La Critica politica - anno V - n. 3 - marzo 1925

Ll\ CRITICI\ POLITICJ\ . • RIVISTA MENSILE ANNO V. mar~o 1925 f ASC. 3. Riprendendo il discorso Delle elezioni e del progratnma Mi hanno detto : <Nel tuo articolo di critica alle opposizioni hai scritto cose giustissime. Molte delle tue considerazioni le avevamo fatte noi pure. Ma tu non dovevi scriverle. Vedi : Mussolini ti ha citato. Dunque gli hai fatto piacere. Dunque hai fatto male > 1 Il ragionamento è...• puerile 1 Citare gli avversari a conforto delle proprìe tesi è una cosa molto comune. Lo fa Mussolini, lo facciamo tutti. Secondo il ragionamento di cui sopra, Mussolini dovrebbe essere éonsiderato come il migliore collaboratore delle opposizioni. Non dirò che non potrebbe anche essere così. Per ora non mi pare. Tutta la polemica politica è basata sulle citazioni degli avversari. Per evitare di essere citati bisognerebbe rinunciare a scrivere e a parlare, a_lledue forme cioè nelle quali la nostra :attività può esprimersi. · Quando si è sicuri di essere nel vero, e sopratutto quando si ha la coscienza tranquilla, non si deve temere di dire tutto il proprio pensiero. Non sarà davvero un gran male se su cento cose sgradite che diremo pei nostri avversari ve ne saranno pure alcune che potranno far loro piacere. Nel caso dell'articolo in parola non si trattava nemmeno di aver detto cose ad essi gradite o che comunque potessero loro servire : si trattava di constatare uno stato di fatto dal quale Mussolini non ha proprio da cavare maggior vantaggio di quello che abbia già tratto. È nell' interesse delle opposizioni che io ho scritto. Precisamente. E non i:iesco a convincermi (e sarò grato a chi me lo vorrà dimostrare) 1 perchè proprio quella libertà di discussione, di controllo, di critica in cui facciamo consistere per la nostra nazione un'esigenza di vita e di , progresso, dovrebbe essere tenuta per dannosa appena si tratti di applicarla nei riguardi nostri e della nostra azione. Ho sentito osservarmi : perchè determina, nei meno saldi e meno fermi, lo scoraggiamento e l'abbandono. Non è esatto. Sono gl' insuccessi che determinano la delusione e lo sconforto, non già la critica che, quando non esita a denunciare gli errori per evitare altri insuccessi, è volontà di lotta. Vediamo, quindi, di non confondere e di non mettere allo stesso livello nel valore e nei risultati le geremiadi dei delusi che non han voglia di continuare ' Biblioteca Gino Bianco~ . .

98 LA CRITICA POLITICA o di ricominciare, e l'onesta franchezza di chi, dopo che ha potuto constatare e convincersi che la via è errata, dichiara di non essere disposto a proseguire su quella. Bisogna togliersi di mente che per servire la causa dell'opposizione non ci sia altro da fare che su tutto tacere e in tutto consentire 1 E convincersi che nascondere la verità ai nostri occhi non significa impedire che gli avversari la vedano. Mussolini non aveva. affatto bisogno della mia testimonianza per constatare il proprio successo. Ora a vincere la guerra un successo non basta~ La ricerca spassionata dei motivi del successo dell'avversario può però solame11;te consigliare le opportune modificazioni nella tattica e negli obiettivi più . . pross1m1. L'Aventino fu 1lJ1 momel'lto della ·opposizione. Ebbe una signiiicativa importanza. Poteva servire. Bastava che fasse stato conseguente a se stesso. La secessione parlamentare imponeva la rottura di ogni rapporte, diretto e indiretto, coll'ambiente di Montecitorio. Tutto ciò che accadeva o poteva accacJere là dentro non riguardava più i deputati che ne erano usciti. Avvenne invece il contràrio. I risultati li abbiamo visti, ed io non ho voglia d' insistervi anche per non recare altri. ... dispiaceri agli amici. Quello che ne fu detto resti a verbale e non se ne parli oltre. Ma del presente e dell'avvenire preoccupiamoci. L'Aventino ha ancora un valore ? una funzione? Può nuocere o servire ? E come ? Mi propongo di rispondere, per mio conto, a queste domande. Nella valutazione dell'Aventino si cade nell'errore di sentirsi come impegnati a sostenere tutto il contrario di quel che sostengono gli avversari. Deve essere bene tutto ciò che questi dicono male ; e deve essere difeso ciò che questi mostrano di combattere. Se l'errore non fosse reciproco la tattica diverrebbe per gli avversari un problema assai semplice. Il fatto che l'Aventino riempie di sè tutta la stampa fascista non è una dimostrazione di efficacia di azione e di risultati conseguiti. Prendersela sempre con qualcuno è per la stampa fasci sta una necessità. Ed è il suo compito. Nell'interesse del governo e del partito. Il giorno in cui cessasse nel partito la tensione dei capi e dei gregari contro gli avversari, e il loro spirito aggressivo si addormentasse, per il fascismo sarebbe finita. Nel giuoco del fascismo l'Aventino costituisce così anche una pedina polemica. Teniamone conto. Il valore dell'Aventino era e resta nelle sue premesse, nel gesto che lo determinò. Esso è in funzione dell'opposizione, non è l'opposizione. Se è vero che le elezioni del 6 aprile 1924 furono quel che furono, i deputati che ne fanno parte rappresentano l'opposizione quanto la Camera attuale rappresenta il Paese. Non sono nemmeno la parte più temibile dell'opposizione, anche perchè chi governa ha tutto il mo-do di vederne e di controllarne i movimenti e persino di limitarli e di spostarli. È quel che dell'opposizione non 'ha sede sull'Aventino e che è nel Paese, Biblioteca Gino Bianco

