La Difesa delle Lavoratrici - anno III - n. 23 - 6 dicembre

Anao IJl • N. 2.a. 6 Dicembre 1914. Con/io wrreme coi.la l'osca. --...,,.-..,...,_--- . - .. ~' I Il ■ ESCE LA. I.• E LA. 3. 8 DOMENICA. DEL .MESE ■ D ABBONAIIIIENT01 REùAZIONE ED AMMINISTRAZIONE: Un numero Cen't . 5 Anno . L 1.50 Semestre .. L. O.BO 50 copie .. L. 1.50 100 copie .. L. 3. - ESTERO IL DOPPIO Anrnra in rnma ~i ~u~rra .'\J nostro piccolo giornale arri vano, con – tinuament e. letbere di compagni e di com– pagn<iche esprimono il loro par er;i sugli ar– ticoli che parlano della guer ra, i loro dubbi, i loro convincimenti. A noi fanno piacer e. Chi scrive, dubita, critica, consiglia, vuol dir e ohe pensa . E il nos tro giorna let to ha , precisament e. lo scopo di abit uare le donne a pensar e, a ragionare, a rifletter e, non sol– tanto sull e piccole cose ch<i riguardano le loro meschina vita quotidiana, ma su quel– le che interessano e commuovono oggi tut• ta 1 umanità. Rispondiamo per tutti. Nella loro grand e maggio ranza le donne affermano un'ir redu cibile av,-iersione a11al guerra. Per una question e di senti mento, indubbia mente . .-\.loro la gue rra si presen ta semp licemente nel suo lat-0 tra,gico ed inu– mano: i figli giovani e sani sacrificali, l'or– rore della vita nelle trincee, l.a barb arn mor– te senza confo rto, ,:,:li episodi che destano il racca priccio, la lotta fra tricida che ha ca– povolw ogni valore della vita , della bontà , del diritw. ).1a.. {io non sono gue rrafondai .a, pe r ca– rità, tutt'altro) eppure dico che vi sono del– le gue rre che si giustifican o, che si capi– scono, a cui, anche, come socialisti, non possiamo non dare tutta la nostra solida– rietà. se non altro. ideale. Vi è la guerr.a, di offesa, di conquista, di predominio che ci deve trovare decisam ente avversi. !\on ha il partito socialista combat– tuto senza tregua !a guerra di conquista. della Libia? P erch é l'Italia ~,,-grediva, per ragioni d'espansion e coloniale , un altro po– polo. Cosi nella guerra attuale chi può dire che combattono nell e stesse condizion i la Germania. per esempio, e il Belgio e la F'rancia• Chi può negare al Belgio e alla F'rancia il diritto e il supremo dovere del– la difesa, che sono il diritt-0 e il sup rem o dovere della vita? La stessa guer ra adunque, combattuta ne– gli stessi pa.6Si, la stessa guerra atroce e in– terminabile, non può non suscitare in noi due sentimenti opposti: l'avversione ir re-– ducihil e per la guerra d'aggressione; la no– stra simpatia e la nostra solidarietà per il popolo che si difende. E. anche dal punto di vista socialista. noi dobbiamo avere que– sta simpatia e questa solidarietà. Un popolo che perde la sua libertà lotta, lavora, spen– de ogni sua migliore energia pe r riconqui– starla. E wglie queste sue enerl!ie alla lotta pel ronseguimPnto delle finalita socialiste. :-.el 70 quando la Germania combatteva ""r la sua ,difesa nazionale (allora era la Francia che aggrediva / il partiw socialista •.c;<Jesco si trovò discorde nella valutazione della guerra. ~ll'ullimo numero della Critica So- ciale ,, è riportato una parte dell'episwlario fra 11an ed Enzels i quali erano allora in conflitw con Lièbknecht che considerava la guerra come un affare di /!OVerni. Marx e il suo amico la con:--ideravano invece eo– ne una guerra di difesa e con loro consenti la direzione del partito. Per quei socialisti che scrivono e dieono che. l' Ihlia dovrebbe rimanere neutrale, anche se fosse assalita , non ammettendo più i] prindp io dr-Ila na– zionalità, noi riportiamo alcuni pa.ssi di una lettera di Eng-els a 11arx . F,:,;,els prospi,tta il caso di un,~ vittoria dei francesi contro I tedeschi chr· lottavan o ,,Bora per la loro e.sistenza naziona1<•. E d ice: ,, In tal raso non t·t sarebbe più da parla re di rnovimPnlr> fJTJf'Tai.oautonortW, la tot la pPr la ricostru:ù:rnP nazionale