Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 3 - 31 marzo 1952

. • ·I Scritti di: BATTARA - CALOSSO - CAMPILLI CARCANO - CHlARI - DE COCCI - FEDERICl FIORE - FORESI - GRIECO - PETRILLI PEZZINI - ROCCO - ROSELLI - SILENTI ♦- Lettera a un meridionale ♦ La Cassa del Mezzogiorno ♦ Il Comune nel Sud ♦ Monarchia, fascismo e <·omunismo ♦ Salari u~uali Nord-Sud ♦ L, apologo di Menenio Agrippa ♦ Produrre di più, consumare meno? ♦ La scuola professionale ♦ Addestramento e qualificazione ♦ Gli alberghi-scuola \ ♦ Il lavoro a domicilio ,.- ♦ La cooperazione agricola ♦ La Previdenza ♦ Il Piano Schuman ♦ L, ordinamento sindacale ' ' ♦ Lettere dalla Sardegna, dalle e dalla Francia Marche, dairUmbria ~ ♦ Cronache e documenti Biblioteca Gino Bianco

!Lettere aiLavoriltoM\. dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ad ogni fin di mese. in fascicoli semplici ed in fa/ scicoli doppi nel periodo estivo • A hbonamento annuo L. 1000 - ,, semestr. ,, 500 - Fascicolo semplice ,, 100 - ,, doppio ,, 200 - Estero il doppio • indirizzo postale: LETTERE Al LA \'ORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul e/e postale n. l 121927 intestato a '' Lett-ere ai lavoratori,, nell' uf.,., licio dei conti correnti di Roma Re.rpon.rahile: PIERO RANZI \ ~:tr. Trib. di Roma n. 252~ del 251'::: J "'- ilimeoto Tipografico UESISA ~ R ::::-,- Bib~iotecaGino Bianco

LettearieLavoratori Anno I - N. S 81 Marzo 1962 · Lettera a un nieridionale Scrive un giornale del Nord: < Nell'Italia. del Sud pare che il malcontento sia molto esteso. Sono all'opposizione i latifondisti che hanno perduto la terra e la gioventù.- intellettuale senza lavoro. Ai primi i neo-fascisti ricordano i vantaggi di un governo forte che difenda i sacri diritti della proprietà; ai secondi com'era, più agevole trovar un impiego, sia _pure inutile ed a spese del contribuente, ai tempi dell'impero. Nessuno aggiunge che agli anni facili seguì la cata..- strofe con le conseguenze che tutti conoscono. Non meno fertile il terreno per la propaganda corrtunista, perchè nel nostro li eridione r ingiu~tizia economica ha talvolta aspetti medioevali e la miseria è così diffusa che appena limitate minoranze hanno raggiunto un tono civile di vita. < Il problema del Mezzog.iorno, sorto con l'unità, ha quasi un secolo di vita; non poteva essere risolto in pochi anni dopo una guerra perduta. Nel Sud il Gov·erno ha avuto qualche facile iniziativa (l'esproprio dei latifondi, la ·cassa del Mezzogiorno) ma le riforme sono applicate con mezzi insufficienti ed in periodi di crisi le ripercussioni sono più profonde nelle regioni più deboli. Per i piccoli borghesi che dopo aver conquistato con tanti sacrifici un diploma od una laurea sopravvivono con l'aiuto di continui espedienti, per milioni di operai e di braccianti che non ogni giorno riescono a sfaniarsi, i temi ideali della democrazia sono formule prive di eff{cacia. Per i poveri umiliati dal bisogno, non esistono nè libertà nè dignità umana ed a costor01 fascisti e comunisti promettono una vita di salvezza. < Non solo nell'Italia del Sud gli animi sono -inquieti. Gli uomini condannati ai tuguri ed alla fa.me hanno perso ovunque Biblioteca Grno 1co

la virtù della rassegnazione. Essi reclamano rimedi per le loro sventure e seguono chi fa nascere nel loro cuore una speranzll. Anche quando la speranza è un'illusione ,. Scrive un giornale dèl Sud: « C'è bisogno di aria nuova, e il Sud è maturo per prendere l'iniziativa di una rinascita della Patria, con un rovesciamento di tradizioni e di posizioni secolari che tanto gravemente hanno pesato sul destino d' Italìa :i. Altri scritti, vecchi e nuovi che interessano te, cittadino del Mezzogiorno, li abbiamo trascritti per la meditazione e perchè formino materia di discussione. Mai elezioni come queste hanno suscitato tanto interesse in Italia. Il suffragio universale può essere, in questa scelta elettorale delle amministrative del Sud, l'arma della tua vendetta e della tua rivincita, cittadino del Mezzogiorno. Ma tu elettore non devi spezzare l'u~ità nazionale, chè al di là dei tuoi interessi particolari, vi è questa unità nazionale che non si può e non si deve spezzare e che si deve assolutamente difendere. Per questo la difesa. della democrazia attende dalla tua meditazione, dal tuo buon senso, cittadino del Sud, che tu non abbia a gettare nel nostro Paese maggiore disorientamento, sbattendoci da un estremo all'altro. Noì comprerul,iamo come si possa giocare sulla tua emotività, sui tuoi sentimenti, ma non sono i ritorni, nè sono le avventure i rimedi per i meridionali, per i settentrionali, per tutti glt •italiani. Questa democrazia ha soprattutto bisogno di uomini che diano garanzie di onestà e di competenza: scegli in questa senso, cittadino del Mezzogiorno, e puoi contribuire, al di là delle passioni di parte, a mantenere in Italia la democrazia, eh' è strada di sacrificio ma anche di salvezza, che ti permetterà con l' ossigeno della l~bertà politica, di avere ancora di più, nella comunità nazionale, di quanto finora non sei riuscito ad avere, spesso per colpa dei tuoi rappreséntanti che se non ti hanno tradito, tante volte ti han deluso. Ma una strada che ci porti di nuovo alla dittatura, in nome di chicchessia esercitata, respingila perchè essa non ti consentirà neppure più quello che tu oggi puoi avere: il diritto di farti sentire. Altrimenti non ti rimarrà che la miseria e quell'unica cosa, il voto libero nell'urna segreta, che ti uguagliava al ricco, non avrà più efficacia, come durante il fascismo. Spendi ben.e il tuo voto, cittadino lavoratore, per poterlo far valere ancora un'altra volta. Bracciante disoccupato del Sud, ricordati che il tuo voto vale quello del niiliardario del Nord. GIUSEPPERAPELLI Biblio 00 Gino Bianco I