RIPRENDENDO IL DISCORSO : DELLE ELEZIONI E DEL PROGRAMMA 99 che non si riesce ad individuare e che tuttavia si sente per ogni dove, che preoccupa e infastidisce il fascismo. La funzione dell'Aventino è altres\ una funzione limitata : negativa in quanto non oppone un programma o un proposito di successi, ,ne al fascismo, solo si dfiuta di riconoscergli la tegittimità del diritto a governare. Non può durare in eterno e cioè oltre lo spazio della presente legislatura. Può anzi considerarsi esaurita dal giorno che una nuova legge elettorale ha messo in mora la Camera del 6 aprile. Il momento dell'Aventino è, insomma, passato. Il suo risultato maggiore è nell'avere immobilizzato all'opposizione una cinquantina di deputati che forse non avrebbero avuto la costanza di restarvi. Tuttavia esso può ancora rendere all'opposizione un servizio. C'è un motivo per cui potrebbe restare in funzione, rivalorizzarsi, finir bene : la preparaziol\e dell'astensione generale dalle elezioni venture. È la sola conclusione logica delle premesse da cui è uscito. Ed è il solo modo in cui dei deputati possono - senza sospetto e con autorevolezza non discussa e non discutibile - impegnare i singoli partiti da cui provengono nel1' unico terreno sul quale le opposizioni possono trovarsi d'accordo. Ma dovrebbe essere detto subito. Doveva anzi essere deciso e dichiarato il giorno stesso in cui veniva approvata la nuova legge elettorale. L'aver ritardato, il ritardare lasciando campo agli equivoci ed alle incertezze è già una debolezza. Ho ragione di te1nere che manchino sull'Aventino la forza e la volontà di arrivarvi. Ma appunto per ciò bisogna provocare una decisione. L'Aventino' può restare in quanto i deputati che Io compongono si propongano di non ripresentarsi e di non partecipare alle elezioni. Il patto che ha stretto i depùtati fuori dell'aula può solo in tal senso impegnare i partiti di fronte al Paese. La protesta contro la legittimità di questa Ca1nera sarebbe in tal modo mantenuta contro quella di domani destinata ad essere figlia di questa. Ma se il patto si rompe, se la protesta finisce, se la incompatibilità che esisteva con questa non deve rimanere colla Carnera futura, se si ammette che nuove elezioni col sistema adottato restituirebbero la legittimità alla funzione parlamentare, se I' Aventino .chiude la sua azione con un suicidio (chè sarebbe un suicidio) allora ogni partito, ogni gruppo ha il dovere di riprendere nel paese intera la propria libertà di azione. L'Aventino, insomma, può restare e servire a un patto : di mantenersi rigorosamente sul suo terreno negativo. Diverrebbe pericoloso appena pensasse di uscirne. Lo è già in qualche modo per il fatto che mostra di avere delle incertezze. Non si chiudano gli occhi per non vedere. Il pericolo (e io credo che si tratti di un pericolo) si evita avvertendolo e denunciandolo in tempo. Le preoccupazioni elettorali si fanno sentire sull'Aventino e potrebbero addimostrarsi più forti della volontà astensionista. In qu.esta Biblioteca Gino Bianco

100 LA CRITICA POLITICA materia basta dar tempo al tempo. Poi ci si può accorgere di essere arrivati ad un punto dal quale non è possibile recedere. È un fatto, intanto, che nessuno dei gruppi politici partecipanti all'Aventino ha fatto dell'astensione una condizione pregiudiziale per mantenere l'unione. E là dove i più intransigenti hanno affermato le loro preferenze per l'astensione, hanno poi in linea subordinata ammesso la tesi della partecipazione nel caso in cui per l'astensione non si raccogliesse l'unanimità dei consensi. Un solo gruppo potrà così decidere della partecipazione di tutti I Ora non è ammissibile che sia cosL L'inverso dovrebbe essere .. Se il blocco non si mantiene sul terreno astensionista, non può essere mantenuto sul terreno della partecipazione. La decisa volontà partecipazionista di un gruppo potrà rendere in.evitabile la partecipazione elettorale di tutti gli altri gruppi. Non dico di no. Ognuno valuterà, al mo- . mento opportuno, le proprie possibilità e la propria convenienza e si · regolerà in conseguenza. Ma il significato della partecipazione sarà ben diverso; nessuno· si formerà dubbi e illusioni stil valore politico delle elezioni ; nessuno si attenderà da esse quello che non potrebbe assolutamente venire: la sconfitta del fascismo e la vittoria delle opposizioni. Le battaglie si hccettano, ma a condizioni di parità. E non s'impegnano a fondo dove, queste mancando, la sconfitta è sicura. Perchè qualcuno s'illude, non è proprio un dovere illudersi tutti. In una adunanza del Comitato di controllo democratico vi fu chi disse che le prossime elezioni, colla partecipazione dell'Aventino, assurgeranno al valore di un plebiscito. Chi così pensa non tiene presente il meccanismo della nuova legge elettorale. E ignora, altresì, la storia politica italiana dalla costituzione dello Stato unitario ai nostri giorni. Saprebbe, altrimenti, che non si è mai dato, diciamo mai, il caso di un governo che, avendo fatto le elezioni, ne sia uscito battuto. Con nessun sistema elettorale. Figuriamoci con questo e nelle attuali condizio~i I Tuttavia la eventualità che l'accordo non si raggiunga nel senso indicato è più che probabile. Ed ecco un'altra ragione per provocare subito una deoisione. Si dovrà mantenere il blocco nel senso opposto? No,. io dico. Colle elezioni la protesta dell'Aventino finisce, nè si può pensare di ripetere, ad elezioni avvenute, Io stesso gesto. Sul terreno negativo non ci sarebbe altro da fare. Sull'altro terreno operare tutti insieme non è possibile. Una separazione s'impone: si possono e si debbono stabilire nuove intese, ma sulla base delle affinità e dei programmi. L'opera può essere incominciata sull'Aventino (e l'occasione è appunto offerta dal fatto delle elezioni più o meno prossime) per essere proseguita e condotta a termine nel paese lasciando che le situazioni si determinino poi localmente, senza intromissioni e senza pressioni da Rom~ e, sopratutto, senza imposizioni di candidati. Applicato ai partiti di democrazia e per affermazioni e risultati liberali, il < metodo di Mussolini > è un me-. todo pessimo. Occorre lasciare localmente libertà di scegliere, di proBiblioteca Gino Bianco

