La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 52 - 31 dicembre 1961

D_om_~_i_ca_3_l_d_i_ce_m_b_r_e_l_9_6_l _ _ _ _ _ _ _ _____ ~L~-=A~F~•~I~E~R~A LETTERARIA Pag. 5 AdrianoTile;her "e:iorno per e;iorno" vent'annidopo Un omaggio M OLTI hm, rarlato di Adria110 Tiff//er in qucsro 1•cnteJimo anniversario del– la mone ,· molti hanno avvrofondito e scrutato la .-.ua filosofia, dalla rivista « Sophia • di Catt111ia elle gli dedicò molte pagine, alla commemora:.ione fattmae alla radio dal Ter:.o Pro,:ramma. Ma oltre il Tilgl1u filosofo, il Tilgher uomo ( e qui 1,re– scntiamo sovrat1111to q11e:,to) c'è tullo lo « sfondo storico • di Ti!gher che è da ricor– dare, delucidare, riproporre all'esame, e di cui diamo qui solo per neces.-.ittì di sva:.io, q11alcl1e doc111ne1110: riccllc;,;:a 11.ra11dissima dì lettuc, di programmi, di memorie, 11iì1 di trent'anni di vita letteraria e r,olitica italia11a di enom,e porrara. Non c'è da fru– gare ... Se t1011 fo:.:.e increscioso ris11oh•ernre. proprio per q11e.st 'occasio11e si 11orrebbc guardare fra le fe.rtere, i biglietti, i rele– S!rammi ch·eg/i rice,·etre, ver e.scmvio, dopo uua cerra ., af:!,gressioue • al Valle nel 1925, quaud'era critico rearrnle e scril•eva al Mondo con ..tfval'o... E 11011 per farci sopra delle s1,ec11la:.io11ipoliriche, dav,·ero nO, ma per vedere quanti nomi diversi, e alcuni addirittttrtz ne.miei (o poco a,11ici) si accu· 1111.maro11O 11ella stima di q11ell'o11esto e ac– cigliMo Cato11e; da Luigi Alberrini ad Er· ,nencgildo Piste/li (P. Pictrobo110 ...) da Mis· .siroli a Scar(oglio, a Gherardo Maro11e, a uomini politici, a filosofi, ad attori, a vrcti, fmo al po1•cro FonnigS?i11i che illviò, i11di• riz:.a11do al Mondo, a Tilgl,er e ad Alvaro una laconica cartolina col pro11rio ritratro e un'icastica espressio11c. Eppoi, ritagli di giomalc. recensioni al• l'estero, a,•visi di co11fere11:.e.spesso i11 il– lustri « locandine •, come q11esto mastodo11· tico avviso, clte qui riprod11cia1110p11rtrov· po in piccolo, in c11i si amumciava una co11· fuenza di Tilgher s11 ., La visione gre1=a della vita•, libro in certo se11so fonda111e11• tale per Tilgher, almeno 11ella sua giovi– ue:.za, e per gli svil11p11i elle ebbe poi s11I s11Ovensic,o. E questo mostra miche l'i,w portanza che a1 1 eva a/fora la cu/111ra, non nel senso politico o pubblicitario, ma come fatto umano. E' quindi mi Tilgltc.r ., giorno per giorno • elle q1i{ ricordiamo, forse più vivo e/re se lo avessimo aff,ontaro in pieno 11el1a s11a multiforme. filosofia, tuttora operante e 1•iva. I. s. Come lavora uno scrittore * di LI li l.t 'l'ILGHEH Ne.s.suno può conoscere uno scrittore.. me..– glio di utta moglie. Assaporiamo quindi que– sto quadretto di un uomo che pareva pessi– mista e tempestoso, e aveva le sue ore di distensione, t:m:.,i, distrazione, e famigliari– tà, nella penna bri/lame di Livia Trlgller; scn'ttrice troppo modesta, di cui speriamo di legeere veramente w, giorno i • ricordi•· S OLO coloro che frequentano la casa cH uno scrittore possono !arsi un'idea aP· pro&simativa della vita difficile che questo povero lavoratore della penna è co– stretto a condurre. Che i!gli abbia in certo modo 11 dovere di proteggere ,i giovani quando essi dimostrino di avere spicca.te tendenze letterarie e dar roro una mano nel ma:re magnum del difficile ambiente ·ntellettuale, è cosa giusta ed umana: dirò di più. è uno dei suoi doveri morali. Ma da questo a voler togliere allo scrittore arrivato (Dio 9a a prezzo di quali tor· nenli) quel poco di tempo che egli desi· dererebbe dedicare allo studio (troppo ~pesso lo scrittore per tirare a campare è ostretto a lavorare in un ufficio) per ·enersi a giorno del movimento culturale