Critica Sociale - Anno VIII - n. 18 - 1 novembre 1899

CRITICA SOCIALE plebelsmi del Baretti. Con o senza. collera egli non è mai volgare. 11suo ingegno poliedrico ra. pensare a don Margotti. La tendenu sentita negli scritti di don Da– vide è la. mestizia o piuttosto l'emozione. Le tre mila lettere ch'egli ha scritto durante la sua prigionia - lettere che potrebbero rormare, per il pub– blico cattolico, un epistolario interessantissimo - ne sono un documento. Sono in esse la sua. bontà infinita, lo spandimento della sua anima mal rassegnata a stare in prigione, l'affezione intensa per la. gente ch'egli ama e che lo ama, il perdono lncommensur&to per tutti gli avversari pentiti che gli hanno tribolata. resistenza. & 52 anni, proprio quando, diceva lui, si ha bisogno di un po' di vita buona. In prigione non ha mai avuto rimpio.nli. Egli è sempre stato orgoglioso del suo passato. Non ha mai avuto che parole d'amore per la sua penna che l'ha mondato e tra i ferri anzichè adattarsi a mentire e adulare •, come non ha avuto che trasporti per il suo Ouervato,·e Cattolico e divenutogli più che mai prezioso, ora che gli ha procurato il carcere, e dato occasione di soffrire per la causa che diCende e dimostrare che seriamente, anche in faccia alla morte, la dirende e la. direnderà sempre>. Costantino Lazzari consolava i suoi ozil rorzati nel silenzio, nella. lettura, nel disegno. Taceva per delle ore, leggeva volumi ponderosi senza sbadigliare, rileg– geva i Pt·omessiSposi con piacere, la v;ta di Benvenuto Cellini direi quasi con entusiasmo e il Sant' Ambrogio di Romussl, superbamente illustrato, con ammirazione, e disegnava, disegnava sempre. Disegno.va galeotti, se• condini, reclusi, frontoni del reclusorio, compagni di camerata. Copiava danzatrici, madonne, bimbi, uomini illuatri, donne ce!ebri, quello che trovava nelle riviste e nei libri illustrati. con la tenacia del volere è potere, dell'uomo che vuol riuscire ad ogni costo, la sua ma– tita raceva progressi meravigliosi. Le sue figure pren• devano forma, diventavano vive, assumevano la gra:tia dell'arte. - Perchè non smetti di rare il commesso viaggia– tore e non ti dai interamente al lapis che ti serve coal bene e che ti darebbe una vita meno stentata, Perchè era troppo tardi, perchè non aveva fantasia, perchè l'arti8ta 1 per essere ta16, non dove essere tor– mentato dai bisogni urgenti della vita, perchè altri lo precedevano di parecchie miglia. Non so s'egli abbia continuato e se continui. So che, se all'abilità del disegno egli potesse aggiungere la sollecitudine, potrebbe divontare un giornalista che illustra i suol e gli articoli degli altri. Egli non è l'ul, timo dei ritrattisti. Ha disegnato un don Davide seduto, vestito da galeotto, il quale resterà il suo capola.,•oro di Pinalborgo. Ci ha dato una mezza lfgura di Chiesi mirabile e un Suzzani intiero, con la gamella in mano, che non dimenticherò racilmente. Ma io sciupo le pa· role come il padre di Cellini che voleva rare del figlio un suonatore di flauto e di cornetta. Collini lo conten· tava di tanto in tanto, con qualche pitrerata. Ma con– tinuava per la sua strBda a cesellare. Così sarà di Co– stantino. Egli diventerà tutto ruorchè un art.ista. Le ore della sera erano lo più tranquille. Si passava dall'in(erno al paradiso. Chiesi, Federici e don Davide - il primo in mezzo e gli altri duo in raccia - ave– vano una lampada a petrolio in comune sui loro due tavoli riuniti. Noi quattro ci servivamo della lampa– duccia a luce elettrica, la cui poverozza di loco ci taceva chinare sovente gli occhi, o ci lasciava per dei minuti sotto un rossore crudele. Migliorammo la no– stra condizione quamlo a furia di guardarla ci acoor– gemmo che aveva del tHo attorcigliato che ci poteva S'ervire per allungarla fl.n quasi al tavolo. Tutto somma.lo, erano ore deliziose. li chiasso delle camerate vicine alla nostra cessava con la campana del silenzio. Salvo qualche gola che sprigionava versi d& dannato o qualche voce che dava fuori nel sonno o qualche disgraziato che manirestava i suoi tormdnti fisici con degli: oh Signo1·/ femm morì, femm!, pote– vamo supporci in un sepolcro. Si poteva sentire la penna di qualcuno che s'impuntava sulla carta, o il piede di cimossa di un sottocapo in giro a origliare e a guardare attraverso ; pertugi, o la respirazione di un recluso al di là della parete, male adagiato. Lo starnuto di Lazzari, (tLtlo a. bella posta per ricordarci che eravamo vivi, ci raceva trasalire o sussultare come quando si sentono sulle ~palle le mani degli sconosciuti che vi dichiarano ln arresto in nome della legge. Si lavornva immersi nel lavoro. Chiesi a mettere in iscena i suol ballabili, don Davide a. scrivere una epi– stola. dopo l'altra per vivere di ricordi e riallaoci11re i legami col mondo che lo conosceva, Lazzari a ripro– durre il momento storico dei tre lavoratori con un di• segno grandioso che toccava e ritocca,•a ogni sera senza dirlo mai finito, Ohìgliono a illustrare le parole di un dizionnrio tedesco con l'idee. rroebeliana che chi legge Himmel e.ccanto a una chiazza di cielo e Ji'rau dinanzi a: una testa di fanciulla, impara una lingua a vapore e non la dimentica più mai. - Come farai, gli domandavo, a illustrare ich habe kein Geld1 - In un modo semplice. Mettendo tra lo parole un individuo che si rruga svogliatamente nelle tasche. - Ma il tuo dizionario diventerà una montagntl.! Federici allarga.va la zona dei suoi studi nella lette– ratura di altre lingue, in manica di camicia, senza mai smettere, sonza mai aprire bocca, r.ome se rosse sta.lo obbligato dal regolamento carcerario a divorarsi un dato numero di pagine. e Giovanni Suzzani si sproron• da.va nei romanti dell'editore Aliprandi, scoppiando talvolta in risate cosl plateali e co~l rumorose cho co• stringevano il secondino di guardia a buttare per il buco un ordine imperioso: - Silenzio! In certe sere .... In certe sere nessuno la.sciava cadero un libro, nessuno tossiva, nessuno si munveva como se avessimo saputo che avevamo alle spallo gli occhi e le orecchie degli agenti incaricati della sorveglianza notturna. Ci rapitava addosso I&ronda, col lanternone rumoso, come una sorpresa che metteva rreddo. - Sono le dieci I Non ce lo racevamo dire due volte. In un minuto spostavamo i tavoli, mettevamo carta. e libri al posto, lasciavamo giù le brande, racevamo il letto e ci but,. tavamo sul pagliericcio senza aver modo di cambiare la camicia. Chiesi era sempre il primo a toccare le lenzuola. Adagiato, con la. guancia sul guanciale, incominciava subito a. ruggire come una belva con una palla nella testa. Don Davide non dormiva subito. In letto, c<"n una coperta che non lo copriva completamente nè da una parto nè d all'altra, sembrava un enorme cetaceo a mezz'acqua. Si volta.v a ratif?osamente come un pachi– derma. Federici si metteva sul fianco, con un libro in mano, In una posizione da ricevere la luce sulle pagine

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