• RIPRENDENDO IL DISCORSO: DELLE ELEZIONI E DEL PROGRAMMA 101 nunciarsi, di prendere pòsizione, anche perchè si acquisti l'abitudine a fare un pochettino anche da sè e a calcolare sulle proprie forze. In questo senso, per un ricominciamento, come semplice mezzo, senza farsi illusioni e senza determinarle, le elezi~,1i - dove le lascieranno fare e dove si avrà sufficiente decisione per farle - possono anche servire. Le varie forze di opposizione debbono cioè essere poste, da oggi, nella condizione di decidersi. Costituzionali, democratici, rivoluzionari protestare insieme possono; operare insieme, no. < Per lo Statuto e nello Statuto >: non può essere questa la base di un programma comune per una azione comune. Anche per la ragione che non preciserebbe e non garantirebbe niente. Collo Statuto il fascismo è a posto, dal momento che in esso non ha trovato ostacoli alla sua affermazione e alla sua azione. E non è col grido < ritorniamo al 19211:) che si può rispondere al fascismo quando parla di riforma dello Stato e frattanto la opera interpretando legittimamente lo Statuto nel modo che gli conviene. Il 1921 non è un ideale per il quale molta gente riesca a commuoversi. L'Italia deve andare avanti. E deve giovarsi delle molteplici esperienze fatte negli ultimi anni. E, ad ogni modo, gl' italiani debbono essere messi nelle condizioni di stabilire p·er loro conto (anche se per ora non sono nelle condizioni di scegliere) se vogliono restare al fascismo, o ritornare al '21 o darsi una terza soluzione. È la terza soluzione che bisogna offrire. Non giova essere o dimostrarsi agnostici. Unitari, popolari, democratici, debbono decidersi: o accettare la formula < per Io Statuto e nello Statuto >, che essendo pure quella dei fascisti non può avere nessun valore programmatico, o riconoscere in modo esplicito che la attuale costituzione si è dimostrata pratica1nente incapace a garantire la libera manifestazione e affermazione di tutte le opinioni e di tutti gl' interessi e che come tale non risponde alle legittime esigenze dei tempi e al bene collettivo della Nazione. È il fascismo stesso che ha posto il problema della riforma costituzionale. E la compie I Non c'è, dunque, che seguirlo sullo stesso terreno. Non già per arrivare alle soluzioni estreme. Ma nemmeno per limitarsi ad un programma che non potrebbe tranquillizzare nessuno. OLIVIERO ZUCCARINI ) Procurate abbonati alla CRITICA per l'anno in corso. Fatela penetrare nei Circoli di lettura, nelle Biblioteche. Fate abbonare i vostri amici. Biblioteca Gino Bianco

Rivoluzionari e Costituzionali Che ci si batta oggi per una restaurazione pare pacifico ; restaura-. zione di quelle elementari libertà politiche che furono sancite in una carta statutaria piemontese giusto settantas~tte anni or sono. Bene converrà allora riconoscere che quell'equilibrio durato fin a pochi anni da oggi fu rotto. Converrà, per darsi una ragione non del tutto superficiale e limitata della condizione attuale, riconoscere l'origine ed il carattere rivoluzionario del fascismo ; con grande soddisfazione dello stesso, che tanto e del resto a ragione, ci tiene, e con buona pac·e di chi lo tenne a battesimo se anche oggi per caso si trovi tra gli oppositori più infervorati. Che questa verità non voglian riconoscere i signori costituzionali è umano, in quanto· costituirebbe per tanta parte di loro una confessione che deve saper di troppo forte agrume ; ma che questo non si faccian chiaro i rivoluzionari è cosa molto men facilmente giustificabile. Noi non pensammo mai di disconoscere la rivoluzione fasci sta. Non rivoluzione morale, intendiamoci, non rivoluzione reJigiosa, come i di-· versi Gentile hanno il toupet di pretendere. Aberrazione morale e religiosa piuttosto, perchè una rivoluzione di palazzo, cui quella fascista pare assai facilmente comparabile, è quel bel fiore, la storia c' _insegna, che sboccia solo tra lo sfacelo dei senti_menti civici di una nazione, nei periodi di turbamento più profondo della società, o sia in ore di crisi morali gravissime. Individuiamo in questa < rivoluzione > il fascismo, ed allora avremo assai chiaramente definito la portata, la mèta ed i mezzi della nostra opposizione. 11 fascismo, abbiam detto, non i fascisti di oggi. Il fascismo, crisi di pensiero e di coscienza di un popolo. E vediamo quanti degli odierni oppositori non portano un poco il peso, la responsabilità di questa crisi ; e consideriamo se convenga affidarci nelle loro mani, anche noi con loro gridandò il gran grido di guerra: Torniamo allo Statuto. Consideriamo se valga la pena di batterci per un Giolitti che resse con molle pugno le dande al fascismo, per un Orlando, eletto ali' insegna del fascio e della scute, per un Salandra, che del fascismo fu il padre, il figlio e lo spirito satanico .. Consideriamo se convenga far penitenza per una < gaffe Facchinetti >, per non ferire la suscettibilità dei popolari, di coloro che, se la memoria non ci falla, seppero trovare per il primo governo fascista diversi fedeli e convinti collaboratori ; di demosociali ed altra gente ancora, che, anche più dei popolari, furon col / ascismo Biblioteca G·inb Bianco