IL MEZZOGIORNO * La "Cassa.., ha funzionato? Per aibito professionale, come ve,cchio giudice dell'Amministrazione, posso esprimere uno spassionato ed obiettivo giudizio sulla legge istitutiva della Cassa del Mezzo~ ' giorno e sui risultati raggiunti dalla sua prima applicazione. Parlerò, dunque, chiaro anche per la mia particolare condizione di indipendenza politica. La legge, che và considerata come un provvedimento di emergenza suggerito dalla ur ... genza 'di operare e dalla crisi che travaglia l' A·mministrazione dello Stato, è - a mio giudkdo - sostanzialmen- ·te buona, se pure meritevole di integrazioni e di perfezionamenti, in parte già in corso di attuazione. . E' forse la prima volta - bisogna insistere su questa onesta constatazione - che il problema del Mezzogiorno, vecchio di un secolo, è stato •• ........ 1'..... • • • • ·..;· Bil ·. ~e~ _,1110 ( CO FERDINANDO ROCCO indipendente, presidente della Cassa del Mezzogiorno 9rganicamente affrontato in molti dei suoi poliedrici aspetti, tecnici, economici e sociali e con mezzi tfi.nanziari cospicui, se non del tutto adeguati all'imponenza de,gli obiettivi da raggiungere. Coordinamento di attività pubbliche e private, razionalità ed ampiezza di raggio degli interventi statali, sicurezza di 'disponibilità finanziarie per lungo periodo di • te m p o, ·semplificazione dei congegni amministrativi creati: ecco le principali virtù caratteristiche della legge. Circa i primi risultati raggiunti~ che potrebbero rappresentare, per cosi dire, il col-- laudo della legge, mi sono certo note le critiche e le 131

riserve di alcuni e lo scetticismo di molti. / Penso, però, che sia un po,, presto, in verità, per parlare di collaudo e di collaudo definitivo e che, dato il breve tempo tra.scorso - quindi-ci mesi appena - essi risultati debbono giudicarsi molto apprezzabili e confortanti le prospettive per l'avvenire. Non ripeterò le cifre che buona parte del pubbllco conosce se non in breve sintesi: lavori approvati per oltre cento mili,.r'di ed in esecurzione per settanta miliardi; ,piano studiato e già in attuazione di considerevoli finanziamenti e di aiuti ai privati nel settore agricolo e nel settore industriale. Le critiche, d'altronde, si spiegano per;f ettamen te e con la impazienza dell'attesa delle popolazioni meridionali - così assillate dal bisogno e troppo abituate alle sterili promesse ed alle inconcludenti eh i.acchiere - e con la somma delle ostilità e delle diffitlenze dalle quali chi opera è rempre circondato. Soprattutto, quan 1 do, come in questo caso, • coloro. che sono chiamati ad operare debbono affrontare la risoluzione di un problema eh~ rassomiglia imolto alla quadratura del circolo: far .presto e far bene. Ed invero, chi può negarlo, è c.erto imperativo categorico, che non ha bisogno di dimostrazione, l'esigenza di far B·t, 132 8 . 8 . 1 . 3 1no 1anco presto. Ma, io penso che necessità non meno inderogabile sia di far bene o almeno nel miglior modo possibile. Occorre guardarsi dalle facili improvvisazioni nello studio e nella risoluzione degli ardui e complessi problemi tecnici che molto spesso presenta la progettazione delle grandi opere pubbliche del Mezzogiorno, specie tielle opere di bonifica e di sistemazione idraulica del monte e del .piano, e di utilizzazione delle risorse idriche. La non lieta esperienza del passato deve esserci di severo ammaestramento e ci impone di evitare il pericolo che si rinnovino i· dannosi errori e sperperi ingenti di denaro pubblico. In particolare, tutti sanno che la critica, forse fondamentale, che si muove alla « Cassa», è quella che all'impegno delle spese non segua con ritmo altrettanto celere l'erogarzione delle somme per l'esecuzione delle opere. Ma simile critica è frutto di scarsa conoscenza 'dei tempi tecnici minimi, che anche nel più agile e snello degli ordinamenti di amministrazione pubblica o privata, si richiedono non solo per lo studio e l'approvazione dei progetti, bensl per passare poi alla fase esecutiva e percorrer la sino - al collaudo dei lavori. Approvazione degli atti di concesslone, gare di appalto, ag,giudicazioni di consegne, attrerz-

zature dei cantieri, stati di avanzamento e relative liquidazioni, ispezioni, collaudi, certificati di ultimazione finale dei lavori. Questa complessa attività pur sfron'data da revisioni e controlli non imposti dalla necessità di una regolare esecuzione dei lavori richiede un minimo di tempo che non può essere valutato da chi giudichi con superficialità. Si aggiungono, per il Mezzogiorno, svariati ostacoli particolari derivanti sia dalla non adeguata attrezzatura tecnica e finanziaria delle lm- -prese meridionali in relazione alla imponeniza delle opere gettate sul mercato, sia dalla scarsità del credito, sia dalla insufficiente qualificazione delle maestranze, sia dal limitato numero dei dirigenti tecnici e si avrà un quadro, approssimativo, del cumulo di di~ficoltà di ogni genere tra le ! Alloracomeadesso ? Cosenza, 2 gennaio 1906 Il Giornale di Calabria pubblica: . « Serpeggia per tutta la Calabria un malcontento vivissimo, che se non ha, come altrove. manifestazioni a.gitate e nervose. i frequenti comizi, ha invaso però l'anima popolare che dall'alternarsi continuo di promesse e delusioni, ha tratto a sue spese una sola morale: quella dello scetticismo e dell'incredulità ». t Biblioteca Gino Bianco quali si dibatte la fa~e esecutiva delle opere finanzia te dalla « Cassa ». [)i tutto ciò non si è tenuto • il dovuto conto, nella predisposizione del piano decennale e dei programmi e nell'assegnazione delle 'disponibilità finanziarie. ·Effettivarnente, Parlamento e Governo avrebbero agito più realisticamente gl:'aduando nel tempo, con ragionevole progressione, le assegnazioni. finanziarie, per evitare nei primissimi anni di vita della « Cassa » il lamentato, ma inevitabile, sfasamento tra impe-, gni ed erogazioni di spesa. Debbo, però, riconoscere che, di fronte alle giustificate diffidenze della pubblica opinione dei meridionali su la serietà degli adempimenti finanziari a favore del ·Mezzogiorno, è facile spiegarsi il sistema seguito che ha voluto dare la tangibile dimostrazione della im1nediata 'disponibilità delle assegnazioni deliberate dal Parlamento. Per quanto concerne, infine, lo scarso assorbimento della mano d"opera che .9i la1nenta, esso è collegato, evi- • dentemente, alle difficoltà di rapida esecuzione dei lavori, cui ho già accennato. ·Ne deriva che l'impiego della mano d'opera - modesto all'inizio dell'attività della Cassa - si è già elevato e più si eleverà, in ragione geometrica addirittura; ne abbia133

