Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 5 - 31 maggio 1952

I Scritti di: AZIMONTI ,, BALDELLI ,, BORRA CANALETTI-GAUDENTI ,, CANALI ,, FIORE GIULIETTI ,, LA MALFA ,, LUCIFREDI ,, MATTEOTTI ,, MARCONCINI ,, MEDICI ,, RICCI SACCO ,, SOMMA ♦ Il governo dei popoli ♦ Avvertimenti dal Sud ♦ Il finanziamento dei partiti ♦ Esperienze meridionali ♦ Il mito dell'emigrazione ♦ L, occupazione agricola ♦ La riforma della burocrazia ♦ Il problema delle nascite ♦ Gli scambi con· l'estero ♦ 11 problema della casa ♦ Corporativismo democratico ♦ Voci dalle categorie ♦ La donna in famiglia ♦ Pericolosità del cottimo ♦ Le tabelle-pensioni dell,INPS ♦ Lettere dagli S. U., dalla Francia e dall'Argentina ♦ Cronache (__ N_._5_-_R_O_M_A_-_a1_M_A_G_G_r_o_1_95_2---=,=J Biblioteca Gino Bianco I

f'LettereaiLavoratori\ dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ad ogni fin di mese in fascicoli semplici ed in fa/ scicoli doppi nel periodo estivo • Abbonamento annuo L.1000- ,, semestr. ,, 500Fascicolo semplice ,, 100- ,, doppio ,, 200 - Estero il doppio • indirizzo postale : LETTERE Al LAVORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul c / c postale n. 1 / 21927 intestato a '' Lettere ai lavoratori,, nelr uf/ 6.cio dei conti correnti di Roma Responsabile: PIERO RANZI Autor. Trib. di Roma n. 2522 del 25,.,::: } Stabilimento Tipografico UESISA ; R ::::-,, Biblioteca Gino Bianco

.. AVVERTENZA Il presente numero esce, causa le elezioni del Sud, con quindici giorni di ritardo. Il prossimo numero giugno-luglio uscirà a fine luglio; quello agosto-settembre a fine settembre. Il maggior numero di pagine consentirà di trattare ampia- ~. mente i temi di maggior riflesso sindacale e politico e di dare un notevole sviluppo alle cronache passate e presenti del movimento operaio. r Gli abbonati semestrali (L. 500) riceveranno senza supplernento di prezzo il fascicolo di giug;no-luglio. Diamo inoltre la distinta 'delle librerie presso cui si trovano in vendita i nostri fascicoli e dove si ricevono anche gli abbonamenti. ·* La rivista è in vendita nelle seguenti Librerie : ALESSANDRIA Boff i - ,'Fiazza della Sega. BA·RI D'Ecclesia - Via Putignani, 69. Laterza Giuseppe & Figli Via Dante Alighieri, 47. .BERGAMO Arnoldi - Piazza Matteotti, 6. S.E.S.A. - Stampa - V.le Roma, 20. BOLOGNA Galleria Costantino - Corso Indtpendenza, il.6. Minerva - Via Castiglione, 13-15. Rizzoli - Via Rizzali, 8. Zanichelli - Piazza Calvani, 4. . • ib oleca Gino s·anco. BOLZANO Cappelli Licinio - Piazzale della Vittoria. CATANIA Crisafulli Dr. Giacomo - Via Etnea, 280. Gian notta cav. Nicolò - Via di S. Giuliano, 295 . Cavallaro Salvatore - V. Etr.ea, 67. Società Editrice Internazionale V. Vittorio Err1e.nt·e1e, 135. CREMONA Lorenzelli Giuseppe - Corso Campi, 2·6. CUNEO Menzio Natale - P. Galimberti, 14.

FERRARA Taddei di Lunghini & B. - còrso Giovecca, 1. FIR1ENZE Beltrami - Via Martelli, 14/r. Caldi n i Cesare - Via Torna buoni, 89. . Del Re Luigi - V. Dei Pucci, 45/r. Fiorentina del com1m. M. Ca:lvel1 i - Via del Corso, 23 /r. Fiorentina Editrice - VJ.a Ricasoli, 105. Scolastica Fiorentina - Vja del . Corso, 46. Manuelli - V. Proconsolo, 46. Marzocco - Via Martelli, 22-r. Rossini di Cionini L. - Via Cerretani, 66-7. GENOVA Di Stefano - Via Roccatagliata Cecca;rdi, 34-r. Di Stefano - Piazza Fontane Maro,se. Libreria di Cu I tura Italiana di A. Montalti - Piazza de Ferrari, 26-r. Pacetti - Libreria Universitaria - Via XX Settembre, 3-3. Libreria Italiana Editrice - Piazza, Corvetto, 2-4. GORIZIA Paternolli Giuseppe - Corso Verdi, 13. LIVORNO Belforte - Edit. Tirrenia - Via Ricasoli, 7. LUCCA Editrice Baroni - Via Fillungo, n. Sl-53. Biblk 11 3 Gino Bianco MACERAT,A Palm,ieri Gina - Corso Vittorio Emanuele, 8. MANTQVA· Di . Pellegrini - C. Umberto, 132. Teresiana - Piazza Sordello, 51. MESSINA D'Anna G. - V.le S. Martino,· 162. iFerra1'a - Vàia.le S. Mrurtimo, 86. MILANO Ancora Editr-ic:e - Via Larga, 7. Bocca - Galleria Vittorio Emanuele, 12. Casiroli - Corso Vittorio Emanuele, 1. tHoepJri - C-OTSO MatteoW., lta. Società Editrice Internazionale - Piazza Duomo, 16. Libreria Internazionale - Via Manzoni, 40. Manzoni - Via Manzoni, 20. Martello Aldo - Via Piave, 1. Rizzoli - Galleria Vittorio Emanuele, 79. Sper I in & K u•pfer - \Piazza San Babila, 1. Vallardi Antonio - Via Santa Margherita, 1. Vetrina del Libro - Passaggio Duomo - Via Orefici. Vita e Pensiero - Piazza S. Ambrogio, 9. ... MODENA lmmac:olata - Piazza Duomo, 2. Vincenti e Nipoti - Portici del Collegio, Il03. Tonini Carlo - Via Farini, .73. (Segue a pag. III),,

LettearieLavoratori A.uno I - N. 5 31 Maggio 1952 ,/ I IL GOVERNO DEI POPOLI Io ho a essere una grandine che spezzerà il capo a quelli che non staranno al coperto. Nelle parti di questo emisfero caldo, gli uomini sono più pusillanimi che negli altri luoghi, perchè in loro abbonda poco sangue; e però in quei luoghi facilmente le persone si lasciano reggere per un capo solo, e gli obbediscono facilmente e volentieri gli ·stanno soggetti. · Nelle parti frigide aquilonari, dove abbonda sangue e ingegno insieme, non stanno pazienti gli uomini sotto un capo solo, ma ognuno di loro vorrebbe esser quel capo che governasse e reggesse gli altri, e potesse comandare e non essere çomandato. E di qui nascono poi le dissensioni e le discordie fra i cittadi1ti della clttà ·dove uno si vuole far grande e domiTJ.aregli altri ... Però è consiglio dei dottori sacri, che in questi luoghi, dove pare che ta natura degli uomini non patisca superiore, sia meglio il reggimento dei più che d'uno solo ... Ma questo reggimento di più, bisogna pigliarlo ben regolato, altrimenti, sareste sempre . in dissensione e in parte ... Un regno quanto sarà più spirituale tanto sarà più forte e Bib ca Gino Bianco

