Critica Sociale - Anno XX - n. 4 - 16 febbraio 1910

60 CRI'l'ICA SOCIALE dottrinari cho l'igiene ò qualcosa pil'1 cli una scienza: ò un 110' una religione. L'insegnamento della dottrina este– tica della vita ò una dottrina pagana, che rimane ben sterile, quando non osco dalle pilroti della scuola j e por sua natura è scienza e ctottrir1a di diffusione. I pudi– bondi della scieuza, che la credono una vergine iste– rica, paurosa della \'isiono degli uomini) fanno bono a chiuderla nei laboratod, contcmplnndola ostatici per loro uso e consumo, o tra lo forme di onanismo iutol– lottuale c'ò posto anche por questi. Quanti invece pen– sano chti ossa ò sovratutto una dottrina sociale, com– prendono che, al di là del dibattito sperimentalo - che ha la sua importanza, ma non ò tutto - l'opera di di– fesa contro i flagelli ò efficace soltanto se ò opera uni– \'ersale, fatta col la cooperazione di tutti. * .. Un errore della propaganda antitubercolare è nell'e– sporre un piano di lotte molto complesso. Si parla di scuole all'aperto, di sanatori, di dispensari, cli padiglioni per la semplice spcdalizzazione, di limitazioni legali alla liborl-à di contagio, di immunizzazioni, di alimento migliorato, di rinnovellameuto della casa, ccc., ccc. Ogni proposta ba il suo valore 1 ma ò puerile discutere su ciò. Quanto interessa è invoco vedere quale sistema di lotta conduce più rapidamente o con minore spesa ai migliori risultati. Socialmente il problema va posto cosl; ogni altra preoccupazione è ruor di luogo per chi ,•uolo affrontare il problema non per calmare gli scrupoli della coscienza, ma per avviarsi a una risoluzione. Ora 1 nella difesa sociale, contro la tubercolo8i, vi sono due elementi che meritano attenzione e cura: l'amma– lato e il sano. Sarebbe logico, strcttamento parlando, lasciare l'ammalato al suo destino, e preoccuparsi della difesa del sano. i\la 1 in pratica, la nostra pieti\ è sempre j superiore al nostro ragionamento, ed ò inutile prefig– gersi visioni teoretiche che poi non sappiamo seguire: quindi dobbiamo buttero una doppia via, e cioè, pensare un po' agli ammalati e molto ai sani. Poi sani il problema va sfrondato di quanto ò secon– dario e mi pare che tutto per ora dO\'rebbe ridursi a questo: istruzione del popolo fatta direttamente per ini– ziativa delle organizzazioni di mestiere, intensificandola per modo ohe ovunque sia portata l'educazione antitu– bercolare. t un'educazione difficile, ma fattibile se ò compiuta da chi ba fede ed entusiasmi: cento uomini por regione pieni di zelo 1 e l'educazione In tre anni è I fatta, se le Camere del lavoro e le Leghe se no fanno iniziatrici. Bisogna dar l'esempio P Lo scrivente ha una ventina di domeniche libere ogni anno e le pone a disposizione dello Leghe e delle Associazioni che ,,ogliano iniziare l'o_ pera, assumendosi 1 nella zona prossima alla sua sede, ogni spesa di viaggio. L'educazione antitubercolare ò però un fatto di buona volontà: sulla sua efficacia pratica l'ultimo giudizio de,·e essere data a posteriori e non a p1·iori. Può a,,ere valore 1 cd ò facile intuire lo abbia, da noi, ove la democrazia crede qua.ai doveroso 1iortare eternamente Il lutto alle unghie, o andare sporca, per dimostrare che ò vergine dalle contaminazioni del mondo. Ma questa impurità di pelle dimostra solamente che il pubblico è ignorante. Un altro punto importante della lotta pel sano 1 quello 1ml quale essa dove portare tutta l'opera di propaganda, ò il rinnovellamento della casa. Jl problema sociale della tubercolosi ò tutto qui: la casa. f.; poco ed ò molto. :Ma ò il fenomeno più urgente. Si può credere e si può negare la predisposizione tubercolare; si può essere dei semi- increduli o dei terroristi del contagio; ma lo studio del fenomeno epidemiologico tubercolare conduce inelutta– bilmente alla conclusione che; di tutti i coefficienti che determinano il fatto tubercolare, il pili saliente ò quo• sto: la casa. Le vie, il puh•lscolo 1 il lavoro, l'alimenta- 1.lonc, ccc. 1 hanno tutti la loro parte: ma la ca!.la ò il primo determinante della tubercolosi. Quindi la prima.