La Critica politica - anno VI - n. 1 - gennaio 1926

LA CRITICA P-OLITICA RIVISTA MENSILE ANNO VI ,.____,1 . GENNAIO 1926 FASC. I Nel sesto anno Incomincia, anche per noi, un nuovo anno ; il sesto della nostra vita. Su quello che esso ci porterà non facciamo auguri e presagi. Sarà quel che sarà. Siamo nati e siamo vissuti in difficoltà. Le difficoltà non cesseranno: ecco tutto. Se saranno maggiori o minori, o piuttosto se sarà in noi maggiore o minore la difficoltà di superarle, ciò dipenderà in parte anche dei nostri amici abbonati e lettori, da essi anzi in particolar modo. ;,Dai nemici - se ne abbiamo, e di certo ne avremo -. e dagli avversari non possiamo attenderci che bastoni tra le ruote del nostro cammino. In ogni modo noi continueremo a tirare innanzi, come potremo e coi mezzi che avremo, con la stessa fede che ci animò sin quì, collo stesso programma di idee e verso la stessa mèta, colla serenità di chi nulla ha da rimproverarsi e nulla da rinnegare. Noi lavoriamo non per l'oggi, ma per l' avvenire. In quello che avviene c'è larga materia di studio e di riflessione. E noi ci rivolgiamo a qua.n. ti, anzichè inacerbirsi e immobilizzarsi nelle que-- rimonie e nelle rec1iminazÌoni, vogliono ricavar frutto dall'esperienza non per sè ma per gli altri, per la Nazione. Nulla è definitivo e ogni giorno ha il suo domani. Nulla di ciò di ciò _,chesi semina è perduto. L'importante è che il seminatore non abbandoni la sua fat~ca, e resti sul solco ingrato a seminare fino a che il seme germogli e fruttifichi. Ecco perchè - mentre molti giornali cessano di stamparsi e altri, per vivere, si trasformano in modo che del loro passato nulla resti fuor che il titolo - la nostra rivista si propone di continuare le sue pubblicazioni per essere quello che fu, seria, obiettiva, spregiudicata, indipendente, repubblicana che è quanto dire aperta ad ogni sereno dibattito. Rivista di cultura, di educazione politica anzitutto. Ed è ancora quanto. di miglior resti a fare l Peggio per chi non l'intende. Peggio per chi crede che si possa prescindere dalla preparazione degli intelletti, dalla divulgazione delle ide~, dalla conoscenza e dallo studio delle questioni. Peggio per chi pensa - oggi esattamente come ieri, come l'altro ieri, come molti anni addietro - che la politica possa essere improvvisazione e che per dirigere e risolvere gli affari del paese, e cioè di tutti, non occorra nemmeno quel minimo di < BibHoteca Gino Bianco " .. •• J

2 LA CRITICA POLITICA tirocinio che a ciascuno è indispensabile per dirige re gli affari propri. Noi abbiamo sempre pensato che la politica dovesse co nsiderarsi come una cosa molto seria alla quale non ci si dovesse mai avv icinare senza un minimo di cultura e di preparazione. E quando nell' immediato dopo-guerra vedemmo la rettorica e la coreografia invedere le p iazze e la cosci~nza del popolo ottenebrarsi, abbiamo tra i primi avvertito il pericolo della situazione che si andava preparando. E abbiamo perso nalmente sulle piazze resistito alla infatuazione delle masse illuse ed esalt ate ed abbiamo poi fondato questa rivista per contrapporre alla politica delle parole la politica delle cose, e cioè delle soluzioni possibili e necessarie ; alla l ibertà astratta la libe1tà concreta ; ai problemi del duemila i pro blemi dei nostri giorni. Questo, sopratutto, ci sembrò allora fosse necessar io : risuscitare la passione e l'amore per la vita locale, ristabilire tra il cittadino e gli affari dello Stato - troppo vasti e lontani - un nesso inter medio rappresentato dagli affari comuni più vicini a ciascuno, e perciò più facilmente comprensibili e controllabili, sui quali meno fosse possibile, per chè più diretto l'interessamento di tutti, il giuoco delle vanità personali, meno facile l'arrivismo, quasi automatica la selezione, nel senso della c apacità e della competenza, degli uomini destinati a trattare gli affari più grandi e complessi dello Stato. A distanza di cinque anni, non vediamo cosa de lle nostre opinioni, del nostro modo d'intendere la politica e i probl emi della vita del paese dovremmo rigettare. E percbè poi? Forse perchè la situazione dal giorno in ·cui fondammo questa rivista è profondamente mutata nelle cose e negli spiriti e siamo già avanti sulla via di nuove soluz ioni e di nuovi problemi, le nostre intenzioni sono esse divenute meno nob ili, meno degne di considerazione, meno ispirate a sincero desiderio di be ne? E perchè alcuni valentuomini che già diedero la loro entusiastica ades ione al nostro programma e hanno collaborato con noi su questa stessa rivis ta hanno mutato parere, forse anche perchè sinceramente hanno creduto ch e il bene della Nazione potesse trovarsi e raggiungersi per altra via, dovre mo noi rinunciare a pensare, come pensiamo, che le istituzioni locali son o indispensabili alla vita di una Nazione e che rafforzarle e svilupparle sig nifica rafforzare e sviluppare la Nazione ? Ma questa non è affatto una semplice supposizion e, non è una ipotesi: è un risultato della esperienza nost ra ed altrui antica e mo- ' ' ' derna ! E vero che ci sono in corso nuove esperienze, importanti e che potranno - come abbiamo detto - essere; in u no o in altro senso dec~sive.. Ebbene non i;ono le esperienze da fare ch e ci possono consi;liare di ~espmgere le esperienze compiute. Anzi v'è una r agione di più per seguire le nuove ed esaminarle e studiarle tenendo presenti le antiche, senza Biblioteca Gino Bianco

