Critica Sociale - Anno XII - n. 19 - 1 ottobre 1902

296 CRITICA SOCIALE ziono 1 ò senza dubbio, nella sua qualità. di studio sociologico puro della cooperazione agraria, per noi il pii'1 interessante. Prima di accennarne i pregi prin– cipali, crediamo utile riassumerne Je conclusioni enunciate dall'autore nell'ultimo capitolo della sua opera: 1° Cooperazione economica non è che sinonimo cli associazione economica. 2° Il concetto cli associazione consta di due ele– menti: la forma e il contenuto. La forma è il com– plesso di normo che regolano i rapport.i interni ed esterni tiella società. Essa deve adattarsi al conte– nuto, ma, avendo un'esistenza propria, reagisco a sua volta sul primo. H contenuto d'una associazione eco– nomica ò dato dal soggetto e dall'oggetto, cioè dagli inclividui che la compongono, dagli scopi cui essi tendono per mezzo della società, dalle azioni e rea• ,doni che passano tra i soci, e tra i soci e la società. 3° La diversità del contenuto economico deter– mina la diversib\ delle leggi che reggono le varie associazioni, le quali non differiscono altrimenti trn, di loro per c1ualche immaginario principio llarticolare all'una e a!Paltra. 4° L'associazione economica, organizzando fun– zioni e soggetti economici omogenei, si risolve in un fenomeno di classe e prende figurazioni diverse a seconda delle classi che se ne valgono. Ragioni storiche riserbarono all'associazione economica delle classi deboli e sfruttate il nome di cooperazione; ma fra questa e l'organizzazione economica delle classi forti non passa divario sostanziale, giacchè ogni classe tende a procacciarsi ))CL'mezzo del.l'as– sociazione il massimo utile sì nella difesa che nel– l'offesa. [l Lorenzoni arriva quindi induttivamente nel suo lavoro alle stesse note conclusioni del Pan• taleoui nello studio sui Pri11cipii <Lella, coo11eraz-ione, e cioè che la cooperazione ò un'associazione econo• mica identica ad ogni altra, regolata dalle leggi uni• ,,ersali del valore. 5° La cooperazione agraria non è quindi altra cosa se non l'organizzazione economica doJla classe agrnri11, ansio: :1a.di procacciarsi a mezzo dell'unione gli clementi dell'impresa al massimo buon mercat.o e di ftlr valutare al massimo prezzo i suoi propri serYizi. Posto che l'associazione non sia che un mezzo, poi quale soggetti economici omogenei si propongono cl.i conseguil'e col minimo costo dati fini, noi la pOS· siamo considerare in sè stessa e in relazione ai suoi membri. Considerata. in sè stessa l'associazione ò una forma d'impresa che, come tuie, non differisce menomamente eia ogni altra, sì individuale, cho collettiva. Bntra con questo in concorrenza ed ora. riesce vincitrice, oL·vinta, a seconda della superiorità. o inferiorità relativa della sua compagine, dipendente eia' suoi elementi e dallrL loro capacità. cli adattare Pimpresa comune allo necessità dell'ambiente economico. Senza di ciò essa perde la sua ragione d'essere. Due sono quindi i limiti principali che si oppongono alPesten• clersi della cooperazione: gli ostacoli individuali e gli ostacoli dell'ambiente sociale ed ecouomico. O,·e il costo per superal'li superi l'utilità marginale del• l'impresa, questa scompare, come ogni altra. Oziosa perciò ocl almeno imprecisa sembra all'autore la do– mn,nda, se l'evoluzione umanr., o nel caso nostro l'agraria, tenda all'ìndiviùualismo od aJ collettivismoi poichè questi non sono due termini antitetici, ma due tendenze complementari, due mezzi alternativi per raggiungere un fine supcl'iore. Considerando Je relazioni tra la. Società e i suoi membri, essa appare solo superficialmente come una unità armonica. In realtà. vi si urtano molteplici tendenze, vi si combatte una lotta fra le parti, eia• scuna delle quali tende a volgere il timone della Cooperativa esclusivamente in proprio favore, sfrut• B1b 1oteca Gino H1arco tando i colleghi. .Agiscono perciò in