· opera antitubercolare, socialmente parlando, devo staro noi rinnovamento della casa. Istruire ò utile e nobile; spedalizzare ò doveroso; ma il rhml– tato sarà. meschino se non si trasforma la casa. Il pro– blema della cai:11\ non è una forma di fissazione isterica di qualche igienista o di qualche sociologo 1 ma ò vera– mente la chia\·e di volta del rinnovamunto materiale dello popolazioni 1 molto piìt in là delPalimontar.lone, dello assicurazioni obbligatorie e dolln difesa della ma– ternità. Xon ò qui il luogo, 11èquesto ò il moroonto, per docu• menta re l'asserzione: ma, per ii moroento 1 si devo rite– nere come vero il fatto che la pili alta opera sociale da compiere per lottare contro la t.ul >ercolosi è il rinnova– mento della casa. mmano l'altra parte della questiono: come provvedere 11!-fll ammalati f Si sono esaltati i sanatori, e, corno per tutte le altre e!lagerazioni, si ò anello determinato un fenomeno reattivo molto comprensibile. Ora, è bene in– tenderci: i sanatori guariscono alcuni ammalati. Sul va– lore della statistica sanatoriale si può discutere, e si possono tirare lo percentuali in un ruodo o nell'altro ma onestamente - parlo per averno \'isti e, pur troppo: frequentati - si deve ammettere che del bene (anco nel significato terapeutico) essi no fanno . .Ma il sanatorio non può essere che una appendice della lotta antituberco– lare. Per riesciro efficace, la cura sanatoriale dovo pro– trarsi a lungo, o conseguentemente riesce molto costosa: il che rendo molto imbarazzante provvedere anche sola• mente ad una parte degli SOo 100.000 affetti ria tul>er– colosi, che verosimilmoute si hanno in Italia. Credere a qualche efficacia cli cura con una degenza minoro lii sei mesi \'uOl dire non conoscere i sanatori: o chi conosco i sanatori sa quanto costiuo 1 anche se si ò prudenti nella spesa. Quindi il sanatorio 1 sì, ma non come baso della lotta. La spedalizzazione va ratta come oggi è possibile e accettabile: con ospedali appositi, economici, mll.gari con padiglioni o burncche, che siano sufficientemente lieti di luhe o d'aria per trattenere per mesi o anni amma– lati che si sentono separati dal consorzio umano; ma che non oltrepassino una 11pesa che permetta di portare il beneHcio del ricovero 8U un numero alto di toretti; in tal maniera si avrà rorso qualche guarito di meno, ma il numero degli spedalizzati (e quindi degli isolati) sarà molto maggiore. Per dare una idea della differenza eco– nomica che corre tra il costo effettivo do! sanatori che vogliono rispondere n tutte le esigenze tecniche, e gli ospedali per tubercolosi senza eccessivo pretese econo– miche, ba!iterà. ricordare che la media di costo dei sa– natori popolari 1 in tutti I paesi dell'Europa centrale 1 è superiore a 7000 lire per letto, mentre si possono fare dei discreti padiglioni per la s6mplice specializzazione con meno di 3000 lire (a Parma il padiglione per tubercolo.si costrutto dall'Albertelli non costa L. 2000.per letto). . Quindi non si deve credere che si voglia negare l'uti– lità del sanatorio: solamente si osserva che l'utile rica– vato socialmente dal sanatorio ò impari allo srorzo eco• nomico, e che si può accettare soltanto por la cura di individui che offrono dav,,ero serie probabilità di ridi-

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