LA CRITICA POLITICA 3 sentirci affatto impegnati a dire quel che non sentiamo e non crediamo, spregiudicatamente. E così facendo, oltre che alle nostrè idee ...ciò che potrebbe essese di poca importanza - gioveremo in ogni caso alla educazione politica e alla Nazione stessa. A compensare la nostra onesta e disinteressata fatica è ciò quanto basta. LA CRITICA POLITICA UN'ASSOCIAZIONE CHE SCOMPARE ' E l'Associazione dei Comuni Italiani, costituita nell'ottobre 1901 a Parma in un memorabile Congresso ed eretta in Ente morale il 12 novembre 1921. Ci dà comunicazione della sua scomparsa il Presidente dell'Associazione stessa, senatore Teofilo Rossi, in una lettera circolare. Alla lettera è accompagnata la relazione morale e finanziaria per il periodo che va dal novembre 1921 al dicembre 1925, periodo che è stato per l'Associazione di più largo sviluppo e di maggiori risultati. Diremo poi anche perchè. Le ragioni per le quali l'Associazione dei Comuni cessa di esistere sono presto dette. Una, intuitiva, è che colla riforma fascista degli Enti locali e colla istituzione del Podestà nei Comuni non c'è più nulla da fare, almeno per via legale, per la conquista di quella autonomia comunale per cui l'Associazione venne costituita. Un'altra ragione è che dal momento che il fascismo aveva dato vita ad una propria Confederazione degli Enti Autarchici e che tutti gli Enti locali erano passati in mani fasciste non c'era più posto per una seconda Associazione, politicamente indipend~nte, per quanto più antica, meglio attrezzata tecnicamente e, sotto tanti riguardi, benemerita. · La Confederazione aveva, infatti, dichiarato impossibile la coesistenza dei due Enti. L'Associazione dei Comuni ha cessato così, col 31 dicembre 1925, ogni attività e chiuso Ia sua gestione quale Ente. Il Consiglio Direttivo ha creduto di prendere questa deliberaziòne, dice la circolare « pur esprimen~o il più vivo rammarico per il fatto che debba cessare di esistere, come tale, un'Associazione, nel la quale Comuni grandi e piccoli riponevano ormai la più grande fiducia e la cui azione aveva in un venticinquennio di vita conseguito· notevoli risultati in ogni campo interessante 13: vita comunale ~, Esprimiamo noi pure tale rammarico. Per quanto gli uomini che si trovavano alla direzione dell'Associazione siano politicamente molto lontani da noi e avessero, nel periodo della loro gestione, dimenticato, e in ogni modo messo in secondo piano, lo scopo primo per cui la Associazione stessa venne costituita, dobbiamo pure riconoscere ad essi il merito di avere in questi cinque anni dato uno sviluppo straordinario, i~pensato quasi, ai suoi servizi di studio, di tutela, di assistenza amministrativa, tecnica e legale. E ciò indipendentemente dall'attività generale, della quale basterebbe ricordare la partecipazione al terzo Congresso Internazionale delle città tenutosi a Parigi nel settembre scorso, la prima Mostra di attività municipale a Vercelli pure nell'anno scorso, gli studi statistici sui bilanci dei Comuni e quelli sull'ordinamento amministrativo e sulla finanza locale. Anche ora i Comuni, pur diretti da fascisti, preferivano servirsi degli uffici di questa Associazione. Basta questo solo fatto a dimostrare quanto utili fossero i suoi serV1z1e necessana la sua funzione. Biblioteca Gino Bianco - '

L'ingresso dei rurali Nel gran parlare che si fa di un problema delle classi medie o, come i socialisti preferiscono, dei ceti medi, è implicito il riconoscimento che l'ambiente politico è mutato nella composizione dei suoi valori. Le forze che vi agiscono non sono quelle di un tempo, non pesano cioè allo stesso modo. Le attenzioni si volgono alle classi medie. Sarebbero dunque le classi medie cresciute di numero e di peso? Grosso modo, si dovrebbe supporlo. Ed è la spiegazione più comune la quale però, essendo molto lata e generica, non chiarisce meglio i termini del problema. Quando s'è detto classi medie s'è detto troppo e troppo poco insieme ; troppo poco per precisare. C'è poi un dato di fatto che non può essere trascurato: l'elemento costitutivo e direttivo dei partiti politici fu rappresentato sempre da uomini delle classi medie. Come, in che senso, si potrebbe, dunque, parlare oggi di una politica particolare delle classi medie? Non ci può essere infatti un problema politico delle classi medie senza presupporre la possibilità di una azione politica particolare ad esse. E allora si avverte mmediatamente che la politica di un ceto medio molto numeroso, come, quello degli impiegati dello Stato e degli enti locali, non può essere la politica di quei ceti medi che non vivono di pubblico impiego, e che non può nemmeno esservi vicinanza di vedute di aspirazioni e d'interessi tra coloro che vivono di vita riflessa (avvocati, impiegati di aziende private, agenti di commercio, speculatori, ecc., ecc.) e le categorie di coloro che vivono del proprio e sul proprio. Chi si avventura in questo labirinto non arriverà mai ad uscirne. Non c'è un filo conduttore. Per ciò tutto il discutere che se ne fa serve assai poco. C'è, evidentemente, un errore di vi- · sione e d'interpretazione. Un mutamento c'è stato, questo è certo; ma è pure certo che le classi medie non sono, nè complessivamente nè qualitativamente, aumentate di molto. Piuttosto si sono verificati in esse alcuni spostamenti; s'è accresciuto il numero degli speculatori ; sono divenuti, per riflesso, più vigili e attivi i ceti produttivi. Politicamente ci dovrebbe essere ' compenso. E allora ? E che il mutamento che ciascuno ha avvertito è assai più vasto e profondo di quanto molti non abbiano immaginato ; non è relativo alle classi (le quali, capitalistiche, medie e proletarie, restano quelle che erano) ma ad una specie delle classi, di tutte le classi. I rurali hanno fatto il loro ingresso nel la vita politica. Biblioteca Gino Bianco

. ' L'INGRESSO DEI RURALI 5 -===============-=========-====~=====- -- - - - ---- -·--==--:-:==--====::==.;:::===:::- -- - - -- Si tratta di un fenomeno quasi generale, successivo alla guerra. Prima i rurali c'erano, ma non contavano o contavano poco. Mancavano di una coscienza, di una volontà politica propria. Costituivano una grande forza, ma una forza grezza, servile, dominata, mai dominatrice. Cosa ora i rurali vogliano e possano diventare è difficile dire. Però si avverte che non è e non sarà più possibile, d'ora in avanti, non tenerne conto, e che nel giuoco delle forze potiti che la parte che essi sono destinati a rappresentare è una parte decisiva. Due, a parer mio, sono le cause che hanno sospinto i rurali a fare il loro ingresso nella vita politica. Ambedue le cause .sono connesse alla guerra per quanto non ne siano allo stesso modo dipendenti. La prima è nella valutazione diversa che l'agricoltura ha ottenuto nel1' economia generale degli Stati europei. Per tutto il secolo XIX fino ai nostri giorni ebbe corso e credito questa illusione : che industria-ricchezzaciviltà costituissero gli equivalenti di un unico termine. Ogni Stato vide nell'industria il massimo bene e il massimo scopo. Ciò senza riguardo a condizioni di natura e di ambiente, a maggiori o minori possibilità di vantaggio. Senz.a che nessuno sistematicamente ne facesse la teorizzazione si riprodusse, in termini rovèsciati, lo stesso e1Tore economico che i fisiocrati avevano commesso nel secolo precedente. Il grado di civiltà di ogni nazione e la sua forza economica vennero misurati in relazione al numero degli stabilimenti e degli operai che vi si· trovavano impiegati. I popoli ad economia pr~valentemente ed esclusivamente agraria se ne vergognarono considerandosi per ciò stesso condannati a perpetua inferiorità e a sicura decadenza. Quindi una preoccupazione ed uno sforzo costanti presso ciascun popolo a modificare coli' azione e coli' intervento diretto dello Stato tale situazione creando, artificialmente e con collettivo dispendio, a determinate industrie quelle condizioni di favore che mancavano. Una quantità considerevole di energie e di ricchezza venne sprecata a tale scopo. La guerra rivelò l' e1Tore commesso. Il problema dei rifornimenti di prodotti agricoli divenne per ogni Stato un problema essenziale, più importante di quello stesso della produzione dei mezzi bellici di offesa e di ,difesa. Le stesse nazioni prevalentemente agricole si accorsero che non produceva~o abba- .stanza per il loro consumo. ·I valori agricoli si rialzarono ovunque. Da quel momento l'agricoltura fu guardata con occhio diverso. La seconda ragione è nel fatto che la guerra, divenuta guerra dì grandi masse e imponendo per ciò la mobilitazione di tutte le forze valide esistenti in ogni nazione, ha posto i rurali per la pr.ima volta a contatto colla realtà nazionale ed internazionale. Milioni di uomini si videro trascinati fuor del loro campo e del loro villaggio, obbligati al compimento di un treBiblioteca Gino Bianco