1nigliore... Per contrario, i cittadini, dove non è carità, non si amano; dove non è obbedienza, si dividono e non hanno, nè possono avere tra loro buon consiglio ... E gli uomini virtuosi se ne fuggono, vedendo il reggimento andare a mal cammino, e gli omicidi e cattivi uomini vi concorrono ... Cittadino, se tu vuoi essere retto cittadino, non cercare stato, nè uffizi se non ti sono dati, e, se ti sono dati, esercitali per il bene pubblico e comune e non per te ... E' necessario che quelli che governano facciano che le gravezze siano poste giustamente e sopra i beni, e non per arbitrii ... e siano temperate in modo che non fosse più la gravezza che l'entrata dei beni. E similmente le gabelle, temperate in modo che il pubblico e il privato abbia suo dovere. Orsù, oggi sia il principio del ben viverei Ed in prima, e la prima cosa che voi dovete fare, sia una pace universale con tutti i cittadini, e tutte le cose vecchie sieno perdonate e scancellate. FRATE GEROLAMO SAVONAROLA FRA GIROLAMO SAVONAROLA, domenicano, nato a Ferra:-a il 21-9-1452 (quest'anno ricorrerà il V centenario della nascita), morto sul rogo, a Firenze, il 23-5-1498. Ardente riformatore dei costumi, fu altresì campione delle libertà popolari, antesignano della democrazia moderna. Difese la giustizia, urtando i potenti, scotendo i tiepidi e gli ignavi. Amò Cristo, la Chiesa, il prossimo. Fu combattuto e i suoi nemici ne ottennero la condanna. De-- gradato, impiccato, posto sul rogo, le ceneri vennero buttate in Arno. Oggetto di inestinguibile odio e di indomato amore, su lui e sulla sua opera ancora si accendono dissensi e discordie. Bibl 259 Gino Bianco

I Avverfimenfi dal Sud Le recenti amministrative del Sud hanno la~iato nei veri democratici un senso di amarezza. Si sperava che nel Mezzogiorno la democrazia post-fascista fosse riuscita a dare non solo un maggior avvio alle'opere pubbliche ma anc'he alla formazione di una nuova coscienza popolare e civica. Purtroppo per il secondo aspetto vi sono non poche delusioni da registrare. Torto più del Nord che del Sud, a parer nostro. Perchè nel Nord non si ha ancora ,una precisa sensazione del pericolo che il Sud può costituire per l'avvenire democratico della Nazione. A Roma dicono che il Presidente della Repubblica, che di economia politica si intende, avrebbe invitato il Ministro del Lavoro a rivedere, per rallentarli se non addirittura s·cioglierli, i vinicoli che si frappongono alla emigrazione interna. L'avanzata dei «terroni» darebbe allora fisicamentle, più che non i risultati delle urne elettorali, la sensazione del pericolo incombente anche per gli stessi lavoratori del settentrione, che si vedrebbero contesi i posti, gli impieghi. E allora, come rimediare? Solo una effettiva politica di solidarietà nazionale, che travasi dai vasi più pieni ai vasi meno pieni, può salvare la democrazia in Italia. Problema di giustizia sociale, non teorica ma applicata - gradualmente pure - ma applicata sul serio, vincendo come è necessario l'egoismo di tutti, anche dei lavoratori, e l'ignoranza di troppi. Non v'è altra strada: fin quando nel lNord si sta meglio solo perchè gli altri del Sud stanno peg1gio, la democrazia è 259 Bibli · ,a Gino Bianqo

in peTicolo: la mettono in pericolo l'egoismo del Nord e l'ignoranza del Sud. Cosa abbiamo visto nelle recenti elezioni? La !borghesia meridionale, che forma in gran parte la çlasse dirigente locale, anzichè fornire le prove di una revisione dei vecc'hi sistemi politici, ne ha continuat'o l'applicazione offrendo al ;popolo assetato di giustizia il diversivo della monarchia e del nuovo fascismo. In queste condizioni si comprende come i monopoli industriali hanno ben volentieri accettato di finanziare la campagna delle amministrative, sapendo che i quattrini sarebbero tornati a casa. ' Ma l'imlbroglio non può durare in eterno, perchè anche i lavoratori del Sud si faranno consapevoli ed allo.ra il conto da liquidare· si Ifarà 1più ,grosso. La marcia dal Sud verso il Nord può essere, più che la legge, polivalente. !Le elezioni del Sud vanno perciò meditate e ne vanno tratte le dovute considerazioni. (Bisogna operare con giustizia . altrimenti anche la libertà ris•chierà di perire. ~-· Il finanziamento dei partiti Ne ha trattato Ernesito Rossi in una conversazione tenuta al centro Culturale di Comunità di Roma. Della riunione qualche eco tii è avuta nella. stampa. Peraltro il problema viene avvertito nella sua gravità, dalla parte più intelligente, onesta ed avveduta dell'opinione pubblica. Il dena1·0 può essere un potente mezzo di corruzione politica. Il fondatore dello scomparso qualunquismo Guglielmo Giannini, in Parlamento, ha dichiarato che cessate le sovvenzioni per molti partiti cessa la possibilità di esistere in quanto non alimentati da una fede o da una tradizione. Bit 2, 60 3 Gino Bianco Ce:.·to che il timore che si manifesta in molte organizzazioni che pur si qualificano democratiche nel rendere palesi i conti amministrati vi e nel dimostrare come avviene il tesseramento dei soci, depone sfavorevolmente sulla loro asserita democrazia, e induce a temere che questi sedicenti democ:atici abbiano invece la paura di una vera. democrazia che presuppone controllo e chiarezza in ogni atto della vita pubblica. I soci onesti di un partito devono chiedersi : chi paga le spese elettorali del mio partito? E indagare in proposito.