assorbireb– be tull i, e, nella migliore ipotesi, gli ope– rai tedeschi, andrPbbero a Tirrwrchio dei france si. Se invecP Io Germania rovina il bonaparti smo, cessi, l'Pltrno bar·cano per la rrea::.ione dell'unita tedesca, glt opPrai te– deschi possono organiz:.arsi no.:.ionalrt,enLe in rtti$ura ben più vasta e i fronce .,i, quale che ne sia il loro (JOVerno, avranno un cam,– po ben più libero che sotto il bonapartismo. La mas sa del popolo tedesco di tutte le clas– si ha capito che si traila in prima linea del– l'esisten:.a na:;ionale e si è pprciò subilo di- 1 MILANO - Via S. Damiano, 16 - MILANO rhia-ra ta peT la guerra )1. Rispon diamo quinKh con le parole cli En– gels a quelli che afferm ano che per noi, in– ternazionalisti tanto vale l'ave r€ un gover– no italiano o tedesco. Altre compagne ci scrivono lam enta ndo poca concordia dei socialisti nel momento att uale, poca concordia cbe serve a diso– rientarle. Ma appunto perché il momenl,0 attuale è così eccezionale, J'orientam en\o, il "H'Litonon lo può trovar e che attrav erso a discussioni , contrari età, lotte di pensiero. La disciplina tl,i pa,rtito non impone il vas– sallaggio del pensiero, impon e una dir etti– va unica nell'azione ; ma, per lo stesso prin – cipio di Jjbertà a cui s'informa, non può li– mita re le discussioni, ge nerate dai diversi atteggi.mienti di pensiero. Attriti, lotte, polemi che vivacissime ,non vi sono state sempre nel partito anch e quan– do la vita proseguivai il suo corso normal e? E non abbiamo sempre detto che erano un indizio della vitalità del pa rtito ? Era pos– sibil e che non nascessero ora, che un fatto così eccezional e conturba ogni spirito, at– traversa ogni nostro sogno e ogni nostra aspirazione d i pace, di st ru gge le previsioni di ieri che ci facevano sperare in un'uma– nilit redenta dall ~ barbari e• Qualc he comp.a.g-no e qu alche compa gna, nella discussione traviano, perdono il sen– so della misura. s'allon tanano, pur troppo \alvo! la da quelle che S-Ono le vie maestre del socialismo. E' n,vvenuw in tutti i tempi. Pa non sono qu esti i fatti che ci devono sco– ragg iare. Chi si pe1·de. per strada, può lasciare in noi un senso di melanconia e di rimpianto: 1 ò essere vittim& di una crisi di pensiero, dell'errata valutazione di un fatto, della sua scarsa compenetrazione del pensiero so– cialista. Ma andiamo adagio , per carità, nel con– sid era re una persona per un'apostata o un.a tra nsfuga! C'.è verament e il pericolo che non si ab– bia più ;1 coraggio d' espr imere quello che può essere il nostro convincimento o il no– str.• dubbio per timore di essere conside ra– ti degli apostati! Nel nostro prurtiw non deve prevailere mai lo ::;pirito settario , ognuno discut a, pensi , parli con libertà e con sincerità. Ma... perché la compagine del partito sia salda, sicura. e forte procuri dì esse re, per quello ohe riguarda l'azion e, un socialista disciplinato. MAHIA PEi lOTTI BORNAGHI . Plf\NTO Vf\NO Quante cose si sono dette e quant e se ne sono pensate intorno all'imma,ne trag edia di popoli, che non si seppe ro dire! EppuTe ad ogni annunci o di strag e sentiamo qualch e cosa che ci pare dJ non aver mai udito. Lo stupore alle not.izie degli affond amen ti delle navi, comuni cate con la sod disfa.zione stessa con cui si par tec iperebbe al mondo l'i• nabissarsi di feroci pesci-cani; lo sgome nto al sentire di città distrutte come se esse fossero cave rne di mostri dalle sette teste, invece di esse re il dolce nido di fam iglie umane; il do• lorn al sentire di popolazioni cacciat e per cam – pi e per boschi, come tig ri st anate dalla ga – gliardia dei cacciato ri, ci danno spasimi che ci sembra.no sem pre nuovi. Quegli uomini che in pochi istanti calano neg-li antri mari ni non sono figli di donne come i nostri figli? E quel– le città che le fiamme divorano, arrossando tutt' intorn o la terra