6 CRITICA POLITICA - --· -------=--=--=--=--------=-=-==-=-==-====================--=========== mendo dovere che essi ignoravano. Hanno appreso, in pochi anni, quello che non avrebbero forse appreso attraverso il corso di moltissimi anni. Oggi sono altri uomini. Cioè incominciano a essere uomini. Le conseguenze di questa presa di contatto con la realtà non possono, naturalmente, essere immediate. Ma nelle campagne una coscienza nuova è in formazione rapida: confusa ancora e timida nei larghi sfrati inferiori è già negli strati medi ad un grado di sviluppo che la rende abbastanza visibile, possiamo trovarla decisa e quasi aggressiva negli strati alti nei quali, però, molto spesso il senso dei propri interessi è sopraffatto da quello di classe. Ci riferiamot in modo particolare all'Italia. Ovunque, in Europa, l'ingresso dei rurali nella vita politica ha avuto già ripercussioni molto sensibili. Non parliamo della Russia dove l'elemento rurale - dopo aver contribuito allo sfacelo dell'Impero e reso possibile, col suo contegno al fronte della guerra, il successo della rivoluzione - ha avuto e continua ad avere ragione sulla politica economica del bolscevismo. La costituzione e le condizioni particolari dello Stato dei Soviets fanno sì che . i rurali non possano costituirvi, oggi come oggi, un elemento politicamente attivo; tuttavia costituiscono per il governo soviettistico una preoccupazione continua e gravissima, per cui tutta la sua azione politica econonomica e sociale ne resta influenzata. In Bulgaria invece, con Stambuliski, i contadini salgono d'un tratto al primo piano sulla scena politica e per quattro anni dominano lo S~ato: i ceti militari e conservatori prepareranno ed effettueranno una reazione ten·ibile ; comunque la ripresa sarà dei rurali, inevitabilmente. In Jugoslavia il partito dei contadini croati di Radic ha impersonato tutta la lotta politica e le sorti del regno sono legate alle ulteriori vicende di quel partito. Pure negli altri Stati balcanici, compresi quelli formatisi sui detriti del cessato impero d'Austria, i rurali sono politicamente organizzati su larghe basi e tengono un ruolo di prima fila. Nei paesi dell'Europa centrale e occidentale i rurali sono entrati, invece, nella vita politica senza grande rumore e come tali occupano un ruolo di secondo ordine : avendo trovato formazioni e tradizioni politiche saldamente costituite hanno preferito, in genere, inserirsi in esse. Hanno, però, costituito in margine alle formazioni tradizionali le loro associazioni particolari di tutela e di difesa politica. In Francia nelle competizioni elettorali hanno fatto sentire e valere il peso dei loro voti e delle loro richieste. In Germania - dove la te"ndenza a spostare il centro di gravità dalla città alla campagna è assai forte e si è manifestata oltre che nella propaganda scritta, in infiniti tentativi di colonie agricole di ex-operai, di ex combattenti e persino di ex-comunisti - i ceti agrari hanno preso politicamente un considerevole vigore. Lo si è visto nelle elezioni per il Reichstag nel Biblioteca Gino Bianco

L'INGRESSO DEI RURALI 7 - - - -------- - - - -- - ------- - - --------------·- ----- - ~------------·-· ---- 1924. Tra i partiti tedeschi c'è pure un partito dei contadini bavaresi che ha i suoi deputati. In Italia sui rurali hanno puntato diversi partiti. « La terra ai contadini » fu lo specchietto per il loro richiamo. Lo adoperarono i socialisti, lo adoperarono i popolari, i .democratici, i costituzionali, un po' tutti. Per lo sfruttamento politico della guerra e dei contadini reduci si · tentò perfino la costituzione di partiti nuovi, come quello di "l{innovamento. I contadini suggestionati tentarono qua e là l'occupazione delle terre. Poi intervenne il Governo. Si costituì l'Opera dei combattenti. E i contadini ebbero l'amarezza e il rancore per le illusioni svanite. I rurali non hanno tratto, insomma, particolari vantaggi, dalla nostra politica del dopo guerra. Nessun partito seppe fare una seria politica in loro favore. Oggi in Italia c'è il fascismo. Mario Missiroli ultimamente (1) sc~iveva: « il fascismo· è sopratutto una rivoluzione di contadini». Non è così. E però vero che il fascismo ha trovato in un certo momento - in alcune zone agrarie dell'alta e media Italia - una situazione particolarmente favorevole al suo successo. Fu appunto dove il socialismo più si sbizzarrì in scioperi, in boicottaggi, in requisizioni forzate, in imposizioni di prezzi sul mercato dei prodotti agricoli e colle amministrazioni locali forzò troppo duramente e senza troppi riguardi la mano sui redditi agrari, suscìtando insieme il risentimento dei grossi e dei piccoli proprietari e degli stessi mezzadri. Il fatto può servire e stabilire che negli avvenimenti recenti l'elemento rurale - nelle sue varie classi - non rimase estraneo o inattivo; non è suffiiente a stabilire che esso vi abbia avuto una patte preminente o direttiva, tale da informare di sè il movimento fascista. A dimostrare il contrario, sta, in ogni caso, la politica economica, finanziaria e sindacale del fascismo. Ci sono, sì, pure le affermazioni del capo del Governo in favore dell'agricoltura e degli agricoltori, ci sono alcuni provvedimenti recenti come il ripristino del « dazio sul grano» che gli agricoltori non pensavano affatto di richiedere e alcune iniziative come « la battaglia del grano » • Ma tutto ciò esce dal governo, non dagli agricoltori ; non è il risultato di una pressione diretta dei rurali a conseguire determinati scopi, è il risultato di una preoccupazione del partito dominante. Una rivoluzione di contadini in Europa non c'è stata ancora. Potr~ esserci. In ogni caso l'ingresso dei rurali nella vita politica delle nazioni non è destinato a rimanere senza grandi conseguenze nell'avvenire. Basta tener conto del loro ~umero. In quasi tutti gli Stati la popolazione rurale è preponderante, in modo assoluto. In Europa non ci sono che l'Inghilterra e la Germania che possano considerarsi come nazioni a prevalenza ( 1) 3'Conarchla e / ascismo nel giornale Epoca del 9 ottobre 1925. Biblioteca Gino Bianco