essa due forze opposto: quella centrifuga che spinge i soci ad ab• bandonare hl, Società se il vantaggio da essa offerto sia minoro di quello che possono procurarsi altrove a costo uguale o minore; e ()nella. centripeta che avvince i soci all'impresa comune. t l'equilibrio insta• bile di queste due l'orze, che regola la distribuzione dei vantaggi e dei sacrifici sociali e la loro tendenza ad equipara.rsi. L'equiparazione non sarà però mai perfetta: a) perchè l'estimazione su biettiva del costo e dell'utile varia per ogni individuo, mentre la re– gola dev 1 essere uguale per tutti, ed una regola per tutti giusta, essendo per necessità variabilissima, è impossibile a stabilirsi; b) perchè, dal punto di vista psicologico e morale, varia l'atteggiamento dei vari soci; vi è chi ò mosso da sentimenti cli coopera.zione e d'amore, e chi da spirito di dominazione; per gli uni e per gli altri, vario dovrebb'essere il compenso quantitativo e qualitativo mornle alla loro morale prestazione. In regime di perfetta libertà gli effetti dell'asso• cia.?.ione devono ritenersi buoni fino a che essa sus• siste; cattivi se l'associazione divenisse causa cli re• strizione della libertà di scelta. 'l'ali effetti consistono nello sviluppare le qualità indispensabili al manteni– mento della vita sociale, Yariabili coi tempi e coi luoghi e col differenziare, anzichè uguagliare, la per• soualità. psichica ed intellettuale dei soci; giacchè, salvo il caso che la Società non alterni a brevissimi intervalli le cariche fra t.utti i soci, ipotesi eviden· temente assurda, essa da alcuni fra loro richiederà l'eserci:.-.iodi eleYate facoltà, dal quale esime la gran massa) i cui componenti, se le hanno prima oserei· tate, ne vengono ora dispensati e ne riescono perciò indeboliti nella loro personalità. Da tutto ciò consegue che l'associazione per sè stessa non ha effetti buoni o cattivi; essa è uno strumento, la cui opera varia con la mano che lo move. La ragione del progresso umano non va 1>erciò cercata nel fenomeno del diffondersi dell'associazione, ma in altre cause da cui questo fenomeno a sua volta dipende, giacchè l'associazione può anche por– tare al regresso. Essa inoltre non può spostare le posiziouj iniziaU, reciproche di quelli che se no val• gouo, ma solo di questi ultimi in confronto di c1uelli che non se ne valgono. L'associazione può essere stata e fu un'anne interdetta a certe classi, le quali, riacquistando Ja libertà di impugnarla, possono ri• guitdagnare il terreno per questa ragione perduto in confronto alle a.ltre; in questo senso essa sposta le posizioni iniziali non già differenziandole, ma equiparandole. Essa non può per sè stessa essere ele• vi:ttrice delle classi inferiori, pel'Chò non si può conce pirn che, se tutti i concorrenti a un palio si valgono cPun mezzo di trilSporto identicamente efficace, uno di ossi arrivi per questo motivo prima degli altri; ci arriveri\ perchè dispone di maggiore abilità nel valersi di quel mezzo o per altra ragione, ma la causa della ,•ittol'ia sta in lui, non nello strumento, il quale per sè stesso giova a tutti in misura uguale, facendo a tutti risparmiare del tempo. L'associazione insomma non è che una forma, la quale non ha altro effetto necessario se non quello di educare 11eisoci le qualità richieste alla sua per– sistenza, come un fucile non ha per effetto ueces• sario, so non quollo cli provocare in chi l'usa l'im– piego di certi muscoli per non lasciarlo cadere. Lo studio teorico della forma cooperativa in sè stessa non ci illumina quindi gran fatto sull'importanza sociale e sulle ragioni ultime dell 1 elevazione di una classe - nel caso nostro, dell'agraria. L'associazione non fu che strumento cli questa elevazione; e ad ogni modo pcrchè servì ad elevare piuttosto che ad abbassare? Il materialismo storico mise splendidamente in

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