Critica Sociale - Anno VII - n. 17 - 1 settembre 1897

272 CRITICA SOCIALE Chi parlerà più, tra non molto, di decadentismo I e di neo/Jtsantlnismo ? Ormai lo uccide il riso degli uomini sani e, sopra tutto, degli uomini sinceri. Ma com'è rosea l'alba della nova cultura! . . . Credete utile o dannoso per la vita politica del nostro paese l'intervento dei lettemti? - Lo credo ulile. S'intende che essi non debbono fare da porla voce a camarille o sètte o fazioni, ma far parte per sèstessi, come Dante padre. E così, sopra e fuori dei piccoli interessi e delle selvagge passioni e delle ambizioni volgari, riflettendo nel pensiero e nell'arte la vita sociale qual è veramente e come vera men te si move, dando il senso reale delle cose e la coscienza del momento storico, possono gio– vare (vedete ch'io parlo obiettivamente) a la classe dominante, che impa1·a a direndere con oneste con– cessioni e con provvide leggi i suoi instituti; pos– sono giovare a la classe proletaria, facendole com– prendere che certi inconsulti moti sono un dar di cozzo vanamente nel rato, e che il pensiero d'un avvenire migliore non è utopia solo quando si cammini con lento passo, ma sicuro, sul te1·1•O11O pratico della conquista dei pubblici poteri, con la quale il proletariato prepara, prima, a sè, la dit– tatura, e poi, nella pie11ezza dei tempi, un novo e giusto ordinamento, fondato sul lavoro, a tutta la società. - Quale sarebbe, per voi, il p1·eciso campo d'a· zione dell'attivilà politica de' letle,·atil - L'attivilà polilica o, meglio, civile de'letterati dovrebb'essero indirizzata a la diffusione tl'a il po• polo della cullul'a utile a la vita; voglio dire della cultul'a storica: deficientissima oggi, in Italia, paese classico della cultura; dove, da una parte, i dotti, tra11ne poche gloriose eccezioni, emulano la pedanteria tedesca e non sanno trarre da le cene1·i del passato una favilla di luce; da l'altra, certi so– ciologi sostituiscono a una concl'ela e realistica comprensione della storia l'amo1·e cli altrettanto fa– cili quanto inutili, e spesso dannose, analogie bio– logiche, da essi scambiate per clel'ivazioni. ro parlo di quella coltura storica, la quale, chiarendo a noi le leggi che regolano lo svolgimento della civiltà, mostrandoci il ritmo del di\'enire sociale, ci dà. nitida l'idea e la consapevolezza di quello che siamo, del come siamo formati e ci trasrormiamo, del come, date le nost1·e condizioni, dobbiamo agire; è, pe1·ciò, sicu1·a norma di pratica vita. E questo orficio politico e civile i letterati do– vrebbero asercita1·e mercé la ro,·za dell'eloquenza, che è insieme potenza cli peusie,·o e cli sentimento e vigoria d'azione; mercè la forza delrelo9.uenza, che è, per tanto, forse e senza forse, la piu com– plessa e alta forma dell'attivilà umana. GIULIO NATALI. La Scuola dell'Elettore, guida didattica, di cui abbiamo già dato l'annuncio, è giunta alleisua to.• pun– tala, ossia alla 54: delle 100 te.=ionipromesse. lt titolo dice ta cosa. 1'ulli colm·o, che s'interessano aa aumentare ii 11ume1·0degli elcU01·isocialisti giovan– dosi della facoltà dell'esame avanti il pretoi·e, ctovreò• be1·0procurarsi quesra pubblica.=ìone.La sua ,·edazìone è affidatu. aà alcuni maestri nostri amici e fra i 11iù intelligenti. Didatticamente iJ assai ben fatta e la let– tura ne è abbastanza piacevole. Inviare una lfra all'Amministl'a:ione della Lotta di classe, via Unione, IO - Milano. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO G. A. CoLozzA, Il giuoco. - Torino, Paravia, 1805. Pag. xn·-286 . L'opera. dell'amico Colozza, limitata al solo giuoco dei bambini, è divisa in due parti: il giuoco nella psicologia, il giuoco nella pedagogia. Ed ha una. preraziono di N. Fornelli. Sono mirabili la pazienza e lo studio, con cui l'autore accompagna l'evoluzione del giuoco, dalla primaesostoria agli animali superiori, constatando che, come gli animali imperfetti non giuocano e non scherzano, così il bambino imperfetto si trova precisamente in queste condizioni: lo stupido giuoca in certi limiti, l'ìmbecille giuoca po– chissimo, l'idiota non giuoca punto. Anche presso i sel• vaggi, il giuoco sta in proporziono diretta dello sviluppo economico, antropologico, psichico, sociale: la. ragione consiste in ciò, che il giuoco è l'otfotto d'un superfluo di energia. JISichica o muscolare, conservato dall'eredi– tarietà, como ricordo evolutivo della lotta e della. con– quista. Il Colozza scrive pagine stupendo a riprova della sua tesi, ricavando dal Brehm, dal Darwin, dal Mosso, dal Thamin, dal Du-Cha11lu, da.Ila Maronholtz-Blilow, dal Leopardi, dallo Spencer, dal Froebol, dal Bclezo, dal lla1·quevaux, ccc., esempi vivi o convincenti. La distri– buzione psicologica dei giuochi ò stnbilita con abilità, la scelta dei fatti procede con criterio filosofico e sicuro. Ln facoltà. d'imitare e di ripetere, l'Immaginazione, la comicith, le emozioni sono esaminato S{>lendidamenloi o poi l'autore passa in rassegna l'eslot1ca del giuoco, l'ambiento naturale, l'ambiento sociale, le conoscenze, lo attitudini, conchiudendo la primn. parte del suo la– voro col dimostrare che ogni nuovo giuoco ò una nuova esperienza, cioò causi\ di nuove emozioni, di nuovo co• nosconze, di nUO\'i desideri, di nuove abilità. La seconda parto si suddivide in due sezioni, dolio quali la. prima si rirorisce alla. storia della pedagogia. E qui il Colozza passa in rassegna I giuochi infilntili del mondo romano, do! medio evo, del rinascimento; o ci dà., in proposito, un quadro dello opinioni dei pilt illustri pensatori, da Platone od Aristotele a. Vittorino da Feltro ed al Rabelais, dal Montaigne e dal Locke al Loibnitz ed al Fénolon, dallo Stallini e dal Rousseau al Kant ed alla Ca.mpan, dal Neckor o dal Basedow al Nic– meyer ed all'Aporti. Stabiliti i dati di fatto, finisco il secondo libro del suo lavoro, asserendo che Ji'roebel, siccome riteneva il giuoco un lavoro libero e piacevole, una occupazione seria del fanciullo, si rivolse al giuoco, per istruire il 1'1u1ciullo e per rarne un uomo d'azione. Ma la parte più. notevole del volume ò quella, ch·esa– mina il renomono del giuoco dal punto di vista scien– tificamente pedagogico. Ed ecco quali sono le idee, che mi hanno colpito di più: « Il fanciullo non può giuo– care, se nou possiede in riserbo una quantità di energia e se nel suo potero psichico non si sono incominciate a manifestare una -s1rnciflca.zionood una. determina– zione.>« L·oducatore non promuova troppo presto l'ap• parizione del giuoco, nè si sforzi di dare ad esso Llal bel principio formo determinate. > e I giuochi non si comandano. > Qui l'autore ci mette sott'occhio, dal lato pedagogico ed in rapporto ai giuochi, le tendenze eredi– tarie, la suggestiono, l'esecuzione, l'invenzione, l'educa– zione fisica, l'oduca.ziono ciel sensi, la psiche in genere, la. memoria, l'attenzione, la cultura. degli affetti, il sen• timonto estetico, la fantasia, l'illusione, il giudizio, la volontà; si ferma sull'importanza. dei giocattoli, più spe– cialmento sulla bambola; o prometto un'ultima parto sulla « Patologia del giuoco >. La. conclusione generale del libro ò questa: dirigere a coso serio l'attenzione, cho il fanciullo sponde nei giuochi, ò il compito dul pe– dagogo. Con ciò il fanciullo non solo ,·iene istruito, ma anche moralizzato. Sono ben lieto di poter finire la mia rcconsiono con l'esprimere f'rancamenle questo giudizio: il libro del Colozza. è un gioiello. A. DE 8EI.L,A. GIUSEPPE RtOAlfONTJ, gerente responsabile. MIiano, TipoRr:t.tla deQ"liOperai (Soc. coop.), c. ViU. Kman. t'!-16.

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