RIVOLUZIONARI E COSTITUZIONALI 103 della marcia assai prodighi d'aiuti. (Lo considerino questo gli unitari • sopratutto). La vecchia costituzione è rotta ; ora poco ci vuole ad accorgersene per chi se la trova in cocci fra· piedi. Ma quando fu rotta, e da chi ? Perchè nel '24, e non piuttosto nel brumaio del '22? A noi sembra che tutti questi blasonati democratici non siano i migliori generali per la guerra che ci dichiarò ufficialmente il Farinacci ; per quanto abbian dimostrato di saper cos} abilmente e gelosamente curare gli interessi propri, da riuscire a far smaniare per la costituzione tutti i sovversivi. Se pensiamo che da costoro in fondo, da quella società e mentalità eh' essi han sempre rappresentata, trae le sue origini il fascismo, in quanto in esse potè trovare le condizioni prime per affermarsi, noi non vediamo quale gran vantaggio derivi ai rivoluzionari dal lasciarsi crocefiggere sopra quel costituzionalismo che, ministri proprio quei signori, tenne - fin che potè - il fascis1no a tutela; e questo per una fittizia, sterilissima unità di opposizione. La critica che l'Ansaldi muove al. partito repubblicano (che noi facciamo nostra), può, su lo stesso motivo, più utilmente estendersi a tutti i partiti e le frazioni rivoluzionarie in Italia ; rilevando l'errore di accettare come posizione di minimo il massimo dei postulati degli altri partiti coalizzati, senz'accorgersi di comoattere in questo modo per la restaurazione ed il rafforzamento definitivo, chi sa mai per quanto ancora, di quella stessa condizione di cose, il cui sovvertimento all'opposto solamente giustifica l'atteggiamento loro rivoluzionario. I socialisti (unitari e massimalisti) hanno invero un bellissimo argomento da addurre in iscusa, la necessità cioè di sostenere, in determinate contingenze, la parte pii1 liberale contro quella più retrograda della classe nimica, s} che paion disposti in fondo a lasciarsi prender per il naso da questi furbi borghesi, che al momento buono finiscon se~re col dividersi in due sotto-classi in lizza tra loro, cos} da non dar mai tempo ai novatori di farsi avanti per conto proprio ; cos} da mettere i più accesi sovversivi nella necessità di commemorare magari, come s'è fatto in una città di conoscenza, l'anniversario fatidico dello Statuto albertino, con dinamici manifestini dove ·si leggeva un bel < viva lo Statuto >, o con altri pilì gustosi che dicevan : < La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Art. 28 dello Statuto >. (Chi sa mai per quale scrupolo non completando l'articolo stesso col capoverso < Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e ~i preghiere non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del Vescovo >). Nella necessità cioè di inneggiare, còl rischio di finir in guardina, all'Editto sulla stampa, e con esso alla Legge comunale e provinciale .... d'attuale memoria. Via, signori rivoluzionar'i, dove credete di finire di questo passo ? Per una restaurazione possono battersi pure gli uomini dell'ordine (dell'ordine d' ieri), ma i rivoluzionari no. È puerile pensare di far ritorno Biblioteca Gino Bianco