mo un indice sicuro in quanto già si è veri,ficato; allo scorcio tlel 1950 qualche decina di migliaia di giornate lavorative impiegate nei lavori del no-- stro Ente, circa quattro milioni su la fine del 1'9151. Ma occorre, anche su questo argomento, parlar ,chiaro. Il fenomeno della disoccupa,zione, certo la più grave piaga del nostro Paese, non si vince soltanto e neppure principalmente e E:oprattutto durevolmente mediante la esecuzione delle opere pubbliche ad effetti, tra l'altro per necessità, transitori. Occorre, invece, una azione persistente ed a largo respiro che può riassumersi nell'energico rinvigorimento della p~oduzione e del risparmio, nell'elevazione del tenore di vita delle classi meno abbienti, che determina l'aumento dei consumi, nello sviluppo delle iniziative e 'degli investimenti anche priva ti, con la conseguente- più larga e più stabile richiesta di mano d'opera. La nostra legge non è, perciò, una legge contro la disoccupazione, ma si propone anche questo scopo, ·il cui raggiungimento, peraltro, non può essere che lento e ,graduale attraverso i suoi effetti benefici diretti ed indiretti. . In conclusione, io non penso affatto che tutto va~a- bene nell'ordinamento e nel funzionan1ento della «Cassa»; ciò significa che non respingo o 134 . Bibli ___ J Gino Bianco'· sottovaluto « a priori» le cri-- tiche che si muovono Al contrario, sono persuaso che difetti nell'ordinamento dell'Ente esistono, che errori sono s·tati commessi e si commettono, che perfezionamenti, anche importanti, si possono ed an2;i si debbono conseguire proprio anche attraverso la critica leale e costruttiva di competenti. La forza della democrazia è riposta soprattutto, a mio avviso, nella Ubertà di discussione e !di critica. Ben venga, dunque, questa critica che considerian10 una forma di gradita collaborazione, purchiè si proponga ·di rendere la attività del nostro Ente sempre più sollecita e più profi-cua. Occupazioonpeeraian.ei lavori ,, della cc Cossod»elMezzogiorno &io.r-na~ operai-o d.a,Il' ini fiÌO la.vorate a tutto H mes-e 31 Dicem. 1950 21.270 Gennaio 1.9'51 85.153 !Febbraio )) · 210.294 Me.rzo )) 385.833 Apri-le )) 613.106 Maggio )) 867.396 Giugno )) 1.225.738 Luglio )) 1.665.096 1Agosto 2.138.470 l )) ' Settembre )) 2.692.753 Ottobre )) 3.333.408 Novembre )) 4.011.786 Dicembrie )) 4.574.179 (-Dal Noti1i•io della Cuaa .lf. 2)

Il Comune nel Sud ' Le ta;re secolari deU.a vite. p.ubbl1ca. rrne.ridionale, che si rlld uce solo alle ùotte comunali, le u:nidhe vi vaicemen te sentite da noi, sono tprodotto tl.i una QPP•resis1o- ,n,e secol61re e non si iposs,ono curare con ricette semip1ici.6tlohe o comtpHcate ohe siano. 11 che peml'tlro non vu<11dire che bisogna, fatalistica,mente aJboondonars'l a·~l'dpera del tempo: sparliranno, se gH uomini si: a:doperera·nno a farle sparLre, ,neHe. m1sura che 1 10 faranno, e'd. i,n pe.rte solo · Re circostanze specia-ld vi dalranno 111 loro ,aptporto. L'ooame dei ceti che si a.i.&putano il dominio ne'lle città n-0stire, 1preveil-entemente ;rura.l'i, è stato già fatto. Contadini impreparati, obe alJ)'pena da qua1che '1.nn-o si andavano atfaccia,ndo ai p1 vi1 m1 lbavlumi d•ella wta IJ}oùitioo, bisognosi Idi a€sicurarsi, coil pos6e6So del Com1ume, una difesa contro n•as-pira rpolitice. dei salari e tleUe tasse praitioata dai padroni, srviati spesso dietro miti inadeguati SJ]la realtà sto~ica; agrari non meno ignoranti, pei qua- .U H Comune iè mezzo ld:i compressione economica e schiavismo ipo1itico; a,rt.i,gianoi mutevoH ad. ·ogni vento •per ipiceold vantaw:t ipersonaiH; ceti me'di cosi detti inte'hlettuaili, bra,m06i di e,s... s1cuirarsi suil magro /bilancio comun-a.'1e una es,i1stenza ipiù facdle e formanti camarille esigue me. 61J)ietate e lduire a morire. in combutta con [a ocolu uta buTocre,zia. locale e ce!l-trale; ne&s-una eenetà politi:cà, ma -0gnt trMformismo, più strano pur di. mantenere in rprop.rie mani 1,1 conBiblioteca Gino Bianco TOMMASO FIORE indipendente, meridionalista, scrittore ·quistato Comune, attraverso la •mediiazione dei favori po:-essò i,l govtrno, presso qualsiasi governo. iSiamo .aincora, in breve, al Comune delil'ep,ooa di Roiberto D'Angiò, il quale spogliò e spossò il !Regno a vantaggio del,l'alta oonca florenti,na, con une, (Politica esteTa ed ·i-nterna. ICiiss,en.nata, pTi- •ma or!gine di ogni nostro male. ISicchiè ,l'-ul1li'C-O•problema ;per i no:stri f,u ailoloraque1lo dell,a, comipi.lazione d-el ruolo delile tasse &. ,proprio vant&ggio e a danno altrui, e le s1iragi, 'le vlolen~e dei baroni, Idi ecclesiastici, di :frati contro le pilebi e l,e sollevazioni di queste, furcm•o presto ·un ma-- le end-emico. rNè c'era a,ltlo•ra un ceto ,medio... 'Ed. anche oggi, vale a dm-e si,no a tre anni fa, nessuno ispiri to a utomi6tico ha i'spi!rato ile •lotte llocald, sebbene sia 'drf.fu.so e potrei dire quasi geneira,le in ogni -ceto lo s·pirit-0 antis,tatale ed antigovernativo: la q u1stione del'le tasse com una.- li era ancora quel,la rpirevalen te- ·mente sentita, ohe determinava i mov.imenti elettora,U, che epingeva (Plebi e signori ad' orna,(M1 pel mom·ento di iUne. dd. altra veste ipolitfca. Cessata rp-01:forzataimen te ogni lotta, le vecchi A camarfllle aJpOJ!itiche non hanno oira btsogno nemmeno <i,1,un ,po' ol moto, per a661C'uirarsi 1 10 etrutt&- 135