Csperienze meridionali Il partito è l'unicofaro! ~A SETTIMANA scorsa, d.) tornato appena dall'Italia Settentrionale, dove ero stato a ragionare dei modi e del perchè della nostra arretratezza e quali rimedi ,vi occorrerebbero, la prima persona che trovo quaggiù, il mio figaro, mi dichiara con insolita vivacità la sua uggia , per le chiassose manifestazioni elettorali: - Finalmente è venuta la festa di S. \Nicola! E ora e~ la godiamo, senza più scocciature di elezioni! Almeno per tre giorni. ~ Io ho molto rispetto per 1la categoria dei jìgari per le loro invidiabili do~ ti di sveltezza, per la loro e - sperienza senza fine di uomini e di cose ... ~a... a Torino co.. me a Milano io avevo per l'appunto sostenuto, per il Mezzo ... giorno, la necessità primor_çliale che i ~uoi ·Uomini ~ iscri-, vano- ai partiti e ,v~ militino con fedeltà )e disinteresse. Pensi dunque il candido lettore, pensino i compagni la mia sorpresa a leggere, proprio la stessa mattina, un fascicolo diretto dall'on. · G. Rapelli; <e Lettere ai Lavoratori », \31 marzo '52, nel quale, ripubblicandosi un mio articolo su « Il Biblioteca Gino Bianco Cornune nel Sud», tratto da « La Critica Politica >~ del 25 febbraio 1926, mi si qualifica, non so perchè, di « indipendente, meridionalista, scrittore». Che cosa le ho fatto di niale, on. Rapelli, per essere sfigurato a questo modo? Domando scusa di togliere un ~o' di spazio, ma la cosa non è d,i poca importanza, politicamente parlando. Come si spiega questo svarione? Sarà capitato a non so quanti, .a ;me certo, appena cadutaci addosso la cappa soffocante del fascismo, di vedere i propri acritti, con un taglio acconcio, abilmente rivolti a significare altra cosa, o magari il contrario di ,quel che pensavamo. E' un sintomo grave d-i degenerazione politica e di truffa, di beffa ai lettori, cui si può ricorrere soltanto in tempi di servitù, allorchè ogni protesta è ,vana. Non penso affatto di attribuire intenzioni così malvagie ai redattori del fascicolo in questione; ma, vedi caso, io, socialista e notoriamente squattrinato, tro·vo dinanzi a me nientemeno che Ferdinando Rocco, anch'egli qualificato « indipendente » e 261

per di più << Presidente della Ca$sa del Mezzogiorno!». Invece itutti gli altri $Crittori vi figurano debitamente incasellali, chi di un partito e chi di un altro, comunista, socialdemocratico o democristiano. O che questa /deformazione corri-, sponda ,a -un metodo? E il metodo sarebbe questo, di dimenticare ·Volutamente il socialismo e il Partito Socialista Italiano, come cosa di poco conto, una specie di impallidimento del comunismo . .Si sa che la battaglia della D. C. e dei suoi ispiratori contro i l comunismo ignora di proposito il nostro partito come quantité négligeable. E anche un nostro amico, oggi fortunatamente in prima linea nella battaglia per la libertà, mi ricordò. cinque anni fa, che l'attenzione, a dir di Machiav,elli, ,va sempre rivolta alle posizioni estreme. in questo caso, al comunismo. E non mi è toccata, due anni fa, l'umiliazione di sentirmi invitare ad uscir dal mio partilo, se pur volevo concludere qualcosa e ad entrare nel P.C.I.? Ma questo improvvido esortatore molto giovine, con tutta la sua cultura, mentre prima faceva l'indipendente, contentandosi di contemplare il comunismo sub specie aeternitatis, o non si è messo ora, in questa campagna elettorale, a procacciare voti, nella nostra provincia barese, a pro dei magnacucchi? Vedete bene dove va t.t, finire l'indipendenza quaggiù nel Mezzogiorno! Non più tardi di qualche sera fa, in seguito ai ri$Ultati, che sono molto seri, del ConBit À~2 1 Gino Bianco vegno degli intellettuali, tenutosi a Bari il sabato e la domenica 10 e 11 corrente, ragionavamo, con un collega,, della ampiezza delle posizioni teoretiche affiorate durante le discussioni, dal comunismo più ortodosso, al socialismoL a un gradualismo socialista che non ignora Marx ma è d'ispirazione profondamente liberale, alla socialdemocrazia, che vuole ignorare l'esperienza russa., ma non ha del tutto abbandonato il socialismo nostro, 6ino a, po• sizioni <Ii radicalismo e di liberalismo non ignaro delle ragioni dell'economia. C'he cosa tiene insieme uomini politici così diversi? La comune necessità di realizzare, di non lasciarsi trar fuori del piano economico per le solite vaghe affermazioni ,individualistiche o spiritualistiche, che nascondono il contrabbando che sappiamo. La cosa più $traordinaria è che il mio sessantenne collega, che tre o quattro anni fa si sentiva pago dell'idealismo crociano, spontaneamente mi dichiarava che l'importanza del fattore economico ormai risulta lampante ai suoi occhi. Certe soluzioni, di certi problemi $Colastici, sono pure attuabili, oggi, e, naturalmente, è nostro dovere -lavorare in tai senso, senza aspettare la risoluzione. Ma un a soluzione completa, a fondo., è evidente che non p·uò aversi senza un cambiamento di fondo. Il professore in questione, fra.tello di un noto socialista napoletano, è un indipendente che ha fatto del cammino. Se l'on. Rapelli ha acquistato il senso della vita del Mezzo-

giorno e della nostra infinita miseria politica, si sarà reso conto che vivere politicamente, iscritto in un partito, ad esso inteUigentemente disciplinato e in .esso attivo, è, come dicevo sopra, la necessità primordiale del Mezzogiorno, e il primo segno di vita politica degli uomini di quaggiù. L'apoliticismo non è che una tradizione borbonica, ripresa poi dai fascisti col noto motto: - Qui non si fa politica. -- La cosa più difficile quaggiù è di far agire politicamente un uomo, fargli comprendere la necessità di prendere una direttiva, senza saltare a destra e a .sinistra, insomma stare in un partito, rinunz i a r e all'indipendenza, per quanto questa significa da noi. Indipendenti sono o diventano nel M ez.zogiorno quanti se UE:' stanno comodamente a cavalcioni di più partiti, o lasciano i nostri partiti di sinistra, lasciandosi corrompere da prospettive di vantaggi economici, sociali, politici. Il partito è l'unico faro "lJialnghcion la lollH •Da un giornale calabrese: Dopo aver trascritto il discorso dialogato con la folla, questa, soggiunge il cronista, grida: « Lo vogliamo a Monterosso; lo vogliamo a Polia. Lo vogliam.o ministro della nostra Calabria». Bib . ca Gino Bianco che risplende nell'immenso marasma del Mezzogiorno. Dico il partito che richiede qualche sacrificio per restarvi, che indica il 'primo svegliarsi della coscienza al civismo. Ecco perchè da noi non vi sono se non partiti socialisti o comunisti; ecco pe'l"- chè il partito liberale, il partito dei signori la cui moglie è presidentessa delle opere cattoliche, come lo è stata, nel ventennio, delle associazioni fasciste femminili, non esiste come partito, ma come aggruppamento e contrasto di uomini. Ed ecco perchè la D.C., come non concepisce un partito nel Mezzogiorno, çosì pede con orrore se due uomini ri riuniscono insieme fra loro per un •qualsiasi interesse. Particolarmente nauseabondo è lo spettacolo dei piccoli capi dei piccoli qJartiti quaggiù, pochi dei quali hanno le mqnì pulite. Alcuni poi, e non sono pochi, $i sono macchiati di scor• rettezze politiche, di truffe politiche con gravi che meriterebbero di essere mandati al temo. Eppure qualcuno di costoro, alla caduta del fascismo, per cop1·irsi, diceva sospirando: « Ah se avessi dato ascolto all'i11,se• gnamento di don Tommaso!». Vero è che anche il capo dei piselli, l'on. Saragat, la prima v-olta che lo rtrovai dopo la ca... duta del fascismo (usciva insieme con Togliatti da un Consiglio dei Ministri) mi disse con ge~ nero sa cortesia: « ah! prof. Fi.ore, io mi sono formato sui vostri scritti ». Oh gran bontà! ... Vedete un po' a che cosa mena l'indipendenza in Italia! TOMMAS·O FIORE 263

