La Critica politica - anno VI - n. 2 - febbraio 1926

LA CR,ITICA POLITICA RIVISTA MENSILE ANNO VI FEBBRAIO 1926 FASC. 2 .. Preoccùpazioni_perl'ingressodei rurali L•ingresso dei rurali nella vita pubblica suscita molte ·apprensioni. Ne sono preoccupati i liberali: in Inghilterra Lloyd George. Ne sono preoc- ' cupati i socialisti. E opinione diffusa, presso gli uni come presso gli altri, che i rurali costituiscano una forza conservatrice, reazionaria, retrograda rispetto ai tempi e si teme che la loro partecipazione attiva e positiva alla vita pubblica possa segnare un brusco passo indietro. Prima di esaminare quanto tale opinione sia giustificata è il caso di fermarsi un momento a vedere quali motivi contribuiscono a formarla. I sentimenti vi hanno, senza alcun dubbio, una parte preponderante. Per quanto l'idea di uguaglianz~ sia un'idea molto diffusa e liberali democratici e socialisti ne facciano il fondamento teorico delle loro dottrine e del loro programma, nel fatto i rurali furono sempre tenuti per una categoria inferiore della società. Il distacco tra città e campagna è un fatto storico di secoli che ha determinato sentimenti di avversione quasi istintiva. A colmare tale distacco nulla ha fatto il liberalismo, poco o quasi nulla il socialismo. Di fronte al contadino l'operaio della fabbrica si considera in un piano superiore e il fatto di essere socialista non grimpedisce di guardare il compagno addetto al lavoro dei campi ·con occhio di superiorità e di compatimento. Vi contribuisce poi tutta l'attuale_ formazione intellettuale. L'epoca moderna venne ed è considerata - e non a torto - come l'e- " poca della civiltà industriale. E bastato che questo fatto apparisse oramai certo perchè la scienza e la cultura non vedessero altro. La realtà si idealizzò nell•economia industriale. I fenomeni più complessi vennero semplificati e ridotti alla disciplina di leggi determinate, e cioè fisse, che erano poi quelle della industrializzazione : meccanizzazione, concentramento, grandi numeri, uniformità.... Tutto ciò che non rientrava nel quadro di quelle leggi era una sopravvivenza del passato destinata a sparire. E una sopravvivenza era l'agricoltura con i suoi molteplici tipi di conduzione, con le sue forme d'impiego della mano d•opera e colle condizioni tanto diverse da luogo a luogo. Pur•essa avrebbe dovuto subire le leggi dell'industrializzazione, e cioè quelle leggi che si era preteso di avere scoperto e a cui tutti i fenomeni Bibroteca Gino Bianco ,

50 LA CRITICA POLITICA ===============-===---=========-=======---------------- _-- dovevano essere ridotti. Di questa uniformità e unilateralità di visione il marxismo, in quanto ha costituito per mezzo secolo la base teorica di tutte le rivendicazioni del lavoro, porta gran parte della responsabilità. Marx vide la fabbrica : non tenne conto della campagna. Le leggi che, secondo lui, gove1nano lo sviluppo capitalistico nella industria, operano nello stesso modo nell'agricoltura? Egli non si occupò di saperlo, ma per i marxisti ciò è fuori discussione. Tra i tanti interpreti e glossatori del marxismo, colui che dopo l'Engels, gode maggior credito - il Kautsky - si dedicò di proposito a questa speciale fatica : applicare strettamente ali' agricoltura la tesi del marxismo sul capitalismo industriale. Ne risulta, naturalmente, un quadro arbitrario, in assoluto contrasto colla realtà. E insieme, una ostinata pretesa di far camminare la realtà sulla strada tracciata dalla teoria. Ciò che è vero per l'operaio della fabbrica deve esserlo pure, esattamente, allo stesso modo, per l'operaio della campagna. Di qui una serie di errori tattici che i partiti socialisti stanno tutti, dove più dove meno, amaramente scontando. In Russia il bolscevismo ha dovuto modificare sostanzialmente le sue tesi agrarie ; tuttavia le discussioni e i contrasti a cui tali modifiche hanno dato luogo fra socialisti russi e la preoccupazione, in quella parte di essi che fu favorevole alle modificazioni, di giustificarle come necessari deviamenti che non contrastano al fine, dicono quale ostacolo l' attaccamento teorico al marxismo stia per rappresentare al movimento sociale con- ' temporaneo, anche là dove la via è libera. E questo, del resto, il destino di tutte le dottrine che hanno raggiunto una grande popolarità e diffusione: a un certo momento incominciano a diventare statiche. Nelle preoccupazioni per l'ingresso dei rurali nella vita pubblica v'è molto spirito. di conservazione. Non importa che si manifestino proprio tra coloro che si proclamano liberali, progressisti e rivoluzionari. Troppe volte in politica i nomi non corrispondono affatto alla realtà. Perchè i rurali potessero rappresentare per la società un pericolo di arretramento verso forme e ideali di vita meno civili, meno elevati, bisognerebbe che essi fossero oggi quel che furono nel passato: una massa bruta, senza aspirazioni, senza ideali, destinata per ciò a servire come strumento del predominio di un uomo o di una casta. Vandea è reazione, la quale fu possibile solo in condizioni di abbrutimento materiale e spirituale. Allora è facile ai potenti e agli ambiziosi farsi forti della ignoranza e della superstizione delle masse, eccitandone a proprio profitto gl'istinti e il fanatismo religioso. Oggi, nei riguardi dei rurali, la situazione si presenta esattamente rovesciata : da strumenti· passivi della politica altrui questi stanno diventando, dove non sono già divenuti, elementi attivi di una politica propria. Sono essi, cioè, che costituiscono il termine di spostamento tra il passato e l' avBiblioteca Gino Bianco