8 LA CRITICA POLITICA --===:-========================================= ----------- --- --- ------- industriale. In Italia si calcola che i soli addetti direttamente ali'agricoltura costituiscano il 52 per cento della popolazione; tenuto conto dei rapporti e delle affinità sociali la percentuale della popolazione rurale sale molto più su ( 1). La vita politica, il giorno stesso in cui questa parte della popolazione vi partecipasse in pieno, attivamente e positivamente, ne risentirebbe grandemente. Muterebbero, cogli elementi costitutivi della classe dirigente, i sentimenti e gl'interessi prevalenti nello Stato. Le stesse istituzioni politiche ne sortirebbero trasformate. Su ciò nessun dubbio. Piuttosto è da vedere in che modo. L'argomento è importante e merita di essere trattato. Lo farò prossimamente. Escludo intanto subito che possa avvenire in una estensione dei poteri e delle ingerenze dello Stato e in un annullamento di libertà. OLIVIERO ZUCCARINI (1) F. COLEITI: La popolazione rurale in Italia, pag. 70. ERESIE CHE RITORNANO Abbiamo subìto per troppo tempo, e passivamente, gl' inf[.ussi dello spirito nordico, il quale non ha saputo essere mai altro che feudale o liberale, collettivista o individualista. E anche dove esso ha saputo fondere con genialità i due elementi, come si vede nell'Inghilterra moderna, è sempre da quelli che parte, a quelli che ritorna. Noi abbiamo in1'ece il concetto latino di popolo, da riesumare e da ra'V1'ivare: poichè i (empi sono maturi a questo. Anzitutto, popolo non è moltitudine come tale; non è massa. È bensì, una ' personalità colletti'Va, una moralità, una coscienza, un carattere collettivi. E anche, se vogliamo, un'idea che prirria di definirsi chiara a lè stessa si è fatta ' stato e milizia. E anche una gerarchia, ma una gerarchia di diritto umano e storico, non una feudalità investita dall'alto e reggente per diritto divino. Non è detto che questo popolo includa tutti gli individui materialmente coesistenti per un dato territorio. Può anche includerne solo una piccola minoranza: ma questa è composta di cittadini che sono tutti egualmente cittadini, e che tutti partecipano attivamente alla vita dello Stato per un diritto proprio nascente dalla loro forza, dalla loro fede, dalle loro tradizioni individuali e famigliari. . . . esso concetto è... antiassolutista e antidispotico e, almeno in linea di principio, antididaltorio, poichè il cittadino non può e non delJe ammettere nè tollerare che la sua dignità gli venga con/erita o misurata dall'alto. Egli è suo jure un elemento vitale e indispensabile dello Stato ... » C. PELLIZZI (in Vita Nuo\Ja, rivista fascista di Bologna). Biblioteca Gino Bianco

I Comuni(*> La Commune c•est le principe d'association; l'Etat c•est le principe de nationalité. L•Etat, c•est tout l'édifice; mai la Commune, c•est la base de cet édifice. LOUIS BLANC I. - Disegnando e costruendo un edificio si pigliano le mosse dalle fonda.. menta, non dal tetto. Pel motivo medesimo, divisando l'ordinamento degli studi, non dovrebbesi scendere dalle Università, ma salire ad esse dal primo grado, che è nelle scuole primarie, e riformando l'amministrazione e il governo dello Stato, non vuolsi partire dal ministero, ma dal Comune, che in tutti i tempi appo tutti i popoli, è la monade nazionale, civile e politica, è la prima agglomerazione, il nucleo embrionale del primo germe sociale, la famiglia. Chi parte dall'Università, dal ministero per calare alle scuole elemen~ari, ai comuni, non seconda la natura. e la logica, aumenta le difficoltà del cammino, dà prova di tradizioni dispotiche, di teorie vaghe, è poco famigliare della storia, e, compito faticosamente il lavoro, a renderlo perfetto, deve ripigliarlo, ritesserlo dalla base. Ogni agglomerazione stabile d'uomini può comporre un Comune, onde le canoniche, i chiostri, le case dei gesuiti, si ponno dire Comuni. Di questi ve ne furono e ve ne sono di militari, dove l'esercito è la nazione, come nei Longobardi prima dell'emigrazione; di religiosi, come nei Mormoni; di mercantili, come le stazioni marittime dei Fenici, le Anse, i Fondaci del medio evo; di gentilizi come erano nelle origini civili della Grecia e dell'Italia; di territoriali, come li riformò ad Atene Solone, a Roma Servio contemporaneamente ( Censum instituit, Livio), convertendo i tributi, i. servigi, da personali in reali . ... (*) Lo scritto che qui pubblichiamo è di Gabriele Rosa, uno scrittore repubblicano quasi dimenticato ma di grande dottrina, che Càrlo Cattaneo ebbe a collaboratore nel suo Politecnico e tenne carissimo, un patriotta che conobbe la persecuzione e il carcere duro (fu ospite dello Spielberg per tre anni). Il Rosa lo pubblicò la prima volta nel giornale il Sole di Milano, lo ripubblicò quindi aggiungendolo alla seconda edizione di un•altro lavoro storico dal titolo Feudi e Comuni. Ora che la istituzione del Podestà ha operato nelle nostre istituzioni municipali una profonda modificazione, questo studio storico - a parte la forma, alle volte alquanto pesante - ci sembra di particolare interesse anche perchè ha il pregio di raccogliere sulle istituzioni comunali nel passato più lontano e recente, cioè fino alla costituzione del Regno, " gran copia di fatti in breve spazio ». (Nota della Redazione). Biblioteca Gino Bianco