mento ,pacilnco ett dncontraate.to del J oro p OiS&e660. Le ammirnd.&traztoni rflorite nell'UJltimo ventennio non hemno <00.Jto miglior rprova de·ue preceId.enti, sebbene 'le nostTe cittadi- •ne si sii.ano .rip1 uil1te eod abbelUte. Qu1ellle a colore dem,ocratico accettarono ad oc.ohi chi usi ·la dittattl["6 degli ,ooponenti giio1'ittiani, liete <ii veder sod'Cl!isfatta aJl ,ma66Jim,o ila sete di favori, ·protez1oD.!i., concess,ioni, ese,nzio- •ni ed !LlùegeHfi:im!i d,i• ogni sorte,: in que-sto unico oompo tSi esipUcò l'opera del governo, bisognose ·di assicurarsi il domi:ndo. QueUe socia,Hste, sel:Jbene ire•tte Id.a ammdrustratori •più int0g1ri. f'urono, nel àJisoro1ne del dopog,ue:ro.-a, rtrop!I)o !I)rdOlivd ia spese disordinate in ùavori di ipUJb'bllco intereSJSe s-uscitan<Lo, come è ·naturale, i piiù accesi sospe•tti degli altlii 'Ceti. ~[a anche fm ,queste 1 i'l goveDno. · riusciva. e. 61pdngere 1a ,mano, glungerva a sa1 lvare interess-i particdlaristici, a i•m'porre, ·rulmeno tn pe,rte, creature sue. La parentesi nittiana ru ,presto scava.lce.ta e sommersa. Oggi 1'l governo ·(•1 1 9215, epoca fasoista), patlrone assoluto dei Comuni e libero, come afferma, -c1a 1preoocupaz'ioni elettoceiNstich,e, p,uò paxere dhe 01bbia mano l.irbera rper H rinascim-ento •de1le lflnwnze com-unaH. Ma -nessuno 6a se ,questo compito di rlsatnare 1 :~ostri 'bilem'Cd vog,li-a o no add.ossare,eto: · certo è però che, <iato e non concesso che ·lo pos6a, 11'1tproit;lema del.la nostra vita comunale sarebbe tutt'altro che risolto. (Risanairnento di bi- •lanci · non è a.bbandono di coraipiti 61I)ecilflci alla vita comunale, d:i sod<U.,sfacimento· e, lbisognd ormai da tutti .$8ntiti, ma piutto136 . Bibl __a Gino Bianco &to ~ problema d1 revi6ione dei oomtpiti de.Ho Staito. i« Toglieteci la -ricohezze. mdbHe per un certo numero di ain.nd. Ecco una vera rl volluzione t » dice ve. poco fa Giiust1no 'Fortunato. ·D'accordo. IM'.a ainch-e 1'l pirdblema economico va iriicondotto dal centrv ~Lle. rperi1er1a. Se i Comuni, per vivere, .ru;p,ettano che ai governi oen tra)li ~ocia diJ aJHevtiar Qa •ma.no su d.1 loro, aspetter2:i1nno 'deH'ailtro. 1Sarebbe i.ngenuo clhe i-1 cen trald61Ino lbt11rocrat'ico che preme tlove p•irù dove meno !Ln gra,n ipwrte del .mondo, sda frutto di ,necessità organizzati ve, di intere66i seilljpre più vasti e d1 depTiJmenti rel1tti psioolog'id e culturali trulli eh.e la lotte. ·non può essere che aspra. Vero è che, tra vivere e mor:re, i Comuni non hanno da scegliere. !Insomma anche il problema economilCO non è che un asipetto di ,quello p-dldtico. Quanto a q,~ooto U!lUmo, noi d•nsistiamo in,eHe. nostre. concezione ohe, nelJ-o stalto mOlderno, .la !funzione ipolitica ld.el governo non può, 11 m·pig,lle.ndosi nell' amministraz,io- •ne dei tCoimuni, che corromp~rsi, aJtjbandonare cioè i suoi comp'it1 spectflci, e corrompere, :Lmpeld.ire cioè e.ltr-ui i IP(rOpri comrpiti 61pecilflci. Qualunque sistema tli autocontrollo della vita comunai1'e, com,unique ·m·a~e esercitato :per imiperJ~ia o per corrutte-la, recherà e,i Comuni danni d,nrfln'ita,,mente minori di ogni intervenzionismo dall'alto. Nè d'altra paTte ·mance.no qui forze sa,ne desiderose Id!! iprov811"6i,in libero ,gioco. neH'arouo comrpwto; e.l contrario esse non aspettwno che le contingenze ipropi~i.e per soa.PIJ)ar fuori n,ell'az1one: piccoli CS{Pita-

Usti, commercianti, eeportatorl, m~adrt, etc. Sembra ad e.ùoun1 stutliosi che ogni espdrazione a utonom.istica sia des-tinata a fallire contro i'l stru:laca;I1s,mo moderno, 01CCetnrar tore ,p,er ,natura. 11:o mi ,permetto di dubitairne. L'esperienza de~ 1>1t~nto cl dà appena un ten- . tativo, tr.qppo 61)esso deviato, di libera vtte. sindacaàe, e mon -può segna.re ,limiti a,lla ,nostra azione avvenire. 1Più e.,mpie, disotllS61one meriteTeb'be l'aftfermazione di alcuni, e ~eoentemente anohe del Dorso, ohe a,utonomismo ,non s1a cli necessità regionali&m-0 e lfedera.Jiismo, e che arwi ·« ·nòn sairebbe ~!fudente avvolg~si d,n rpregi-utliz1eiU che non costitud~ono il f onda·men to 'del,l'aiutonomismo ». ID'accordo ohe ùo Sta.ito moderno è 11 prodotto della nostra lmmatuTità, non Ja ca:usa; •ma a sua volta esso promuove quest'ultima, fuori 'di ogni po86bbHe di-. soussione. Nessuno ,poi p,uò pen,- sare un autonomismo comunale nel 1 lo Stato accentratore, e l 'azior-e tlei partiti tli ma66e. deve p,u,1 scegliere fra un •unico iragg:ruppaimen to centra'llstico di interessd sp ecilficata:men te iperif erici e ,liter1, e aggruppamenti vari, decentrati, dli auto,noma vita &1:ndacale e provincie.le. Senza. di questi .non si caipisce su che cose,, •per reggersi nella !lotta, innesterebbero 1a ùoro !orza collegata ai Com1Uni, e d',alltra, parte -1' az.ione d:el-le ,m8668 sairelbbe troppo ooposta alle os:cUlazioni, 0.ille 'deviazloni, a.i odlrpi. di mano, cui pi-ù faciil,mente vanno soggette le sparute dlreztoni 'degli organismi centrai1i. Le esperje-nze recenti credo possano 1nsegna.re que.1cosa. (Da La Critica Politica, 25 febbraio 1926 ). Monarchia., fascismo e comunismo Il problema meridionale P. di• venuto il « clichè » che le cricche politiche hanno riprodotto volta a volta con le interpretazioni più bizzarre e che oggi il f e.scismo rlprod uce nel tormento di risolvere, più che il problema del Sud, quello della propria organizzazione politica nel Sud. tn tondo il « problema » vero è stato sempre questo e solamente questo: enunciare postulati luccicanti che atti.rassero la adesione di gruppi locall. E cosi assai spesso 11 « problema » di cui tutti Biblioteca Gino Bianco RUGGERO GHIECO nato nel 1893, senatore comunista, pubblicista hanno parlato. e parlano si riduce al nocciolo: un ponte, un ufficio governativo. une. strada, une. fermata ferroviarie.. Ma Vi è un « vero » problema meridionale? E quale è? Nar.rasl che l'on. Mussolini, nel suol viaggi brevi attraverso 11 Mezzogiorno, ne, discorsi dialoga137

