La Critica politica - anno VI - n. 5 - maggio 1926

,., . . .. ' LA CRITI-CA POLITICA ANNO VI ., RIVISTA MENSILE " ◄ MAGGIO 1926 La sconfitta dei Par ti ti Esame retrospettivo F ASC. 5 Leggo in un giornale di opposizione : « P erchè fummo battuti? » ~1tra è la domanda da porre e da porsi : « Era mai possibile che i partiti di opposizione vincessero? » E non è, per quanto possa a prima vista sembrare, precisamente la flessa cosa. Con la prima domanda si tiene già per stabilito che la sconfitta sia un fatto ·che non doveva avvenire e del quale si debbano ricercare le cause nei particolari, o in errori di tatticà, o nella imperizia dei capi, o in circostanze fortuite. Con la seconda si richiede un esame molto più approfondito, se cioè esistessero nei partiti che separatamente e in blocco hanno rappresentato l'opposizione, le qualità ed i mezzi indispensabili a conseguire la vittoria. Con la seconda si può arrivare ad una conclusione ed a una revisione. Con la prima indagine si arriva solo alle recriminazioni, più a meno fondate. · Dobbiamo abituarci a considerare i partiti per quel che furono necessariamente nella vita italiana : non tanto per i loro fini ideali e per le loro affermazioni programmatiche, quanto invece per i fini pratici ai quali dovevano rispondere, per 'le necessità stesse ordinarie, quotidiane della loro vita. Essi furono quello che il sistema nel quale dovevano operare imponeva loro di essere : si modellarono su quello, funzionarono secondo quello. Anche quando si dissero rivoluzionari la loro azione pratica doveva svolgersi in futt'altro senso- L'errore nel quale troppo spesso si èade nel . fare l'esegesi del passato è prendere i nomi per la sostanza. Quei mazziniani i quali sostenevano che partecipare ai lavori parlamentari significava collaborare con le istituzioni avevano fondatamente ragione. Il loro torto fu di avere del tutto dimenticato l'insegnamento del Maestro, che politica è azione. Del resto nessuno ha mai pensato che la rivoluzione potesse farsi dal Parlamento. Non si partecipa alla vita di una istituzione senza finire con sentirsene parte ; senza che si creino abitudini di vita, modi di ragionare e di considerare le questioni, interessi del tutto conformi al sistema. Quelle stesse formazioni politiche sorte in antitesi al sistema ·e per combatterlo, Biblioteca Gino Bianco

178 LA CRITICA POLITICA ----------- _--·--_-_-_;_-_-_--_--=----_-_-__-_- _-_- -_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_ finiscono col tempo per divenire formazioni statiche. Chi entra in un partito si preoccupa dei fini ideali, ma ancor più dei fini pratici immediati ; e non c'è idealista veramente idealista il quale non finisca col rinunziare ad una parte degli ideali quando si tratta di conseguire un utile pratico immediato. Man mano gli interessi del partito s'innestano nel sistema : ogni posizione conquistata in esso - sia un seggio di deputato o l' amministrazione di un Comune - e le interferenze che in tal modo sono venute a determinarsi, diventano altrettanti motivi per non vedere di buon occhio e non favorire movimenti troppo bruschi. Il partito cessa così di essere un istrumento di lotta, ed è considerato per se stesso, come una istituzione. La Nazione, l'interesse collettivo, i problemi complessi, si perdono. Ogni partito diventa un piccolo mondo chiuso nei suoi piccoli affari e nei suoi contrasti interni, preoccupato di crescere, di sviluppare anzitutto la propria azienda, ma impenetrabile a quel che resta fuori, indifferente a tutto ciò che direttamente non lo urti e non lo colpisca. Volendo stabilire come e perchè i partiti siano stati tutti egualmente sconfitti non si può prescindere da due stati di fatto ; eh' essi, in quanto tali, raggruppavano complessivamente una parte minima della popolazione e che, per il modo come s'erano costituiti, per il loro operare, per la realtà preesistente nella quale erano fissati, si trovavano ad essere assolutamente incapaci a comprendere e ad assecondare il sommovimento di spiriti e di abitudini determinato della guerra. Che numericamente sulla popolazione complessiva rappresentassero poca cosa non avrebbe avuto importanza se non si fosse verificata la seconda condizione. Purtroppo in una situazione di guerra costituivano anche formazioni di pace I Non potevano prestarsi agli ardimenti, nè potevano averne. Non per l'offesa, non per la difesa! Per la offesa come per la difesa bisognava disporsi a rischiare il tutto per tutto e non avere preoccupazioni per quello che poteva andare compromesso o distrutto. I partiti del dopo guerra - tutti quei partiti che po. liticamente contavano qualche cosa - non avevano tale capacità. Non l'ebbe lo stesso partito socialista che si trovò nelle condizioni migliori per tutto osare. Anzi i successi che largamente lo favorirono sul terreno elettorale, le posizioni impensatamente raggiunte e gli interessi che su quelle si vennero subito a stabilire, lo legarono maggiormente al passato del quale sarebbe stato suo compito sbarazzarsi. Nè credo sarebbe avvenuto diversamente se nell'urto delle tendenze che si svilupparono nel suo seno i comunisti avessero preso la mano sui rif onnisti. I primi non meno dei secondi si trovavano legati alla realtà del partito : solo si erano esaltati ed illusi di più, sopravalutavano l'ottenuto, il troppo facilmente ottenuto. Sono le esiBiblioteca Gino Bianco