ésperienze agricole • - La piena occupaz1one Caro rRapelli, sono d'ac-cordo con te che nel mondo moderno, quale si è venuto configurando dopo la seconda guerra mondiale, il diritto al lavoro dei cittadini e il dovere dello stato di fornirne l'opportunità, sono così profondamente radicati da contribuire in maniera decisiva a stabilire le linee della politi-ca economica. TI fatto poi che l'esercizio di questo diritto imponga il relativo dovere ad uno stato democratico, aggiunge, all'imperativo · morale, l'imperio.sa esigenza della necessità, potchè 1è ben certo ,che e.sso non può durare a lungo quando la disoccupazione superi date dimensioni. E' perciò urgente impiegare tutte le forze di lavor•o non assorbite dalla iniziativa privata, perchè . lo Stato democratico deve combattere la disoccupazione cronica per difendere la sua stessa esistenza. I In altre parole, si può dire I che la democrazia non regge quando vi 1è una forte percenBiu ~eca Gino Bianco tuale di popolazione disoccupata. E' ben noto che le dittature derivano g.ran parte della loro forza sociale e morale dal fatto eh~, -di .solito, occupano tutti i lavoratori; il che fa ritenere che esse possano 1sempre eli,minare la disoccupazione. E ciò fa talvolta dimenticare che, insieme, scompare anche la libertà. Che poi ,queste forze del lavoro !Siano occupat~ in màniera realmen te utile per la collettività, cioè che realizzino il 'più alto reddito collettivo, è un'altra questione: alla quale però bisogna ,guardare non .soltanto con l'occhio dell'economista innamo- , rato dei suoi teoremi, ma anche con quello dell'uomo della strada. Per questo « il più alto reddito collettivo » è espressione spesso incomprensibile, men tre è estremamente chiara « la pie- . na occupazione >>, che significa lavoro per tutti, possibilità per tutti di esercitare il diritto al lavoro. Inoltre, difficile è stabilire il significato di 1« lavoro veramente utile »: potremo dar .. ne una definizione tanto rigo ..

rosa quanto convenzionale ed essere paghi di argomentazioni scientifiche, ma non potremo mai negare che molti lavori apparente1nente inutili abbiano almeno rappresentato un ,mezzo d'emergenza per attuare una diversa e for.se migliore distribuzione del reddito. Infine, non possiamo ignorare .che tutti i governi, quando siano so,ttoposli alla pressione della disoccupazione e quindi a bisogni che non tollerano indugi, stanziano precipitosamente fondi per opere, in se stesse, di assai dubbia utilità. Nei vent'anni fra le due guerre mondiali la politica economica della 1 Germania e dell'Inghilterra, dell'Italia e della Francia, ha mirato .soprattutto a dare· occupazione ai lavora tori. Il successo di Roosevelt e anche quello di Hitler sono strettamente legati a t.w.a politica di pieno impiego; ed i suffragi che i laburisti ,continuano ad avere, nonostante gli errori compiuti, derivano dall'aver .garantito a tutti e comunque il lavoro. 1 Dopo la grande crisi del 1929 la politica americana :fu dominata dalla preoccupazione della disoccupazione. E se gli Sta ii Uniti fanno una generosa politica agraria di sostegno dei prezzi - per cui lo Stato compra tutta la produzione offerta quando i 1 prezzo di un prodotto scende al di sotto di un certo li vello - ciò dipende soprattutto dal timore dj cadere in' una crisi che provochi disoccupazione, della quale gli americani, dopo l'inattesa esperienza del 19?◄ ~-1933, hanno terrore. Bisogna ascoltare chi ammonisce: in primo luogo di evitaBibliot ..,caGino Bianco re di compiere atti che, invece di diminuire, accrescono la disoccupazione. Ma biiSogna altresì evitare (.he questa ragionevole preoccupazione porti alla conclusione· scettica, secondo la quale tutto ciò che il Go,verno fa sia inutile, se non dannoso. D'accordo che non si debbano provocare quelle .situazioni di incertezza che contribuiscono ad a,ccrescere quella disoccupazione che si vuol combattere; d'accordo che il 1 Governo spesso non riesce ad evitare i passi maldestri, ma ciò non impedisce di affermare che, specialmente per la disoccupazione cronica, l'iniziativa spetta al Governo. E presumibilmente si può aggiungere che, in Italia il ~roblema della disoccupazione agricola non .supera, come dimensioni, le concrete e immediate possibilità di una politica economica .rispettosa delle fondamentali libertà dei cittadini. E' stato già dimostrato che nell'agricoltura italiana vi è U..'1. eccesso di mano d'opera; anzi più propriamente si può dire vi sia un eccesso di popolazione rurale, e che il durevole m1.- glioramen to nel tenore di vita sia strettamente legato a quell'incremento delle attività extra agrico1e (industria, commercio, professioni, e•CC.) che possono consentire una migliore distribuzione <lelle nostre forze di lavoro. E' certo però che se l'orientamento generale della nostra politica economica deve favorire l'indicato trasferimen·to dei lavoratori, è altrettanto sicuro che per dare subito lavoro ai nostri disoccupati agricoli non si può attendere lo svo,lgi• mento di un così lento processo 265