• 104 LA CRITICA POLITICA alle posizioni d' ieri, perchè ·più tollerabili di quelle d'oggi, per scalzarle poi in un nuovo domani. In questo senso, dietro al fascismo non si torna, tale è il valore rivoluzionario del fascismo ; e se ciò può atterrire chi col fascismo si ·scaldò la serpe in seno, deve far accorti i rivoluzionari che questo non è tempo di mortificazioni. A socialisti e repubblicani, se sapessero volger lo sguardo anche di là dai confini, dovrebbe riuscire oggi naturale e spontaneo, e ben più fecondo per una comune azione, un concreto accordo tra loro, piuttosto che con le frazioni retrograde d'una <democrazia> conserva,- trice, e con le vecchie clientele della borghesia capitalista. Azione rivoluzionaria poi non vuol dire barricate quando sono materialmente impossibili, ma vuol dire, in questo tempo, preparazione delle coscienze e propaganda d' idee. Non dovrebbe riuscir molto difficile, diciamo, ai socialisti come ai repubblicani rendersi ragione dell'opportunità e necessità insieme, per non lasciarsi sviare e sopraffa~re poi dai comuni avver- . sari di domani, ·di non separarsi nella lotta, seguendo le vecchie vie divergenti ; oggi che la politica internazionale, agli uni specialmente, può apprendere l'ineluttabilità di procedere, affrontando il problema sociale, a radicali riforme politiche che ne siano la condizione preliminare e insieme la sola sicura garanzia (1). L'insistere sopra la distinzione di un problema politico da uno sociale - come l' Ansaldi fa - non ci sembra che abbia un buon fondamento. L' incapacità rimproverata ai socialisti di rendersi conto della necessità di muovere nel tempo stesso alla riforma delle istituzioni politiche e di quelle sociali, si può sempre ritorcere contro quei repubblicani che fini- ~cono col soffocare le loro pretese rivoluzionarie, e mutarle in sterili e inattuali richieste, per non sapervi dare più ampio respiro, non astraendole mai dalla cosidetta questione sociale. Noi sentiamo d'aver già assunto un'analoga posizione, in quanto tale da preludere ad una soluzione integrale e radicale, perchè questa rivista, agitando un problema particolare della storia e della politica italiana, l' inquadra in una generale soluzione ·della crisi che travaglia la società nostra, nè pensa a porre il problema del regionalismo e delle autonomie avulso da quel1'unità di concezione eh' è l' indice primo di una capacità d' intendimento dei probleini della vita moderna, e d'una possibilità di azione. RODOLFO MORANDI (1) Le divergenze tra questi partiti non sono tali da non permettere una larga azione comune, mentre domani, su tanti punti di meno urgente soluzione, potrebbe rinnovarsi un più leale di quel che non sia stato finora, e quindi più utile contrasto d'idee. Di buono o mal grado molte altre forze c_ertamente, per non rimanere in iscacco, vi si unirebbero, e forse la situazione sarebbe presto capovolta per la necessità ch'altri avrebbe di correre a troppo tardi ripari. BibliotecaG·inoBianco

Il problema della sicurezza europea e il Protocollo di Ginevra • Qualunque sia il destino riserbato al Protocollo di Ginevra, destino che è in gran parte nelle mani dell'Impero Britannico (l ), è certo che esso viene dibattuto sulla stampa inglese, in seno ai partiti inglesi di qua e di là dagli oceani e in seno ai clubs e alle famiglie, come non lo è in alcun altro paese. L'Inghilterra prende la cosa sul serio, laddove è dubbio se altri la prenda sul serio. È ad esempio lecito chiedersi se essa sia presa sul serio da Stati, poniamo, come il Siam o l'Argentina, i quali certo non intendono aumentare i loro armamenti per essere in grado di intervenire adeguatamente a far valere le decisioni della Lega contro Stati aggressori e non di meno hanno dato la loro ratifica ; laddove l' Impero , Britannico intende ratificare solo ciò c·he si sente in grado di mantenere. Ebbene, è molto probabile che nella sua forma attuale il Protocollo di Ginevra non risulti accettabile ad alcuno degli Stati componenti I' Unione Britannica. Le ragioni di ciò sono molte e apparvero sia in giornali conservatori che liberali e laburisti ; tutti tre i partiti sono profondamente più o meno divisi su questo punto. Anzitutto tutti sono d'accordo nel pensare che la Gran Brettagna non debba prendere impegni che non sieno accettabili anche per i Dominions e che i vari parlamenti dell' Impero Britannico devono, in ultima istanza, rimanere gli arbitri del se e del come, in ogni data contingenza, forze britanniche devono essere adoperate a far valere decisioni della Lega contro uno Stato aggressore. Una delle obbiezioni più diffuse al Protocollo, si è che da esso non risulta ben chiaro che la sovranità dei Parlamenti dei singoli Stati rimane intatta e che la Lega non è un superstato che può comandare i suoi membri, ma un'Associazione volontaria di Stati autonomi. Si pensa che insensibilmente la Lega diventi un Superstato. E sopratutto si considera che il Protocollo di Ginevra fu affrettatamente elaborato a Ginevra in sostituzione del Patto di Mutua Assistenza preparato da Lord Robert Cecil d'accordo con vari Stati Maggiori e affrettatamente condannàto dal Governo laburista ; che la delegazione laburista a Ginevra fu a tal compito colta impreparata e che il Protocollo stesso è sostanzialmente un docu1nento ispirato dalle preoccupazioni militari dello Stato Maggiore francese e degli Stati Alleati e vassalli della Francia; un (1) Nella sessione di marzo la Società delle Nazioni ha rinviato ogni decisione sul protocollo .a settembre. BibliotecaGino Bianco