LA SCONFITTA DEI PARTITI 179 ========================-=-:-:- -= =_::::::-::-_ --= == -=--=-----===:--=-===---=====-=========== genze stesse di partito che provocarono, ad ogni modo, il rapido decadere delle tendenze comuniste ; esigenze rappresentate da interessi particolari piuttosto che generali, di categoria e di gruppo piuttosto che di masse, di· coltegio piuttosto che della Nazione. * * * Finchè la politica ebbe per suo terreno principale d'azione l'ambiente ristretto di Montecitorio, le esigenze e la struttura dei vecchi partiti ebbero grande valore e da esse potevano di questi misurarsi insieme la consistenza e la efficienza. In quella azione, in considerazione di essa, delle possibilità che offriva e dei mezzi che consentiva, ogni partito era venuto for"' mando durante decenni le proprie tradizioni, le proprie consuetudini, il suo modo di intendere e di praticare l'azione, la /orma n1entis dei suoi dirigenti. Appena però sulla scena politica si presenta un partito che non è un partito ma una forza organizzata militarmente, che non opera sul terreno parlamentare ma fuori del Parlamento e contro il Parlamento. Incominciano col perdere l,orientamento. I partiti conservatori e reazionari credono di potersi -momentaneamente giovare del fascismo per rafforzare le loro posizioni parlamentari alquanto scosse nel paese dai successi elettorali dei popolari e dei socialisti. Popolari e socialisti, a loro volta, credono di potersi rifare provocando nel Parlamento una serie di crisi ministeriali. Nè gli uni nè gli altri sospettano che la conclusione possa aversi al di fuori del Parlamento. Il Governo p~rsino vive nella più idillica fiducia e solo quando la « marcia su Roma » è · in via di svolgimento si accorge che qualche cosa, la sua autorità intanto, pericola. A « marcia su Roma» avvenuta si pensa subito ad una soluzione parlamentare della situazione. L'intransigenza di Mussolini manda a monte il pateracchio preparato insieme da nazionalisti, salandrini . e liberali. Ma, e la forza e la consistenza dei partiti ? Venuto meno il terreno della azione parlamentare consuetudinaria i partiti cessano immediatamente di funzionare nel Parlamento e nel paese. Non sanno resistere nella Camera, nè sanno opporre veruna resistenza nel paese. Il paese attende che si agisca nella Camera, mentre i deputati attendono non si che cosa. E intanto si determinano le crisi, gli sfaldamenti, le conversioni verso il potere. Il potere - nei riguardi dei deputati - è stato sempre il potere; ha, cioè, esercitato anche sui più lontani ed astemi una particolare influenza suggestiva. Badando poi alle posizioni tenute e agli interessi che rappresenta, ognj partito dii fronte al mutamento avvenuto si preoccupa sopratutto di non comprometterli troppo,, più di quello cioè che fossero o potessero essere compromessi. In questo senso Bibr teca Gino Bianco· • I . .

180 LA CRITICA POLITICA agiscono sui deputati le pressioni e le preoccupazioni del di fuori e, molto di più, le preoccupazioni personali. Si pensa che il tempo porta rimedio, che è meglio attendere, che Mussolini dal momento che era salito al potere avrebbe dovuto finire con l'arrendersi alle esigenze parlamentari valutando tutta la opportunità di formarsi una sua maggioranza parlamentare. Con quella Camera! « Montecitorio ha addomesticato tanta gente, addomesticherà anche Mussolini! » - si osserva. E intanto Mussolini addomestica la Camera, ne fa un giocattolo per suo uso e per il maggior discredito dell'istituto parlamentare. Tuttavia, mossi da tale illusione, i popolari si affrettano - senza perdere un minuto di tempo - a imbrancarsi nella mag· · gioranza contentandosi di avere solo qualche comparsa là dove prima avevano sfoggiato le maggiori pretese. I socialisti, per quanto si astengano dal confessarlo, pensano a loro volta che Mussolini avrebbe anche potuto ricordarsi un bel giorno di essere stato socialista ». Con un uomo come lui - si dice sottovoce - tutto è possibile I » E se, nel viaggio verso Roma, aveva pensato al Baldesi come possibile Ministro del Lavoro voleva pur dire che... A Milano frattanto elementi della Confederazione del Lavoro ed elementi assai vicini al fascismo (Rigola e il solone A. O. Olivetti) si costituiscono in Comitato Operaio per la... futura collaborazione sindacale (1). Quando gli illusi incominciano a perdere le loro illu~ioni e a ricredersi sugli sviluppi della situazione, i partiti hanno anche perduto ogni loro capacità politica. Alla lotta, alla resistenza, alle situazioni rischiose non avevano, del resto, fatto nessuna abitudine. Chi ricorda quel periodo lo ha presente come un periodo di desolazione. Tuttavia, i deputati non fascisti sperano. Cosa sperano? Ma sì, in qualche cosa sperano, come : nel miracolo della conversione, in una crisi di Gabinetto, nel dissidio ha nazionalisti e fascisti, in Salandra, in un intervento di Giolitti. I co1Tidoi, i famosi corridoi di Montecitorjo, continuano come prima, meglio di prima, ad essere il luogo preferito dei loro ritrovi, della loro maggiore attività, delle loro , conversazioni, sono la fucina delle notizie sensazionali, dei « si dice » , delle strette di mano, delle combinazioni che non si combinano, dei forti propositi che poi si perdono appena fuori di lì. Da quel momento se una cosa risulta evidente è che nulla i partiti hanno più da fare - ormai in Parlamento e nulla possono attendersene. Se ( 1 J Sono questi primi momenti della nuova situ:tzione che hanno grande valore. Il periodo che va dalla e marcia su Roma ~ alle elezioni del 6 aprile 1914, è il meno studiato mentre - dal nostro punto di vista intanto, e per le conclusioni alle quali crediamo si possa arrivare - è il più interessante. I Biblioteca Gino Bianco

LA SCONFITTA DEI PARTITI 181 per tanti anni essi vi avevano trovato il terreno principale se non esclusivo dalla loro azione, per r avvenire là dentro non c'era possibilità di lavoro. Come dire rifar vita nuova, spezzare gli usi e le tradizioni, essere un'altra cosa, provarsi nelle armi stesse per le quali si era battuti. Era possibile? Poteva essere possibile~ S'è visto che no, almeno non così rapidamente per riprendere la situazione e rovesciarla di nuovo. I partiti subivano, dovevano subire, il peso del loro passato. Sfiduciati per un certo tempo, umiliati nel loro isolamento e convinti della loro organica impotenza, si riprendono solo quando un fatto estraneo alla loro volontà colpisce il sentimento umano del popolo e lo mette in evidenza per spontanee e chiare manifestazioni. Si ripren· dono ma i:;er ricadere subito nel loro passato. La ripresa è squisitamente antiparlamentare. Ha luogo nel Parlamento per uscire dal Parlamento. Ma è fatta da parlamentari e si esaurisce parlamentarmente. Cioè come se fossero sempre attive ed operanti le istituzioni del passato, con la mentalità stessa con cui nel passato avrebbe potuto prepararsi una crisi di Gabinetto, facendo calcolo su possibilità allo stato delle cose puramente fantastiche, con ingenuità, sottigliezze, speranze che, se in altri tempi e in altre condizioni potevano rappresentare il colmo della capacità e della sagacia politica, sono da quel momento semplicemente bambinesche. E se ne è avuto come risultato una seconda sconfitta, più tremenda perchè, nei riguardi di alcune formazioni politiche, definitiva. Forse perchè si potesse vincere sarebbero bastate poche cose, tanto più che del vecchio mondo, delle vecchie situazioni, degli antichi rapporti molto c'era ancora in piedi che poteva servire. Senonchè anche sul vecchio bisognava premere con altro spirito. Preosione, invece, non ci fu. Ci poteva essere solo se i partiti fossero stati un'altra cosa, formati con altri criteri, costituiti di diversa ma· teria, guidati da un'altra mentalità. La forza dell'abitudine, l'avere operato sempre in un modo e in un determinato ambiente, l'essersi creata una dottrina e averla sviluppata in conformità alle consuetudini parlamentari, essere prigionieri del proprio passato, vincolati a certi modi di fare e di operare, doversi servire di quei certi uomini - ecco la ragione per cui non era possibile che vincessero, ecco le cause vere e sole della sconfitta. Cause non riparabili in un giorno o in un anno, sulle quali si può discutere, ma alle quali la discussione non può porre riparo, almeno fino a che non vi abbia riparato il tempo e ti mutamento degli uomini .e ·i partiti non siano perciò diventati un'altra cosa. Si potrà ora, di fronte ai fatti, convincere Turati, convincere T reves e, uno a uno, tutti gli esponenti dei partiti di opposizione che essi ebbero torto, ·che sbagliarono, che se si vuole ottenere qualche cos~ occorre fare diversamente ; non si può pensare o pretendere che costoro rifacciano ora, dopo tanti anni, se stessi. Il lora B~bliot ca Gino ■ 1anco ✓

