprende: il Fucino, parte dell'Agro di Briudisi e di Lecce, il versante tirrenico della Ca/,abria. Le indagini hanno avuto p~r scopo l' accerta1ne11to, comune per comune, del nuniero di giornate lavorative effettivamente occupate in media nell'intera annata agraria 1950-51 dai lavoratori delle due categorie rurali più sopra indicate per la valutazione generale; nonchè le diverse fonti di impiego, agricolo ed extragricolo, nell'agricoltura· locale o nelle emigrazioni stagionali, che hanno concorso alla determinazione di quel grado coniplessivo medio d'impiego annuo. 12. - I dati elaborati consentono di giungere alle seguenti conclusioni.

Nelle zone dove prevale nettaniente l'impresa capi.talistica con braccianti avventizi, · il grado di im.piego annuo di questi ultimi è generalmente elevato e, col riferimento al periodo in cui è star✓a esegiuita l'inchiesta, si può a/fermare che il J enonieno della sottoccupazione fosse, per i braccianti, praticamente inesistenté o quanto ,neno ridotto, in termini pratici, ad un lii;ello sop• portabile. La ragione J i ciò sta soltan.:o nel jauo che l'intervento dello Stato, in termini di imponibile di mano d'opera per migliormncnti iondiari o in termini di lavoro di bonifica o ancora di cantieri di lavoro e di ri1nboschimento, nei periodi in cui altrimenti i braccianti sarebbero inoperosi, è così massiccio da trasformare un bassissimo impiego che non supera in media le 120-130 giornate lavorative, in una occupazione annua quasi totale. Basta osservare che la percentuale delle giornate lavorative, forni.te per tali titoli straordinw·i, sulla occupazione co,nplessiva dei braccianti e dei compartecipanti si aggira sul 320/o. In tutti i co• niuni della Capitanata, classica zona ad agricoltura capitalistica estensiva, il bracciante riesce, infatti, a totalizzare un numero di giornate non inferiore alle 200250 per unità-uomo. In alcune zone, peraltro, il grado di impiego è inferiore, in varia misura, all'impiego totale: si abbia presente, per esempio, Biblioteca Gino Bianco la zona ad agricoltura misla capitalistica e coltivatrice della Al aremma romana, dove l'impiego annuo coniplessivo raraniente supera le 150 giornate lavorative uorno; lo stesso avviene nella zona ad agricotlura capitalistica estensiva della provincia di Matera e di Taranto. · Diverse, anche se tuttavia solo in parte, sono le conclusioni che i dati suggeriscono per le zone a prevalente impresa coltivatrice. Diverse nel senso che si notano per i braccianti situazioni disuguali da luogo a luogo; accanto a comuni con grado di impiego annuo bracciantile di appena 85 giornate (Ji.f aschito), o di 88 (Avigliano), o di 98 (Calobraro), o di 104 (Bitonto), o di 106 (Toritto), o di 118 ( Aliano), vi sonn comuni con 283 giornate (Gra~ina), 302 (Genzano di Lucania), 308 (Atella), 267 (Tursi), 276 (Matera), ecc., dove cioè l'i;npiego medio raggiunge gli alti livelli che abbiamo visto caratteristici della zona ad agricoltura capitalistica della Puglia settentrionale. Determina questa disuguùglianza un ,notivo del tutto occasionale, lo stesso che abbiamo rilevato operante - con l' efj etto opposto di rendere uni/or• me, anzichè disuguale la situazione bracciantile - nelle zone ad agricoltura capitalistica della Puglia settentrionale e della Lucania meridionale: là dove lo Stato è intervenuto largamente in termini di cantieri, di imponi131

bile, di lavori di bonifica, ecc., così come è intervenut,o ovunque nelle zone classiche dPl bracciantato del Tavoliere o del Metapontino, l'occupazione dei braccianti è elevata; dove invece cio non è avvenuto, i braccianti conducono la stessa grama e precaria vita dei coltivatori non autononii. 13. - Eloljuenti, a tale proposito, sono i dati riassuntivi generali sull'impiego n1edio annuo per lavoratore delle due zCJne apulo-lucane: n1entre i braccianti raggiungono un i,npiego d, 196 giornate-uo,no nelle zone ad irnprese capital,istiche, tale impiego snpera appena le 152 giornate in quelle ad hnprese coltivatrici, ed è in n1edia di situazioni diversissime da co"1une a co,nune. Analoghe considerazioni suggeriscono i dati accertati per i colti1.::1tori i quali, 1nentre riescono a Coltivatori non autonomi raggiungere le 180 giornate nella prima zona - sia perchè si ha un più elevato numero di coltivatori autonomi ( 42,70/o contro 40,3), sia perchè essi beneficimio in maggior misura delle provvidenze decise a favore della ma~- sa bracciantile - non superalio le 137 nella seconda zona ed auch e in tal caso con sensibili differenze da luogo a luogo. I dati sul numero delle giornate, medio per tulle le categorie, non sono però particolarmente espressivi: è per questo che abbiamo calcolati anche quelli relativi alle sole figure mi~te ( coltivatori braccianti e coltiva- ·cori extragricoli) che rappresentano, più dei dati medi, l'indice della gravità della sottoccupazione agricola espresso appunto dalla numerosità di tali figure n1iste e dal relativo basso grudo -di impiego; per le due zone si hanno, in fatti, i seguenti dati: impiego giornate SottoccupaOfoeul com• dieponihili zione per u. u. N. ple110 dei per u. u. per u. u. coltiv11tori - Zone ad impreee capitalietiche . . . . 47.392 57,3 124 265 - 1,1 Zone ad impreae coltivatrici . . . . 62.222 5~.7 117 266 - H,3 In comple110 115.614 58,6 120 'l66 - 146 132 Bio.1oteca Gino Bianco I