106 LA CRITICA POLITICA documento che invece di ràfforzare indebolisce l'art. 19 dello statuto della Lega, ossia sopprime di fatto la possibilità di alterare pacificamente gli attuali confini col sottrarre all'arbitrato la revisione dei trattati; ossia cristalizza lo statu quo a vantaggio dei vincitori. L'opinione pubblica inglese non consentirebbe mai ad alcun Governo inglese, non importa di qual partito, di impegnarsi in una guerra per difendere gli attuali confini contro minoranze nazionali intente ad alterarli onde congiungersi alle loro _patrie. · Si supponga, ad es., ~he conformemente all'art. 19 dello Statuto ~ella Lega, l'Assemblea di questa si sià dichiarata favorevole alla revisione del trattato che regola i confini tra la Rumenia e la Turchia, pronunziandosi a favore della tesi rumena ; e che la Turchia, come glie ne dà diritto il Protocollo, ignori tale decisione e la Rumenia proceda per vie di fatto a farla valere. È egli presumibile che in Inghilterra e altrove l'opinione pubblica permetterebbe lo spreco di vit~ e di danaro necessario a sostenere la Turchia, tecnicamente nel suo diritto, contro la Rumenia, a cui favore l'opinione pubblica mondiale per mezzo della Lega si sarebbe pronunziata? Inoltre, si continua, detto Protocollo non considera le complicazioni 1 prodotte dal fatto che sono membri della Lega Stati transoceanici. I Dominions, come gli Stati Uniti, non sono punto disposti a intervenire in questioni puramente europee come quella già contemplata ed altre del genere. E molti obbiettano al fatto che, ad es. gli Stati del Sud America possono aver peso in decisioni puramente europee e possano aver tra di loro beghe da far decidere alla Lega, che questa non potrebbe _risolvere - ove uno di essi fosse aggressore - che violando la Dottrina di Monroe ed entrano in guerra con gli Stati Uniti. Si pensa quindi che sarebbe bene reintrodurre il principio dell'accordo regionale tra Stati contigui, contenuto nello scartato progetto di tr.attato di 1V1utuaAssistenza, integrato nella luce della più grande feconda innovazione contenuta nel Protocollo, e cioè che viene ad apparire automaticamente aggressoré chi non sottopone una questione all'arbitrato o si ribella a un verdetto arbitrale e procede a farsi giustizia da sè : e si considera inoltre che bisogna render ben chiaro che .fino a che gli Stati Uniti non siano nella Lega, l' Inghilterra non intende compromettere in alcun modo la sua amicizia con essi. È infatti da tener presente che l' Inghilterra sarebbe la nazione più c}:iiamata a prender parte ad operazioni di blocco contro uno Stato aggressore; e che se gli Stati Uniti non ricono1.cessero la decisione della Lega e persistessero nel loro tradizionate diritto a commerciar liberamente con lo Stato a·ggressore, bloccar questo vorrebbe dire da parte dell'Inghilterra entrare in ostilità contro la sola Nazione nel mondo che ha una flotta pari e potrebbe facilment"e costruirne una superiore alla sua e provocare ipso facto la secessione. del Canadà e perdere· Terranova, la Guaina e le Indie Occidentali. Biblioteca Gino Bianco

IL PROBLEMA DELLA SICUREZZA EUROPEA E IL PROTOCOLLO DI GINEVRA 107 Se si pensa che durante l' ultima guerra, aonostante la giustizia fosse ovviamente dalla parte dell' Inghilterra, l'America fu spesso nn per mettersi dall'altra parte per la questione della sua libertà di commercio con la Germania e probabilmente non sarebbe entrata in guerra, se la Germania non avesse a sua volta violata tal pretesa libertà più che l' Inghilterra, tale preoccupazione sarà lungi dal parer irragionevole. V' è poi da considerare anche le obbiezioni dei Dominions agli articoli del Protocollo inseriti all' ultimo momento onde evitare la secessione del Giappone. È noto che i Dominions come gli Stati Uniti insistono nel mantenere che in materia d' immigrazione essi intendono riserbarsi la massitna e più piena libertà d'azione e di ammettere e non ammettere, secondo le idee loro circa il loro interesse e tenore di vita : in altri termini persistono a riguardar l' immigrazione come una questione domestica; e che il Giappone, non esso soltanto, è d'opposto parere. Quindi per impedir la secessione del Giappone si è deciso che ·anche in questioni, che uno Stato decida dì riguardare come puramente interne, la Lega possa fare inchieste e dar consigli e che sia aggressore chi procede ad atti di fatto, senza tener contò di tali consigli. Ora vero è ad es. che Stati Uniti e Dominions non hanno che star quieti per non esser dichiarati aggressori ; ma se i cons,gli della Lega fossero avversi ad essi ed essi se ne infischiassero e il Giappone procedesse a farsi giustizia da sè, e ciò sapendo di procedere a far cosa che la Lega, cioè l'opinione pubblica mondiale organizzata ha dichiarato giusta, non è chi non veda che ci si verrebbe a trovar di fronte alla secessione dei Dominions dalla Lega e fors'anco a quella dell' Inghilterra, perchè non è supponibile che l'Inghilterra preferisca mettersi in guerra con essi e con gli Stati Uniti, sua prole, piuttosto che con la Lega e col Giappone I Ho dato le ragioni che pesano contro il Protocollo nella sua forma attuale pur nella mente di coloro che più sono favorevoli al successo del suo spirito, trascurando quelle di coloro che sono avversi al Protocollo per gli stessi motivi per cui sono avversi, in linea di principio, a che la Lega diventi cosa seria; e nessuno può sottovalutarne il grave peso. Ve ne sono poi altre di carattere economico. È un fatto innegabile che per l' Inghilterra il mantener.e una flotta capace di intervenire a far valere le decisioni della Lega non importa in qual parte del mondo vorrebbe dire aumentare e non già ridurre le sue spese navali; e che se essa non consente ad au1nentarle, non sono, per le stesse ragioni, disposte ad aumentarle le potenze navali minori. Indubbiamente queste sono obbiezioni che pesano non solo contro il Protocollo ma contro il principio stesso della Lega e che illustrano la cecità umana e la miopia dell' umana immaginazione, in quanto pur se fosse vero che tali aumenti fossero richiesti, il loro costo sarebbe minimo in confronto a quello d' uua guerra. Ma esse sono atte a parer gravi all'indomani d'una grande guerra nel mentre un'altra dalle stesse dimensioni par lontana di qualI Biblioteca Gino Bianco