182 LA CRITICA POLITICA passato sarà sempre più forte della loro volontà e dominerà i loro atti. Il più forte legame dei partiti al passato, al loro passato, è costituito appunto dagli uomini, e da certi uomini. Con le idee e con i metodi che ebbero fortuna nel decennio 1902-1912 non si e1ce, insomma, dalla situazione del 1926. * * * Che dai partiti, così come sono tuttora costituiti, non ci sìa nulla di nuovo da aspettarsi è per me fuori di dubbio. Per alcuni di essi si tratta di pa1titi in liquidazione, senza nessuna possibilità di risorgere. Altri, più vitali, stanno attraverSllndo una durissima crisi. Parlare oggi nuovamente di unione delle opposizioni, pensare a rifare r A ventino sia pure con altri criteri e su una base più ristretta, mi sembra per ciò ingenuo e chimerico. Non si può pens~re a fabbricare nulla per cui manchi la materia prima. lo sono convinto che verrà un momento in cui la materia prima ci sarà, in abbondanza e di ottima qualità. Quella che si può avere ora - e alla quale si dovrebbe ricorrere - è scarsa, di qualità dubbia, e per una parte in via di decomposizione. Dovendo farne raccolta non si sa quel che può venir fuori. Meglio attendere. La selezione di cui spesso si è parlato come di un beneficio tra i tanti danni arrecati dal fascismo ai vecchi partiti non è affatto compiuta. La selezione si dava per avvenuta già due anni addietro e poi s'è visto che ci si era ingannati. Non è vero che solo i cattivi se ne siano andati e solo i buoni siano rimasti. Nella ipotesi migliore ci sarà sempre da fare una larga tara. Ad ogni modo è dubbio che le opposizioni debbano sortir fuori proprio da un'opera di selezione interna dei vecchi partiti. lo sono piuttosto di opinione che assisteremo a profondi rimaneggiamenti, e si addiverrà necessariamente a nuove formazioni, con metodi e forme di azione molto differenti dal passato. La situazione che per il momento sembra essersi stabilizzata produrrà proprio essa i suoi contrari~ ' E difficile ora indicare come, da dove e perchè. I più vigorosi uomini del fascismo sono usciti dai partiti socialisti e, teoricamente, rivoluzionari. Il fenomeno potrebbe ripetersi in senso inv~rso. Ad ogni modo bisogna convincersi che ogni situazione nuova esprime dal suo seno i propri uomini, non li va a raccattare tra i rottami. Non per ciò è inutile discutere sul passato. Dirò anzi che le polemiche che a tale riguardo si sono accese nel seno di quei partiti di op· posizione che meglio hanno conservato parte della loro vitalità sono utilis- ' sime. E bene che si recrimini, che i giovani incolpino i vecchi, che tutto, metodi e teorie, sia sottoposto a largo dibattito, che si sia ingiusti magari nell'assegnazione delle responsabilità. Questo giova molto, se non a Biblioteca Gino Bianco

LA SCONFITTA DEI PARTITI 183 creare una vita nuova, a seppellire il passato. Uno dei peggiori residui, dei più funesti, del passato di ogni partito è l'orrore della discussione, la preoccupazione viva di mostrare di essere sempre d'accordo, la rima obbligata per tutti. Bisogna spersonalizzare, questo sì, per quanto è possibile, ma abituarsi nel tempo stesso a discutere e, ancor più, ad esser discussi. Ciò creerà in ciascuno un senso raffinato ed elevato delle proprie responsabilità, una maggiore vigilanza, un'attività più intensa e più sollecita. L'assenza di discussione, di critica anche aspra, anche ingiusta, produce inevitabilmente lentezza, rilassatezza in tutti gli organi, in tutti i movimenti. Non giova all'azione. Mai. Se la critica avesse potuto funzionare in pieno, se ogni discussione sull'Aventino non fosse stata evitata e denunciata come un servizio reso agli avversari, alcuni dei più grossi e1Toridelle opposizioni si sarebbero probabilmente evitati. Dopo un insuccesso come quello del1' A ventino non si può pretendere che non si discuta ! Se anche le polemiche non gioveranno ai partiti nel seno dei quali si fanno, gioveranno a coloro che verranno. Gioveranno in quanto ripropongono vecchie questioni ideali in un momento e sotto un'aspetto nuovi; in quanto riaprono il campo alla ricerca, alla meditazione, alla elaborazione di nuovi programmi, alla indicazione di nuove mète. ·Gioveranno così, non ostante tutto, quei socialisti che, contro i loro esponenti di destra e di sinistra, contro il passato lontano e recente, si pongono_il problema dello Stato, del quarto Stato. Gioveranno altresì - per quanto il partito repubblicano, essendo il meno efficiente, sia il meno responsabile e abbia piuttosto l'aspetto di una milizia ideale di protestatarii - quei repubblicani i quali, dinanzi alla transigenza che non ha giovato, al senso della politica pratica che è tuttavia · mancato, si pongono sopra un terreno di rigida intransigenza ideale. L' av· venire, del resto, non si può conquistare che così, orgogliosamente, su una mèta nettamente definita, inequivocabile. OLIVIERO ZUCCARINI La migliore propaganda, presso gli indifferenti e presso gli avlJersari,si fa facendo conoscere e diffondendo ovunque la nostra rivista. Abbonatevi e /ate abbonare I Ogni abbonato ci procuri un abbonamento nuovo per il I 926. I Biblioteca Gino Bianco