evolutivo. Pertanto, oggi si impongono immediati provvedimenti atti a promuovere iL loro impiego nell'attività straordinaria di bonifica e di trasformazione fondiaria, e ove possibile, in ,quella della normale produzione agricola. Nel caso specifico dell'agricoltura il numero dei disoccupati oscilla, grosso 1nodo, tra i 21 50 e i 400 mila, per cui esiste una massa di almeno 200 mila individui permanentemente disoccupati. E mentre vi ~ono regioni, come il Piemonte; la Lombardia, la Liguria, la T0scana, l',Um,bria, le ~arche e l'Abruzzo, doVE' salvo qualch~ specifica situazione locale ben determinata, la disoccupazione agricola non ha rilevanza, ve ne sono altre, come l'Emilia, la Puglia e la Calabria, dove essa raggiunge un grado di eccezionale intensità. Il pieno impiego della mano d'opera agricola presenta, quindi, aspetti profondamente diver .. si nelle singole regioni. Nell'Italia centro-se~tentriOD<'- le (ad eccezione della bassa pia, nura emiliano ..?,eneta) e nell~ Sardegna i pochi disoccupati agricoli po·ssono essere assorb.i ti estendendo e intensi:i.cando le normali coltivazioni e t't"omuo•• vendo gli allevamenti. Nell'Italia meridionale e neUa bassa pianura emiliano-veneta, invece, l'occupazione dei lavoratori della terra si può realizzare attuando un organico piano di bonifica e di trasformazione fondiaria, da coo:çdinare stre"'c.- tamente con la riforma fondit)-- ria. Nel frattempo si potrà promuovere, soprattutto nell'Emi266 B1l :a Gino.Bianco lia, Puglia e Calabria, quello sviluppo industriale e quella tmi grazione all'interno e all'estero che consentiranno di equ1l1brare, in maniera stabile, il rapporto tra popolazione e fonti di lavoro. La piena occupazione dei lavoratori della terra non è rf1eta irraggiungibile, purchè le d~- terminazioni del Governo .si'1.no organiche e costanti, e ncn, frammentarie e intermittenti. Se l'agricoltura delle zone n forte disoccupazione cronica e stagionale progredisce, allora un'aliquota dei disoccupati potrà essere impiegata. La partr.- residua - ammesso che la situazione generale non ('Onsen ta di ritenere immediato o prossimo un loro assorbimento nel .. l'industria, e che l'emigrazione non possa subito recare un so~ stanziale iSollievo - dobbiamo cer,care di occuparla nella bon1~ fica e nella trasformazione fondiaria. Il fatto che la clis0ccupazio11e agricola a carattere cronico s1 trovi soprattutto nelle zone di riforma fondiaria e elle il Par~ lamento abbia votato la spesa di alcune centinaia di miliardi di lire per risolvere •questo angoscioso problema impone il coordinamento tra riforma fondiaria e pro"c;vedimenti diretti ad eliminare la disoccupazione agricola cronica; non basta demolire i monopoli terrieri di tipo latifondistico, occorre anche costruire una nuova agricoli:ura, alla quale possa partecipare la ·mano d'opera di1soccupata. Spero che tu concorderai con me e frattanto ti saluto cordjalmente. G. MEDICI

Un mito del I' en1igrazionr.? Q UI NiON possiamo ignorare che in un vasto settore dell'opinione pubbli'ca si va rappresentando l'attività di chi si occupa dell'e1nigrazione icome quella di chi insegue od esalta un « mito )), sia l'emigrazione diretta o 1t r e Oceano, ovvero nei Paesi europei; sappiamo che si vuol dire con quel « mito >> un favoloso ed illusorio miraggio che sarebbe prospettato ad incauti o a disperati per indurli ad abbandonare il proprio Paese, l'Italia, impoverendo di uomini che sono nella migliore efficienza produttiva, quelle regioni dove la loro assenza generereblbe una depressione dell'attività di produzione, uno . squilibrio demografico pericoloso, e 1quindi un danno emergen1'e, non compensato da rimesse che, nella esaltazione del « mii!o », servirebbero a dorarne l'aspetto. Le statistiche dicono che nel 1951 furono 158.000 gli emigranti sta,bilmente trasferiti in Paesi transoceanici; che nello Bibl ' :a Gino Bianco ITALO MARIO SACCO nato nel 1886, senatore democristiano docente univ,e1·- sitario. stesso anno le rimesse sono salite a 120 milioni di dollari, ossia ad 80 miliardi di lire; questa so1nma rappresenta più della spesa per la vita di un nu1nero di persone pari a quello dell'incremento nu1nerico della popolazione italiana nel 1951. iN on vi ha dubbio che quasi tutta la somma rappresentata dalle riinesse degli emigranti, oggi va spesa dai loro familiari per le esigenze della vita; ,un ten1po il fenomeno era diverso; co1ne diverso è anche il comportamento dell'emigrato nel confronto dei suoi fa1niliari. E' lecito sperare che la politica dell'emigrazione tenga conto di 1'utte le ·conseguenze negative denunciate dai sociologi, al fine di scongiurarli; appare sterile discutere se il 267

fenomeno produca più di bene o più di male; ma è invece doveroso provvedere, perchè le ·conseguenze negative siano ridotte a proporzioni costantemente inferiori. Sia infine consentito auspicare che i Paesi più fortunati ricordino un autorevolisshno ammonimento venuto proprio nel tempo in cui 4 milioni e 700 mila lavoratori stranieri più o n1eno coattivamente erano stati trasportati in Germania al servizio - oltre il milione e n1ezzo di prigionieri - di quella lotta delle Nazioni proletarie contro le Nazioni ricche ch'era il « mito » dell'Asse nazi-fascista; allora, era il Natale del '41, il Papa svolgeva con l'ultimo dei cinque punti, ossia cinque presupposti della pa-ce nella giusfizia, il concetto che « in luogo del freddo egois1no deve subentrare fra i popoli, fatti sicuri dalla loro autonomia ed indipendenza, una sincera solidaIl comunismo avanza perchè trova nell'egoismo, nell'ignoranza e nella miseria i migliori alleati. Si rinunci dai singoli e dai popoli ricchi all'egoismo, si istruiscano e Si sollevino i miseri. ecco i rimedi efficaci, più salutari delle guerre, delle repressioni e delle reazioni. Bi 2'"68' a Gino Bianco rietà giuridica ed economica, una collaborazione fraterna, secondo i precetti della · legge divina>>. Purtroppo, tali esigenze non sono ancora così chiare da costituire norma generale; però, quando ci si avvia alla divisione del lavoro, alla cooperazione economica fra i popoli e da ogni parte si ostenta la volontà di positivamente operare per una reciproca collaborazione, non si può non tenerne conto; perdhè o si accetta la libera mobilità delle persone da Paese a Paese, ossia la fluidità della popolazione, oppure bisogna rassegnarsi a considerare la deprecata e schiavistica deportazione coatta, quale mezzo per la razionale distribuzione della popolazione ,umana sulla Terra. Il «mito» dell'emigrazione, supposto iehe se ne possa parlare, non trova indulgenza nel nostro senso critico, ma l'ipotesi di quella che fu e di quella ,che è la deportazione coatta, trova la condanna più netta nel nostro senso politico. E' certa, ;però, l'ansia dUfusa, di conoscere i risultati degli esperimenti fatti con recenti trattati di emigrazione si!ipulati fra l'Italia e Paesi transoceanici, noncbè di conoscere le esperienze fatte con investimenti di ragguardevolissimi capitali in Paesi esteri, destinati a ;favorire i nostri emigrati.