non arrugginirsi in posizioni superate. anche questo dovrebbe considerarsi un onesto desiderio! E invece no; in genere .;i pretende che egli sia sempre a dispo· izione di tutti. Aggiungo subito che, se 1 o scrittore è critico. la sua vita quoti· riiana diventa piuttosto affannosa. En– rate nella sua casa: c'è un angolo in cui ~ono disposte \·arie colonne. più o meno Alte. di lavori da esaminare e segnalare: 11,z-niconcorso ha la sua colonna: ma la r.,iù alto, credete a me. è quella degli ;,miei. che prima di esporsi a concorsi. dcsideTano il giudizio « spassionato ,. del c:rHico. tranne poi a giurara:li odio eterno r;ualora il giudizio 9ia non precisamente favorevole. Se poi si tratta di critico drammatico. più che mai drammatica di· venta la sua esistenza: 11 fatto è che gene– ralmente si crede che non ci sia nulla di più semplice come buttare giù una commedia per teatro o un radiodramma, sia esso originale o -ridotto da romanzo o novella che sia. Rivolgersi per informa· zioni ai critici dei quotidiani o del1a Ra· dio e Televisione. Una prima selezione. spesso. è affidata ad un segretario. che può essere anche la moglie, dopo che lo scrittore ha sotto· posto colui o costei ad una specie di esame di maturità. A parte i lavori sgrammati– cati che vengono subito gettati nel ce· stino. alla prima occhiata è facile capire di che si tratta. E la storia è su per giù la stessa: il terzetto marito moglie ec\ amico. lo sconcertante problema omoscs· suale. il solito lavoro col brivido. l'incom– prensione fra vecchi e giovani. drammoni storici truculenti di lunghezze chilome- triche e simili. ' All'epoca del primo dopoguerra era venuta fuori una moda che divenne pre· sto asfissiante, epidemica: quella di imi· tare Pirandello: io e non lo: sogno e realtà; oggi sono io e domani sono un altro ... Tutti credevano di vivere lo stesso tor· mento del drammaturgo famoso. e giù situazioni pazzesche e imbrogli che era difficile sbrogliare e che facevano vedere rosso a chi era costretto a sorbirne la lettura. Oggi una vera e propria imita– zione pirandelliana è andata affievolen– dosi. ma non è difficile sentirne qua e là l'odore ... Qualche volta. 9Ì capisce. in tanta za· vorra. è possibile imbattersi in pagine interessanti: basta questo felice Inizio perché il lavoro sia preso in considera– zione ed eventualmente segnalato fra i... papabili. Ah. questi concorsi! A pensarci rivivo i giorni lontani, nei quali vedevo Pen~ieri su Tilgher * di 1..1IJ~EJ•PE 1/ll.,LAIUJEL Vlllarod A uno dei piÌI noti • me111oria– li.sti • di Tilgher. Non s'ingolfa in probfomi di filosofia teorica rig11ardo all'uomo che f~i !~ch~'llll ~:;~co,;e/,~fer~?l~~,:a pf,)a t!'J;~~~- e profondità di molti teorici. Prova ne sia clre una commemorazione di Tilgher a//t1 radio qualche tempo fa, si aprì e si chiu– :,e p;oprio col nome di Villaroel, impareg– giabile ritrattista di uomini, cose e paesaggi, Qui tuttavia egli affro11ta tmo dei ca11111i più intportanti .del mond~ tilgheria~IO, .la critica e l'estellca, e spiega perche T_,l- f,:~: le~l';~~ì /cg:ff: 11 ~~ir:~ 0 ~':d:,,,~ ,~~':= lare il poeta Villarod, che, se11za mostr(lrlo, t! pensatore anche lui. L CONCETTO tilgheriano dell'<( amor 4 ~~i;:1:: c~~;~e:t n~!cea~t~~ 0 :~c1ia!