. PREOCCUPAZIONI PER L'INGRESSO DEI RURALI 51. --=--==--- · ===========================-====== venire. Come, du~que, si potrebbe da ciò che furono stabilire ciò che saranno? Evidentemente essi sono già tutt'altra cosa. Lo sono in quanto vogliono esserlo. Lo sono in quanto se così IJ-On fosse non esisterebbe un movimento dei rurali verso la vita pubblica. E insomma una parte, una gran parte dell'umanità, che prende contatto diretto colla vita. E ciò è come una rivoluzione. Anzi è una rivoluzione vera e propria : la grande « rivoluzione silenziosa » • In Inghilterra la chiamano già così. Cosa ci porterà? Se prevedere a distanza gli avvenimenti è in politica pressochè impossibile, tanto l'elemento individuo può influire nella loro determinazione, si possono però sempre stabilire, con una certa~ approssimazione, alcune condizioni generali nelle quali tali avvenimenti si produrranno. Le classi sociali, il sistema della economia, la tecnica, le tradizioni, ecc. sono elementi in ciascuno dei quali ogni spostamento non può non avere una influenza destinata a durare per un periodo alquanto lungo e ad operare in un determinato I senso e con speciali caratteristiche .. Nel caso dei rurali si tratta appunto di ciò. Lo spostamento è stato molto più notevole in quanto i rurali costituiscono nella quasi totalità degli Stati d'Europa la maggioranza della popolazione. Fin quì, praticamente, la politica fu fatta ovunque da minoranze organizzate. I governi - anche là dove formai- • .mente i cittadini di ogni classe trovavano garantita, in eguaglianza di dir_ittie di doveri, la partecipazione alla cosa pubblica - altro non furono che la espressione di un ristretto numero d'interessi privilegiati nello Stato. La stessa lotta politica non ebbe altro movente principale che non fosse quello di difendere o conquistare una posizione privilegiata nello Stato. La teoria delle classi politiche del Mosca è s01tita da tale constatazione. Col prevalere politico di una classe socialè eh~ è per sè stessa una maggioranza, ecco che non si potrà più parlare di governi di minoranza. La classe politica si slarga, aumenta il numero dei suoi componenti, subisce la influenza e la pressione di interessi più numerosi, quasi uniformi, più .vicini a quelli della generalità. Chi vuole fare politica, occupare cariche pubbliche, an·ivare al governo, deve cercare di poggiare sugli elementi e sugli inte_ressi a più larga e solida bas~. I politicanti, anche quando non sono mossi da aspirazioni ideali, hanno il fiuto delle situazioni. È per ciò che l'ingresso dei rurali avrà ripercussioni più rapide e sensibili di quel che. potrebbe • I aspettarsi se essi dovessero proseguire solo coi propri mezzi. Il primo risultato politico a cui i rurali vorranno tendere sarà quello di eliminare nei loro confronti molte posizioni attualmente privilegiate nello Stato. Un urto ci sarà se quelle vorranno difendersi. Ciò è molto probabile. Qualche sintomo se ne è avuto. Si tenga mente agli avvenimenti di Bulgaria. Quello che sta avvenendo quà e là, in altri paesi di Europa, ci dà a vedere che Biblioteca Gino . 1anco

• ,I 52 LA CRITICA POLITICA = =========================-=-=-=-=-=-=--=--=-=-=-=-===--- --- ------ -- ---- -- · ovuque i privilegiati non risparmieranno mezzi per difendere la loro posizione. Quello che non è probabile è che i rurali, arrivati al potere, abbiano bisogno, per rimanervi e consolidarsi, di ricorrere alla dittatura. P erchè i rurali possano avere· aspirazioni e finalità dittatoriali bisognerebbe che essi non fossero numericamente quello che sono. Sono le minoranze che possono· aspirare alla dittatura o averne bisogno. Le maggioranze - specie quando sono rappresentate da interessi quasi omogenei - della dittatura ne fanno a meno ! La rivoluzione operaia in Russia - in quanto è fatta dagli ope· rai delle città - ha bisogno della dittatura. E tuttavia la dittatura, per avere possibilità di durata, deve venire a patti, e praticamente cedere di fronte alle loro esigenze, coi contadini che pure essa vorrebbe piegare alla sua logica e ai suoi fini di socializzazione. Sono gl'istinti della vecchia anima borghese che in Russia insidiano la· rivoluzione : dicono i socialisti. Se in Russia i rurali costituiscono un pericolo per la piena attuazione del socialismo, a maggior ragione potrebbero costituire nel resto di Europa un ostacolo formidabile al suo divenire. Ma socialismo per la grande maggioranza dei socialisti ha significato esclusivo di collettivismo, di socializzazione e, diciamolo, di statizzazione. I socialisti sono sorpresi di vedere che le leggi di sviluppo del mondo capitalistico non funzionano esattamente secondo i loro assiomi e, per quanto. così segua da molto tempo e con manifestazioni di persistenza, continuano a r~tenere che ciò sia in contrasto col progresso, colla civiltà, col socialismo. Fanno così una cosa sola dei loro pregiudizi ed errori dottrinali e del progresso sociale e politico il quale cammina invece sulle sue gambe. Il senso verso il quale il progresso cammina, e che appare certo, nonostante tutta l'ingegnosità con cui certi dotti socialisti hanno cercato di piegare le statistiche alla dimostrazione del contr~rio (anche la statistica spesse volte è una... opinione !) è quello della proprietà e della indipendenza economica individuale. Nè i poveri tendono a diventare sempre più poveri, nè il numero dei proprietari tende a diminuire. Anzi la generale tendenza negli uomini è a formarsi, a conquistarsi una proprietà. Ciò si verifica per gli stessi operai dell'industria, la quale pure continua ad obbedire, per quanto ci siano ragioni per dubitarne nell'avvenire, ad esigenze di concen-- trazione e di unificazione. Il cooperativismo operaio - benchè osteggiato come un fenomeno piccolo borghese - ha fatto, per esempio, della strada sul terreno della, industria. Le forme di compartecipazione, di azionar:iato si sono poi straordinariamente sviluppate. E si svilupperanno. Non è il socialismo. Non è detto però che la formula « tutti proprietari » sia meno bella e meno socialista dell'altra formula « proprietario nessuno ». Questa tendenza alla proprietà che pure opera nel campo della industria .vi opera Biblioteca Gino Bianco

PREOCCUPAZIONI PER L'INGRESSO DEI RURALI 53 ------=----_ ··==-===-======================~================== in modo poco appariscente. Per chi trascura alcuni elementi che servono a segnalarla, può non esistere affatto. );. il sistema a salario, tipico della industria, può offrire ai teorici del socialismo marxista larga messe alle loro disquisizioni. Più volte Giorgio Sorel ha avuto occasione di affermare che -i proprietari ufficiali del marxismo colle loro formule hanno finito col togliere alle dottrine socialiste ogni serietà e il senso stesso della realtà ! Nell'agricoltura la tendenza alla proprietà è invece generale assoluta e innegabile. In Europa opera comunque con una certa rapidità. Non v'è, infatti, un solo Stato in cui il numero dei proprietari agricoli non sia in aumento. Il V andervelde, il quale limitatamente per il piccolo Belgio aveva -creduto ( 1) di poterne dedurre qualche legge generale sul progresso del capitalismo nel senso del concentramento, ha dovuto, nelle conclusioni, confessare i suoi .fortissimi dubbt . ' E specialmente dopo la guerra che l'aspirazione alla proprietà della terra diventa ovunque addirittura spasmodica. La rivoluzione· russa è caratterizzata più che dalla forma delle· istituzioni (destinate a trasformarsi e già in via di trasformazione) dal fatto che milioni di contadini siano entrati praticamente in possesso della terra e la tengano e ne usino come libera e privata proprietà. La terra ai contadini è la formula con cui Stambuliski conquista il potere in Bulgaria ; con cui Radic crea il partito dei conta- ' dini in Croazia ; che in Italia per un certo periodo adottano tutti i partiti, dai socialisti ai popolari ; che in ogni paese trova adesioni e consensi. Un'inchiesta fatta al termine della guerra in Inghilterra dai comandanti del1' esercito bnttannico per sapere cosa i reduci desiderassero diede questo risultato : su un milione di soldati, 800 mila risposero « un poderetto e una casa ». E non erano tutti agricoltori! L'Inghilterra· è anzi il paese d'Europa dove lo sviluppo dell'industria ha spopolato e impoverito le campagne. Anche in Germania molti reduci della guerra, piuttosto che ritornare all'officina o all'impiego, hanno preferito acquistare la terra e trasformarsi in liberi agricoltori. Ne è a dire che tale tendenza alla proprietà della terra sia determinata solo da una ragione di lucro, e cioè da motivi strettamente economici. Agiscono piuttosto motivi di maggiore indipendenza, di autonomia, un senso meglio sviluppato del proprio io, della propria dignità, della propria libertà. Molto spesso i prezzi pagati per acquistare la proprietà hanno ' rappresentato per gli aquirenti un pessimo affare. E l'insofferenza della dipendenza dal padrone che in Italia, proprio nei paesi di mezzadria dove il contadino gode di una relativa autonomia, ha indotto i contadini ad acquistare i terreni a prezzi altissimi, sproporzionati assolutamente al loro ren- (J) Nel libr.o: La proprietà fondiaria nel !Belgio. Biblioteca Gino Bianco