Il problema delle nascite L'argomento delle nascite e del pericolo di una sovrapopolazione nel mondo è un argomento vecchio. Le teorie rnalt1lsiane sono ritenute superate, e noi pensiamo giustamente, perchè smentite dalla realtà. Qui ospitiamo la lettera di un socialista, il rilievo che su di essa fa uno studioso cattolico, ed una precisazione del pensiero degli ambienti vaticani sull'esperienza giapponese. Condividiamo pienamente che la soluzione migliore dei proble1ni che angustiano la umanità non è certo la propaganda per il controllo delle nascite quanto invece sarebbe il libero accesso alle materie prime, l'apertura di nuovi sbocchi economici, la libertà d'em.igrazione per tutte le Nazioni del mondo. UN PRIMO SGUARDO alle statistiehe ci consente di constatare che l'umanità aumenta annualmente di circa l'l %, e questo aumento non è uguale in tuttè le zone del globo ma varia da regione a regione. Se con un po' di attenzione esaminiamo la natalità e la mortalità di ogni paese e le confrontiamo ,con le condizioni economiche dello stesso, ci accorgiamo che esse e la loro differenza che è poi l'aumento di popolazione variano assieme al livello di vita dei . Biblio•eca Gino Bianco CARLO MATTEOTTI nato nei 1918, deputato socialdemocratico, studioso di questioni sociali. vari popoli con una costanza media indiscutibile. Mentre infatti nell'Europa occidentale, nel Nord-America e nell'Oceania, dove il reddito medio per abitante supera ovunlque le 100 sterline annue, la natalità media è del 21 %o, la mortalità dell'll %o e quindi l'aumento del 10 %o, nei paesi come l'Italia, il Giap269 (

pone, l'Argentina, ecc. che hanno condizioni economiche più basse con redditi per abitante fra le 100 e le 50 sterline annue, l'aumento di popolazione si aggira ancora attorno al 10 %o ma tanto natalità che mortalità sono più alte: rispettivamente del 24 %o e del 14 %0 ; nei paesi poi del1' Asia, dell'Africa, della Russia, dell'America meridionale in cui i redditi medi per testa sono iutti al di sotto delle 50 sterline la natalità sale al 29 %o, la mortalità al 15 %o e l'aumento di 'Popolazione al 14 %o come media. In generale quindi, salvo pochissime eccezioni, si può constatare che quanto 1nigliori sono le condizioni di vita e quanto più alto è il redàito medio per abitante, tanto più bassi sono la natalità, la mortalità e anche l'aumento di popolazione. Le due cose sono recipro- . camente e contemporaneamente causa ed effetto l'una dell'altra. Infatti se è vero che in un primo periodo della storia umana un forte aumento di popolazione è stato un elemento di progresso che ha spinto alla conquista ed alla utilizzazione di sempre nuove risorse naturali non sfrutta·fe, è altrettanto vero Bi 2ZO a Gino Bianco che quando le terre produttive fertili sono state a mano a mano occupate e su di esse la popolazione ha aumentato di densità, una forte natalità è divenuta non più un elemento di progresso ma un elemento di miseria per una popolazione stretta in un determinato territorio; ed invece la diminuzione della natalità contemporanea allo sviluppo tecnico del lavoro ed a forti investimenti di capitali ha portato i paesi più civili al livello ,di sviluppo attuale. Un eseffi:Pio di questo fenomeno storico molto interessante è costituito proprio dall'Italia; essa è una delle cinque nazioni del mondo dove la densità media di popolazione supera i 150 abitanti per kmq., assieme al Giappone, al Belgio, alla Germania e all'Inghilterra. Ma mentre ·le tre ultime che dispongono di enormi risorse economiche minerarie e commerciali hanno un aumento di ipoipolazione ·che va dal 7 %o al 4 %0 , l'Italia e il Giappone che tali- risorse non hanno si consentono un aumento di popolazione che si aggira attorno all'll %o all'anno; negli ultimi cinque anni la popolazione italiana è aumentata

infatti di quasi mezzo milione all'anno. Le conseguenze deleterie .c]j tale aumento per l'Italia le albbiamo sotto gli occhi. Il ritmo d'investimenti è fortissimo nel nostro Paese se si pensa che si aggira attorno al 25 % del reddito nazionale e difficilmente aumenta bile a meno che non si vogliano usare i sistemi russi del lavoro forzato -dove però il ritmo d'investimenti raggiunge al massimo il 27 %. Nonostante questo alto livello d'investimenti essi non riescono ad assorbire i due milioni di disoccupati cronici, ma, come in una seduta della Camera di qualche anno fa dichiarava il ministro dei Lavori Pubblici Tupini, essi riescono appena a tener dietro alla popolazione e a non far aumentare la disoiccupazione. Non solo, ma la necessità di soddisfare i bisogni più elementari della nuova quota di popolazione non consente che gli investimenti siano in vece devoluti ad un elevamento .del livello di vita della popolazione già esistente. E' chiaro infatti che, dato un determinato introito, una famiglia numerosa non può permettersi la stessa attrezzatura di vita di una faBib . ca Gino Bianco miglia che rimanga di pochi membri. In Italia, infatti, sul totale dei consumi familiari, circa il 64 % è costituito da quelli alimentari, percentuale scesa al 30 e al 20 % nei paesi più civili che hanno in generale però famiglie più piccole, dove circa il 70 % delle spese viene impiegato in viaggi, vestiario, attrezzature e macchine casalinghe, ecc. Inoltre l'eccesso di popolazione e la disoccupazione conduce ad esempio a fissare un imponibile di mano d'opera nelle campagne o a bloccare i licenziamenti nelle fabbriche per ragioni sociali, ed è ovvio ,che ciò dissuade le aziende dall'appHcare metodi più moderni di produzione avendo sulle spalle tale abbondanza di mano d'opera a buon mercato; quindi i sistemi produttivi restano arretrati. · La stessa lotta sociale delle classi lavoratrici per gli aumenti salariali resta spesso paralizzata dall'esistenza di una tale armata di disoccupati sempre pronti a sostituire a buon mercato gli scioperanti e gli scontenti. L'aumento delle famiglie contadine conduce inoltre allo spezz~ttamento e alla polverizzazione della proprietà, fenomeno che ha raggiunto il .. 271

suo acme in Giappone con grave danno dei sistemi produttivi. La stessa riforma agraria e dei contratti agrari viene resa più difficile e spesso rapida~ mente annullata nei suoi effetti dallo aumento di popolazione. Nelle condizioni attuali dell'Italia l'aumento di popolazione quale si determina oggi ha sull'economia del nostro Paese lo stesso effetto che un eccesso di sangue può avere su di un organismo, eccesso che tende ad ingorgare e addirittura a paralizzare l'attività dei suoi organi, rendendo permanenti determinate condizioni di miseria con tutte le conseguenze anche politiche che ne derivano e che caratterizzano anche oggi purtrop[Po il volto dell'Italia. In tutti i paesi dell'Europa Nord-Occidentale questo problema è stato risolto già da vari decenni con una legislazione moderna e con i metodi migliori di un'azione antidemografi.ca i n profondità, nello stesso periodo in cui in Italia il regime fascista faceva proprio il contrario. Recentt~mente il Comando Alleato ha messo anche in Giappone in atto sistemi simili considerandoli oramai come B B~2 ,a Gino Bianco il modo di risolvere determinati problemi di insufficienza economica. E' ora che l'Italia non perda più tempo nel mettersi su tale strada. La pratica suggerita dalle autorità ecclesiastiche, d e i giorni fecondi e non fecondi, e ,già in parte propagandata ha un'efficacia dubbia e relati va; la sua importanza consiste però nel fatto che la Chiesa cattolica con essa ha già ammesso il principio morale della limitazione volontaria delle nascite. Bisogna seguire gli esempi internazionali dei popoli più evoluti di noi. Le organizzazioni sindacali, le più interessate a questo fatto, or.ganizzano assieme allo Stato centri di consultazione e di istruzione !I)er l'uso dei più moderni e innocui mezzi antifecondativi, i quali inoltre, dopo una sufficiente propaganda, vengono venduti a prezzi accessibili anche alle più povere classi contadine; la stampa ed il cinematografo sono usati come mezzo di consiglio e di dimostrazione pratica sulla convenienza per ogni famiglia di non aumentare il numero dei propri membri. I risultati di questa azione sono in quei paesi ovunque