10 LA CRITICA POLITICA - - -- --- - -- .=---=-=-===--=-========== Quarant'anni sono Sismondi scrisse che la scuola migliore dell'uomo di Stato è il Comune, sah,aguardia delle libertà. Egli era penetrato nell' intimo di questo capo saldo dello Stato, nello studio sottile delle repubbliche italiane, e nella lunga pratica dell'amministrazione di Ginevra. Pochi anni dopo il francese T ocqueville, dallo studio assiduo ed amoroso sulla democrazia degli Stati Uniti di America, fu condotto ad asserire che lo spirito comunale è potente elemento di ordine, che rinforzando il Comune si eleva lo Stato e che in quel popolo libero le ambizioni maggiori del massimo numero sono nel Comune. Di tutti i Comuni, il territoriale, quello fondato sul possesso, sul censo, radicato al suolo, quindi ali' agricoltura, è il più saldo e quieto, e compensa colla moralità derivante dalla coltura del suolo, la poca mobilità, il lento progresso. In Italia segnatamente, il Comune, da tempi storici, piglia qualità speciale dal1'agricoltura, quindi è tenacissimo. Se in quest'alma terra la civiltà e la libertà furono costanti più che altrove, si deve alla saldezza, alla persistenza dei suoi Comuni, i quali costrinsero anche gli eserciti nomadi barbarici a pigliare il loro assetto nei feudi, che si composero sulle tradizioni delle colonie militari agricole, e che, sostituendo la terra ai doni mobili militari, trasformarono gli avventurieri in instabili possessori de suolo. Se la Francia avesse avuto solidità d'organismo comunale, non avrebbe patito le terribili convulsioni della rivoluzione del 1789, nè tollererebbe il dispotismo continuo e multiforme del governo di Parigi. Mentre l'Italia, per la saldezza dei suoi ordini comunali, poco si commuove alle rivoluzioni ed anche ai dispotismi, e quasi non s'accorge se rimane senza governo centrale. È quindi materia gravissima per noi, quella della costituzione comunale, e che vuolsi studiare accuratamente, ed anzitutto per riordinare, riassettare questo Stato sconquassato, qualunque sieno i modi governativi. Questo studio è ora urgente più che mai, perchè l'anarchia sembra salita dalle cose ai pensieri. (l ). Gli antenati nostri, alle violenze fiscali e militari dell' impero romano, alle alluvioni barbariche, rifuggirono nel Comune civile, amministrativo, religioso; nel santuario delle Pievi salvarono i penati. Così dobbiamo fare ora noi ; ristorare la patria principiando dalla base, il Comune, ritemprandoci in quello. Procuriamo di assicurare la nave del Comune, di starvi sicuri e confortati, e poi tempesti quanto sa di fuori, che non sommergeremo, e giungeremo in porto. Quanto più forte è il Comune, tanto meno è l'affare dello Stato, tanto più facile è il governo generale; quindi, migliorando il Comune, agevoliamo il viaggio della Nazione. A procedere ordinatamente nello studio nostro, esamineremo pria le forme caratteristiche, gli elementi dei comuni territoriali presso popoli diversi, risalendo anche alle origini, onde scendano naturali le applicazioni, e le lunghe e molteplici esperienze confortino i timidi e guidino gli uomini di buona volontà. Procureremo colla brevità di conciliare maggiore attenzione sull'argomento gravissimo. (I) Questo studio del Rosa è - come abbiamo già avvertito - del 1876, anno in cui fu pubblicato nel volume Feudi e Comuni, dopo essere apparso nel giornale il Sole. Il Rosa si riferisce alle condizioni dello Stato italiano a quell'epoca. N. d. R. Biblioteca Gino Bianco

I COMUNI 11 -----=-=-=-=-=-=========================== ... ______________ --- Il. - Madre della civiltà d'Europa e maestra di libertà, è la Grecia, ed il governo di essa fu comunale. Mano mano vi si sviluppava coltura e prosperità, vi cresceva la democrazia. Solone accolse negli elettori i nuovi originari, i domiciliati ( demopoieloi), ed ammise nella milizia anche gli operai sen-zacenso, che erano la quarta classe de' cittadini. Poi Clistene portò a 500 i 400 formanti il Senato (Buie) di Solone, a canto del quale era il Consiglio di Stato (Areopago), e divise il territorio di quello Stato, somigliante ad una provincia nostra, ad un Cantone s~izzero, in cento distretti (Demi) aggruppati per culti comuni, come poi le nostre Pievi, e con due Consigli : quello degli anziani ( A gora), ed il generale ( Ecclesia). Aristide indi allargò ancora le basi di quella demo - crazia ammettendo anche quelli della quarta classe (Teti) ad essere eleggibili. ' Parecchi gruppi pel servigio militare, per l'amministrazione, pei tribut·i, pel cultq erano pure nell' interno della città ( Phile, Phratrie), e vi s'aggiungevano consorzii, compagnie (etarie), come le Scole delle città marittime italiane nel medio • evo. Il cittadino vi era maggiorenne a 18 anni, e giurava nella compagnia militare della sua contrada, a 20 anni diventava elettore, solo a 30 eleggibile alle funzioni maggiori (Vedi in Grote, Schoemann, Lerminier). I Latini erano germani dei Greci, e svilupparono lo Stato ed il Comune (che in origine in quello si confondeva) armonicamente. L'aumento d~l benessere addotto allo sviluppo di commerci, di arti, di agricoltura, fece a Roma salire così i domiciliati (assidui), che Servio Tullio, come Solone, attribuì anche ai nuovi originari, secondo il censo, il diritto di cittadini, ed il servigio militare, che pure incominciava a diciotto anni, compivasi a 30, mentre il diritto di suffragio politico ed amministrativo, come nella Grecia si otteneva dopo i venti anni. A Roma, per tempo, il Comune diventò Stato gr~nde, e vi si confusero l'amministrazione e la politica almeno per noi lontani. Sappiamo che nella repubblica, vi si tenevano comitia curiata et .centuriata, politiche riunioni ordinate da magistrati, per età, per gradi militari, per stati sociali, che specialmente per le cose sacre, vi si teneano con minor distinzioni concilia et conciones, e che finalmente vi erano unioni in piedi, non sedute, somiglianti ai nostri Circoli o mee- . ting, dette coetus conventicula, conciliahula, dalle quali male discerniamo i confini e gli scopi (Mommsen, Lange). Le altre città eclissate da Roma, i piccoli - comuni rurali rimoti, non lasciarono stori~ intima, ma quando Roma fu ali' apice di sua potenza, Augusto riordinolli dentro e fuori ristorando forme antiche. Della costituzione comunale romana di Augusto, Svetonio ci lasciò documento prezioso in questo passo : Spatiu urhis in regiones, vicosque divisit; instituitque ut illas annui magistratus sortito tuerentur hos magistri ex plebe cuiusque / vicinae electi. Divise lo spazio della città in regioni e vici, ed instituì che le regioni fossero amministrate da magistrati annuali tratti a sorte, i vici da uffi... ficiali eletti dalla plebe di ciascuna vicinia. Festo poi ci serbò altra memoria notevole dei vicini romani, là ove scrisse: Sed ex vicis partim habent rempuhlicam, et jus dicitur, partim nihil eorum, et tamen ibi nundinae aguntur; Volendo dire che alcuni vici si reggevano come piccole repubbliche con consiglio e giudizio, e che altri eran luoghi senza tale diritto, c~ntrali, dove si conveniva pei Bibliòteca Gino Bianco