108 LA CRITICA POLITICA -che secolo, nel mentre par possibite ridurre al minimo i costi della pace senza troppo restringere ·1~ propria libertà d'azione di fronte all' i1npreveduto. È quindi più che probabile che il Protocollo sarà radicalmente emen- ·dato sì da essere accettabile ai Dominions e non osti~o agli Stati Uniti e sì da non escludere la possibilità di revisione pacifica di trattati vigenti - ipotesi quest~ che ad ogni modo richiederà molti mesi e forse qualche anno di tempo e che frattanto lascerebbe insoluto il problema della sicurezza francese e del disarmo - ovvero esso· sarà messo da parte, nel qual caso quest'ultimo problema si farà anche più grave. A molti di opinioni progressive sembra che con gli emendamenti già suggeriti più sopra, esso potrebbe al.meno essere ratificato per un periodo · di quindici anni, salvo più tardi rivederlo nella luce dell'esperienza così acquistata ; .e che i rischi di guerra o di complicazioni che esso porta nel proprio seno non sono maggiori, anzi sono minori che quelli del persistere nei n1etodi fin qui invalsi; e per c~nto mio non esito a pro ... gnosticare che i principi fondamentali di esso trionferanno non appena tornino al potere i liberali o i laburisti o una coalizione d' entrambi. L'opinione pubblica inglese Io vuol corretto, ma non ne vuol l'estinzione . . II popolo inglese che è un popolo eminentemente sperirnentale è -oscuramente conscio che il problema della sicurezza europea e mondiale non vien deciso solo a Ginevra. Non si è del tutto scontenti che le difficoltà del Protocollo stiano per rendere impossibile la Conferenza pel disarmo già fissata pel prossimo giugno e alla quale, in quanto convocata dalla Lega, gli Stati Uniti non avrebbero aderito; e, viceversa stieno per rendere possibile una Conferenza pel disarmo indetta dagli Stati Uniti e avente per fine la fissazione di proporzioni massime anche pei · tipi di navi non corazzate, per gli incrociatori, pei so1nmergibili e per gli .aeroplani, secondo il precedente stabilito dal trattato di Washington. L' Impero Britannico, che ha già ridotto la sua flotta, in quanto a spese, a quel che era nel 1902, prin1a che s'affacciasse il pericolo tedesco e che, in materia aerea è ancor lungi dall'esser pari alla Francia, sarebbe lietissima' di poter disarmare ulteriormente qualora ciò venisse reso possibile dalla abolizione dei som1nergibili. L' Inghilterra, che è un' isola sovrapopolata, che importa quattro quinti del suo cibo e delle sue materie prime e che è centro d'un impero oceanico e pluricontinentale è certo la più interessata all'abolizione di detta arma; ma essa è anche convinta che l'esperienza ha dimostrato che la fede in essa riposta dagli Stati ostili a tale abolizione è ingiustificata nella luce dell'esperienza e che è almeno vero che i costi complessivi della guerra a base di sotto-- marini e della difesa contro qi essi si eguagliano e i vantaggi si neutralizzano. In Inghilterra si è convinti che il so1nmergibile ha scarsissimo valore contro navi da guerra e non ha formidabile va1ore che contro navi mercantili e convogli di trasporti indifesi. Tosto che questi sono Biblioteca Gino Bianco

IL PROBLEMADELLASICUREZZAEUROPEA E IL PROTOCOLLODI GINEVRA 109 difesi mediante destroyers e aeroplani che difendono sopratutto attaccando e che obbligano il sottomarino o a star sommerso rendendosi inutile o ad esporre il periscopio, il sommergibile, che ora può essere a mezzo di microfoni scoperto a miglia di distanza, corre più pericolo di essere vittima che di far preda. S sa che gli Stati Uniti si sono moJto avvicinati al punto di vista inglese. Sarà esso accettato anche dalle altre potenze navali ? Quel che è certo si è che se la conferenza fallirà,. l'America più che mai lungi dal convertirsi alla tesi della cancellazione. dei debiti, ne pretenderà il pagamento fino ali' ultimo ~entesimo e non è. punto improbabile si metta a capeggiar tutti in armamenti navali; nel qual caso l' impero Britannico non potrà non tenerle dietro. Il continente europeo deve decidere tra la politica della pace, dell'arbitrato e della Lega, avviandosi a diventare gli Stati Uniti d'Europa, oppure fallire e divenire presto o tardi una dipendenza economica e indirettamente politica del mondo anglosassone : deve elevarsi al suo livello o discendere salvo esser costretto a risalire e ad adottarne le suggestioni e gli esempi sotto la pressione della necessità. L'Europa ha finito d'essere l'arbitra del mondo. V'è tutto un mondo transoceanico,. inevitabilmente portato ad aumentare in potenza, ricchezza e civiltà, che capitanato dalle nazioni più libere, evolute e potenti della storia, s'avvia a diventar esso arbitro dell'Europa. Ex occidente lux. ANGELO CRESPI IL POTERE ESECUTIVO NELLA COSTITUZIONE ITALIANA Nella nostra Costituzioneil potere esecutivoha una considerazionespeciale. Non esce dalle elezioni, ma fa le elezioni. Controlla,non è controllato,·dirige, non si lascia dirigere. Nella sua esteriorità e nelle sue man~festazionipiù visibili il meccanismo della nostra vita pubblica appare identicoa quello in funzione in altri paesi a sistema parlamentare.Appare identico: ma lo spirito che l'animafa sì che esso funzioni in modo tutto affatto diversodelle istituzioni alle quali quasi sempre ci si rijerisce come a modellodi sistema parlamentare. L'Inghilterra è così citata, nei nostri riguardi, quasi sempre a sproposito.Non parliamo poi dei paesi dove, come negli Stati Uniti, la democraziaconsistesopratuttonella limitazione dei poteri del governo. Il valore della costituzionenord-americana,il segreto della sua vitalità, è appuntonel fatto cheessa si preoccupa di stabilire ciò che non deve esser fatto, piuttosto di ciò che deve esser fatto, di avereposto dei limiti precisi all'azione del potere esecutivoe a quella stessa del potere legi,lativo. La costituzione italiana non si preoccupa di ciò, presuppone anzi che it popolo meglio governato sia il più governato. Biblioteca Gino Bianco