e il cielo non sono stat e costr uite pietra a pietra da lavoratori compa– gni degli altri, che hanno innalzate le nostr e dimore? .E quelle fiumane di gente cercanti nparo fra le piante della foresta. non so.rio folle di fratelli, di sorelle, di bimbi come i nostri f.ratelli, le nostre sorelle i blmbi nostri? E allora, perchè la compiacenza all'i nganno, che sprofonda tanta giovinezza? Per chè la con– tentezza al fuoco, che abbatte tant a fatica u– mana? Perchè la gioia al terrore, che ins egu e e sospinge di là d'og ni pace e d'o gni ben e? Non dovremmo noi maled ire la mano di chi , CONTRO LA DISOCCUPAZIONE Lavoratori r Da ogni parte d'Italia si eleva. il grido acuto della miseria. La guerr a scellerata ha. esasperato la disoccupazione . Le migliaia -di emigran ti cacciati dall ' Elll'opa rendono più buio l'i nverno che si avvicin a. I provvediment i del Governo sono fittizi ed inefficaci. Le leggi speciali votate per la infelice It alia Meridionale rim a.ngono lettera morta. La disoccnpazione che ivi ha cause complesse, dipendenti dalla situazione agricola, attende invano il sollievo di provvedim enti sociali, invano attende le opere pubbliche, i lav ori portuali, idrau lici, stradali. Nel Sette ntrione la disoccupazione cronica, esacerbata dal contraccol po dell a guerra, vien placata con prome sse vane ed inconcludenti. In quest'ora si denud a nelle sue conseguenze più crnde la assenza di una politic a dei lavori pubblici. I provvedimenti straordina ri presi da.I Governo , costituiscono una feroce ironia. I cento milioni per mutui alle Provincie ecl i 34 milioni destinati per la costruzione di ponti e strade, non potranno effettivamente eroga r si che in piccol a parte date le procedure lungh e, difficili, blll'ocr ati che che si devono superare. Lav o ratori r I convegni di Bologna, della Romagn a, della Lombardi a, del Venet o e del Meridio - nale, hanno affratellato tutto il proletariato della terra d'Italia. I lavoratori non cadranno più nel gioco delle dirfidenze regionali. Alle invocazioni di guerra essi r ispondono colla invocazion e di lavoro. Essi voglion o vivere, lavorare per sè, per la vera forza e la vera gloria del paase. Domenica 13 di cembre in tutta Italia e nelle isole il prolet ariato leverà alto questo suo formidabile grido. Unitevi tutti al coro immenso della sofferenza proletaria cbe afferma il suo diritto. B!Jfofj11fJ 23 noVPtfl lJr,- 1911 La. Segretaria della federazione Nazionale ARGENTINAALTOBELLI. ESTEPIO IL DOPPIO da ll'acqua, dal cielo e dall st terra stermin a mig liaia e mi glia ia di vite sane e oper ose? Possia mo noi continuare a essere indifferen – ti, o appena sospirosi. o solo imbr onciati con– tro il destino contro i pre potenti, qu ando da. 4 mesi, di giorno e di notte , si ~pengono con ogni violenza i nostri fratelli in ter ra? I piani sono coperti di cadaveri inse polti; le vie, i sentieri rn:• sono ingombri, l' aria è infetta de.I loro lezzo, e l'acqua dei fium i rosseggia del loro sangu e. Nell'onda travolgente, i morti si urtano, si spingono, si rincor rono, s'accaval• !ano come tronchi dive lt.i alla riv a dalla tem – pesta; sott o i ponti fanno in topp o alla corr en– te. e sosteg no a que lli che non ancor spenti. s 'aggrappa.no alle pile, implorando soccor so colla voce e col sangue delle feri te orrende. Le donne gridano alto la loro disperazione: i bimbi urla no il loro spavento; i vecchi fug– gon o, pazzi di terrore! La vita è maledetta, e nessuno, anche se ha la cas a intatta e la fa– miglia incolume, accend e lume, pr eferendo la notte buia, che toglie la vista di tanto furi– bondo scemp io umano. La F ra ncia già non conta più i suoi morti! 