tl ~on la folla, abbia promesso acqua, ca.se, vie ferrate. La stampa ufficiosa ha persino ammesso che 11 Presidente è un profondo conoscitore del sessantenne « problema meridionale ». Ma non è difficile riconoscere nei viaggi del1'onorevole Mussolini nel Sud d'Italh~ lo svolgirnento di un pro:. gramma di preparazione spirituale alla organizzazione fascista che nel M-ezzogiorno ancora oggi non è po~sibile. Ma perchè non è possibile nel ' Mezzogiorno la organizzazione di un partito che ha in mano il potere; che ha vinto strepitosa.mente nel Nord, in condizioni apparentemente più difficili di quelle che si potrebbero presumibilmente presenta.re oggi nel Sud, in regioni sprovviste di un proletariato vero e <11una forte organizzazione proletaria; che ha tutti i m~- zt acconci allo sviluppo di un va-- sto e profondo piano di assimilazione? ruspondere a queste dotnande equi vale ad impostare « il problema del Mezzogiorno ». Il quale esiSte, dunque, e non è sohl un motivo elettoralesco; esso è troppo legato alla mancanza di una cl.asse dirigente meridionale. 81 potrebbe obbiettare: il fascitm10 crea appunto questa classe. Ecco. Prima di tutto la classe è la ~pressione e la somma di grandi interessi economici ed intorno 11. questi interessi essa si delinea e si precisa. Una classe non si può creare per disposizione, putacaso, del Gran Consiglio Fascista. In secondo luogo il fascismo, per opportunità tattica. e per la fretta. d1 vincere, penetrando nel Mezzogiorno, ba voluto coalizzare le opl)ORiziont locali e metterle « contro il vecchio regime » detentore dei poteri municipali. Il fascismo 138 Bibl _ _..,1 Gino Bianco ha compiuto, cosl, un tentativo di -rovesciamento di « gruppi locali» servendosi di altri « gruppi locali », e lo sbaglio è tanto marchiano che a noi appare irrimecliabue. Neì Norcl la formazione del part1t,l fu uno sviluppo naturale del pr~clsars1 sernpre più netto delle classi; nel Sud una classe borghese è mancata, e p~rciò è mancato pure ·un proletariato. Le conquiste municipali, come le lotte politiche, furono imperniate intorno ad interessi particolaristici che solo per estetica politica. e per la suggestione verso le masse presero talvolta denominazioni desunte dal quadro di t.aluni parti ti nazionali. Quei meridionali che oggi vantano verso il fascismo la benemerenza. di avere sempre sostenuto il princi'J)io monarchico e di avere impedito il dilagare del bolscevism o nel Sud, r1 tenendo persino di ~ssere antesignani del fascismo. si danno un merito a buon mercato. Se in un paese mancano le condizioni obbiettive per la formazione di un proletariato è ben difficile dimostrare che ciò fu vo1uto. Può darsi che i Governi succed utiSi ciopo 11 70 abbiano sentito, di contro allo sviluppo della borghesia del Nord, matrice della organizzazione proletaria, il bisogno cli mantenere un equilibrio favorendo lo statu quo nel Mezzogiorno; ma questo desiderio sarebbe rimasto tale se si fosse spontaneamente formata una borghesia nel Mezzògiorno, la quale non avrebbe chiesto ai governi il permesso di « essere » e di crescere. E' mancata. una borghesia meridionale e perciò non si sono prodotte e sviluppate quelle for~e economiche che portano alla formazlor.e di 11n vero proletariato. Nessun

merito, dunque, possono van~e.re gli intellettuali fascisti del Mezzogiorno dinanzi al fascismo; perché non da essi dipende la esistenza di determinate condizioni nei rapporti sociali del Sud. E<! è davvero strana la mentalità di codesti isolati i quali, nel vantare un merito che essi non poterono avere, dovrebbero assumere la responsabilità delle condizioni socialmente arretrate del Sud_. responsabilità che - invece - E-S~i gettano generosamente sull' « antico regime ». Non è difficile dimosLra.re e,he una economia arretrata porta. di conseguenza un arretramento in tutto il complesso delle !unr,;1oni sociali: della ci viltà insomma. L'analfabetismo e la superstiizi,):ie. ad esempio, non è possibile consi•· derarli indipendenti dalle condizioni arretrate della economia le quali non provocano il bisogno del ,;apere e dei contatti sociali. La mancanza di una borghesie. nel Sud da che cosa è dipesa? E s1 può creare una borghesia nel Sud? A noi sembrano questi 1 punti fondamental1 del problema meridionale. Alla prime. domanda si risponde con l'analisi della Società meridiç>nale dalla dominazione spagnola fino alla cadute. del Regno delle Due Sic1Ue. ~ con la storta economicil, politica e morale di questo periodo e di quello successivo. Alla seconda domande. si risponde propo• nendosi una. soluzione del problema. A noi manca qui il modo di portare un sufficiente contributo alla disamina. La economia meridionale a fonda.mento agre.rio non sviluppato ha mantenuto le caratteristiche della economia feudale. Nel Mezzogiorno vl c;onc, tutti t tipi di conduzione agrarie. ma predomina le. grande proprietà. Biblioteca Gino Bianco Il grande pos.5essore di terre è quag1 f:ìempre un nobile: esso ha una amministrazione per la conduzione del fondo ovvero fitta 11 fondo dietro un compenso annuale determinato lasciando allo affittuario 11 possesso e lo s:t:ruttamento della possessione. Questi nobili agrari vivono lontani dalle terre, e talvolta all'estero. I gabellotti, gli affittuari, il persona.le amministrativo, i sorveglianti, sono i rappresentanti di questi padroni lontani o vicini. Queste cate~orie sono il connettivo della. società meridionale, intorno alla quale vive la piccola borghesia. L'Università di Napoli, nei sessanta anni di vita del Regno d'Italia, ha coniato decine e decine di migliaia di avvocati, cioè d'interpreti e difensori di codesti « g,ruppl pnlitici » rappresentanti degli interessi dei grandi proprietari agricoli e che per delega di costoro assumono, attraverso lotte troppo spesso sanguinose, i poteri locali, e sono i mazzieri nelle lotte politiche. La folla di piccoli borghesi ~he vlv(-\ parassitaria sul tronco feudale, dà i suoi figli alla burocrazia, alla polizia, alla magistratura dello Stato. Essa serve lo Stato e i nobili del Sud. I democra,- tici costituzionali del Sud che forniscono le maggioranze parlamentari, sono i gerenti della nobiltà feudale del Mezzogiorno; ma questa. non è una classe dirigente, perchè è assente - e spesso perijino f\Sicatnetttt - dal suo paese. A questa classe interessa mantenere con tutti i mezzi la sua posizione economica: è quella, avida ed avara, sprovvista delle larghe visuali della borghesia nordica industriale di cui è nemica; è pavida. e passiva. Essa non ama tnterv~nir~ direttamente nella. vita po-- litica della nazione, ma Si lascia 139