• La vana protezione della seta artificiale Ad agevolare il còmpito del Consorzio bancario istituito allo scopo di sostenere le quot~zioni di borsa dei titoli industriali è stato emanato il R. Decreto del 15 aprile u. s., n. 661, col qu~le è stato notevolmente aumentato il regime di protezione per la industria della seta artificiale. Vi è da domandarsi di primo colpo come mai cotesta giovane e rigogliosissima industria italiana, sino a ieri decantata ed esaltata quale la prova più meravigliosa del genio dinamico e costruttivo dei nostri moderni capitani d'industria, votatisi sotto i migliori auspicii alla conquista di tutti i mercati del mondo, si è trovata ali' improvviso, già tanto svi- - .luppata ed adulta, nel bisogno di essere ripresa a balia dallo Stato, a spese, s'intende, della Nazione. Credo tuttavia che gravemente si illudano gli Amministratori delle Società italiane per la fabbricazione della seta artificiale, se· essi sperano di poter trarre qualche concreto e solido benefizio dall'aumento di protezione doganale, che hanno potuto ottenere. - Prima del recente decreto, la produzione italiana di seta artificiale figurava protetta con dazii di lire-oro 1,50 al chilogramma per la greggia semplice in fili o lamette, e di lire-oro 2 al chilogramma per la greggia addoppiata o torta, con un sopradazio di lire-oro 0,25 per la seta artificiale tinta. · Il decreto citato, mentre ha conservato il dazio di lire-oro 1,50 per le qualità ed i titoli più fini di seta artificiale greggia, per i fili cioè che misurano 60.000 metri o più per mezzo chilogramma (nell'uso del commercio : titoli inferiori ai 7 5 denari), ha raddoppiato il dazio stesso, elevandolo a lire-oro 3 al chilogramma, per le qualità più grossolane ed i titoli più tondi, vale a dire per i fili che misurano meno di 60.000 metri per mezzo chilogramma. Inoltre, è stato anche aumentato ·col decreto del l 5 aprile il dazio / sui filati di seta artificiale addoppiati o torti, che è ora stabilito in lire-oro 0,50, in aggiunta al dazio rispettivo per i filati greggi semplici. Questo ultimo provvedimento però non e, e non sarà applicabile sino a tanto che rimane in vigore l'accordo doganale italo-francese per le sete e le seterie, il quale sancisce la franchigia doganale per le importazioni in Italia dei filati di seta naturale ed artificiale in qualunque modo addoppiati o torti. Biblioteca Gino Bianc·o

LA VANA PROTEZIONE DELLA SETA ARTIFICIALE 185 ==================================~-=-=--_-=_--_-_-_-_-_---._--__-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_-_ È ovvio che lo scopo, che col nuovo decreto si è voluto raggiun.. gere, è quello di permettere ai fabbricanti nazionali di seta artificiale di aumentare nella misura dell'accresciuto dazio protettivo i prezzi di vendita della loro merce sul mercato italiano. Questa è anche la sY':egazione del fatto, che, a primo aspetto, può parere strano ed illogico, che l'aumento di protezione doganale si riferisca soltanto alla produzione più grossolana ed a migliore mercato, e non a quella più pregiata e più cara. La ragione di cotesto diverso trattamento è che non si sono volute danneggiare oltre il necessario le industrie, che in Italia adoperano per le loro fabbricazioni di tessuti, maglie ed altri manufatti, qualità e titoli di seta artificiale, che in Italia non si producono, o non si producono bene, quantunque, in tale caso, il provento del dazio sarebbe andato nelle casse dello Stato, e non a vantaggio dei produttori italiani privilegiati. Tuttavia, vi è ogni motivo per credere che, anche nel caso dei filati grossolani e di titolo più tondo fabbricati in Italia, il nuovo dazio rimarrà pressochè senza azione per quello che concerne lo sperato aumento di prezzo sul mercato nazionale a favore dei produttori di seta artificiale. Di ciò hanno avuto subito la sensazione esatta gli stessi « operatori di borsa » sui titoli della seta artificiale. Non si può parlare di un vero e proprio mercato di valori per tali titoli, che notoriamente, e {ortunatamente, per la massima parte non sono ancora passati tra le mani del pubblico risparmiatore, ma restano ancora quasi esclusivamente nelle cas~e dei sin... dacati promotori e nei portafogli di alcune banche, che hanno commesso l'imprudenza di troppo impegnarsi nella speculazione della seta artificiale. Il dazio di protezione aumentato non ha avuto alcun visiQile effetto per impedire il ribasso dei titoli della seta artificiale. Ai prezzi di chiusura del mese di marzo u. s., le azioni della « SniaViscosa >) erano quotate lire 374, e quelle della « Soie de Chatillon » lire 285. Il giorno 15 aprile - data del decreto - le dette quotazioni erano già discese rispettivamente a lire 360 e lire 270. Il ribasso continuò in seguito sino alla improvvisa crisi dei cambii scoppiata il 14 maggio corrente, a borse italiane chiuse per la ricorrenza del giorno festivo. Al 30 aprile, le azioni della << Snia-Viscosa » erano discese a lire 322, e quelle della « Chatillon » a lire 248; al 12 maggio le due quotazioni erano rispettivamente di lire 31O, e di lire 238 ( 1). ( 1) A tracollo avvenuto dei cambii, il sabato 15 maggio, le azioni della « Soia-Viscosa » erano tornate a circa lire 320, con un aumento di poco più del tre per cento, Ma nel frattempo, dal mercoledì 12 al sabato 15 maggio, la lira aveva perduto all'incirca il dieci per cento del suo valore inter?azionale in buona moneta. . . . . . Fra le spiegazioni che s1 sono volute dare della nuova cns1 della hra, d1 cm ancora Biblioteca Gino Bianco