~ pur essendo illuminante e vivo. trascura_. pei'ò. gli stimoli contingenti della realta in cui lo scrittore vive e agisce; sebbene, pof. quando dalla teoria generale passa .il « caso specifico Pirandello 11. si accorga che la realtà' ha un ruolo importante nel fermento spirituale dell'arte. anche se si sdoppia. si deforma e si moltiplica nel giuoco della fantasia. Comu~qu~, senza Adriano Tilgher il teatro di Pirandello non si sarebbe salvato dai furori del pubblico e dei tradizionalisti; né .si sa· rcbbe capito il profondo travaglio del pensiero pirandelliano nella trasfigura~ zione dell'arte scenica. E' vero che oggi siffatti problemi sono stati sup~rati dalle nuove indagini sulla arbitrarietà deUa realtà e;oggettiva rispetto all'oggettiva; è ,·ero pure che le ricerche estetiche •del Tilgher vanno rivedute al lume deU .au~ tonomia e dell'eteronomia; ma le basi d1 un·estetìca che non stabilisca limiti fissi al prodigio della creazione artistica fu· rono proprio poste dallo scrittore napo· Jitano in un momento in cui !'intuizioni· smo del Croce esulava dal concetto della personalità. Concetto della personalità che il Tilgher svolse in un modo del tutto singolare là dove avverti l'indi· pendenza dell'arte una volta avulsa dal– l'artista e il suo isolato destino. In questo fu provvido. come fu provvido nella cautela con cui seppe liberarsi dai lacci delle sue stesse teorie quando si trovò a contatto diretto della produzione altrui e quando si pose al di là delle sue per– sonali preferenze dinanzi ai valori del– l'arte nel suo tempo e fuori del suo tempo. Il che significa che fu capace di far distinzione fra le astrazioni ideali e le realizzazioni della storia. fra la vita dello spirito nel singolo e nella collet· tività; Ju capace. cioè. di rendersi conto che primo compito del critico è quello di sapere accedere nelle zone del mul· tiplo e dell'uno. Altro è lo studio dei processi e dell'essenza dell'arte in astrat· to ed altro è quello della singola per– sonalità degli artisti; così come un conto è la scienza della biologia in genere e un conto rindagine della funzionalità e della vitalità di ogni organismo vivente. Ecco perché Adriano Tilgher poté in· tendere i poeti più distanti e diversi, gli scrittori più eterogenei e lontani, appro· fondendo gli scavl della sua cultura in molteplici direzioni e sempre con impe– gno e tenacia di scopritore di anime e di caratteri. poichè non disdegnò di oss:ervare. ncll'at1ista e nello studioso. ruomo, come l'osservava in se stesso. da « Gente di ieri e di oggi 1> edizioni Cappelli - Bologna. con infinita malinconia mio marito asfis– siato dall'arrivo quotidiano di valanghe di commedie da esaminare. Oltre al tor– tnento dei concorsi ce n'è un altro: quello della coiirìspondenza che non sempre può sbrigare il segretario a nome dello scrit– tore. ché assai spesso quest'ultimo deve rispondere di suo pugno per evitare ran– cori. malintesi. Non basta: dovete aggiun– gere il troppo frequente desiderio di qual&.l.e amico di volere leggere di per· sona il proprio lavoro. Chi non ha espe· rienza di questi autolettori non conosce il supplizio di sentir recitare, centelli– nando le sillabe, novelle o poesie o com– medie che, se pure non eccessivamente lunghe. vi sembran6 interminabili. Per consolarlo, il più delle volte gli ricordavo che in questo tirocinio di sop– portazione egli aveva avuto un lontano quanto grande predecessore: ser France– sco Petrarca, il quale (e lo narra lui stesso) era quotidianamente assillato da una tu11ba di poeti autodeclamatori. Stanca alla fine di assistere a questo spreco di tempo a cui troppQ spesso celi era condannato, un giorno, per dare un poco di pace a lui, senza tuttavia aC(:re· scergli d'intorno la falange dei nemici che il suo carattere impulsivo e più an· cara la sua intransigenza e franchezza gli avevano procurato, presi una deci– sione draconiana: a qualche autore più contentabile cominciai ad offrire timida– mente ... H mio giudizio. Mio marito fu entusiasta della mia idea e m'incoraggiò con molto calore ad assumere su dì me questo nuovo compito, di cui sentii sem· pre tutta la responsabilità. Ma quanto al metodo di