12 LA CRITICA POLITICA ----- --- -- -------------_--_- ____ --------- mercati, come sarebbe ai porti, alle taverne, ai ponti. In alcuno di quei Comuni votavano anche le donne censite. Il re Servio Tullio avea con rito antic0 diviso la città in quattro parti o ~ reggimenti, detti regioni o rioni, dal re o da reggere. Le città d'Italia nel medio · evo, continuando quella tradizionale divisione, separarono i cittadini interni cd esterni per quattro porte o quadre {da quattro) o quartieri. Augusto elevò a 14 quelle regioni entro Roma, e fece loro corrispondere altrettante fuori in Italia. In sanscrito vie vale abitazione, in greco vicos è casamento, in latino vicus è gruppo di case isotato, agli Slavi wiec diventò assemblea popolare, wig baia ai Norvegi, wiege culla ai Tedeschi. Servio suddivise la città in sette vici, Augusto li aumentò sino a 87 {Reumont). Vicini erano gli abitanti dei vici, e comprendevano anche l'umile ·plebe, lo perchè tuttavia i Rumeni e Valacchi chiamano vecini i villani od agricoltori. Le città nostre ora, per quanto grandi, hanno un solo Consiglio amministrativo, che non può capire più di ottanta membri, ed un solo corpo esecutivo o Giunta. Tutto è fuso, è adunato insieme, l'antica membratura è scomparsa. Il Comune romano invece era suddiviso prima in regioni, indi in vici. Così nel medio evo le città nostre militarmente ed amministrativamente andavano suddivise prima in porte, o quartieri, o sestieri, o rioni ed in vicinie, Bergamo nel 1331 ne contava 22. Ognuna di quelle regioni augustane avea Giunta speciale tratta a sorte per turno fra gli imbossolati che paiono gli Anziani, e durante solo un anno, ed ogni vico o vicinia era amministrata da ufficiali eletti dalla plebe. I latini chiamavano magistri questi uffìziali, e dal nome loro vennero i magistrati, i maires francesi, i maister lombardi o tedeschi. Nelle vicinie quindi dovea essere voto universale, come nei Convocati per l'editto di Milano, 30 dicembre I 755 e Notificazione 12 aprile 1816. Lo Statuto di Verto\ra, del 1235, dice che in quel paesello tutti sono consiglieri uno per fuoco dai 15 ai 70 anni. E la Riviera di Salò nel 1425 stabilisce che debba tenere Consiglio speciale ogni terra avente più di dieci fuochi, e famiglie, e nel 1339 Bovegno per incorporarsi il vicino Magno, rimasto con tre soli fuochi, ebbe bisogno del consenso del Consiglio generai~ di Brescia, dove qualche voto fu pure contrario. Come da noi i Consigli comunali amrninistrano gli affari speciali, i provinciali quelli più generali, così accadeva nelle vicinie e nelle regioni antiche, che poi s'accentravano nel Consiglio generale (Università), che nel medio evo quando era di mille, quando cinquecento o meno, e nella Credenza o Senato d' Anziani. Le Università alla ,Campagna erano assemblee di parecchie Vicinie, e rispondevano alle pieve romane, che poi composero le pieve cristiane. Come dimostrasi dalla lapide trovata presso la pieve di Tremosine sul Benaco, lapide ora nel Museo di Verona nella quale si legge: Sex. Nigidius Fab. Primus. Ae Dii. Brix. Decur Honore. Grat. D. D. Ex. Postulazione. Pleb A ram. Bergimo. Restit Biblioteca Gino Bianco

I COMUNI 13 A Napoli ora è un Comune solo senza suddivisione con mezzo milione di abitanti. La maggior parte delle 69 provincie d'Italia ha meno di 500 mila abitanti, quindi, ove non fossero le distanze, l'Italia, in luogo di avere 8382 consigli comunali potrebbe amministrarsi con 69, quant~ sono le Provincie, se quello che accade nell' interno di Napoli e dell' altre grandi città, si praticasse anche fuori le mura, fondendo tutto insieme, Ciò si tentò di fare dai despotismi Gentrali, ma i vici, i piccoli comuni fuori, resistendo, mantennero le antiche e provvide suddivisioni. Fuori delle città i vici romani si agglomeravano non per regioni, ma per pagi onde i Pagani. Pagos grecamente valse monticello, e si accenna che ogni gruppo di vici avea sopra eminenza un rifugio fortificato, che era insieme mercato e tempio e tesoro comune. Il pago in Italia corrispondeva al gau germanico, ed avea consiglio di dodici savii, come i Lucumuni etruschi, e come il Consolato di Bagolino ancora nel 1796. Gli antichi greci e romani non aveano sacerdozio speciale come i Leviti, i Bramini, i Drudi, ma confondevano le cose sacre colle civili e politiche, come continuarono nel medio evo le Scole o Confraternite; ed i cristiani, quando predominarono ed usurparono i beni de' templi pagani, ordinarono l'amministrazione ecclesiastica secondo le circoscrizioni romane. Quindi ad ogni pago fecero corrispondere una pieve o plebe cristiana, dove popolarmente eleggevasi l'anziano o prete (presbite,). La grossa diocesi di Brescia ne ebbe 46 di queste pievi, quella di Bergamo 25. Le città centrali ebbero poi il presidente generale dei fedeli e degli anziani, detto Sorvegliante, Episcopo o Vescovo, eletto pure popolarmente. E dalla voce greca oicos o vico, la giurisdizione dell'anziano chiamossi par-ochia, quella del sorvegliante di-ocesi. Come poi fuori delle città le pievi primitive si ordinarono per pagi o gau, nell' interno si accomodarono alle regioni o rioni, e per la buona amministrazione, crescendo la popolazione e la coltura, non si concentrarono, come si fece delle cose politiche, e come si vuol fare,ora amministrativamente, ma si suddivisero in parocchie nell'interno della città e fuori. Le parocchie quindi ora si ponno considerare come continuazione genuina dei primi aggruppamenti de' vici romani, e sono prova della tradizione di scentramento amministrativo. Ogni regione entro Roma amministrava la polizia, il culto, l'edilizia mediante edili, tribuni, pretori, eletti popolarmente. Due regioni mantenevano insieme una corte di guardie di questura e del fuoco. Ogni vico interno avea due o quattro buoni uomini · ( Vicomagistri), i quali curavano anche il culto dei Lari alle capelle ne' crocicchii (Carobbii del medio evo), e nelle contrade (compita), ove face• vano le compitalia. Fuori poi ne' pagi, i dodici maestri, riprodotti dai dodici savii di Val d'Ambra del 1208, mantenevano le vie vicinali, i monti di grano, provvedevano ai tributi, regolavano i culti solenni, ovvero facevano le paganalia (1), vegliavano sulle acque, ( 1) A Brescia e ad Assisi si trovarono iscrizioni a Giove 'Paganico. .. Biblioteca Gino Bianco ...