11 piccolo, grande Belgio non ha più città, più paes i, 1 iù campi; non gli restano che le lagrjme dell e sue donne. il pianto dei suoi bam bini, il valore dei suoi morti eroi, e l'o– nore del suo re . E la Serbia? Che cosa ha da essere di que sto pa ese che in due anni combatte la :rna ter za. guerra? Donde sorgono i suoi soldati? Le sue donne. che hanno veduto morire i più bell i e i più forti. come i più delicat.i e i più debo.1i, le sue donne procreano ancora per la dif esa della Datr ia.? La Hussia. la vasta, immensa, impe.11etrabil e Russia mm1da aJ connne, da vicino e di lon – tano, valanghe <l'uomini, che p iù non riv e– dranno le steppe dell' Asia, le nevi della Sibe– ria, nè H sole di Crim ea. L'Austria non ha ancora. rimorso della sua protervia? L a Germ ania non sente la pena della sua audacia cattiva? E noi, noi, come oossia.mo so1Tider e, sapen– do .che stuo li infiniti di donne piangono i figli loro stra.1,iati o morti? Come le nostre mani si aJzano .a bened.fre le nostre crea-ture, quando ne scorgiamo altre protese invano alla rice rca delle proprie? Come il nostro cuore osa far voto ~ r la fe– licità dei nost ri figliuoli, vedendo calpestato quello, pure fervido, di altre mamme? Con quale animo, diremo ai figli di noi nel mattutino saluto : u Sia te buon i >1, quando al– tre devono dire ai propri: e, Uccidete i vostri fratelli, tornate a àirmi che non sapete quan – ti vi caddero avanti, perchè troppo lungo sa– rebbe il conto? u. Perchè ripetere ancora ai nostri figli: c1 Non fate agli altri qu ello che non vorreste fosse fatto a voi i, se domami dovremo grid ar loro la massima oppos ta? Domani la ra ccomanda– zione forse sarà: <1 Scord a quello che t'appresi e il tuo motto sia: Lupo non agnello 11. ' lo domando, ma ne ssuno, Io so può ri– spond ermi . Tutto è sovvei-tito ora: la bontà è debolezza; la debolezza colpa_ La cru deltà è virtù e la pietà coda rdia. La dist ruzion e è o– perosità, la fratella nza delitto. Per chè credere ne l bene, nel progresso se vera e bella è la morte soltan to? La morte cicca non è più l'orribil e scheletro armato di falce, m a la giodnezza, la giov inei– ~a f.orte e generosa, che corre l'acqu a, la terra. 11 cielo, per la strag e infin ita . E non l'ac co– glie il grido pauroso, la maledizione Sacrile-. g~ , m~ il canto de lla vittoria, e l'osanna del tripudio. .Siam folli? Sia m ebeV? Siam tornati bam – brni o siam ridivenuti barbari? La guerra ci sconvol ge la mente, ci serr a il cu or e, e nostr a non è la colpa. .t-\bbiamo vissuto adorando la giustizia, il diritto, ed ora dobbiai no prostrarci alla forz a e alla violenza. Siam cresciuti glor ificando l 'a– more, ed ora facciam o l'apoteosi dell'odio . Ab– biamo agognato di saluta re chi vive di là dai monti e dai mari, ed ora dovremmo soppr i– merlo. Abbiamo sognat o d'a prire la nost ra ca– sa agli uomini d'ogni razza, ed ora la vor– remmo chiu dere a tutti che non siano gcnle dell a nostra gente. :ì\"on credere, 110n amare, non commuoverci rinnegare ogni Jecle e impietrire il cuore. L; gue rra, la. guerra an[nienta J'amJ.ma prima dl distrugge re il corpo. E noi viviamo, come i~'llorassimo che di là appena dalle nostre ~ponde. appena oltre le nostre \'eUe c'è lo ste rminio di popoli e dì città. REGINA 'fERH{.;ZtJ . Il rluhbfo atroce dell a com1uiuna scrirent,·. è stato J)Un' il nostro, ed è stati; quelio del par– tilu tutt o, ,·h,· non è un'accoflo di incoscienti ul, di egoisti, ~ome si è potnl ri (({fermare da laf1.mo . Jfa il Partilo nPlla sua (/rande mayyioran– :;11 hf'l riso/l11 lrtl tl11//hio '. es.rn ha veduto come (ll SP1tfimnllo rii giu,\li:ia che ci sprona. non ,·orrispon< lono i mP::i di rivendica:ione che la IH1r11hesia può offri re. No: con le stesse for;r, mal1Ja(lie del militarismo non si pu~ cofpirP il ,nilitarismo nf'i suoi P/Tl'lfi lr.rrihili. Perciò non. ci resta chp la doloro sa attesa r lw (Ili avvenimenli si srolgano e la fede in un domani in cui gli vomini d'ogni na:1one u•s.,·ino di essere branchi di pecore.

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