lavoro, mio marito ne aveva uno suo particolare: so· prattutto nei primi anni della sua car· riera giornalistica egli amava scrivere sentendo della musica, e cui era molto sensibile; delle volte lui stesso cantic– chiava in :falsetto qualche motivo. Aveva persino applicato una frase musicale di sua invenzione ai famosi versi del Car· ducci: « Amate, o gente umana affatica– ta ... •· <, Hai visto? - mi diceva sorri· dendo - so .tare anche io della musica! • E più di una volta. prima di mettersi a tavolino per preparare un articolo, mi chiedeva che sedessi al piano e suonassi qualche pagina di Beethoven. Tra i ricordi di questo nostiro duo let· terario-musicale (come lo chiamava lui) ce n'è uno spassoso. Abitavamo un pic– colo attico di via Minerva e quel giorno, a sua richiesta. avevo già eseguito non so se tre o quattro Sonate di Beethoven quando, finiti i primi due tempi dell'« Ap· passionata 11, attacco il Presto finale. Dopo alcune battute, dall'uscio socchiuso del salottino egli fa capolino con un'aria as– sai contrariata: « Perché stai correndo cosl? Mi òai fatto disperdere tutte le idee! Ti prego, fa ancora quello che suo– navi prima! • e se ne tornò al suo scrit– toio nella stanza accanto. Abituata ai suoi capricci, non mi stupii affatto di questo suo strano desiderio e pensai che proba· bilmente egli alludesse al famoso, pacato Andante della stessa Sonata. che, manco a dirlo, nù diedi a ripetere non so più quante volte, senza preoccuparml affatto del campanello di casa che suonava con insistenza. Un autolettore? Un aspirante candidato a un concorso? O addirittura un autore bocciato? Mistero! Alla fine il campanello smlse di squillare e potetti smettere anche io, perché Adriano aveva di nuovo aperto Puscio e veniva verso di me per pregarmi di leggere ciò che aveva scritto affinché &"li dicessi se mi sembrasse chiaro. Era uno di quei saggi in cui espo· neva le ricerche del suo spirito quasi profetico sulla nostra civiltà che egli vedeva in declino. Appena lo ebbi letto non potei fare a meno di esclamare: « Ma quanto sei pessimista sul domani di tutti noi! Sei addirittura apocalittico! Tramonto di una civiltà. Mi !ai veniTe i brividi! • A giudizio di tutti fu quello uno dei suoi art.icoli più impressionanti. Parlando di don Adriano * di 4•10\IAN:\1 Alt'J'll!}IU Artieri appartiene. ormai di diritto al 111O11tlo tilgheriano per. le l(IOlte pal}ù1e !=h~ gli tledica 11ei suoi brtllant1 e deltz1os1 libri '511 l\apo//. Il fatto che lo chimm • do11 Adriano• indica l'affettuosa familiarità co11 etti egli lo considera e l'ama. E 11011 manca mai di variare di Croce quando parla d1 lui; face.11<10 il quadro ancor più valido e vi1•0. Artieri 11011 è filosofo, ma memoria· lista, .çcrittorc, J!iornali.Sla e forse, segre• tamente, poeta. Si può sorridere quand'egli parla. a vrovosito cli Tilgher, della « 11isio11e terremoto/(/ del/ti vita e della storia che egli sostituì all'organizzato e confortante viatico dello storicismo crociano•. Ma 11011 si può pill fare a meno di assaporare l'ica– stica immagi11e e gluste;za. pagnato dalla sua voce cupa e rotonda: e Glielo faremo vedere noi. .. >, una mi· naccia terribile di un Gengis Khan che disponeva, entro i Jimiti concessigli dal– la censura politica, di una spada di carta bianca e d'un pugnale lungo quanto la sua stilografica. Non che la giovialità ~ l'ironia non soccorressero questo ultimo crede dei ftlosoft stoici di Ercolano. Non •-----;,-y--..r. /. /__,r, - i'././4 J 7 -/rr; fw'. •-, -- _,,:. - T.-y--:_' , --, .,,L, - ~,,-- /.. /--,--f..;--- J ,:__ ,~ ,..___ ,..: -/ ~- "7.-..t.: ., ~ 4. /; 11 ,L. - r.,-r. .,,e__ -T- /. ~✓- ,-L -- ~- ;:, ·- ·-- /- .l___.r., ,,....