54 LA CRITICA POLITICA dimento. E il fenomeno continua. Una delle maggiori spinte alla nostra emigrazione transeoceanica era data prima della guerra ed è data adesso, dal desiderio di mettere insieme sufficienti risparmi per l'acquisto di un. ,pezzo di terra e una casetta nel paese natìo. E Dio sa con quanti sacri--· fici e a quale prezzo l'emigrante, qualche volta, vi arrivi! Che l'ingresso dei rurali nella vita pubblica porti con s.e un incremento nel numero delle proprietà private e si accompagni ad una maggiore valutazione sociale della proprietà, è così fuori di ogni dubbio. Molti ideali ne sortiranno modificati. L'idea di socializzare ogni cosa, di mettere gli uomini allo stesso livello sociale per essere tutti allo stesso modo salariati, non riuscirà probabilmente in avvenire a commuovere e a muovere molta gente. Il contagio della aspirazione alla proprietà potrebbe diffondersi dalla campagna alla città, e guadagnare gli operai delle fabbriche. I sindacati operai potrebbero accorgersi che la loro attuale funzione di difendere i salari e di migliorare le condizioni del'lavoro è troppo limitata e non serve a mutare la natura del rapporto economico e che occorre proporsi scopi più elevati ed economicamente meglio risolutivi. 1 tentativi di cooperazione operaia per la produzione, sono così destinati a ripetersi su larga scala. Gli; inizi sono sempre pieni di difficoltà e i primi insuccessi non dicono che la strada della cooperazione per la produzione sia chiusa alla emancipazione operaia. Così pure la tecnica può riserbarci delle sorprese nel tipo delle aziende industriali. L'elettricità ha ravvivato le piccole aziende. E in molti casi l'eccessivo sviluppo delle aziende si addimostra poco conveniente. Insomma la stessa realtà industriale si va trasformando. E in tale trasformazione - come, e maggiormente, nei sentimenti, nelle abitudini di vita, nei rapporti e nelle aspirazioni sociali - influisce e più influirà il prevalere dell' elemento rurale. I socialisti, non potendo negare il fenomeno rurale, si danno dattorno nello studio del modo come conciliarlo alla loro causa, cioè al loro programma teorico e pratico. Di qui le loro discussioni sul cosidetto problema delle classi medie che essi hanno· il torto di porsi come il problema di non averle ostili, ma anzi cooperatrici in un IÌsultato che non può essere il .loro ( 1). In tal modo non lo risolveranno mai, specialmente poi quando vorranno prendere a considerare insieme, alla stessa stregua, rurali, impiegati, artigiani, e... intellettuali. I rurali, intanto, vanno considerati a sè, e nella società divisa orizzontalmente in classi vanno classificati entro un'altra divisione, verticale. Quando se ne escluda una limitata categoria di per- ( 1) Questo è il modo in cui se lo pone anche il Mondolfo in un opuscolo : /I problema· delle classi medie, con prefazione di F. Turati. Ed. de La Giustizia .. Milano. Biblioteca Gino Bianco

p REOCCUP AZIONI PER L'INGRESSO DEI RURALI 55 sone le quali posseggono della terra solo la proprietà ma con essa non hanno altri rappo1ti di vicinanza, che non sanno come si coltivi un campo nè che cosa sia la vita agricola, tutti gli altri costituiscono un insieme molto vicino alla omogeneità. Mentre la tecnica agraria presenta una varietà infinita di tipi che non· si riscontra nella tecnica industriale e lo studio della agricoltura presenta da luogo a luogo particolarità e fenomeni che solo la costituzione mineralogica, il clima, l'idrografia, la storia locale permettono di spiegare per ciascun paese, la psicologia degli agricoltori è invece molto simile non solo nelle varie classi in cui si suddivide ma pure nei diversi paesi d'Europa. Si può dire che la consuetudine colla terra operi gli stessi effetti dell'animo umano in qualunque latitudine, su colui che nella classe sociale è posto in alto come su colui che si trova in basso. I rurali costituiscono, nella società, un modo di vita. Di forte carattere e e onesti, quieti e persistenti, timorosi delle novità e risparmiatori - nota il Serpieri { 1) - sentono molto la continuità delle generazieni, Proprio così ! La famiglia ha tra i rurali posto radici assai più profonde che presso le altre classi di cittadini. E l'amore alla terra ha qualche cosa di religioso. Sono queste qualità appunto - qualità positive - che hanno guadagnato ai rurali la qualifica di conservatori. Conservatori perchè ? P erchè timorosi delle novità, diffidenti, non facili a lasciarsi trascinare dalle promesse e dai programmi mirabolanti. E, sissignore, è così. I rurali sono diffidenti: d~ buoni uomini pratici amano i /alti alle parole. Non temono le novità, ma · non le accettano alla cieca, e prima di accettarle vogliono accertarsi che non siano contro di loro. E in Italia almeno {noi dobbiamo tener conto sopratutto degli elementi che sono a nostra portata) hanno ragione. Che i rurali dopo la guerra non fossero chiusi alle novità, che essi fossero pronti ali'azione disciplinata e organizzata, lo dimostra lo sviluppo preso dalla organizzazione sindacale nel '19 e nel '20. Non solo le organizzazioni cattoliche ma pure quelle dei socialisti si popolarono di contadini. Nel 1920 la Federazione Nazionale dei lavoratori della terra contava ben 760 mila organizzati. Se da tale cifra imponente precipitava nell'anno successivo a 293 mila è perchè, nelle loro aspirazioni, i rurali si trovarono tremendamente delusi. Colla solita .incomprensione (2) la Federazione si pose contro ogni idea di distribuzione della terra ai contadini. Nè questo bastò : le agitazioni degli operai della città e la stessa conquista dei Comuni da parte dei socialisti durante questo periodo, si risolsero molto spesso in un . danno (I) La polillca agraria in Italia. Piacenza. (2) Quella stessa incomprensione che l'aveva portata dieci anni prima a creare e ad inasprire un dissidio tra mezzadri e braccianti in Romagna. Ecco un argomento del quale sarà il caso di riparlare, se non altro per l'esperienza del poi. Biblioteca Gino Bianco '