rappresentare; e poichè assicura lt, maggioranze parlamentari, assicura, in tal modo, anche le sue casse e le sue calme digestioni. I « delegati » d1 codesta aristocrazia, non sono neppure essi una classe, perchè elementi troppo disparati socialmente e perchè non hanno , interessi comuni ma si combattono accanitamente per la conquista di posizioni amministrati ve e politlche lucal1 le quali sono le teste di ponte per la difesa dei feudi padrone.li e dei gruppi di fami glie vassalle, che sono le loro famiglie. Una tale configurazione sociale corrisponde al tilpo precapitalisti- ~o o coloniale. Allorchè la piccola borghesia del Mezzogiorno lament;a 1&.incuria dei governi, la mancanza di scuole, o vanta 11 suo lealismo alle istituzioni ed il suo t.;nt1bolscev1smo più recente, evita l'esame della configurazione sociale del suo paese. Il fascismo crede di essere destinato a diventare la classe dirigente del Sud, di generare la borghe- !ia del Sud; e l'idea mussoliniana, f2etiera dal cSud . MONTELLA, 17-2-1951 (1) ...La maggior parte della povera gente, cioè i quattro quinti della popolazione, vive malissimo. Prendi il mio esempio: sono proprietario di un ettaro e mezzo di terreno coltivabile P. ho un'entrata lorda che si aggira sulle 70~80 mila lire annuP.. Un manovale, un bracciante o. comunque, un artigiano, che difflcilmente riescono a fare 100-120 giornate lavorative nelBibli 1 ' 0 a Gino Bianco a.ssal discutibile, di una Italia intensamente industria.le può avere - forse - un lega.me con 11 · tJrogramma della successione di \lna. economia nuova a quella tut- / ~ora in vita nel Sud. Ma appunto da questa volontà del ,fascismo avviene il cozzo con la vecchia proprietà terriera meridionale. I vecchi proprietari agrari lotteranno con ogni mezzo contro l'invasione industriale, ed in questa lotta noi assisteremo a ripercussioni politiche notevolissime. Il tentativo resterà vano. D'altra parte riconosciamo che questa sa,. rebbe, almeno teoricamente, una via per fissare le basi alla sol uzione del « problema ». L'altra. 1dea della « colonizzazione 4el mezzogiorno », cioè della importazione di capitali per grandi la-- vori pubblici, di scuole, di ospizi, di e.sili, ecc. a simiglianza di quanto si usa fare nelle C~lonie, richiede somme ingenti di cui lo Stato italiano non potè mal disporre, e da sola non vale a prel'anno, ha11,no un salario che si aggira sulle 500-700 lire giornaliere. Con queste entrate vivia- ~ mo, come vedi, con le nostre famiglie, la media delle quali è . com.posta di sei o sette persone . M., mi dici, ti ha parlato della verginità politica dell'ambiente; nulla di più sbagliato. Nel Mezzogiorno - ed è il guaio maggiore - tutte le correnti politiChe sono rappresentate, dal partito bolscevieo al monarchico... Esiste una mentalità retrograda e individu.ali,tica - non esente da fatalismo - nella aente umile e ,fruttata tanto

p&rare una soluzione soeiale del problema. Noi non abbiamo detto quale parte della popolazione meridionale soffre dello insoluto « problema». Ma è neoossario cUrlo? Quella lavoratrice, senza dubbio. La classe lavoratrice del Mezzggiorno vive in condizioni economiche primordiali, ed è socialmente arretrata. Essa getta sul mercato della n1s.no d'opera mondiale le sue braccia a prezzo vile, e sul mercato nazionale fa concorrenza ai fratelli che attra verse, lotte decennali giunsero a darsi un più umano tenore cli vita. Le virtù del -lavoratore meridionale vengono elogiate da coloro che le sfruttano per il proprio interesse. Ma le «virtù» del contadino calabrese o del minatore iglesiense o dello zolfataro siciliano sono, in realtà, 11 segno di arretramento sociale di costoro. Noi abbiamo lu. nausea del luogo comune, ma non è possibile non ripetere che t' nostri lavoratori delle campagne meridionali ed il popolino del centri urbani del Sud sono econom ·caeconomicamente . che politicamente. Però il paria del sud è conseio del suo sfruttamento e s;c1, - ti torto o a ragione - che dei suoi sac-ritlci gli unici a beneficiarne sono non soltanto le oligarchie economiche locali, ma anche il nord, che con le gross'e intlustrie dejìcitarie pompa, a mezzo dello Stato, tutto quello che può dalle nostre tisiche zone. Ad. aumentare questa incomprensione e antipatia verso il nord, influiscono non soltanto gli interventi delle combriccole politiche locali, che nelle campagne elettorali non Biblioteca Gino Bianco mente al livello degli ·indigeni dt alcune arretrate colonie. Una grat, parte della piccola borghesia d~l Sud, la maggior parte, soffre la fame e vive di pregiudizi e di chimere. L8 proletarizzaz1o?1~ èetla piccola borghesia del cen',,:i industriali e ad economia svnu..,pata coincide nel Sud coll'affama1.nento f della piccola borghesia. Nel Mezzogiorno i co1nuEi~~l chiamano nelle trincee della lotta questa immensa moltitudl:1e dt piccoli borghesi e i salariati egricoli e i contadini poveri. Tutti costoro banno gli stessi interessi e lo stesso nemico. Essi, sl, formano una classe. Sono essi che soffrono dell'insoluto « problema meridionale ». I propr1c,te.r1 agricoli e i loro vassalli non mancano dl nulla; possono pagarsi le scuole ed il medico; po~ono acquistare le acque mineral1, se:: non hanno altra acqua potabile: le rendite accumulate nelle banche penr..ettono loro quattro residenze. E la piccola borghesia intellettuale vive al mancano mai di agita1'e i rapporti tra nord e sud, ma anche i racconti fatti dai figli del popolo che il governo invia da voi per il servizio militare. · ANTONIO DI MARCO (1) Mantella, è una cittadina di 9000 abitanti circa situata alle falde del Monte 1 Sassosano nella parte alta della valle del Calore i-n provincia di Avellino. · La zona è ricca di castagneti e di piantagioni di meli e di noci. Vi è diffusa la coltura dei cereali. (da-11'anuCCHìoeia,lis ta , Lavoro e 'Ubertà •, LUJ.eJgfio 1951) 141

• margini di questi interesSi; o emigra nella Italia del Nord, emp1entj.o I~ lst1tuzioni dello Stato di funziona1i e vivendo cosi sul bi-· lancio dello Stato. Ma il vero « problema meridionale » è il problema della classe lavoratrice meridionale. La classe lavoratrice del Sùd d'Italie. dovrà ere<litare la triste situazione attuale e risolverle, per i suoi figli. E' chiaro che il problema del Mez.. zogiorno resta nel problema più ampio· dell'affrancamento del proletariato italiano dalla borghesia italiana! (da Prometeo 15-1-1924) Salari uguali: Nord/Sud Leggo nel n. 1 di « Lettere ai Lavoratori» alcuni scritti di sindacalisti con titoli come « Aumentare i salari», « Aumentare i cottimi », « Ridurre i profitti ». « Aumentare agli statali». In non sono un sindacalista e probabilmente non lo potrei essere, ma ormai da molti anni vivo vicino alla classe operaia e con gli operai ho passato gli anni più duri della mia esistenza. Per quanto io conosco gli operai italiani devo ritenere che essi sono in grado di comprendere che la vera trincea oggi non è quella che viene loro indicata, non è quella dei salari, non è quella delle rivendicazioni tradizionali della classe operaia. Credo però che non basta dire ai lavoratori che esiste una lotta per il lavoro, per il lavoro per tutti; bisogna agire in conformità. bi- ~ogna che il sindacato uniformi la sua azione a questa lotta. Io. vorrei che i sindacalisti avessero il coraggio di porre. ad esempio. al primo punto del loro programma di azione la: Lotta a fondo per l'equiparazione. dei salari dei lavoratori 142 Bio1101:ecGaino Bianco PIETRO BATTABA nato nel 1910, socialdemocratico, dirigente dell'ISTAT meridionali a quelli dei lavoratori settentrionali: nessun salario per la stessa <!ategoria di operai può continuare per l'eternità ad essere più basso a Naipoli o a Bari che a Milano o a Torino. Come secondo punto mi pare ci sarebbe questo: La difesa sindacale vale in p-rimo luogo per i diisottUJpati ed in secondo luogo per gli occupati. In Italia purtroppo essere occupato ,è già una situazione privilegiata; quindi, se il sindacato deve difendere i più deboli è giusto che difenda prima di tutto i disoccupati. Questo si potrebbe fare con un sistema di -rotazione al lavoro equilibrato ed organizzato sindacalmente. Mi pare che per i marittimi un sistema del genere funziona già, ..