evidenti e stanno iniziando anche in Giappone, paese assai simile ,per la sua struttura all'Italia. Nulla si oppone quindi alla sua attuazione an- -che da noi contro null'altro Rilievi di un cattolico 1. Dire che ad alto tenore di vita da alto livello di reddito corrisponda una scarseggiante natalitd è soltanto constatare un fenomeno, non è spiegarlo. Non vale il « post hoc, ergo Propter hoc». Potremmo citare esempi nettamente contrari. Se e dove ciò avvenga, non si dovrd cercarne la causa in un rapporto di necessitd, quasi di f atalitd automatica, tra alto reddito e scarsa natalitd, quanto piuttosto in un modo di concepire la v:ta collegato con l'apprezzamento individuale (o, più E.Sattamente, individualistico) dell'alto reddito. 2. E' nettamente contraddetto dai rilievi statistici ufficiali che la consistenza numerica della popolazione italiana si accresca di quasi mezzo milione all'anno. E' vero al contrario che è in atto un fenomeno di denatalitd così violento da dare al saldo demografico d'oggi qual c h e aspetto degno di vigilanza. 3. Di « eccesso di popolazione » in senso assoluto non si può parlare: sì in senso relativo: e il problema della « disoccupazione » va contemplato non Biblioteca Gino Bianco che un pregiudizio che tende a ,proteggere una moralità giusta nei tempi passati ma del tutto superata dalle moderne esigenze delle nostre condizioni di vita. soltanto nel quadro demografico-economico locale, ma nel quadro degli sconvolgimenti generali che turbano da anni t-utto il mondo e che hanno bloccato il libero movimento delle persone, come dei beni e dei capitali. 4. E' nettamente deplorevole che si invochi per il nostro Paese « un'azione antidemografi,éq, in profonditd », e si additino ad esempio niente affatto commendevole i « sistemi » messi in opera dal Comando Alleato in Giappone, per raggiungere in quel Paese i risultati che si vorrebbero riProdurre nel nostro. Si sa in che cosa consistano tali « sistemi » destinati a realizzare quell'«azione antidemografi,ca in profonditd »: essi riducono il problema nobilissimo dalla perpE.tuazione della vita a un semplice meccanismo fisiologico a sfondo grettamente individualistico, e urtano contro ogni legge di onestd naturale, oltrech.è contro ogni norma di carattere religioso. 5. Ciò che vogliano dire questi incitamenti a << un'azione anti27 .. . :,

dem.ografica in profondità » :è del resto chiaramente indicato nell'articolo che ho sott' occhi. Si tratta di una organizzazione statale-sindacale intesa a propagandare « l'uso dei più moderni e innocui mezzi antifecondativi», da vendersi « a prezzi accessibili anche alle più povere classi», a ciò ausilianti pubblicitariamente « la stampa e il cinematografo». E questo è nient'altro che rinnovata espressione del più sfacciato neomalthusianesimo, ormai arcigiudicato da tutti i più obi~ttivi e seriamente informa ti studiosi della materia. 6. Quanto al << pregiudizio » che tende a proteggere una moralità giusta nei tempi passat! ecc., non c'è che una cosa da dire: ed e che la moralità o è o non ,è. Essa non cambia coi tempi: ciò che cam.bia coi tempi è il capriccio degli uomini. Che in fondo, dalli e ridalli, è esso pure sempre lo stesso. F. MARCONCINI L'esperienza giapponese Da qualche tempo, segnala l'« Osservatore Romano», si va notando nel Giappone una recrudescenza nel la propaganda pel controllo delle nascite, specie attraverso la grande stampa che non lascia passar settimana senza che un fondo o un articolo della pagina sociale o una lettera d'un lettore, rimproveri al Governo ,la sua negligenza in tal campo. E' interessante rilevare che questa recrud€ 1scenza di tale propaganda coincide col la firma del Trattato di pace. Si fa infatti notare che questo non apre alcuna via di possibile emigrazione, nè dà! assicurazioni di sorta circa l'accesso alle materie prime od alla apertura di sbocchi € conomici, condizioni nE:cessarie ,per una espansione industriale. La pos1z1one cattolica, pur così poco sostenuta in Giappone, non è ignorata e molti son Bib 274 1 Gino Bianco quelili che ne riconoscono il saldo fondamento morale. Nel suo numero dello scorso ottobre il « Chuo-Koron », una delle tre grandi Riviste mensili giapponesi, dedicava un lungo articolo al Papa Pio XII rilevando che il SonYmo Pontefice pone come cont(!,izioni per una pace giusta, il diritto di libero accesso alle materie prime ed agili sbocchi economici e quelio d'emigrazione per tutte le Nazioni del mondo. Su tal punto, si conclude, il Vaticano non può riguardare il Trattato di San Francisco come sufficitnte a stabilire una giusta pace. Ci si rende ,pertanto conto, in determina ti ambienti, delle soluzioni concrete proposte dalla dottrina sociale cattolica, ma si aggiunge ch'esse oggi sono irrealizzabili. (Da « La Famiglia Italiana" 31-12-'51).

La riforn1a della burocrazia e HIE COSA attende dalla riforma la pubblica opinione? In primo luogo, certamente, una razionalizzazione dei servizi, in modo da eliminare ogni inutile soprastruttura, rendere più semplici e celeri le procedure €\C!· avvicinare al massimo l'azione amministrativa ai bisogni cui deve soddisfare, consentendo un più umano svolgimento dei rapporti tra i cittadini ed i pubblici uffici. In secondo J uogo, il miglior rendim€nto possibile dell'apparato burocratico, sì da ottenere con la minore 6pesa la più efficiente tutela dei bisogni pubblici con il minimo sacrificio degli interessi privati, e da realizzare una completa bonifica, là dove di bonifica si sente l'urgenza. In terzo luogo, un'azione decisa per arginare l'aumento èel numero dei pubblici dipendenti, ed anzi per favorirne la riduzione ove esso è pletorico·, attuandone nel tempo stesso una selezione qualitativa che valorizzi, come è giusto, i migliori, . Biblioteca Gino Bianco ROBERTO LUCIFREDI nato nel 1909, deputato democristiano, sottosegretario di Stato. e consenta quella elevazione di dignità e di prestigio e quel più adeguato trattamt!nto economico, senza maggiori oneri complessivi de:llo Stato, e ,con l'eliminazione di ingiustificate sperequazioni, che gli impiegati pubblici giustamente reclamano. In quarto luogo, infine, un'opera diretta p.d attuare una più facile accessibilità da parte del pubblico alle leggi vigenti, che spesso, oggi, anche per l'esperto costituiscono un difficile rebus, che soltanto per effetto della compilazione di opportuni tE.:sti unici potrebbe diventare meno intricato. Convergono cosi nella riforma da un lato gli interessi dello Stato, dall'altro gli interessi dei cittadini (sia come utenti dei pubblici servizi, sia come contribuenti). dall'altro ancora 275 '