56 LA CRITICA POLITICA =============-----·-=----=--=-- _-.::;:-..:::::-..:::::-..:::::-..:::::-..:::::-..:::::-..:::::-..:::::-.::::=====-- diretto e visibile per i contadini. Non è quindi a meravigliare se due anni dopo questi fossero dolenti e delusi, se le elezioni generali del 1921 videro le urne disertate dai contadini e se poi il loro malcòntento finì col rendere più agevole la marcia del fascismo. I rurali ricchi, i proprietari agricoli, grossi e medii, non ebbero, d'altro canto, a compiacersi neppure essi della politica finanziaria e doganale dello Stato la quale fu, nei primi anni successivi alla guerra, una politica dissennata, volta a favorire i gruppi parassitari bancari e industriali in danno dell'agricoltura. T aie politica culminò nella tariffa doganale applicata dall' on. Giolitti nel giugno 1921 per decreto legge, e cioè senza discussione o approvazione del Parlamento. Sì, i rurali diffidano delle novità, di certe novità che, non capiscono, che non rispondono sopratutto al loro interesse. Sono diffidenti perchè da molti decenni di tali novità essi hanno sopportato le spese senza beneficio : troppe volte hanno, per istinto, perchè sentivano di cadere nel peggio, preferito difendere ciò che c'era, non perchè fosse ciò che essi desideravano, ma solamente perchè era il meno peggio. L'Italia agricola fu in Italia costantemente ignorata. I parlamenti, e i governi nulla fecero mai per essa. Gli interessi della città prevalsero costantemente su quelli delle campagne che non ebbero mai nè voce nè peso sulla legislazione. E r agricoltura pagò sempre. Come si vorrebbe che oggi gli agricoltori, i quali hanno incomin- . ciato ad aprire gli occhi e ad aprirli bene, non fossero diffidenti delle novità, di quelle novità sopratut~o che non capiscono,· e dei cui benefici non sono affatto convinti? Senonchè tale diffidenza è una /orma di consapevolezza e diviene azione e novità a sua volta dal momento che cessa di festare passiva per fatsi volontà attiva, desiderio di realizzazione. E ciò è progresso! Ma - insistono i socialisti - e l'interesse della produzione ~ E interloquiscono i liberali - le sorti del liberalismo ? E è appunto a ciò che volevamo arrivare. Sarà per quest'altra volta. OLIVIERO ZUCCARINI I CONSIGLI AGLI ABBONATI Se gli abbonati tutti gli abbonati, prendessero l'abitudine di essere puntuali, di pagare anticipatamente, di non aspettare il sollecito o addirittura l'esattore, noi rispiarmieremo, a fine d'anno, diverse migliaia di lire (diciamo migliaia) e le cose della nostra rivista andrebbero molto meglio, con vantaggio nostro che spenderemmo meno e perderemmo meno tempo, e con vantaggio degli abbonati che avrebbero una rivista meglio curata. Infatti, noi abbiamo sempre calcolato di impiegare i maggiori mezzi (se ne avessimo) al miglioramento della rivista e a completarne l'opera di propaganda con altre iniziative. E non è colpa nostra se non abbiamo potuto farlo come avremmo voluto. La colpa è dei nostri ... cattivi amici ! Biblioteca Gino Bianco

\ VITA ITALIANA Il Comune nel Mezzogiorno. Le tare secolari della vita pubblica meridionale, che si riduce solo alle lotte comunali, le uniche vivacemente sentite ·da noi, sono prodotto di una oppressione secolare e non si possono curare con ricette semplicistiche o complicate che siano. Il che per altro non vuol dire che bisogna fatalisticamente abbandonarsi ali' opera del tempo : spariranno, se gli uomini si adopereranno a farle sparire, nella misura che lo faranno, ed in parte solo se circostanze speciali vi daranno il loro apporto. L'esame dei ceti che si disputano il dominio nelle città nostre, prevalentemente rurali, è stato già fatto. Contadini impreparati, che appena da qualche anno si andavano affacciando ai primi barlumi della vita politica, bisognosi di assicurarsi, col possesso del Comune, una difesa contro l'aspra politica dei salari e delle tasse praticata dai padroni, sviati spesso dietro miti inadeguati alla realtà storica ; agrari non meno ignoranti, pei quali il Comune è mezzo di compressione econo~ica e schiavismo politico; artigiani mutevoli .ad ogni vento per piccoli vantaggi personali; ceti medi così detti intellettuali, bramosi di assicurarsi sul magro bilancio comunale un'esistenza più facile e formanti caramille esigue m~ spietate e dure a morire, in combutta con l'occhiuta burocrazia locale e centrale ; nes- .suna serietà politica, ma ogni trasformismo, più strano pur di mantenere in proprie mani il conquistato Comune, attravers~ !a mediazione dei favori presso il governo, presso qualsiasi governo. Siamo ancora, in breve, al Comune dell'epoca di Roberto D'Angiò. il quale spogliò e spossò il Regno a vantaggio dell'alta banca fiorentina, con una politica estera ed interna dissennata, prima origine di ogni nostro male. Sicchè l'unico problema per i nostri fu allora quello della compilalazione del ruolo delle fasse a proprio vantaggio ed a danno altrui, e le ~tragi, le violenze dei baroni, di ecclesiastici, di frati conb·o le plebi, e le sollevazioni di queste, furono presto un male endemico. N è c'era allora un ceto medio.... Ecl anche oggi, vale a dire sin~ a tre anni fa, nessuno .spirito automi.stico ha ispirato le lotte locali, sebbene sia diffuso e potr.ei <lire quasi generale in ogni ceto lo spirito antistatale ed antigovernativo: la q uistione delle tasse comunali era ancora quella prevalentemente sentita, . Biblioteca Gino Bianco