J e non da oggi; e la tradizione delle nostre leghe contadine è sempre stata la equa distribuzione del lavoro fra i braccianti. Il terze;, punto fondam.entale è il futuro del mondo del lavoro e cioè la nuova generazione dei lavoratori. Che un ragazzo di 16 o 18 anni lavori a mezzo, a un terzo o a pieno salario non m'interessa: penso che il sindacato dovrebbe preoccuparsi sopratutto che egli trovi un lavoro ed impari un mestiere. Ma rSi c,hieder1à cos'è che mi suggerisce delle proposte così bizzarre. Rispondo: la constatazione che le lotte sindacali da sei anni in qua hanno migliorato sì le condizioni dei lavoratori gig occupati, mentre nulla si 1è fatto per coloro che erano disoccupati sei anni fa e lo sono tutt'ora. L'ETERNA STORIA I Un decreto del -28 novembre 1919, n. 2405, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio un Comitato per la concessione dei mutui di favore per l'esecuzione dei lavori pubblici urgenti e per combattere la disoccupazione. Tale decreto stabilisce che il termine ultilno per la presentazione delle domande da parte dei Comuni interessati scade il 15 febbraio. Le istruzioni relative al decreto furono comunicate con notevole ritardo alle Prefetture del Regno e molte. Prefetture alla loro volta hanno trascurato di impartir 1 e subito le necessarie istruzioni, come la urgenza l'imponeva, ai vari Comuni della loro giurisdizione. Oggi, 15 febbraio, termine ultimo per la presentazione delle domanlde di _mutuo, nessun Comune della provincia di Reggio Calabria ha avuto oomunicazione da parte della propria Prefettura delle istruzioni riguardanti il decreto: solo pochi Comuni, che hanno potuto procurarsele direttamente, sono riusciti a presentare in tempo le proprie richieste. Tutti gli altri saranno cosi privati dei nctevoli benefici del decreto se non sarà concessa una proroga che si irrupone in ·modo assoluto per ragioni di giustizia, soprattutto per le provincie del ,Mezzogiorno e in special modo per quella di Reggio ancora cosi indietro nell'attuazione del proprio programma di opere pubbliche. Biblioteca Gino Bianco Da « L'Unità» (settimanale diretto da ,Ga,etano ,Salvemini) del 20 febbraio 1920. 143

• LA PRODUTTIVITA' * L'apologo di Menenio Agrippa QDRREi vedere di spiegare !Lnpo' cosa sia questo misterioso vocabolo «produttività» che ormai corre sulla bocca di tutti. Invece di belle parole che non servirebbero altro che a confondere le idee, penso che sia più opportuno servirmi di ,qualehe esempio e, per farvi ve'dere che il concetto non è del tutto nuovo, vorrei rifar1ni all'epoca romana. Ci tramandano le storie il famoso apologo di Menenio A,grippa, patrizio romano, che per comporre il dissidio originatosi tra quelle che oggi chiameremmo le classi dei datori di lavoro e dei lavoratori, f orte dell'indiscusso prestigio di cui godeva, si presentò al popolo e raccontò la storia delle membra che, $tanche di vedere il corpo che non lavorava, si rifiutarono di somministrargli il cibo. Senonchè non passò molto 144 B1u11utecGa ino Bianco PIETRO CAMPILLI nato nel 1891, deputato democristiano, ministro dell' Industria che dovettero constatare che le prime a risentire lo stato d'ine'dia generale erano loro stesse, in quanto attraverso gli organi dell'apparato digerente più non ricevevano quella linfa vitale che dava loro vigoria e forza. Le membra non tardarono a riconoscere anzi che il maggiore beneficio che loro poteva derivare era prop7:io in funzione del maggior contributo che esse stesse davano al sostentamento del corpo. Perchè produttivitd vuol dire proprio questo: quel maggior reddito che si realizza nella produzione, cui tutti collaborano col proprio lavoro, deve essere distribuito tra quanti hanno concorso a for-

marlo in quanto solo così la produzione può trovare la sua ragion di essere nel consumo. E' infatti evidente che a nulla, serve il pro:durre per mettere a magazzino. La produzione serve in quanto venga assorbita dal mercato, ma il collocamento è possibile solo in quanto i consumatori possano disporre di quel reddito che permetta loro di acquistare quei generi di cui necessitano per soddisfare i loro bisogni, anche se una parte del re•ddito prodotto deve essere accantonata a favore _de Ile future generazioni promuovendo nuove possibilit d di lavoro destinate a svilupparsi nel tempo. · E' .quindi una spirale che si mette in moto e che una volta avviata si allarga sempre 'di più favorendo il 1naggior benessere generale. E' inutile che ci affanniamo a dividere una m.odesta torta, dobbiamo sforzarci per farne una sempre più grande che giovi a sfamare meglio tutti. Naturalmente questo ragionamento dobbiamo inquadrarlo in una visione più ampia e complessa. Tutti tanno come il nostro Paese sia ricco di energie lavorative ma estremamente povero di risorse naturali e di capitali. Ciò richiede che noi si dipenda sempre di più dall'esteBiblioteca Gino Bianco ro per importare quelle materie prime di cui abbisogniamo . per lavorare, e che si paghino i 'debiti che si vanno così contraendo, esportando dei prodotti finiti. Di qui la necessità di metterci in grado di battere la concor1·enza internazionale . e di vendere i nostri prodotti almeno nella misura necessaria per procurarci i mezzi occorrenti all'acquisto di quanto ci è indispensabile. Battere la concorrenza vuot dire produrre a costi inferiòri il che richiede raddoppiate capacità per chi1 deve importare le materie prime e trovarsele gravate 'dai costi di trasporto e per chi deve utilizzare delle attrezzature produttive in gran parte invecchiate e che non ha mezzi per rinnovare. Produttività vuol dire quindi aumentare i rendimenti per . permetterci di vincere la concorrenza. E poichè ho parlato di torte da dividere voglio concludere raccontando un episodio_ occorsomi. Una sera ero invitato a cena da una famiglia allietata da numerosi figli tutti in giovane età. Alla fine del pranzo una torta di. prammatica fu portata in tavola. Tutti i bambini guardavano con tanto d'oc-chi 145

