Critica Sociale - Anno XXII - n. 5 - 1 marzo 1912

ca Sociale fi/VIST .Il QUINJJICIN.1/LE JJEL SOCI.lll/SMO Nel Regno: Anno. L. 8 - ·Semestre ·L. 4 - All'Estero: Anno L. 10 - Semestre L. 5,50 DIREZIONE: Milano- Portici Galleria V. E., 23 - AMMINISTRAZIONE: Via S. Damiano,16 - Milano Anno XXII - N. 5 Non si vende a numeri sepai·ati Milano,1 ° marzo 1912 SOMMARIO Politica ed Attualità. La scissio11e det Gruppo SOClfltiSta (LA CRITICA SOCIALE). La conquista della Libia e il .rarti,to socialista Uatiano (i"ILIPPO TU· l<ATI). Studi economici e sociologici. La ~IOSO(la del ,iazlotiaHsmo (f. p.). It poss!blte embrione d• 1<na grande conquista; a proposito delle "rappresentanze di categoria": IV. La incompetenza ctel Pa,·la– me11to (GINO BAGLIONI), Filosofia, Letteratura e Fatti sociali. " La bottega dello st,·egone " (Prof. VITTORIO OSilllO). F,·a Libri e Riviste: Le elezioni al Reichstag (f. p.) - La diminuzione del piccoli Comuni (st.) -ll Giappone visto da un:operalo (STIOus). Per l'anno 1912. Saremo grati agli amici della Rivista, i quali, insieme all'importo della rinnovazione dell'abbo– name_nto pe1· il prossimo 1912, ci invieranno fin d'ora indirizzi di abbonati probabili, ai quali spedire, a nostro rischio, numeri di saggio. LASCISSIONE DELGRUPPO S CIALISTA Esaminiamo pacatamente, con la maggiore se– l'enità consentila a uomini_ di parte; astraggiamo clai minuscoli incidenti polemici, dai malintesi e dai ripicchi, inevitabili, ma secondarii e fugaci fra compagni che, nel dissenso, serbano intatti la sti– ma ed il rispetto reciproco - e che formano, la delizia della cronaca dei giornali borghesi, per l'avidità del pettegolezzo in nostro danno, onde traggono, anche in questa occasio ne, per l'enne– sima volta (e lrarran110 mille u0Ue an.com llell'av– venire) la constatazione della nostra disgregazione di partito, il presagio del nostro de[initivo sfacelo. Cerchiamo, sotto gli svolazzi, la linea; per dirla coi· uecchi metajisici, indaghiamo, sotto gli acci– denti, la sostanza. Che, per noi, è qu.esla, incontestabilinenle: il Partito socialista italiano, del quale il Gruppo par– lamentare rappresenta abbastanza fedelmente - salvo nelle proporzioni numeriche - le diverse el{ettive tendenze, non si scinde già ora, di fronte ad un fatto, ad un voto, ad un Ministero, a questa o a quella riforma da conseguire; esso è scisso, nel suo profondo, irrimediabilmente. Gli ultimi eventi non fecero che dare alla scis– sione :..__ che da tempo, del resto, non poteva più dirsi latente - il pretesto, l'occasione, l'appiglio, e insieme la forma e la formula. Ciò che era nel– l'anima delle cose - la dottrina positiva non oltre ancora una sua nomenclatura, che consenta sem– pre di sostitu~re utilmente i vecchi vocaboli - è venuto a galla forzatamente. Tutti, o_ qua~i tutti, i minori interessi di persone e di gruppi - so– pratutto gli interessi elettorali, che, nel movimento italiano, per la scarsa energia e coscienza delle organizzazioni di massa, riescono facilmente a ve– larsi e a prender il disopra - erano, sono, sa– ranno ancortt pe,: la transazione, per la pacijica– zione, per l'unificazione, non fosse che apparente ecl effimera. Ma la forza profonda delle ,cose, 11ui gli imperativi della logica, mà lo stesso istinto delle masse - che, come il cuore nell'indiuiduo, ha le sue ragioni che la ragione non conosce, l1è perciò hanno importanza e fondamento minore - tutto ormai congiura a rompere l'equivoco, a de– terminare e denudare la crisi; crisi, che si potrà, con accorgimenti opportunisti, facendo leva sul de– siderio generico e sentimentale di unità, che è pure nelle masse militanti, dissimulare e dilferire, 1ha (e in questo sono èon noi, per dichiarazioni recenti, gli stessi amici-avversarii Bissolati e Bonomi) si potrà dilterire o dissimulare soltanto coll'arli[icio; quindi senza el[elli notevoli e per un tempo assai breve. Il fatto non è più da discutere - è soltanto, one,– stamente e malinconicamente, da constatare. Che la scissione esista, è, obbiettivamente, un be– ne? è un male? Questione che potremmo dispel),sarci dcill'esaminare. Perocchè ciò che esiste, ciò che è ineluttabile, ha sempre ragione. Nè, d'altronde, ci stimiamo così chiaroveggenti da potere -e [iggendo l'occhio nelle nebbi0se lontananze - misurare tutte le conseguenze, che deriueranno da questa realtà, che deriverebbero da una realtà ipoteticamente di– versa. •Una esperienza ormai non breve ci apprese, in quest'ordine di fatti - come in molti altri - a diffidare delle nostre anche più nitide impressioni. Certe volte, quel che a prima giunta ci parve un disastro, ci si chiarì poi, alla prova, per le im– prevedibili reazioni che se ne generarono, un ef– fettivo beneficio; viceversa, il beneficio apparente, la vitloria che ci allietò per uh'ora, vedemmo sua– nirci nelle mani. Forse, in astratto, una sola ri– sposta si potrebbe dare · a quell'interrogativo: le scissioni sono un male quando segnano il fatale · disgregarsi di un partito; ma allora il male, pare nell'e{{etto, ma è nella cagione; possono essere un bene nei casi opposti. Altro, invece, è il quesito che è utile 'proporci, e al quale sentiamo di potere con certezza r.ispon– dere : se il dissidio esiste, è utile· o è dannoso dis- simularlo e prescinderne? . Rispondiamo che questo - questo solo - è· si– curamente dannoso. Dannoso come tutti i palliativi che impedis·cono di altrontare il malanno, di rea– girvi prontamente e risolutamente, e pertanto lo prolungano e lo acuiscono, a dispetto dei pacifi– catori per partito preso. Ed anche è dannoso, ci sembra, per un altro motivo: che, cioè, le divisioni sostanziali, espli– candosi apertamente, tolgono di mezzo le divisioni superficiali, artificiose, personali, aprioristiche, for– malistiche, verbali. Il contrasto di tendenze, che

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