58 LA CRITICA POLITICA ·-------- --=========-=--=---- _ _-_:::-~---_-_- _- _- _-_-_ -_- che determinava i movimenti elettorali, che spingeva plebi e signori ad ornarsi pel momento di una od altra veste politica. Cessata poi forzatamente· ogni lotta, le vecchie camarille apolitiche non hanno ora bisogno nemmeno di un po' di moto, per assicurarsi lo sfruttamento pacifico ed incontrastato del loro possesso. Le amministrazioni fiorite nell'ultimo ventennio non hanno dato miglior prova delle precedenti, sebbene le nostre cittadine si siano ripulite ed abbellite. Quelle a colore democratico accettarono ad occhi chiusi la dittatura degli esponenti giolittiani, liete di veder soddisfatta al massimo la sete di favori, protezioni, concessioni, esenzioni ed illegalismi d'ogni sorta : inquesto unico campo si esplicò l'opera del governo, bisognose di assicurarsi il dominio. Quelle socialiste, sebbene rette da amministratori più integri,. furono, nel disordine del dopo-guerra, troppo proclivi a spese disordinate in lavori di pubblico interesse, suscitando, com'è naturale, i più accesi sospetti negli altri ceti. Ma anche fra queste il governo riusciva a spingere la mano, giungeva a salvare interessi particolaristici, a imporre, almeno in parte, creature sue. La parentesi nittiana fu presto scavalcata e sommersa. Oggi il governo, padrone assoluto dei Comuni e libero, come afferma, da preoccupazioni elettoralistiche, può parere che abbia mano libera per il rinascimento delle finanze comunali. Ma nessuno sa se questo compito dr risanare i nostri bilanci voglia o no addossarselo : certo è però che, dato e non concesso che lo possa, il problema della nostra vita comunale sarebbe tutt' altro che risolto. Risanamento di bilanci non· è abbandono di compiti specifici alla vita comunale, di soddisfacimento a bisogni ormai da tutti sentiti, ma piuttosto è problema di riforma tributaria e di revisione dei compiti dello Stato. « Toglieteci la ricchezza mobile per un certo numero di anni. Ecco una vera rivoluzione ! » diceva poco fa Giustino Fortunato. D'accordo. Ma anche il problema economico va ricondotto dal centro alla periferia. Se i Comuni, per vivere, aspettano cha ai governi centrali piaccia di alleviar la mano su di loro, aspetteranno dell'altro. Sarebbe ingenuo che il centralismo burocratico, che preme dove più dove meno in gran parte del mondo, sia frutto di necessità organizzative, di interessi sempre più vasti e di deprimenti relitti psicologici e culturali tali che la lotta non può essere che aspra. V ero è che, tra vivere e morire, i Comuni non hanno da scegliere. Insomma anche il problema economico non è che un aspetto di quello politico. Quanto a questo ultimo, noi insistiamo nella nostra concezione che, nello Stato moderno, la funzione politica del governo non può, impigliandosi nell'amministrazione dei Comuni, che corrompersi, abbandonare cioè i suoi compiti specifici, e corrompere, impedire cioè altrui i propri compiti Biblioteca Gino Bianco

VITA ITAL!ANA: IL COMUNE NEL MEZZOGIORNO 59 -------- ---··::_- -=---=-- ..=.-==......:====-====---=---==========-= specifici. Qualunque sistema di autocontrollo della vita comunale, comunque male esercitato per imperizia o per corruttela, recherà ai Comuni danni infinitamente minori di ogni intervenzionismo dall'alto. Nè d'altra parte mancano qui forze sane desiderose di provarsi, in libero gioco, nell'arduo compito ; al contrario esse non aspettano che le contingenze propizie per scappar fuori ' nell'azione : piccoli capitalisti, commercianti, esportatori, mezzadri, ecc. Sembra ad alcuni s_tudiosiche ogni aspirazione autonomistica sia destinata a fallire contro il sindacalismo moaerno, accentratore per natura. lo mi permetto di dubitarne. L'esperienza del passato ci dà appena un ten- . tativo, troppo spesso deviato, di libera vita sindacale, e non può segnare limiti alla nostra azione avvenire. ~ Più ampia discussione meriterebbe l'affermazione di alcuni, e recentemente anche del Dorso, che autonomismo non sia di necessità regionalismo e federalismo, e che anzi « non sarebbe prudente avvolgersi in pregiudiziali che non costituiscono il fondamento dell'autonomismo ». D'accordo che lo Stato moderno è il prodotto dalla nostra immaturità, non la causa; ma a sua volta esso promuove quest'ultima, fuori di ogni possibile discussione. Nessuno poi può pensare un autonomismo comunale nello Stato accentratore, e l'azione dei partiti di massa deve pur scegliere fra un .unico raggruppamento centralistico di interessi specificatamente periferici e liberi, e aggruppamenti vari, decentrati, di autonoma vita sindacale e provinciale. Senza di questi non si capisce su che cosa, per reggersi nella lotta, innesterebbero ~la loro forza collegata ai Comuni, e d'altra parte I' azione delle masse sarebbe troppo esposta alle oscillazioni, alle deviazioni, ai colpi di mano, cui più facilmente vanno soggette le sparute direzioni degli organismi centrali. Le esperienze recenti credo possano insegnare qualcosa. TOMMASO FIORE ., I PODESTÀ NEI COMUNI ------------- Per il 21 aprile si annuncia l' insediamento dei Podestà nei Comuni compresi dalla legge che ha introdotto questa novità nelle nostre Amministrazioni loca li: in tutti i Comuni, cioè, di popolazione non superioreai 5 mila abitanti. Su 9 .148 Comuni del regno i Podestà saranno cost esattamente 7.337. Proporzionalmente al numero dei Comuni il maggior numero di Podestà si avrà nella provincia di Trento: 567 su 57 8 Comuni. Un numero rispettabilissimo di Podestà avrà pure la Lombardia : I .732 su l .887 Comuni. Il numero minore di Podestà si a1'rà, invece, in Sicilia dove, come si sa e come in genere in tutta l'Italia meridionale, abbondano i Comuni a /orte popolazione : 166 Podestà su 36 9 Comuni. L'istituzione del Podestà riguarda i Comuni piccoli. Per i grossissimi Comuni si userà, /orse, un altro sistema. Per ora a Roma è stato istituito il GolJernatorato. A Napoli s'è crealo un Commissariato civile. Sembra, ad ogni modo, certo· che anche le Amministrazioni dei grandi Comuni saranno messe sotto il diretto controllo del Governo. Biblioteca Ginu . 1anco