gli interessi personali degli stessi funzionari: di tutte queste posizioni deve farsi adeguata va1utazione nel -decidere sulla via da seguire per la riforma. Per g1ungere a risultati concreti sulla strada che ci si prefigge bisogna rinunciare ai progetti utopistici lè·i una riforma coll'R maiuscola: è inutile sognare il grande provvedimento che risolva tutti in una volta i vari problemi; occorre procedere iPer tappe, risolvendo un problema alla volta, ma ogni problema, considerato sotto una visione unitaria, in funzione di una precostituita soluzione d'insieme da raggiungere, della quale i singoli provvedimenti rappresentino altrettante parti organiche. Solo così si può, gradualmente, pervenire alla meta. A tal fine si può e si deve operare contemporaneamente sia sul terreno legislativo, mediante predisposizione di nuovi testi che modifichino le leggi vigenti. sia nell'ambito delle leggi in vigore, per una loro migliore applicazione ai fini èella riforma. Innumerevoli sono i miglioramenti dei servizi che possono realizzarsi senza necessità di leggi nuove, stimolando le iniziative dei dirigenti degli uffici, fornendoli di mezzi d'azione moderni ed adeguati, facendo cadere le paratie di artificiosi compartimenti stagni, rimuovendo i motivi di ingiustificate giacenze è,i pratiche nell'uno o nell'altro ufficio, e via discorrendo. Se ogni Ministero, ogni direzione generale, ogni divisione, ogni ufficio periferico adottasse nell ·ambito delle sue competenze tutte le misure possibili, e si impegnasse a fondo per portarle ad applicazione, la riforma sarebbe già fatta per metà, ed i cittadini ne sentirebbero un immediato ceneficio. ·--------- Noi siamo convinti che la scienza delle benefiche riforme non s'invpara sui libri e alla tribuna delle assemblee, ma nel salir€: alle soffitte del povero, nel sedersi al suo capezzale, nel soffrire il freddo ch'egli soffre, nello strappare coll'effusione di un amichevole colloquio il segreto del suo cuore desolato. Quando uno ha atteso a questo ministero, non per qualche mese, ma per lunghi anni: quando uno ha studiato il povero in casa sua, alla scuoi a, all'ospedale, non in una sola città, ma in parecchie, ma nelle campagne, ma in tutte le condizioni in cui Dio l'ha messo, allora può cominciare a conoscere gli elementi di questo formidabile problema della miseria: allora ha il diritto di proporre serie misure, le quali in luogo di fare lo spavento della società, ne faranno la consolazione e la speranza. FEDERICO OZANAM Bibl 2Z 6 A Gino Bianco

PROSPETTIVE Il corporativisn1d0emocratico S CRIVE Luigi Einaudi che « le parole comunismo, socialismo, liberalis·mo, capitalismo non hanno significato il quale sia univoco per tutti, e sono generalmente di assai ardua definizione». Ciò è indubbiamente vero; senonchè a queste parole occorre aggiungerne un'altra: «corporativismo~, che può rappre5entare due forme economiche ben diverse: il corporativ) smo di Stato e quello di associazione. Mentre il primo considera la corporazione quale organo del potere esecutivo e di conseguenza senza personalità giuridica, il secondo, che meglio chiameremo democratico, intende la corporazione quale organo autonomo, per quanto giuridicamente disciplinato, per ciascun ramo della produzione. delle categorie professionali; concezione questa ultima sostenuta, fin dalla fine dell'Ottocento, da uomini rappresentativi della scuola sociale cattolica, primo fra tutti da Mons. Doutrelous, veBibl'. :a Gino Bianco CANALETTI-GAUDENTl nato rnei 1897, senatore de- 1 mocristiano, ilocente universitario. scovo di Liegi, ispiratore di quella che fu appunto chiamata scuola corporativa cristiana. Ne consegue che il corporativismo di Stato conduce inevitabilmente al progressivo aumento ed accentramento delle funzioni statali, mentre il corporativismo democraticç rappresenta una fondamentale esigenza di decentramento, da raggiungere mediante una larga autogestione delle categorie interessa te. Ne consegue altresì che secondo il corporativis-mo democra tico il processo di formazione della corporazione deve muovere dal basso verso l'alto e non dall'alto verso il basso, e deve articolarsi a ttraverso l'organizzazione professionale che nasce spon taneamen te dal sindacato. 1Ciò spiega perchè l'attua277

zione del corporativismo fascista avvenne prima ancora che fosse nata, come istituto operante, la corporazione. E' quindi un errore quello di ritenere che il corporativismo non possa essere attuato che in regime totali tari o, ossia dal partito unico. Quello che il fascismo cercò di a ttuare non era e non poteva essere corporativismo, dato che dittatura e corporazione sono termini contradittori e· dato che il corporativismo per natura, pP.r metodo e per spontanea articolazione di motivi non può essere che elettivo, come fin dal 1926 ebbe a scrivere, con esemplare chiarezza e profondo intuito, Achille Grandi, il fondatore del sindacalismo cristiano. Errore anche quello di ritenere che il corporativismo sia un sistema di conservatorismo -sociale. Al contrario esso è l'unico mezzo per impedire gli eccessi del capitalismo, inserendo organicamente il lavoro nel processo produttivo, attraverso la collaborazione dei lavoratori alla g-estipne dell'azienda e, ideolo~icamente, come obiettivo finalistico, anche attraverso il ricongiungimento, nella corporazione, della proprietà con il lavoro. Si tenga presente che i Con- . sigli di gestione costituiti nella Germania occidentale nel febbraio 1951 con la così detta legge della ~ codeterminaBi ~za a Gino Bianco zione > e riguardanti i settori dell'acciaio e del carbone, hanno fondamentalmente una base corporativa, dato che i due operai facenti parte dei Consigli di amministrazione aziendale debbono essere nomina ti, si badi bene, non dal sinda- . cato dell'azienda ma dal sindacato di categoria. E' infine un altro errore quello di ritenere che il corporativismo voglia far rivivere forme e strutture economiche superate. Nessuno in verità si è mai sognato di voler ricostituire economie chiuse, monopoli sindacali e burocraticismo funzionale; si tende solo , a creare gradatamente una organizzazione sociale della comunità nella quale i soggetti del lavoro e della produzione divengano elemento essenziale e responsabile della stessa organizzazione democratica dello Stato. In un regime corporativo, infatti, vi è il sindacato di categoria con le sue funzioni naturali di tutela degli associati, vi è il gruppo prof essionaie (corporazione) che sintetizza e comprende gli interessi contrapposti dei lavoratori e dei datori di lavoro, vi è infine lo Stato che deve intervenire non per esercitare una politica di protezione di una ca teg.oria piuttosto che di un'altra, ma per imporre la subordinazione degli interessi particolari agli interessi genera-

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