186 LA CRITICA POLITICA · Non occorre avere fatto studi profondi di economia politica o di finanza, ma basta avere un poco di buon senso e di pratica conoscenza di cose di commercio e di industria per comprendere che non tutti i dazi gabellati nelle tariffe doganali come provvedimenti a favore delle industrie nazionali possono esercitare una reale azione di questo genere, permettendo ai produttori interni di aumentare i loro prezzi di vendita allo schermo della proibita od ostacolata concorrenza straniera. Perchè una industria nazionale sia di fatti protetta, non basta che essa sia riuscita a fare inscrivere nella << vetrina » della tariffa doganale il dazio, che la dovrebbe proteggere, ma occorre per di più che essa si trovi nell'una o nell'altra delle due seguenti condizioni : 1 ° che la sua produzione sia normalmente inferiore al consumo nazionale, in modo che, senza il bisogno di speciali intese fra i produttori protetti, essi riescano facilmente, e quasi automaticamente ad elevare i loro prezzi di vendita in ragione della diminuita concorrenza straniera; 2° che, pure producendo più di quanto il paese può consumare normalmente di una determinata merce, l'industria protetta possa essere « controllata » rigorosamente per la vendita dei suoi prodotti sul mercato interno, sia riducendo la produzione nei limiti del consumo nazionale, sia esportando l'eccedenza di produzione con metodi ed a prezzi di « dumping » (vendita a sottocosto, od almeno a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato inte1no). Nè l'una nè l'altra di queste due condizioni si verifica nel caso at- . tuale dell'industria italiana della seta artificiale, la cui produzione è aumentata in modo spettacoloso negli ultimi anni, costituendo già più del doppio della quantità complessiva, che occorre per il consumo nazionale, compreso il consumo delle industrie, che trasformano i filati di seta artificiale in tessuti, in maglie ed altri manufatti pes l'esportazione. Nella Relazione del Consiglio di Amministrazione presentata all'ultima Assemblea generale della "<Soia-Viscosa» la produzione italiana di seta artificiale per l'anno 1925 è stata calcolata in 13 milioni e mezzo di chilogrammi, di cui 9 milioni a mezzo prodotti nelle fabbriche della « SniaViscosa >>. Dalle statistiche ufficiali del nostro commercio internazionale risulta che nel 1925 si esportarono dall'Italia chilogrammi 7 .259.863 di seta ar- ------ pochi giorni prima si assicurava la definitiva i: stabilizzazione », ci è stata anche quella di numerose rivendite che si sarebbero fatte a Londra per il rimpatrio in Italia, del f a1110s0 « pacchetto » di 200 milioni di lire di azioni « Snia-Viscosa » negoziato qualche mese fa a mezzo della banca Hambro. Biblioteca Gino Bianco

LA VANA PROTEZIONE DELLA SETA ARTIFICIALE 187 tificiale, con un aumento di chilogrammi 2.677.077 ~ul 1924, e di quasi 5 milioni di chilogrammi sul 1923. Nella stessa Relazione, è dichiarato il proponimento, che aveva la Amministrazione dello « Soia-Viscosa » di aumentare considerevolmente la produzione dell'esercizio precedente durante il 1926. Uguale proponimento· avevano dal più al meno le altre Società già costituite, tutte con nuovi e grandiosi impianti industriali già ultimati, od in grado avanzato di costruzione, a non parlare delle nuove Società sorte· come funghi nell'ultimo semestre del 1925, ma per ora ancora lontane dal1• esercizio. In queste condizioni, si può ritenere con tutta fondatezza che la produzione complessiva di tutte le fabbriche italiane di seta artificiale, o, per dire meglio, la loro potenzialità di produzione, già raggiunge, se non su- , pera i I 6 milioni di chilogrammi all'anno, e rapidamente si avvia verso i 20 milioni di chilogram~i. L'importazione di filati di seta artificiale in Italia è stata nell'ultimo . tnenao: 1923 . . . . . . 1924 . 1925 . • • • • . . . . chilogrammi 508.468 » 607.438 » 583.243 Si ammetta pure ~he, in conseguenza del dazio aumentato, questa importazione possa essere 1idotta - non annullata, per le ragioni che giàho dette - a favore di un correspettivo aumento del consumo dei prodotti nazionali. Sarà sempre una questione di poche centinaia di migliaia di chilo-· grammi, che saranno un' inezia nel grandissimo bisogno, eh e le fabbriche italiane di seta artifi~iale continueranno ad avere di esportare almeno la metà della loro crescente produzione. Nè è presumibile che, intralciata, come è ogni giorno di più la nostra esportazione di sete artificiali dai dazii, con cui a gara, nella frenetica corsaall' isolamento economico dei mercati, tutti i paesi del mondo cercano di proteggere le proprie industrie, riesca facile alle varie fabbriche italiane dì seta artificiale l'organizzarsi allo scopo di poter contenere l' offert~ della loro merce sul mercato interno in modo da poter ottenere che il dazio doganale di lire-oro 3, al chilogramma - pari, al cambio attuale di 480 per cento, a lire-carta 14,40 - possa esercitare una azione veramente protettiva dell'industria, aumentando di circa il 25 per cento il prezzo attuale di vendita dei filati di titolo medio sul mercato italiano. Biblioteca Gino Bianco

188 LA CRITICA POLITICA Dato pure che questo intento potesse essere raggiunto, resterebbe sempre che il mezzo per raggiungerlo dovrebbe essere una grande riduzione della produzione nazionale di seta artificiale, perchè tornerebbe del tutto impossibile di continuare ad esercitare il «dumping» su quantità ognora crescenti di merci, rappresentanti oltre la metà della produzione interna. D'altra parte, è più che certo che un simile aumento dei prezzi della seta artificiale avrebbe per conseguenza inevitabile di deprimere le possibilità di sviluppo del mercato nazionale di tutti i manufatti di seta artificiale, di modo c~e il dazio stesso andrebbe più a danno che a vantaggio dell'industria, che si è voluto, ma non si può in tal modo proteggere. Tutto sommato, il nuovo dazio, inefficace allo scopo per il quale è stato chiesto ed accordato, prova che, dopo avere commesso il ·grande -errore di eccessivamente aumentare i loro impianti industriali senza renJersi conto delle difficoltà insuperabili alle quali correvano fatalmente incontro, i « capitani » della nuova industria italiana della seta artificiale, che dovrebbero essere tutti libero-scambisti per interesse, se non per convinzione, stanno continuando ed aggravando ancora il loro errore, cercando la salvezza della loro industria in un palliativo disastroso, quale è quello della protezione doganale per una industria, che dipende per la sua vita ed il suo avvenire soprattutto dal commercio di esportazione, e non può ·quindi avere alcun valido ristoro o vantaggio dai piccoli favori e soccorsi dello Stato. EDOARDO GIRETTI LA " CRITICA,, DI NUOVO ASSOLTA Comunichiamo ai lettori la buona novella. Siamo stati assolti vn,altra t1olta e sempre per lo stesso reato che... non ci fu. Perchè la imputazione della quale abbiamo dovuto rispondere, il direttore di questa Rii,ista e il chiaro avvocato E. C. Longobardi, era quella stessa per la quale il 15 febbraio u. s. il Tribunale di Perugia ci assolse « perché il fatto non costituisce reato ». Se- .. nonchè la nostra assoluzione non garbò alt Avvocato Generale presso la Corte . d'Appello di Perugia il quale /ece opposizione alla sentenza e i,olle ricondurci sul banco degli imputati. Fummo infatti chiamati a comparire il giorno 21 dinanzi all'Ecc.ma Corte di fippello di-Perugia. Ci assistei,ano, anche in questa occasione, gli avvocati Publio e Mario Angeloni. Ripetemmo le nostre ragioni. L, assurdità delr accusa e della imputazione era, del resto, chiaramente 3tabilita dalla elaborata sentenza con la quale il Tribunale ci aveva precedentemente assolto. La Corte di Appella ci diede completamente ràgione riconfermante la sentenza del Tribunale. I Biblioteca Gino Bianco