\ .Figure del secolo: L e n i n I. - Nicola Lenin nacque il 1 O aprile 1870. Suo padre, - direttore nella ·regione del Volga delle scuole popolari - era un oriundo contadino. Lenin ,ereditò da lui sviluppatissima la capacità di comprensione dell'anima de conta- .dino russo. Dico « russo » perchè la parola serve a dare un significato speciale alla frase. Il mugik ha una fisionomia propria e inconfondibile. L'anima slava vive in lui potenziata al massimo limite. La predisposizione mistica, il senso dell'infinito e sopratutto lo sgomento dinnanzi al mistero della vita e della morte sboccano in una visione contemplativa e fatalista del mondo. L'originalità della vita russa prerivoluzionaria sta difatti nel capovolgimento completo o quasi di quella europea moderna. Lo ho detto altre volte e non mi ripeto lungamente. La fede qui non è affanno inteso alla ricerca di sè in Dio poichè non spinge l'uomo a star chino sopra di sè ma lo induce invece a volger lo sguardo ai cieli. Lo Stato non nasce come volontà di essere delle moltitudini concretizzan- . dosi al contrario come dominazione di una casta di pseudo eletti. Non desti meraviglia per questo la venerazione, anzi l'idolatria, per lo czar considerato « piccolo padre » e per la nobiltà considerata pure circa alla stessa stregua. Dio adorato nella solitudine delle steppe e delle anime come oggetto trova nello Stato (e per esso nel despota e in quelli che gli sono vicini) l'incarnazione ter- .rena. Onde il rapporto fra esso e la società rimane sempre rigido rapporto di subordinazioné perchè fatto unicamente di trascendenza in quanto è fra elementi considerati a vicenda di diversa natura ; ora su questo fondo di passività, inerzia e annichilimento col volger dei secoli. spunta qualcosa di solido, di duraturo. L'amore per la terra. Pensando al misticismo di cui sopra si può avere l'idea ·di questo amore e in conseguenza cominciare a comprendere chi è Lenin. La sua grandezza di rivoluzionario consiste in buona parte nell'aver fatto leva su di esso al fine di rovesciare l'antico mondo russo. Vedremo come. Il. - Lenin si forma allorquando in Russia subentra una crisi. Crisi non riguardante la massa o il Governo. Ma crisi riguardante unicamente le classi · colte, i gruppi intellettuali. Il resto è sempre immobile. T aie crisi rispecchia una insoddisfazione .. L'insoddisfazione verso la conc.ezione che del socialismo si ha. Il socialismo assume in Russia durante un primo tempo una originalità che riflette nitidamente gli stati d' animo che abbiamo accennati. La esigenza •dalla quale esso nasce si inserisce in un ambiente totalmente opposto e perciò Biblioteca Gino Bianco

FIGURE DEL SECOLO : LENIN ---·· --· - - - - trova in esso una fisionomia. Vale a dire soccombe dinnanzi al clima storico che avrebbe dovuto rinnovare. I pensanti non riescono a introdurlo come cardine del loro orizzonte mentale interpretandolo in seitso dialettiéo. E il proletariato curvo da secoli sotto il giogo di un dominio infame e naturalmente predisporto alla contemplazione intende solo le conclusioni. Il comunismo - e con esso pure _la democrazia, il liberalismo, ecc. - così entra nel mondo spirituale russo. Ma entra come sogno, messianismo senza sostegno.· Le origini, il processo dialettico dal quale nascono le dottrine rimangono assenti. çampeggiano unicamente in alto, belli e seducenti, i miti della uguaglianza e della sovranità popolare, avulsi dalla storia. Ora in virtù di tali singolari posizioni interiori spuntano correnti diverse, espressioni di un medesimo stato di cose. Queste correnti sono varie e numerose e a loro volta si suddividono in piccole e grosse frazioni col pretesto di diver .. genze programmatiche. Quali i fini e i metodi per raggiungerlo di queste? Apparentemente sembra che tutti sieno d'accordo. Non si vuole che la caduta dello czarismo e della autocrazia, Ma per giungere dove? Questo è l'interrogativo che mette le cose al posto dovuto. Alcuni - populisti - ritengono che si possa passare da una fase precapitalistica al comunismo lout-court. Altri - le frazioni borghesi liberal de,mocratiche, i socialisti rivoluzionari di destra -- vogliono arrivare subito alla sovranità popolare nel Parlamento e ad un ministero responsabile dinnanzi ad esso. Ora la immaturità di questi gruppi, la loro incapacità rivoluzionaria emerge limpida ancor più notando anche tali postulati. Manca, come abbiamo visto, l'adesione alla realtà, la comprensione fredda e lucida delle ne- . cessità imposta da un movimento innovatore. Non si capisce che ogni rivoluzione ha tattica ed esigenze proprie e che la grandezza consiste nel subordinare queste alla meta finale, di riserva ad un fine stabilito. Per cui l'inconsistenza spirituale fa tutto ridurre ad aspirazioni vaghe, a chimere maturate più dal sentimento che dall'intelletto, origina il confusionisnio, il dubbio e rende quindi impossibile la ~ prassi veramente rivoluzionaria e realizzatrice. I partiti dei quali si è parlato, perciò, se rappresentano una opposizione al regime, sono dal clima storico in cui esso vive influenzati in modo tale da essere resi innocui. Rappresentano, cioèla vecchia anima russa con orpelli tolti in prestito alla modernità. Di fronte ad essi il leninismo si erge in opposizione decisa, con caratteri totalmente antitetici. Rappresenta un'anima nuova, un mondo a sè. Ili. - Il leninismo è Lenin. Tra l'uomo e la dottrina nessuna sperequazione. Vi è, al conrario, la fusione completa, l'adesione· più intima. La passionalità realizza sempre le possibilità impegnate negli sforzi del polemista e dell'ideologo. Lenin di fronte ai suoi avversari vanta una superiorità indiscutibile. Essi costituiscono un mondo di fantasmi e di larve privo di solidità. Egli ha una mentalità formata, un punto di vista centrale, delle idee chiare e semplici. Essi si perdono vagheggiando utopie - utopie, insistiamo, perchè fuori delle possibilità storiche della Russia - e perciò non riescono a concluder nulla di buono e di duraturo. Egli ha come essi, l'occhio fisso alla meta ultima, al sogno con-- elusivo che è la palingenesi ugualitaria. ,Ma considera questo in rapporto alla · realtà di modo chè il fanatismo dell'ideale è in lui il fanatismo dei mezzi che-- Biblioteca Gino Bianco