.. 14 LA CRITICA POLITICA -----=--------=-=================-----_-_-_- _ _:-_-_---_-_--,_::-_.=-_ -=- ---- ---- III. Lo studio che noi ci proponemmo del Comune, non è per compire un ciclo storico, ma mira ad applicazione. Cercando là genesi e le vicende del Comune, stimiamo poterne cavare più sode e sicure argomentazioni per l' ordinamento amministrativo e politico italiano. Perciò dopo aver discorso del Comune greco e romano, ·continuato nel medio evo pure dalla Chiesa, ne gioverà, per le analogie, esaminare anche il Comune ove si scopre ancora nelle sue forme più naturali ed ingenue ed antiche. Scegliemmo perciò il Comune negli Stati Uniti d'America, nella Russia e nella Svizzera, ed adduciamo qualche esempio nostro derivato dal medio evo. Gli emigranti dall'Inghilterra verso l'America, già nella nave che li portava, stringevansi in vincolo di comunità, e giunti alla riva desiata costruivano un villaggio, fondavano un Comune. La nave dagli inglesi dicesi ship, la borgata senza mura town dall'antico celtico dunn, duna argine, colle, e da queste due radici dissero town-ship il Comune, che da prima è anche piccolissimo, e poi viene scindendosi e propagandosi, tanto che nel Massachiusetts Ja media della popolazione dei Comuni è ora di due mila persone. lvi tutti sono elettori ed eleggibili, e si raccolgono in assemblee generali ad amministrare direttamente, come facevano i piccoli Comuni nostri nel medio evo. Quelle assemblee. in alcuni Stati nominano sino a dieciannove funzionari annuali ed indipendenti, ed obbligati a prestare l'opera loro con retribuzione proporzio_ nata al lavoro; come praticavano i Greci antichi ed i nostri nel medio evo. Così, il Comune bresciano di Bagolino di tre mila abitanti sino al 1796 nominava annualmente sino ad undici qualità diverse di funzionari obbligati ad accettare. Tra questi funzionari in America si distinguono : il distributore delle imposte, l'agente delle tasse, l'esattore, il questore, l'edile, il difensore della legge o sindaco greco ed italiano, il notaio comunale, il cassiere, il direttore della Carità, i maestri, gli ingegneri, i fabbricieri, i misuratori pubblici, ed anche i pastori spirituali. Solo i grandi Comuni vi hanno un Giunta ed un Podestà. Colà i grandi uomini di Stato si formano in queste umili funzioni, le quali quindi attirano le ambizioni maggiori. Perchè lo Stato governa ed amministra pochissimo rispetto al Comune, e la Contea, che corrisponde alla Provincia nostra, non ha consiglio, è centro giudiziario, ha poco a fare. Il Comune americano vende, compra, fa liti, apre e chiude i bilanci, impone tasse senza tutela di sorta, nè della Contea, nè dello Stato, nè della Nazione, Lo Stato distribuisce ai Comuni il contingente di tributo, ed essi provvedono a ripartirlo, esigerlo, pagarlo. Pel legame collo Stato provvedono i buoni uomini (select..men), eletti ogni anno, tre nei Comuni piccoli, nove nei grossi. Essi fanno le liste elettorali e presiedono i convocati (town meetings), che ponno essere adunati anche sulla domanda di dieci proprietari. Ogni Contea ha piccolo tribunale di giudici di pace, come i nostri Scabini e Sculdasii nel medio evo, nominati per sette anni dal governatore, e giudicano anche di cose amministrative (Tocqueville). Nella Russia si conservano forme di Comuni primitivi, come li aveano le antiche genti slave, delle quali scrisse Schymnio Chio a' tempi di Cesare, che Biblioteca Gino Bianco

I COMUNI J 5 =-===========-=============-= ------ - --- ----·-- ·-------- -- --- ----•-·-- ---- -· - - ·------ -- .... ------ - - - --- possedevano sostanze comulative tutti (k.oinenapanloon len poleen ousian), Perchè tuttavia la terra fra loro non è allodiale ma del Comune, che la riparte in vitalizio ai maggiorenni. Ogni casato insieme forma il joch come la gens latina, il clan celtico. Il Comune chiamasi mondo, e lo presiede il più vecchio come il doge dei pescatori a Venezia nella festa del Redentore. Come i vici romani si aggruppavano in consorzii detti pagi; più mondi nella Russia compongono un distretto simile al gard, al gau, degli antichi Germani. Similmente accade ne' Serbi, nei Bulgari, nei Montenegrini. Questo distretto è quell'Unità amministrativa che corrisponde col governo. Come negli antichi Comuni italiani, nei mondi russi tutti sono elettori ed eleggibili, e tutt~ anche nel Comune sono possessori. Sono elettori ed eleggibili anche le donne, e l'esperienza colà non dimostrò necessario di rimuoverle dalle assemblee· ( 1)• I Comuni si eleggono i propri funzionarii, anche il sindaco ed il giudice di pace, come seguiva tra noi nel medio evo. Ogni Comune manda un delegato al consiglio del Distretto, il quale assegna ai Comuni l'imposta e il contingente militare, ed il Comune poi, che risponde per tutti riparte questi tributi. I nobili sino ad ora restarono fuori di questi Comuni, come avveniva dei feudatari nei paesi romani, e la legge d'emancipazione 19 febbraio 1861 non solo lasciò come era il Comune amministrativo ma ·lo fortificò (Wreden, Semenow). Per questa libertà assoluta dei Comuni rurali, per la semplicità di distribuire ai loro consorzii il tributo di denaro e, di militi, al governo centrale russo si rende agevole di reggere l'immensa mole dell'Impero. Così accadeva alle vaste monarchie delr antichità, che avevano assomiglianza di federazioni tributarie ; così va la China. N~lla Svizzera sono molti elementi diversi, co1neerano nell'Italia del medio evo, quindi vi stanno insieme commisti ed intrecciati varii Comuni. Coli' aiuto del nostro amico Gustavo Sieber, togliemmo ad esaminare il Cantone di Zurigo, e lo trovammo così ordinato : I suoi 265 mila abitanti sono ripartiti in undici Bezirk., Circondari o distretti, in adeguato di 24 mila abitanti, ed ognuno di questi ha l'amministrazione pupillare, un tribunale civile ed un Consiglio àmministrativo, prima istanza p~i Comuni, i quali entro il distrett~ si aggruppano in Circoli o Consorzii (k.reis) di cui se ne contano 52, talchè si ragguagliano a· 5 mila persone ognuno. Questi provvedono unicamente al giudizio per le somme non eccedenti 250 fiorini ; e non hanno altro mandato fuorchè questo e quello di formare i Circoli elettorali per le elezioni cantonali. Nel Cantone di Zurigo sono tre forme distinte di Comune. Il Comune civile, Ciwilgemeinde, forma originaria, rudimentale, sparta specialmente ~e' monti, ed è come frazione del Comune politico, rende immagine del gruppo dei nostri vecchi originarii. Il Comune civile sa solo 1 'amministra- ( 1) La patente austriaca del 1864 ammette anche le donne a votare tra i grandi proprietari, La riforma svedese del 1865 ammette pure le donne possidenti alla elezione delr Alta· Camera, Biblioteca Gino Bianco ...