- REGIONALISMO E PATRIOTTISMO La parOla a Maùrizio Barrè·s! L' on. F ederzoni ha un /atto personale col regionalismo : da molto prima che divenisse ministro. Nel regionalismo egli ha sempre dichiarato di vedere, anzichè un coefficiente di migliore coesione e di maggiore attività nazionale, un pericolo di disgregazione .. È questa una sua « convinzione personale» e noi non ci sorprendiamo affatto che, come ministro, abbia voluto procedere secondo la sua convinzione. Ci ha sorpreso, invece, che abbia voluto in un recente discorso a Milano (1), segnalare le richieste di decentramento amministrativo su base regionale fattesi assai numerose nel dopo guerra come un tentativo volto « nella realtà a disgregare l'unità stessa dello Stato » • La verità è che tutte quelle richieste furono determinate dal desiderio e dalla consapevolezza di giovare alla Italia ; di rafforzare la nazione e non già di indebolirla ; di uscire da una situazione di crisi e non già di aggravare la crisi. L' on. Federzoni avrebbe dovuto tenere intanto presente che il decentrarnento su base regionale si trova compreso anche nei postulati programmatici dei fasci di combattimento e che Benito Mussolin;, nelle sue « parole chiare alle reclute » del 24 maggio 1921, dichiara va che compito del fascismo giunto al potere sarebbe stato quello per l'Italia « di unirla e decentrarla- regionalmente » • E del regionalismo si fa, più o meno dichiaratamente, anche oggi. E lo troveremo - g,iacchè altre attività ora non esistono ·e non sarebbero possibili - nella stessa attività dèi fascisti. È una afferma~ione di regionalismo, ad esempio, l'opera della Filologica Friulana che fa capo ali' on. Leitch. Ed è una istituzione regionale, e quindi affermazione di regionalismo, quell' « Ente delle Opere Toscane » che proprio in questi giorni inaugurò, con largo intervento di autorità, la sua esposizione! Il motivo regionalista fu il solo motivo che non servì alle speculazioni demagogiche del dopo guerra : lo accettarono molti gruppi e partiti perchè era un motivo fondato su ragioni molto evidenti; solo pochi, però, lo presero a cuore nceramente come un motivo di primo ·ordine, come una, questione essenziale , urgente, ma alla ricostruzione d'Italia. I partiti di masse se ne stropicciarono. I socialisti, delle varie gradazioni più o meno rivoluzionarie, non vi pensarono ( 1) In occasione della inaugurazione del Labaro della Provincia di Milano, il 5 marzo u. s. B1b io eca Gino Bianco I I' ,

190 LA CRITICA POLITICA nemmeno. I popolari, per quanto nel programma fossero regionalisti, fìnchè fu- _ rono al governo, non mossero un dito per arrivarvi. Quanto al Parlamento poi lasciò ad una Commissione - della quale, se non sbaglia~o, fu non ultima parte anche l'attuale presidente della Camera - l'ingrato compito di vedere, studiare, discutere e riferire. Tra le malattie del dopo guerra il regionalismo è stato cioè la sola manifestazione di sano spirito nazionale, la sola che non abbia costituito una improvvisazione, la sola che avesse di mira una soluzione. La soluzione era poco patriottica~ L' on. F ederzoni può pensarlo; noi lo escludiamo. Egli potrebbe, però, osservarci che noi apparteniamo ad un partito politico nel programma del quale - per quanto nobile e largo sia il contributo di uomini da esso dato alla patria - non può ravvisare il suo ideale del patriottismo. Repubblicani noi, egli nazionalista: impossibile intendersi. Repubblica è per lui disgregazione della Patria; per noi è la Patria nella sua costituzione ideale. E allora la parola non può essere a noi, almeno fìnchè si tratti di convincere del suo errore in tema di regionalismo l' on. F ederzoni e coloro che come lui ragionano e con gli sessi argomenti. Ce ne sono ! Bisogna anzi dire che gli argomenti sono molto vecchi e molto adusati. Lascieremo, perciò, la parola ad un nazionalista. E non ad un nazionalista qualunque ! Ad un teorico del Nazionalismo, al padre spirituale del Nazionalismo più nazionalista dei Nazionalismi, che è altresì uno scrittore insigne, a Maurice Barrès dell 'Académie F rançaise. L' on. F ederzoni può non avere in nessuna considerazione le nostre opinioni, vorrà certo tener conto di quelle di Mauri ce Barrès. Il nazionalismo francese fu sempre tenuto in gran conto dai nazionalisti italiani. Come per tante cose, anche in materia di nazionalismo molto s'è attinto ali' esempio, alla moda della nazione sorella. I nazionalisti italiani non hanno, del resto, mai nascosto la loro vicinanza spirituale coi nazionalisti di Francia e Ii citano assai spesso. Lascino, quindi, che li citiamo noi, una volta. Ecco qua, infatti, due volumi di Maurice Barrès: Scènes et doctrines du N ationalisme ( 1). « Editi on definitive ! » L'opera s'è finita.di stampare il 20 ottobre 1925. Opera, dunque, anche molto recente. In appendice: << Il programma nazionalista di Nancy » e alcune « Note sul federalismo » destinate queste ad una parziale illustrazione e difesa del primo, perchè (chi lo~crederebbe?) i nazionalisti di Francia sono regionalisti e federalisti. Perchè lo siano, non vogliamo indagarlo: forse per le ragioni stesse per cui noi, repubblicani, lo siamo in Italia. Il centralismo in Italia è, necessariamente, monarchico, mentre in Francia è repubblicano. Nell'ordinamento politico amministrativo i due Stati si somigliano molto. L'ordinamento italiano, che è quello del Piemonte, fu calcato sul modello napoleonico che la Francia ha conservato, con lievi varianti, nonostante la repubblica. Così qua e là si sono presentati e si presentano. gli stessi problemi, , (1) Paris - Plon - Nourrit et C.ie Editeurs. fr. 25. Biblioteca Gino Bianco