Deficit questo che supera sensibilmente quello dei braccianti, rappresentando circa il 51 O/o della sottoccupazione complessii-a di tutti i lavora.tori agricoli ( coltivatori e giornalieri) del lat,ifunclo contadino apulo-lucano, come sopra delimitato. DATI RIASSUNTIVI COLTIVATORI BRACCIANTI O/o sul com- O/o sul complessivo pleeeivo grado .2 Q cl' impiego ""0 grado d'impiego .. G) ... a - E G) C)• I ZONE ·e: ... presso o o o Cl) l)J) prceeo terzi ·- terzi ., l)J) 8 G) Il) G) o .... ~ .. C) ... o.. I ~ l G) I O.. CIS ... _!, C) d a ... o.. o a u ;:, o- I M ... G) "" d • o t,) Cli -;:, ~ 41..Q O f,d O .,.. o G) l)J) ... ·e: t,) G) ... "'0 ,as .,... ... e:= o.. ""0- .-;: :; ... :s •..C • .:: ·e o.. o- l)J) _g o o c:l 0.. N l)J) > l)J) o es .:! as ... t,) -o IH ... da, ... a, ... ~ CIS ...·e: as ...s ... - -' ... o.. ·- l)J) Il) ... .. ~ ... o ti.O ... CIS a.. 41 d ... Cli ~ G) ;:, ,E ~CIS C-' o o.. G) 8 G) ' " . d .., ... - > G) Zone ad cigricoltura edensiva: 1 • Zona Mezzadria Maremma 150 95 9~,1 1,6 0,3 159 70,7 20,0 0,8 2,7 5,8 2 • Zona ad irupre110 cap. e colt. Maremma . . . 173 131 86,0 13,3 0,7 160' 72,1 16,0 1,3 2,7 7,Q 3 • Zona ad impre11e cap. apulolucane . . . . . 180 124 87,8 11,9 0,3 196 59,7 31,4 1,7 2,3 4,9 • Zona ad impre11e colt. apulolucane . . . . . 137 117 86,1 12,8 1,1 152 50,4 24.5 3,~ 3,8 17,6 4 Zone ad agricoltura i,itensiva: 1 - Fucino . . . . . 114 - 78,8 13,5 7,7 125 61,6 25,5 - - 12,9 2 • Agro brind.-lecce11e . . 207 145 83,1 6,0 11,9 158 44,6 26,8 4,9 9,9 13,8 3 • Verean te th reuh o-calabro . 149 - 89,3 8,7 2,0 152 86,2 3,3 2,6 3,9 4,4 (riassunto dai lavori della C01nmissione Parlamentare d'inchiesta sulla dlsoccupazione ùel dott. Orlando). 133 Biblioteca Gino Bianco

• Piena occu paz1one politica produttivistica e ' ' E possibile elirninare in Italia tutti gli ostacoli che impediscono la piena occupazione e la massima produttività e che •ci hann,o posto nell'attuale critica $,ituazione? E' possibile introdurre tn Italia la politica della prodJuttività intesa nel senso effet· tivo così come l'abbiamo vista applicata in America? Prima di tutto bisogna chiarire a noi ed agli altri che cosa è produttività, que·· sta parola di cui tanto si parla ed a cui si attribuiscono sovente i più svariati significati. Ad esemlpio gli industriali italiani, almeno da quello che ho appreso da rappresentanti della Confindustria in uno dei sotto-comitati del Comitato Nazionale per la Produttività, la intendono soltanto come una specie idi « organizzazione scientifica ,del Lavoro », una specie di nuovo Bédaux o di un nuovo Taylorismo forse più umanizzato, ma eh.e in definitiva dovrebbe servire a far 134 Biblioteca Gino Bianco produrre di più il lavoratore. L'esperienza americana ci ha invece dimostrato come dal punto di vista generale i,a produttività consiste nel conseguire la massima produzione utilizzando razionalmente tutti i. fattori produttivi e dando il massimo impulso al consumo sopratutto dei lavoratori. L'esistenza -di una forte disoccupazione ad esempio non solo significa che energie produttive sono inutilizzate, ma significa anche che dei consumatori sono privi del necessario potere di acquisto, significa anche che vi sono milioni di uomini il cui tenore di vita •è incompatibile con ia nostra civiltà, significa infine che vi è un problema sociale fondamentale da riso lv ere. Questo se si vogliono evitare ben più profonde crisi nel sistema di vita libera che noi vogliamo mantenere in confronto con il sistema coa~- tivo esistente in regime comunista. Non si può parlare di produttività in senso relativo,

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