spalancati la madre che faceva le fette. Non senza mia sorpresa vidi che le tagliava in parti disugualv con intenzione. Chiesi alla signora, sottovoce, spiegazione ·di questa disparitd di trattamento. « La vita - mi disse - dimostrerà loro che l'e·guaglianza non è di questa terra. E' opportuno che sin d'ora si abituino a ricevere la ricompensa in funzione dei loro meriti e della loro età». Vorrei dire - concludendo - che questo è anche il concetto della produttività: ciascuno deve partecipare alla 'distribuzione del reddito prodotto in funzione di quell'apporto di responsabilità che ha dato nel formarlo. Produrrdeipiùe consumadriemeno t Produrre di più e consumare di meno. Ossia ,produrre Pf!T non essere consumato. Ovvero: produrre per eisere risparmiato. Grande Vtirtù il risparmio, previdenza di bisogni futuri, dominazione volontaria di sè e dei proprii appetiti. Stoicismo. Elevazione della coscienza per- §onale e della volontà individuale ... Ma l'economista non dà tai senso al suo comando: « consuma re di meno». Per l'economista il risparmio è un fatto « economico». E', semplicemente, accumulazione di capitale salvato dal consumo. Ciò che poi è una mera immaginazione, perchè il proprio del capitale è di esiere sempre « consumato >>, cioè investito. E si accumula capitale e lo si" investe - il che vuol dire lo si trasforma, - per produrre. Dunque la formula: produrre di più e ,consumar-e di meno, non è che una tautologia, in quanto che « consumare di meno» non significa null'altro che altro impiego di capitale p11·1 altra produzione. Dunque, eco146 Biblio1:ecaGino Bianco nomicamente, dovrebbe esser sufficiente dire: !Produrre gi più. Ma nqn si produce di più aLl 'infinito, non si produce per produrre, come si fa dell'arte per l'arte: si produce di più, anzi si produce, semplicemente, per il consumo. Se nessuno è disposto n consumare, ne,sunu 4i dispone a produrre. Allora il « produrre di più e consumare di meno >> è un paralogismo. Il vero è che tanto si produce per quanto si consuma ( o si sperpera: non è :detto che il consumo sia sempre un consumo utile e virtuoso). E perciò tanto è dire produrre di più, quanto dire ,consumare di piu. GAIO ULPI ANI (Da Critica Sociale del 16-6-26) Parole dillic:ili Tautologia, non è che una imagine in sè contradditoria, una specie di « circolo vizioso », cosi come paralogismo non è altro che un falso ragionamento che ha l'apparenza . di vero. .,

L·avviàmentoal lavoro La scuola professionale I LAVORATORI italiani, sono tremendi alla fatica per universale consenso, e sono senza dubbio dotati di una viva intelligenza. Mancano però di scuole professionali, che rappresentano appunto il modo di collegare l'intelligenza e la forza di lavoro. Ciò depone poco bene dell'intelligenza delle nostre autorità scolastiche, le quali costituiscono una eccezione in mezzo al nostro popolo. Le scuole professionali, ' . . ' o, per usare un espressione p1u generale, le scuole di lavoro. sono oro per l'Italia, sia all'interno che sulle vie dell'emigrazione. Più volte venne affacciata una proposta che tien conto soprattutto della nostra scarsità di mezzi. Detta proposta, che trovò favorevoli anche parecchi cattolici, fu esposta in Parlamento e qualche anno fa venne patrocin~ta nella reBtbliote'ca Gino Bianco UMBERTO CALOSSO nato nel 1895 deputato socialdemocratico, professore lazione della Camera sul bilancio dell'istruzione. Si tratterebbe di dare .incremento alle scuole d'arti e mestieri, versando ai ragazzi che frequentano una di queste scuole, o in pratica ai loro padri, una data somma, perchè essi la passino alla scuola d'arti e mestieri da essi scelta, sia statale o comunale. laica o ecclesiastica. Esistono infatti vari generi di scuole d'arte e mestieri assai buone, e tra esse ci sono per esempio le scuole d'arti e mestieri dei salesiani, di cui una volta visitai quelle che essi posseggono a Torino. Per ognuno dei ragazzi borghesi o piccoli borghesi che frequentano le scuole seconda- •. 147

rie, - mezzo milione in complesso - lo Stato spende circa 35.000 lire, mentre non spende niente per la gran maggioranza dei ragazzi lavoratori. Se si desse a ogni ragazzo che frequenti una scuola d'arti e mestieri una cifra di L. 25.000, sarebbe possibile, oon una spesa di 25 miliardi, in otto anni di scuola, creare mezzo milione di maestri d'arte. Si tratterebbe in sostanza di mettere in concorrenza fra di loro vari tipi di scuole d'arte e mestieri. ponendo in gioco le capacità dei vari tipi di queste scuole, sia laiche che (e ciò farebbe piacere all'amico Rapelli) ecclesiastiche. Scuole parallele nel tempo alle scuole medie, in modo che in tre anni si diventi. operaio, in altri due anni, operaio scelto, e in altri tre maestro d'arte. Si dovrebbe con temporaneamente 'insegna·- re alcune materie di cultura, lo studio e il lavoro, il mattino e il pomeriggio integrandosi. Queste scuole dovrebbero essere aperte su tutte le scuole posteriori, con un esame d'entrata~ e sostituire in parecchi casi le cosiddette scuole classiche. Ho usato il termine scuole d'arte e mestieri, perchè si tratta di scuole artigiane - da sarti, calzolai. falegnami, fabbri ecc. -, le quali non richiedono grandi macchinari, e d'altra parte da esse l'uomo può uscire completo e anche nella fabbrica raggiungerà faBl.b11· 148 G' B a 1no ianco , cilmente una qualifica di specialista. Uno schema di questo ·genere richiede però un'azione di governo fatta in assoluta buona fede, con le dovute garanzie morali e· sindacali, per non correre il rischio di dar luogo a dei monopoli. Comunque, ho voluto ricordare questa proposta parlamentare, che potrà tornare utile quando la vita politica italiana si sarà liberata dai residui di corruzione, di sospetto e di monopolio. Per ora, l'azione del governo potrebbe esplicarsi secondo le linee indicate in alcune conferenze fabiane, dando incre- .. mento alle scuole di lavoro esistenti, stanziando, diciamo, 100 miliardi, 20 •miliardi al1'anno per un quinquennio, rimettendo in piedi le cose che il fascismo ha distrutto e potenziando empiricamente tutto ciò che esiste già. Bisognerebbe togliere queste scuole al Ministero dell'Istruzione e metterle sotto la direzione del Ministero del lavoro, come prima del fascismo erano sotto il Ministero dell'Agricoltura, Industria e 1Commercio. Bisognerebbe far rivivere la Scuola di Magistero per insegnanti di scuo- , le professionali, che il fascismo distrusse. In Italia c'è la strana idea che agli insegnanti non bisogni insegnare l'arte di insegnare. Questo avviene in tutti gli ordini delle scuole dai 10 ai 18 anni sia nelle scuole ..

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