' . REGIONALISMO E PATRIOTTISMO 191 gli stessi inconvenienti, le stesse degenerazioni : gli aspetti e i fenomeni della crisi politica in Francia e in Italia sono su per giù gli stessi per quanto gli sviluppi e le conseguenze della crisi non si rassomiglino sempre. Dunque la parola è a Barrès. Vorranno i nazionalisti, vorrà l' on. Federzoni, dubitare delle sue intenzioni patriottiche~ Ebbene Barrès dirà loro che la divisione regionale della Francia si presenta come una necessità patriottica, in quanto giova alla Francia, e cioè al suo sviluppo, al suo progresso, alla sua ~igliore unità. Lo ~tatalismo, l'accentramento soffoca, dissolve la Francia. « La dominazione dello Stato paralizza attualmente la spontaneità di ogni associazione, e cioè dei gruppi locali e dei gruppi morali. I due mali di cui più gravemente soffre il nostro paese, è la rr1ancanza di vita locale e l'incapacità a coo~erare spontaneamente » (Il. p. 221). Per ciò Barrès, e i nazionalisti con lui, riprendono una vecchia formula che oramai, essi dicono, s'impone: « Al Comune, gli interessi comunali; alla Regione, gli interessi regionali; alla Nazione, gli interessi nazionali». E autonomia del Comune, e autonomia della Regione. Il decentramento non è affatto inteso da Barrès come semplice suddivisione delle funzioni amministrative, come decentramento burocratico, bensì come autonomia di fun - zioni e di attribuzioni. Barrès è insomma contro la legge unica, contro il rego. lamento unico, contro il Parlamento unico. «L'eguaglianza - egli afferma - non consiste nell'uniformità, come credono i nostri burocrati, mo in un eguale riconoscimento di necessità differenti. Le assemblee regionali regolerebbero il dettaglio dell'organizzazione comunale. Queste assemblee regionali, noi non le concepiamo affatto come semplici Consigli generali ad attribuzioni un poco più estese, ma come veri parlamenti locali» (Il. p. 224-225). E più avanti precisa: « Nell'organizzazione attuale il potere centrale è rivestito di tutti i diritti, e le attribuzioni delle assemblee locali sono limitate dalla legge; noi desideriamo, al contrario, che le assemblee locali possiedano tutti i diritti, e l'assemblea centrale solamente quelli che le saranno delegati dallo statuto costituzionale». (Il. p. 225226). E a chi vede un inconveniente per la saldezza dello spirito nazionale nel ristabilire le Regioni, secondo la tradizione e i vecchi nomi, Barrès risponde << La Normandia, la Borgogna, la Lorena, la Guascogna ecc. hanno una esistenza alt~ettanto legittima che la Francia » • « Il mantenimento dei nomi e delle circoscrizioni storiche ha forse nuociuto al patriottismo della Svizzera? Questo piccolo paese è il vero modello delle nazioni repubblicane » (Il. 227). Si è obiettato tuttavia, in Francia esattamente come in Italia: e l'unità nazionale? E qui la risposta di Maurice Barrès si fa appassionata, eloquente e sdegnosa. Giova riprodurla per int~ro e dedicarla a tutti coloro che riprenderanno in Italia tale argomento. Ascolti, on. Federzoni. « L'unità nazionale I Eccola l'obiezione che incontriamo sulla nostra strada, come l'avevano già incontrata i pubblicisti moderati della scuola di Nancy. Non è da oggi che lo si è detto : la calunnia delle intenzioni è sell'pre il mezzo più sicuro di screditare le nobili imprese. Degli impostori obiettano al nostro regionalismo che esso compromette la patria! Quale dileggio I Nella patria una e indivisibile, vogliamo Biblio eca G·no Bianco . ' ., I • '

.... 192 LA CRITICA POLITICA introdurre la libertà in tale moao che tutte le forze si coordinino, che tutti i diritti e gli interessi degli individui e dei gruppi possano svilupparsi e ottenere la loro soddisfazione sotto il benefico impulso del genio nazionale. Compromettere la _patria I noi pretendiamo rigenerarla. « E necessario ben dire che i nostri contradditori, trascinati da un funesto gusto per la tirata, cercano di opporci il più spesso non so quale patriottismo, artificioso e declamatorio come unu tragedia dell'Odeon. Questi signori, abituati a nutrirsi di un vuoto verbalismo, non hanno esaminato con attenzione come il patriottismo si costituisce e per quali vie si dilata dalla famiglia alla città, alla provincia, alla nazione. « La nazionalità francese, secondo noi, è fatta di nazionalità provinciali. Se una di quelle fa difetto, il carattere francese perde uno dei suoi elementi. Metz e Strasburgo hanno messo nel genio francese dei tratti indispensabili e tali che, se li si cancellasse, questo sarebbe irriconoscibile. Fu il regime centralizzatore che perdette l'Alsazia e la Lorena. Ammettiamo pure, ciò che io non credo, che vi sia stato solo un rapporto di coincidenza, non di causa ad effetto. Tuttavia, delle stesse provincie che non furono distaccate dal territorio nazionale, cosa ne ha fatto il regime centralizzatore? Chinatevi su esse. Distinguete voi ancora le loro fisionomie cancellate ? Ov' è dunque la loro attività, il loro genio particolare? Secondo la forte espressione di Bakounine, penetrata di verità, '' la centralizzazione è un cimitero , , . « Ci si dice : e sia pure che il regionalismo vivificherebbe il sentimento nazionalista su tutti i punti della Francia. Non possiamo negarlo. Ma è questo il momento di procedere a certe r;forme interne? Occupiamoci anzitutto dello . straniero. « Non già f viviamo anzitutto ! e per la centralizzazione la Francia muore. Non è sotto lo sforzo di un paese rivale che un paese si sfascia; se muore è per l'azione di una causa interna. Tenete conto dunque che la Francia, anemizzata in tutte le sue membra, non produce più individui nè aggruppamenti. « E poi, che è ciò? Se voi volete riferirvi alla Germania f'non mancate di c. serietà o di metodo? Ecco delle persone alle quali bisognerebbe leggere un buon manuale dei poteri nel regno di Prussia ( 1) durante questi ultimi cinquanta . anni. « Charles Maurras, assai utilmente, in un articolo del Soleil, faceva rilevare che, durante questo lungo periodo di ascensione della sua egemonia, la Prussia non ha cessato di essere uno stato fortemente ed abilmente decentrato. Decentrato civilmente, militarmente unificato: tutta la soluzione del problema è raochiusa nella formula di tale distinzione. ( 1) Avvertiall!o che Barrès scriveva avanti la guerra europea, quando la Germania era al suo apogeo. Lo scritto si è ripubblicato ora nei due volumi in cui lo scrittore nazionalista ha raccolto il meglio della sua produzione politica. Ciò serve a stabilire che le sue opinioni sull'argomento non sono affatto cambiate. Biblioteca Gino Bianco