16 LA CRITICA POLITICA zione de' suoi fondi speciali, col reddito de' quali deve contribuire alla manutenzione ed alla costruzione delle vie di terza e quarta classe. Il minimo comune civile del Cantone è di 25 mila abitanti. I vecchi originari vi stanno ancora con molto sussiego verso i domiciliati, ma è allo studio una riforma per conciliarli. Il Comune politico può essere pure piccino, infatti avvene uno di 163 abitanti. Egli amministra senza controllo i beni suoi, provvede alla polizia, alla sicurezza, alle vie, riparte le imposte, fa le prime pratiche pupillari. In esso tutti i cittadini maschi a vent'anni sono elettori, eleggibili a 24 e solo a 30 al Consiglio di Stato (Regirungraht). Il Comune politico assicura tutti dagli incendi, ed in qualche luogo anche del bestiame, ed amministra ciò per tutti. Il Comune ecclesiastico (Kirchgemeinde) provvede al culto, all'istruzione, alla beneficenza, ali' amministrazione de' fondi suoi. Elegge popolarmente il pastore ed i docenti. Lo Stato concorre alla fabbrica della scuola, paga la metà dello stipendio dei docenti e l' intero stipendio del pastore, ma non interviene che a far eseguire i provvedimenti generali, fa amministrare la giustizia ed eseguire la costituzione, e nel resto lascia piena libertà ai Comuni. Ad onta di ciò, nel Cantone di Zurigo, non è un solo .illetterato adulto, e per simile modo accade lo stesso negli Stati Uniti d'America. Nel Comune politico ponno capire parecchi Comuni ecclesiastici, come stanno le parocchie nelle città. Il Consiglio Svizzero è insieme consulente ed esecutivo senza d'uopo di Giunta e Deputazione. Nella Russia l'Anziano fa eseguire al Segretario, così nel Cantone di Zurìgo il Presidente del Consiglio comunale, col mezzo del Gemeindemann, ufficiale del Comune nominato dal prefetto capo governativo del Bezirk o Circondario, eseguisce le aste, gli atti contro i debitori del Comune, inizia i . . . processi per contravven1.1on1. IV. - Per tutto il medio evo in Italia, e, sino ai tempi vicini a noi, in alcune valli lombarde si mantennero non solo i vici romani Comuni microscopici co' loro convocati, od assemblee, od Università a voto universale, ma eziandio le federazioni di essi in Comuni politici più grossi, rispondenti agli llntichi Consorzii per pagi. Le valli di Scalve, di Gandino, Canonica, Brembana Superiore ed Inferiore, lmagni, T rompia, Sabbia e molte altre aveano tra molte varietà, in generale un Consiglio di Credenza o Senato della Valle, ed un Arengo, rappresentanti parecchi lochi, o contrade, o piccoli Comuni, ognuno dei quali avea anche Consiglio proprio. Come era Vertova, che nel 1235 multava chi non interveniva al proprio Consiglio, ed insieme mandava delegati al Consiglio federale e consorziale di Honio. Da deliberazione del popolo di Brescia del 1293, appare che i piccoli Comuni, o Vici o Ville, allora avevano diritto consueto di nominarsi i propri Sindaci con non -meno della metà suffragi. Duae partes 1'icinorum, omnium, pubertorum et liberorum, deheant expresse assentire, ,ive simul sive separatim. Il romito comune di Bagolino tra Brescia e Trento, che ora ha 3870 abitanti. fino al 1796, avea Assemblea generale delle Vicinie, un Senato di venti vecchi originarii, un Consolato annuale di dodici reggenti a sorte, due per ogni due mesi, e delegava due al Consiglio generale di Valle Sabbia. Vi erano militi Bibliotecà Gino Bianco

I COMUNI 17 tutti, ed eleggibili a 25 anni. Al Console ed al Notaio era necessaria la contumacia di due anni. Il Consiglio ogni anno nominava due sindaci revisori di conti, tre giudici di pace sedenti ogni sabato, sei es~imatori dei danni, l'esattore dei molini, dei forni, delle multe, il pesatore, i mugnai, il campanaro, il serbatore de' pegni, i campari, le guardie delle selve, due procuratori de' pupilli, due pacieri, sei amministratori della beneficienza, tre fabbricieri, un notaio. Era come uno Stato, un township am~ricano, ed ignorava il qisordine attuale (1). Quando il 30 dicembre del 17 55 il ducato di Milano rico~tituì i Comuni, serbò alcune antiche consuetudini, e fra loro quella che i piccoli Comuni avessero un Consiglio o Convocato di tutti, tranne i militi, i pupilli, le donne, gli interdetti, i parrochi locali, i debitori del Comuni, i privati dei diritti civili. Ammise poi elettori ed eleggibili col mezzo dei loro rappresentanti legali: donne, pupilli, minori, interdetti, luoghi pii, collegi, università censiti nel Comune. Perchè fece, secondo le tradizioni germaniche, larga parte al censo, siccome quello che ha interesse massimo ali' amministrazione. Anche perchè il Comune, come corpo amministrativo, può essere considerato quale associazione industriale e commerciale, nella quale, chi vi ha ragione materiale e morale, sia uomo o donna, o minore o corpo morale~ ha diritto a voto. Ammetteva anche la procura ne' Co- • muni rurali, onde agevolare le adunanze e come si consiglia e si fa ne' Consigli industriali. Vi si stabilì che il Consiglio ogni anno si nominasse il suo Presidente, diverso dal capo del potere ·esecutivo, che constava di tre Deputati eletti dal Consiglio, il primo fra i tre d,el massimo estimo. Ne' Comuni grossi stabilì un Consiglio tra i 60 · ed i .30 membri, de' quali almeno due terzi doveano essere presi tra i primi cento censiti, l'altro terzo potea essere contribuito da valore morale. In Italia la forza comunale nel medio evo risvegliossi prima e più tenace nelle regiopi alpine, dove ne' tempi moderni vi resistette meglio alle pressioni politiche. Onde qui solo serbansi ancora gli antichi Vici o Comuni rurali con possessi e consuetudini e gelosie ed orgogli antichi. Altrove, ragioni dispotiche del centro politico, valse~o a fondere contro natura i piccoli Vici, a far scomparire le antiche autonomie. Nel circondario di Siracusa sono 31 Comuni con una media di popolazione ognuno di 8903 persone. La popolazione adeguata de' Comuni della Provincia di Como è di 871 abitanti, quella del Circondario di Salò è di 999, quella de' Comuni del Circondario di Pallanza è di 761-persone, che scendono in media a 557 nel Circondario di Ossola. Nel Canton Ticino intorno al Lago d_iLugano la media popolazione dei Comuni è di 490 persone. Quindi i Comuni più piccoli d'Italia risultano intorno ai laghi lombardi d' onde escirono nel medio evo i fabbricatori delle c~ttedrali. i lanaioli, i fabbri più industri, dove tuttavia sono i migliori agricoltori, le popolazioni più sveglie ed attive. ( 1) Allora quel Comune oltre boschi, selve, pascoli, possedeva seghe, mulini, un forno pel ferro, cantine, osteria, prestino, macellaria, spezieria. 2 Bi lioteca Gino Bianco -·

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==