Critica Sociale - Anno XXI - n. 20 - 16 ottobre 1911

Critica Sociale RIVISTA QUINDICINALE DEL SOCIALISMO Nel Regno: Anno L. 8 - Semestre L. 4 — All'Estero: Anno L. 10 - Semestre L. 5,50 Lettere e vaglia all'Ufficio di CRITICA SOCIALE - MILANO: Portici Galleria V. E., 23 Anno XXI - N. 20 Il Non si vende a numeri separati Milano, 16 ottobre 1911 SOMMARIO Politica ed Attualità. At Congresso socialista ad Modena. ronjessioni ed augurii (LA CRI- TICA SOCIALE). Le proposte dei socialisti milanesi (Pref. GIOVANNI ZIBORDI e NOI). V-Monsen," del Congressista e alcune cifre per chi ama trarre gli oroscopi (IL CONTABILE). Il dissidio sul terreno concreto (Gee'. IVANOE BONOMI e LA CRITICA). Il problema agrario siciliano e la conquista della Tripolitania (Là CRITICA O S. CAMIARERI SCURTG. Studi economici e sociologici idealismo e marxistno (Avv. TULLIO CoLucm). Filosofia, Letteratura e Fatti sociali. Fra Libri e Riviste: Le ~Dee ollgarchicho nel movimento ope- ralo (f. p.). Recenti pubblicazioni della Critica Sociale. AL CONGRESSO SOCIALISTA DI MODENA Confessioni ed augurii. Salutiamo gli amici, i camerati, che si raccolgono di nuovo: i commilitoni battaglieri e sinceri, di tutte le tendenze, di tutte le formule, che sono, o credono di essere, entro il giro del pensiero e della volontà socialista; che, per odio della ser- vitù, si fanno servi volontari — è il loro orgoglio supremo — della gente asservita e percossa. I giovani, che ignorano le delusioni della via, nella quale si lanciano animosi; gli anziani, che le han tutte provate, e han saputo, e sanno, non desistere, non deflettere, non disperare; non dare, a quei che seguono, esempio di fiacchezza e di viltà; che sanno, perchè vogliono, non rinnegarsi e non rinnegare. Salutiamo i compagni che han lottato, che lot- tano, che lotteranno; le compagne, doppiamente prodi, che, accompagnandosi a noi, sfidano insieme due tirannidi, e non sempre la loro solidarietà ci ha interamente solidali, poichè a troppi par già greve lo sforzo inteso a spezzare una catena per volta. Noi ci aduniamo a Congresso in un'ora non lieta:, allorchè si aggrava su di noi, sulle nostre convin- zioni, sulle nostre stesse esperienze, il peso di un dubbio, che ci astringe a sottoporre a revisione minuziosa tutto il nostro bagaglio intellettuale di partito. Molte lusinghe son cadute; molte certezze tentennano. Quegli stessi, che pure sapevano, e sempre hanno predicato, che la strada che ci siamo prefissa è lunga, aspra, tortuosa, seminata d'insidie; constatano ch'essa è più lunga e più insidiosa ancora. E si fanno più cauti nel sentenziare, più esitanti nell'additare gli orizzonti e le vie, e, col loro passo, s'inforsa la loro parola. È il minuto della sosta necessaria, del raccoglimento dubitoso e pensoso per tutti. Eppure alle soste lunghe non dà tempo la vita. Ai ritorni ancor meno. Conviene che il sentiero, chi dubiti d'averlo smarrito, lo ritrovi procedendo sempre; che la soma si raggiusti per via. Dopo avere lungamente faticato sull'erta, all'in- tento di dare alle plebi desolate una patria, una patria che non fosse da fuggirsi, che non fosse matrigna, che non fosse menzogna; ecco che, in nome della patria, altri ci ingiuria e ci sfida, come perduelli. Si è anelato a battaglie aspre, che potevamo cansare, a battaglie di redenzione e di civiltà; ed è in nome d'un dio di battaglie che i novelli incivilitori del deserto ci lanciano il loro anatema. Una " fatalità storica „, fu detto, ha suscitata, d'intorno, tutta questa follia. L'uomo, che meno di chiunque usava drappeggiarsi nella frase me- tafisica, nel tropo victorhughiano, non seppe altri- menti spiegarne, o dissimularne, la profonda ca- gione; non seppe, forse non potè, scovare altra scusa a se stesso, al tradimento inatteso di cui fu lo strumento — tradimento di se stesso, prima an- cora ohe del patto stretto con noi — se non accu- sandone l'inesplicabile, l'inesorabile, Pirraggiun- gi bile mistero; il tradimento delle cose. Noi dovremo, lacerare il velo dell'Iside nuova, che pretende olocausti di sangue, di sudore, di ci- viltà, da una gente stremata, a cui nulla, in ricam- bio, potrà rendere mai. Questa Sfinge dovrà a noi rivelarsi. Dovremo, alla pretesa "fatalità strap- pare la maschera. Forse (oh) Marx in soffitta!) anche là — dietro la maschera solenne del "Fato — troveremo una grinta ben conosciuta; troveremo la lotta delle classi che ammicca e sogghigna. Frattanto ci è necessario sentirci le gomito; nu- merarci, consultarci a vicenda; dire alto, come in un tempio, tutte le nostre confessioni; rinnovare i mutui propositi. Questo rito l'ora c'impone. Rito che non pretende umani olocausti; anzi li ripudia e condanna. Or chi viene fra noi con le scomuniche in tasca, collo sguardo e col gesto

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