-,- .P - /:-"'. ~r., - /--, 97" --,r--•-',r .;::,,,-_, --~~- 7,.,;,., ,--;;,,;;-, __r-,,,,ç------A– ~j. -/7r-J.,//__r- Una lell~ra a lullo di Pirandello a Tilgher sarebbe stato un napoletano, don Adria– no: ~e non avesse resistito e re~.2ito al peso del vincolo d'un mondo illiberale e per di più, come impareg,2iab1Jmente ironizzò lui, .i:cafone>. E, dunque. sa– peva ridere. Perch~ - dis<.e u:na volta - vi !'larà pure qualcuno che ndera men– tre attorno i mondi sprofcinderanno nt>l nuJia e. finalmente. il corso dei secoli sara estinto. E' qua •i ovvio scoprire le radici democritee del pe~simismo tilghe• riano. E per quanto arbitr3rio poc;sa ap– parire, dalla profonda natura del suo pensiero è impossibile distogliere 11 ver– de d'un nespolo. 10speso ne::·ar.a e;:e– nica della casa di Resina. ove nacque: bilanciata sul gran fosso di lava fredda attorno alle rovine di Ercolano. li sen– timento di quest::i su~ grecità ( o napo– lenità che si voglia) ci imperlic:ce. forse. di chiamare pes;imismo la visinne ter– remotata della vita e della storia ch'PJZli sostitui all'organizzato e C<'nfortante v1a· tico dello storicismo crociano. Lui c.tecc;n se vi avesse badato fpoichè attribuiva alle parole il loro significato ma~icoi avrebbe notato quanto poco napoletana fosse quel vocabolo e caso>. casm'llismo: motore accidentale dei grandi fatti della vita: fortuito agente di trionfi e cat;.– strofi. A Napoli di cosa improvvic;.a. di accadimento impre,risio e imprevedibile si dice essere avvenuto nnn per ca5". ma per .i:combinazione > Senza saperlo il napoletano è storicist.i. perchè .i:com– binazione > indica proprio l'ingranaj?gio delle cause e d~ll avven:ment1 .:e,..,..rdo una oscura. possente volontà di bene. E Tilgher, napoletano come pochi lo fu· rono. credeva nel bene: forse senza sa– perlo o avendo scartato. per quei su"li malumori pugnaci e dispettosi, la pa– rola napoletana e com'binaz1one > che in– sistentemente s'insinuava nella sua men· te per dargli torto. T ALVOLTA. tra noi giovani, discu– tendosi di d,:m Adriano si istitui· vano temerari paragoni con i Hlosofi contemporanei e, naturalmente. con il Grande Officiante di Palazzo Filomarino. il nume indigete della Città di Napoli distesa assai più all'ombra dello Stori· cismo che a quella del Vesuvio. ancora decorato di un apprezzabile pennacchio. Si diceva del Tilgher tutto il bene che Si era stufi di <lire del Croce: poiché a noi. ventenni, appariva un po' cari– cato e pleonastico continuare in un'ado· razione di tradizione già .:illor:1. semi· secolare. E cosi si discettava sulla .i: qua· lità ~ della intelligenza dei due: e quale fosse. ai nostri occhi .:rnsiosi <ii novità, quella più propriamente napoletana. pii1 intensamente napoletana. Potemmo dir· ci allora che se Cr.Jce ci aveva insegna· to a pensare, Tilgher ci insegnava a in– tendere . .i capire, a penetrare il sensn delle cose. E questo era i1 punto (sul qua– le, per chi non volesse sapere di più ri– mando alla pag. 221 e seguenti del mio li· bro « Funi'coli. funicolà •, ed. Longanesi, Milano), Don Adriano, insomma ci appari· va più e trivellante•. pili mordente c incisivo, e sovratutto più delineato e i'òemplice del suo ),faestro e maestro cli tutti. Croce. Si sa come nascono certe idee e immagini nella mente dei giovani sempre incline a figurare. a plasticare. a rendere tangibile. Quella distinzione, del resto abhastanzn valida. per cui l'in– telligenza crocian.i ci si svelava al para• ,l?one con l'intelligenza tilgheriana. d'al– tro metallo e d'altre origini. chiaramen– te settecentesche, pro,·enivi:l dalla figu– ra stessa di don Adriano. da .i:come~ egli ci appariva. le volte che s·aveva occasione di vederlo a Napoli o a Roma: di figura magra. spigolosa. aguzza. bruna come può esserlo uno nato a Resina. sulla lava pietrHicata del Vesuvio, ch'è nera. durissima. tagliente e come dice Leopardi « par che imani...