62 LA CRITICA POLITICA -_-_::::-=.-_-_ -_-_-_ ---------------------=----_- - _-_-_---=-·===--=-----=--=--=--=--=----=--=---=- _-_ _- -0ccorrono per realizzarlo e raggiungerlo. Così mentre il socialismo altrui è sol-- tanto ·speranza, rivelazione, utopia, ha ·affinità coi movimenti socialistoidi pre- ~ ,marxisti, il suo è schiettamente marxista. Il leninismo difatti si può benissimo definire l'interpretazione russa del marxismo che pur conservando i caratteri del--_ ·l'ambiente non tradisce lo spirito del testo. Il complesso delle dottrine da esso .affermate non offre grande ·ricchezza. Lenin non è un costruttore di sistemi, un •creatore di nuovi mondi. Le sue virtù non comprendono quella che in seguito ali' osservazione e alla meditazione spinge l'uomo a tradurre il reale in termin i di speculazione intellettuale. Onde sarebbe vana la ricerca che si proponesse come obiettivo lo scoprire nella teorica di cui si parla una originalità di creazione. La vera originalità in questo caso consiste nello spirito col quale una dot- ·trina bella e formata è vista, nel modo come è intesa una visione della vita già conclusa. Lenin vive, sente il marxismo, dogmaticamente. La sua è mentalità di teologo. Le proposizioni che affermano la necessità inallontanabile dell' affermazione autonoma del proletariato, la dolorosa vicenda della violenza affinchè la rivoluzione sia, il categorico imperativo della dittatura dopo la rivoluzione perchè la rivoluzione si consolidi, sono per lui verità per sè stesse, assiomi, realtà che si dimostrano cla sè medesime. Questi concetti sono tutta una cosa col suo io, con la personalità onde discuterli per Lenin significa tentare la massima eresia. È per questo che egli possiede la visione precisa del còmpito che gli spetta. Portare al potere il proletariato senza compromessi col alcuno, e usando tutti i mezzi. Tenere· il potere senza false pietà e vani sentimentalismi. Ora è proprio questa visione che dà una unità al suo pensiero e alla sua azione attraverso le vicende, nel fluttuare mobile e contradittorio dei fatti. La sua semplicità schematica ed elementare ha il potere di ridurre tutto ai minimi termini, semplificare le più ingarbugliate quistioni. Nel groviglioso succedersi degli avvenimenti la va-· lutazione e l'atteggiamento riescono perciò facili e consequenzienti appunto perchè fatti in base ad una idea madre, ad un punto di vista chiaro e formato. Per tale ordine di motivi Lenin polemista e oratore ha un profilo particolare e unico. -,I fronzoli, le battute di aspetto, le decorazioni, ecc., esulano dal suo stile. Tutto è logica·in lui. Ed essa è potente perchè è semplice e monotona in quanto non fa che riaffermare le poche idee di cui si è parlato. La discussione è sempre. una interpretazione che le presuppone per riproporle .alla luce della nuova esperienza. Nella prosa e nella orazione trovate perciò un vigore dialettico singolare ed una uniformità esasperante. Non vi è colore di preparazione, forza speculativa. Ma sempre rostinazione su determinati chiodi, il battere testardo e im- . placabile sopra pensieri fissi. Lenin non si preoccupa affatto di fare bei discorsi o scrivere pagine smaglianti. Non ha velleità di sorta. Il suo spirito è la negazione della vanità e della retorica. L'obiettivo che si propone sempre è quello di fa~e entrare nei cervelli altrui le proprie idee, volgarizzarle, smantellare le posizioni avversarie per fare uscire ancora più evidenti le verità sostenute. Questi còmpiti, però, egli non li assolve con la pedanteria del predicatore. Quanto da lui è detto o scritto è così intensamente vissuto da acquistare una potenza espressiva singolare. I ragionamenti avvincono anche chi è estraneo . alla spiritualità Bibliotéca Gino Bianco

FIGURE DEL SECOLO: LENIN 63 =======================================-::-=-=-============== 'leninista perchè non fanno una grinza. Sono lucidi, diritti come lame e vanno senza deviare allo scopo. La polemica è travolgente, vivacissima, tempestosa. • La passione del fànatico per le idee sostenute impedisce sempre a Lenin la serenità e l'equilibrio. E la chiarezza cristallina con la quale sono viste tutte le -quistioni per la compiuta formazione del mondo interiore facendo risaltare la debolezza avversaria spinge spesso al sarcasmo ed alla irrisione, alla frustata ·violenta, agli aggettivi di platea. Non è il caso di rievocazioni perchè tutta l 'attività del defunto dittatore ali' estero nei riguardi del socialismo internazionale ,e del socialismo russo è prova decisiva che esclude commenti. Qualsiasi pagina esaminata dà sempre gli identici risultati. Chiarezza dogmatica, precisione e lu- -cidità di vedute, disprezzo degli avversari, logica che va diritta alla meta. Lo stile dell'uomo è questo. È stato esso che ha reso per tre quarti possibile la rivoluzione bolscevica. IV. - l vantaggi che Lenin possiede sopra gli avversari e che danno -' insistiamo - le caratteristìche dell'uomo e il tono della sua opera si possono, dunque, sintetizzare dichiarando ancora una volta che egli capovolge l'antico mondo russo. Invece di contemplazione si ha il feticismo dell'azione e della ,violenza. Al posto di dubbi e tentennamenti si è dinnanzi ad un essere che pos- -siede la verità e sa quali sono le vie da battere per raggiungerla. È per questo che Lenin è veramente rivoluzionario. Ma la sua grandezza non risiede solo in· ciò. Queste sole virtù non bastano ad un capo di folle che si è prefisso di portare al potere il proletariato. Lenin oltre ad essere rivoluzionario come spirito è anche sopratutto un possente tattico delle rivoluzioni. Anzitutto ha potenziata al punto limite la dote centrale e indispensabile che si richiede agli uomini i -quali sono chiamati a mutare o incanalare per nuove vie i destini dei popoli. 'La fede. Egli in tutte le traversie, nei momenti più tristi mai dubitò della bontà delle idee e della possibilità di non giungere alla meta. Dopo il 1905, negli ,anni della controrivoluzione quando tutto sembrava ormai perduto diceva sempre .agli incerti ed agli sfiduciati. « Non disperate mai. I giorni neri passerano, l'onda • torbida se ne andrà, alcuni anni trascorreranno, e di nuovo ci troveremo sulla cresta dell'onda e la rivoluzione operaia rinascerà». Per questa fede· egli soffrì angustie e pene che ancora attendono il loro Plutarco. Fu in Siberia, deportato. Emigrato ali' estero visse sempre poveramente, dig~unandoo quasi spesso. Tutto ciò, però, mai lo turbò o lo preoccupò. L'assillo centrale rimase sempre la rivoluzione da compiere nella patria lontana, Qualche stolido imbecille a proposito ~ella concessione della Germania al famoso transito nel vagone piombato avanzò l'idea che ad essa Lenin si fosse venduto. Come si può essere più balordi di così~ Non occorrono dichiarazioni o documenti per confutare simile sciocca accusa. L'uomo nella grandezza del s~o sacrificio e della sua figura morale· è la smentita più bella. Padrone della Russia, idolatrato da un pop~lo intero che in lui solo spera e crede, mito più che uomo per le masse del suo paese e di buona parte del mond~ egli rimane sempre povero, poverissimo. Inchiodato al tavolo diciotto ore al giorno, intento come sempre al lavoro che gli procurò il male che doveva poi condurlo alla tomba. Ora questo lavoro in qualunque oc-- Biblioteca Gino Bianco