REGIONALISMO E PATRIOTTISMO 193 « Dei mali che ci ha arrecato I~ centralizzazione da cento e più anni a questa parte, dice Charles Maurras, quelli che essa non ha impedito, e infine i beni positivi che ha reso impossibili, i Francesi cominciano a saperne la somma. In Prussia il decentramento non ha arrestato una forma sola di progresso ed ha favorito tutti i movimenti di espansione nazionale. Della .Prussia da venticinque anni a questa parte noi abbiamo tutto registrato ; due cose ne abbiamo disdegnato : la bella e fiera costanza dei prussiani in una politica di interesse nazionale e il loro intrattabile sentimento provincialista. Tuttavia sono proprio queste due forze unite che hanno aiutato i vinti di Jena nella loro opera di rinascita. e È permesso ammettere, senza forzare il valore dell'argomento, che il nostro esercito in una ripresa di vita provinciale, troverebbe la sua fona morale assai accresciuta. « Pensate forse, disse un giorno Mistral, che la nostra armata sia divenuta meno patriotta e forte dopo _che il reclutamento regionale vi è praticato? Affatto. In provincia i nostri soldati sono lietissimi di vivere tra loro, di ritrovarsi con sottufficiali del paese che loro spiegano la teoria nel loro dialetto. La caserma è diventata per essi una specie di famiglia ; la nostalgia ed il suicidio sono calamità che il soldato non conosce più. « Ebbene, continuava Mistral, vorrei che questo metodo fosse esteso a tutte le forme della nostra vita sociale, che si lasciasse ogni provincia più largamente padrona dell'organizzazione della sua vita intellettuale ed economica, e che si des~e così agli uomini che vi nascono maggiori ragioni di amare il loro pezzo di terra e di rendirglisi utili attaccandovisi. « E noi stessi, se c'è permesso citarci, dicemmo a Bordeaux : ' ' nelle ore del pericolo, la forza del nome francese sarà sempre raddoppiata in virtù degli appellativi di Brettone, di Lorenese, di Alsaziano, di Girondino. Non paventate di aggiungere al sentimento nazionale il sentimento locale. Dat~ a ciascuno due patrie da servire: la grande patria, la piccola patria. E poi raddoppiate l'io individuale con un io più ampio : collochiamoci in un gruppo, in una associazione professionale, in una personalità morale che sia nostro interesse amare come noi stessi. « Agli uomini occorrono ragioni precise, tangibili d'amare il loro paese. La parola '' patria , , non deve essere una espressione metafisica ad uso degli oratori dei concorsi agrari, dei banchetti e della distribuzione dei premi. Tenete presente che pagare le imposte è un legame patriottico insufficiente. Il proprio paese non si amerà mai tanto se non prendendo contatto con esso, coli' appartenere ad una regione, a una città, ad una associazione nella quale si abbia il proprio ufficio modesto, la propria parte di responsabilità, liberandosi con ciò dall'isolamento di un essere irresponsabile e senza solidarietà, che crederà di essersi salvato completamente quando avrà salvato la propria pelle , , . « Infine, poichè noi consideriamo le conseguenze della decentralizzazione geografica e morale nei riguardi della situazione della Francia di fronte ali' estero, avete riflettuto all'appoggio che il nostro paese troverebbe in Europa in virtù di un tale principio ? ,. Biblioteca Gino Bianco . . .

194 LA CRITICA POLITICA « Il federalismo, non costituisce solo un metodo di politica interna ma è una politica di esportazione che avrebbe grande risonanza in Germania che, non lo si dimentichi troppo, è un impero federale; nell'Austria ove s'impone; nell'Italia ove esso riapparirà per il miglior bene della civiltà italiana e per la nostra sicurezza; nella ~pagna, ove la Catalogna lo reclama; nelle Isole Britan• niche, ove esso risolverebbe la questione irlandese. « Per concludere e poichè è necessario figurarsi il governo del nostro paese tale quale è possibile averlo al giorno d'oggi - e noi non siamo punto dei sognatori che ragionano al di fuori della realtà - i.o terrei ad insistere su questo punto, che scaricando il potere centrale attuale delle sue attribuzioni superflue per riportarle su gruppi secondari, alleggeriremo la responsabilità e il compito del Governo. E in tal modo lo Stato, oggi sovraccarico di mille occupazioni per le quali non ha competenza, potrebbe applicare alle sue funzioni essenziali una attività più libera e più completa, poichè non v'è dubbio che i nostri governanti, impegnati nella gestione degli interessi collettivi di tutti i gruppi, di tutti i Comuni, di tutti i Dipartimenti e della patria stessa, sono anche eternamente distratti da ciascuno di essi, e in tal modo si compromettono. E così, per citare un esempio abbastanza preciso ed evidente, che, nel nostro sistema attuale, gli interessi del paese ali' estero sono regolarmente sacrificati alle brighe interne mentre tutta l'attenzione dei nostri uomini politici è volta al ministero degli interni dove giorno per giorno gli interessi che si dibattono impegnaµo e · dominano il nostro personale di governo». (Il. da p. 23 I a 236). Così parla Maurice Barrès. Nazionalista in Francia, egli adopera su questa questione gli stessi argomenti che avrebbe adoperato un repubblicano in Italia. Ripete, anzi, cose in Italia dette ancor meglio da Cattaneo, da F errari, da Al-· berto Mario, da Colajanni, da Ghisleri, da altri cento. E tuttavia, ne siamo ben certi, del suo patriottismo, del suo grande amore per la sua patria, nessun nazionalista italiano oserebbe mai mai dubitare. Il regionalismo un pericolo~ No, dice Barrès - e noi ripetiamo con lui - la rinascita, la forza e l'avvenire della Patria ! LUCIO SPERANZA ESSERE PUNTUALI! Se gli abbonati, tutti gli abbonati, prendessero l'abitudine di essere puntuali, di pagare anticipatamente, di non aspettare il sollecito o addirittura l'esattore, noi rispiarmieremo, a fine d'anno, diverse migliaia di lire (diciamo migliaia) e le cose della nostra rivista andrebbero molto meglio, con vantaggio nostro che spenderemmo meno e perderemmo meno tempo, e con vantaggio degli abbonati che avrebbero una rivista meglio curata. Infatti, noi abbiamo sempre calcolato di impiegare i maggiori mezzi {se ne avessimo !) al miglioramento della rivista e a completarne l'opera di propaganda con altre iniziative. E non è_ colp~ nostra se non abbiamo potuto farlo come avremmo voluto. La colpa è dei nostn ... cattivi amici ! Biblioteca Gino Bianco

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