>, cioè capace di rendere suoni quasi metafisici. suoni di stalattiti o di aUilatissimi rasoi da barbiere, quelli che e cantano>, raden– d? nei e saloni> clei vicoli napoletani, d·estate col sole alto. nella e contròra ... >. Un'ora tilgheriana Quell'acume d~lla magra persona, sussisteva in Tilgher anche se il suo vol– to da giovane e sino alla età matura, si serbò un poco tondo. Gli occhi vi met– tevano, dietro le lenti. nuo\·o e inestin· guibile fuoco: di essi si poteva dire come di quelli di Ampère che guardavano nel– la quarta dimensione. inseguendovi i lemuri delle idee. le scintille delle in· tuizioni, i fuochi fatui degli errori affa– scinanti. In questa mai intermessa ri– cerca, in questa sua fatica di perforare senza tregu~ la parete di C'arbone, cupa e greve, del futuro. Tilgher spendeva gran parte della sua energia nervosa. Gliene veniva uno stato quasi perpetuo di combattività, di ironia e di sarcasmo, di volontà eversiva di fronte ai miti e agli idoli e alle statue di legno o di cartone. Rivedo il gesto della sua mano destra, col palmo in alto e di taglio, nell'atto di colpire o di recidere, accom- * di 11/ICOLA Tilgher aveva un senso profondo e se· greto della pietd, e rispetto e ammirazione della vita, sotto la titanica e Jaustiana in- !~(,;ei~~11;;: ;f'~o:,'tra%r~"~u :effia- 5 F:m~~°:, Il poeta Vernieri, che gli fu amico fedelis– simo anche ueg/j anni più tnsrr, coglie qui quel seuso trepido della • pietà per il vi- df~',~~ • ede;~vaJ~fi~p!,~[,~~1e.1° 1 Z, f~f;,~J~ ~;Ì mare, in un'ora silenziosa, rende puì e(· ficace questo pensoso quadro tracciato da 1111 poeta. E RA un solitario che dava a \'Olte stratte violente a se stesso per mescolarsi nella folla, tra la quale, ripreso dal suo tonnentoso pensiero dominante, ritro· vava più fonda la sua soli11:1dine,che solo i fanLasmi della sua mente riuscivano a popolare. « Non c'è solitudine, più scoofi· nata - soleva dire - di quella che ci viene dalln folla formicolante nelle vie e neUe piazze. Una solitudine che ci fa inabissare in noi stessi, o ci fa galleggiare, svuotali e legge1i, su onde invisibili•· Ma raramente egli andava alla deriva. Fendeva invece quel mareggiare umano, frettoloso e un po' cur– vo, chiuso nel suo travaglio interiore, che lo incalzava dovunque. Ad incontrarlo allora, ed a chiamarlo a nome, pare,·a che venisse fuori da un \'elo lacerato di soe:no e di mcdit.azione, con lineamenti tesi e duri, che si disfacevano nelle pieghe di un sorriso dolce o satanico, secondo che scendesse Accademia Forensedi Cultur;:i_ PALAZZO DI GIUSTIZIA .. ,, .. Vene1·di Gennaio 1922 nir.17,30 v1· LEZIONE ANNO ACCADEMICO 1921-22 \ORATORE ADRIANO TILGHE:R LA VISIONEGRECA DELLAVITA Il Segretano- GIOVANNI REGARD La Joc:andb:La di una confuenu d1 TUgher, 1922 ,, JTEBNIEBI dagli occhi appannati, o prorompesse dalla bocca contratta. Se l'incontro era iradito egli sostava, quasi lieto di sfuiiirc alla morsa del suo possente ccrYello; se no, bi– sogna\'a attaccarglisi ai panni come lo scoc– ciatore di Orazio, ed accontentarsi infine di una gelida stretta di mano, data di fian– co a alle spalle, che, lungi dal suggeUare una coo\'ersazionc, pareYa nettamente re– ciderla.. Un solitario, che era spesso riafferrato dalla solitudine come da una magica rete. ·anche quando. fra amici, era tutto proteso in una di quelle sue • messe a punto• per– spicaci e laconiche; o inseguh·a cantic– chiando svagato un moth-etto musicale, che gli ronzava nell'orecchio e gli sollecita,·a i piedi, dei quali, a\·c,-a detto, una ,·olta. non si servfra come