I 64 LA CRITICA POLITI CA =-=-=-==--=-======::=-:=--:=--:=-===-----==--------=-=-==-=---=-----_- _- _---=----=_----_ casione si attua ha costante una caratteristica. Esso è ispirato da un profondo senso della realtà. Lenin, questo uomo formidabile, questo fanatico incrollabile della propria passione al punto di rompere per essa qualunque vincolo e abiurare qualsiasi passato, è un realista di primo ordine, un macchiavellico dalle tante possibilità. Si può quasi dire che in lui il metòdo di essere nella vita, il saper cogliere l'occasione favorevole, valutare esattamente il lato buono e il lato cattivo degli avvenimenti, il barcamenarsi nelle vicende per dominarle infine è istinto tanto è sicura l'azione e nitida la visione che essa genera. Negli anni prerivoluzionari la feroce intransigenza bolscevica poteva anche s<;mbrare addirittura pazzesca. La storia ora ha dimostrato quanto essa fosse giusta. Riepiloghiamo, per amor di chiarezza. Durante le lotte quotidiane il pensiero centrale di Lenin è sempre uno. Sbarazzare il terreno. Chiarificare le posizioni. Far ciò secondo lui significa tagliar fuori dalla battaglia, disperdere i riformisti ed affini.. Qualcuno potrà meravigliarsi per l'asprezza degli attacchi bolscevichi ai socialist di destra. E indi ingenuamente soggiungere: Infine non si tratta che di divergenze di metodo. Il realismo leninista invece fa valutare il fatto in· modo opposto. Lottare il nemico, difatti, è relativamente facile quando la lotta si svolge a viso aperto. Ma riesce sempre oltremodo difficoltoso quando ✓nel proprio campo, manca l'unità e la capacità. Su questo ultimo termine bisogna far chiaro. 11 polscevismo si è compiaciuto di chiamare sovente i socialisti delle varie tinte « venduti, agenti della borghesia » • La cosa è certamente priva di fondamento e si spiega pensando al calore della polemica. Riguardata, però, da un altro punto di vista svela il suo lato di verità. Per avversare un mondo e rovesciarlo bisogna aver dentro di sè, come condizione preliminare un mondo radicalmente opposto e nuovo. Czarismo e leninismo, ecco, Il socialriformismo in Russia invece rappresenta un impulso abortito o, come si è già detto, la vecchia anima russa con orpelli tolti in prestito alla modernità. Lenin, dunque, ha perfettamente ragione quando si ostina a lottare il menscevismo, ecc. Egli sa che fin quando questa corrente rimarrà alla testa del movimento proletario la rivoluzione sarà impossibile. Zinovieff narra un episodio non del tutto privo di interesse in una biografia del nostro. Questo episodio riguarda il modo leninista di vedere il parlamentarismo e quindi, implicitamente, il socialismo altrui. Agli operai, deputati alla Duma, che venivano a consultarlo circa il metodo di comportarsi durante certe discussioni egli rispondeva con frizzanti risate. E soggiungeva « Caromio a che ti serve il bilancio, l'emendamento e il progetto dei cadetti ? Tu sei. un operaio e la Duma non è per te. Va semplicemente a dire a tutta la Russia qualcosa intorno alla vita operaia. Dipingi gli orrori del bagno capitalista, chiama. i lavoratori alla rivoluzione, getta in faccia a quella nera Duma l'epiteto di miserabili e di sfruttatori » • Con queste lezioni che sbalordivano talvolta gli operai sicuri di aver fatto un passo innanzi, Lenin spianava la via alla rivoluzione. L'intransigenza che gli proibiva di avviare o tentare compromessi, cercare contatti con altri gruppi, smussare gli angoli, per le ragioni suesposte gli faceva anche odiare conseguentemente le soluzioni di mezzo, le soluzioni che non risolvono nulla, e sono semplicemente palliativi, concessioni che non hanno valore di sorta. Biblioteca Gino Bianco

FIGURE DEL SECOLO: LENIN 65 E ripropone sempre con ostinatezza eroica il problema rivoluzionario nel modo vero. Vale a dire in modo integrale, come affermazione autonoma del proletariato che rifiuta concessione e conquista col sacrificio i propri diritti. V. -· Con questa preparazione Lenin affronta nel 1917 il momento decisivo. È in questo anno che egli mostra di che sieno capaci le sue possibilità di rapo rivoluzionario. Ai primi sentori egli torna immediatamente in patria per trovarsi al suo posto. La prima rivoluzione in Russia fu fatta per motivi noti. La guerra apportando la fame ed altro e non essendo sostenuta da nessuna simpatia popolare scrollò il regime czarista. Il crollo sorprese i socialisti rivoluzionarii. Essi si trovarono in mezzo ali' uragano senza sapere intuire le cause che lo avevano prodotto, senza aver chiara la visione del momento e perciò senza possedere la capacità di una azione sufficiente a sanzionare il crollo e indirizzare la vita russa in vie nuove. Simile confusionismo trovò in Kerensky l'uomo significativo ed espressivo. La sintesi dello stato di animo del partito obbligato dagli eventi a stare al timone e intanto incapace di tenerlo rigorosamente. La rivoluzione fu sopsatutto un atto di ostilità contro la g~erra. Kerensky ·voleva intanto continuarla. La situazione richiedeva al potere una classe dirigente che avocasse a sè la responsabilità di dirigere lo Stato. Kerensky si perdeva nel parlamentarismo. Così si andò incontro alla disfatta. La mancanza di soluzioni de~Ìse ·che soddisfacessero gli stati d'animo collettivi generarono la sfiducia e il maléontento. Lenin in un primo tempo, aspetta. Vede quale è la situazione generale. Vedendola sa che essa gli è sfavorevole. Ma non dispera, Conosce a perfezione le folle. Conosce ancora come esse sieno capaci di passare da un polo ali' opposto qua~do subentra la delusione. ~ Attende, dunque, la delusione affilando le armi. Con l'occhio sempre vigile guarda come il potere logori gli avve~sari e li comprometta dinanzi ali' opinione pubblica. Finchè viene il momento. In mezzo al marasma generale, al panico collettivo vi è una sola volontà che sa quello che vuole. La sua. Vi è solo una esigua falange decisa, disciplinata e fanatica. I bolscevichi. Allora il movimento si inizia. Corrono le parole d'ordine. La figura di Lenin per la sola opera compiuta in quelle poche giornate appare semplicemente gigantesca. Bisognava interessare tutte le c;assi al movimento. Dare un mito alle masse buono per condurle all'azione. E niente discussioni, tergiversazioni. Idee chiare, semplici, fatte ad esser comprese dagli umili. Il realismo leninista in tali frangenti dimostra e sviluppa le sue possibilità con un moto sconvolgente. Con la formola « la terra ai contadini, l'officina agli operai » egli supera e concilia per le necessità del momento I'eterno contrasto fra città e campagna. Gli operai formano i quadri del bolscevismo. Sono gli elementi più capaci poichè nella fabbrica hanno imparato a considerar la vita con occhi nuovi. Saranno i gruppi d'assalto, le minoranze che risolveranno la situazione. I contadini sono conservat9ri per temperamento. Egli li interessa al movimento sfruttando proprio questo conservatorismo. Promette la terra. Nelle campagne questa promessa tocca una speranza da lungo tenuta nell'animo e perciò considerata chimerica. Onde la realizzazione della chimera fa svolgere il cambiamento in un ambiente di russianismo commovente. Il cuore delle Biblioteca Gino Bianco

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