qualche insirnc collega per scrivere libri, ma ~r ballare e per prendere a calci l'ipocnsia e la banalità. Erano pause di silenzio che infondevano ne– gli astanti un senso d'imbarazzata aspetta· zione, durame le quali cali. immemore cd !lssente, forbh·a con cura gli occhiali, met– tendo a nudo gli occhi, che in contrasto con la sua accigliatura coil,tabonda, apparivano ,·ellutati e soffusi di una luce spirituale di profonda mestizia. ln questi improv\;si di• stacchi qualche cosa tradiva in lui. non più la tensione o il disdegno, ma una inopi· naia semplicità di cuore, che potc\-a sem– brare perfino timidezza o smarrimento. Ed era in fondo un timido: lo scrittore che maneggiava mirabilmente la sua prosa tagliente e flessibile come un fioretto, il ~i~~~~ ~h~~Fa:ti, !~h~e~.c~_;i f~~~,;~:~ nel caso l'oscuro e mute,•ole artefice della storia, poteva anche essere nei momenti di abbandono o di oblio, un fanciullo o un poeta, ,che,. per 1rop:,o amore del.la ,;. ta - 1dcnuficata nel moto, nell'az1one e nella contraddizione - ne paf'e'\·a schivo e respinto. Ed era un amore, il suo. che si fl:vclava non solo in questa pavida scon• trosltà, ma anche e quasi relig1osamen1e in una malinconia indefinibile, che gli faceva pesare sulla linea sottile della bocca Je guance afflosciate. .Cosl lo ,,idi un aiorno ad Ostia. in una giornata del tardo ottobre, di ques1i ottobri romani dalle grandi spennellate di oro e di azzurro. con fughe di foglie dai platani e danze di pampini discinti negli oni. Sdrai?ti sotto un gruppo di pim, su un morbido tappeto di aghi secchi. ascolta, amo sul nostro capo i~ frusclo del vento e, più lontano, Io scrosciare delle onde, di cui ve– dev!imo le bianc~e criniere galoppanti. Tilgbcr era tacuumo; allentatosi in lui l'arco vigile della ,·olontà, il suo spirito aleggiava lieve e fraterno sulle cose. e nau· fr~gava quasi nello. spazio. Sori;eva nella mia mente. ebbra dt c1clo e di mare !'IN· FINITO del Leopardi, quando, pc; uno stf3r!o capovolgimento di visione. il mio occhio cadde su un bizzarro animaletto che armato di forbici più zrandi del suo g'ram0 c<;irpicciuolo, si ergeya su una scarpa del Filosofo, e tentava di guadagnare gli oscuri recessi del calzoni. Lo lanciai a terra con la punta di un fuscello, e, immobilizzandolo n~i suo~ minacciosi assalti a vuoto, tentavo d1 configgerlo al suolo. .Tilgh~r mi fe~ò quasi con orrore. Non d.1ment.1cherò mai il gesto imperioso cd in· sterne implorante della sua mano femminea e il su~ sguardo intenso e ba1cnante . ., Bi~ sogna nspettare - disse - la vita comun• que si manifesti•· C'era nella sua voce l'ac– cent? di. una superstiziosa apprensione. Gh feci notare scherzosamente che trat– ta,,asi di u.n ani~alctto in apparenza vele· noso, e p~1, qua~1 ~r iiustificarmi, che il nascere c 11monre, 11bene e il male sono le due .facce! spesso confuse o sovrapposte, della vita bifronte ... Ma non osai parlargli d~I caso, del suo nume incoerente e volu· bile, che poteva ispirare con l'agonia di una qual~nque f<?rfccchia. una pagina im- ~.or~h~e :!i a~~ogivisode~c~~f."t:~ll!~~\u~ adj u,n vago turba.mento, un ben diverso pcn· si.ero, quello dt un Dio consapevole cd on– niveggente, che governa il mondo e il caso s~ess~ ~~ondo .una imperscru1abile leige dt gmstma e ~1 saggezz~. E chi sa, forse da Questo pensiero germmava in lui l'altro l~tcntc della morte, della quale celi, figlio dt_ questo nostro secolo inquieto e dina· m1co, non amava parlaré, e dalla quale do– veva e~sere gh~rrnito all'improvviso, qua 5 i a tradimento, m un tardo novembre di ciua!chc anno dopo, un novembre squallidò e piovo~o, senza voli di foizlie e senza con– forto dt sole.

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