PROBLEMI NOSTRI Bonifiche Meridionali Segnaliamo questo articolo in cui Eugenio Azimonti tocca una questione delicata che chiedeva di essere affrontata senza ritardo, con schietta sincerità. Finchè si tratta di prendere delle iniziative e di arrischiare qualche cosa per la redenzione del benedetto Mezzogiorno nessuno si fa avanti: i meridionali badano a far molti bei discorsi ( e non si pµò negare che li sappiano fare I) e i settentrionali pensano ai loro affari.. Quando poi - per un motivo _ o per l'altro, più o meno politico-elettorale - ci sono dei milioni dello Stato da spendere anche laggiù in lavori pubblici o in bonifiche ecco allora che saltano subito fuori molte persone a o/frire i loro servizi, i loro piani e i loro suggerimenti e a costituire i loro bravi Consorzi, questi innanzi tutto. E siccome quasi sempre questa brava gente vien fuori dal settentrione, non si può proprio dire che manchi in Italia spirito di solidarietà nazionale. Ottimo argomento di un bel discorso I Che però non ci convince. Crediamo assai poco in questi Consor_zi di uomini e di enti per opere di bonifica e di colonizzazione che non li riguarda direttamente; i Consorzi, se mai, devono costituirsi laggiù, nel Mezzogiorno, con gente di laggiù, con mezzi tecnici e manuali di laggiù e con la partecipazione anzitutto, morale e materiale, degli enti locali. Sono gl'interessati stessi che dovrebbero, insomma, crearsi il loro piano di bonifica e di colonizzazione, coordinarlo ad altre iniziative ed alle necessità della vita locale e portarlo avanti anche quando per caso i denari dello Stato fossero finiti o l'azione integrativa dello Stato venisse a cessare. Se ciò non avviene, succederà come è sempre accaduto: si baderà a spendere, non importa come e dove, e finito di spendere chi s'è visto s'è visto e il problema delle bonifiche, della colonizzazione e, aggiungiamo, del rimboschimento, della sistemazione stradale ecc., resterà su per giù come prima. Ma lasciamo, per oggi, la parola al nostro Azimonti ehe in materia di colonizzazione agricola e in problemi del mezzogiorno è, indiscutibilmente, un competente. Delle bonifiche nel Mezzogiorno si torna a parlare : questa volta come di problema che si avvierebbe alla sua soluzione. Il < Giornale d'Italia agricolo > nel n. del 21 dicembre u. s. intitola addirittura < La redenzione agraria del Mezzogiorno> un articolo che incomincia testualmente cos): < Un' iniziativa della più alta importanza sociale e nazionale è oggi ufficialmente annunziata. Un gruppo di autorevoli , personalità del quale fanno parte uomini noti per l'amore e là competenza che portano nello studio ~ei problemi agrari meridionali, si è costituito in Comitato promotore per la organizzazione dei Consorzi di bonifica nell'Italia Meridionale e Insulare >. E via di questo passo, facendo nascere nel lettore ingenuo la convinzione che veramente stavolta si farà per davvero. Biblioteca Gino Bianco

BONIFICHE MERIDIONALI 111 Più prudente il Giornale della Fedérazione nazionale dei Consorzi Agrari, del 21 dicembre, dà la notizia pura e semplice della costituzione· di un Comitato per le bonifiche del Mezzogiorno, ad iniziativa, notisi, della Federazione nazionale delle bonifiche. Chi scrive non ha nessuna intenzione di gettare acqua sul fuoco ; ma precisamente per la stima che ha delle egregie persone costituenti il Comitato ad alcuna delle quali è legato an«he da vincoli di amicizia, si permette di interloquire per lumeggiare la complessità del problema · e per allontanare, qualora esistesse - come da qualche vociferazione sembrerebbe - il pericolo di un accaparramento delle bonifiche, di una specie di presa di possesso da parte di persone od Enti non meridionali, non proprietari di terre nel Mezzod}, non preparati, nè tecnicamente nè finanziariamente, quanto la complessità e la vastità del problema richiederebbe, a fare opera seria, al solo scopo di mercanteggiare le provvidenze governative inerenti alle bonificazioni di prima categoria. Niuno più dello scrivente vorrebbe vedere avviata per davvero la redenzione delle plaghe più abbandonate del Mezzogiorno ; e se i propositi e le opere debbono valere più delle parole anche nel Paese nostro, come valgono nelle Nazioni che sono alla testa del movimento mondiale, il modestissimo esempio dato da chi scrive in questo recondito angolo di Basilicata ed un ventennio oramai di vita meridionale, dovrebbero consentirgli non solo ampia libertà di parola, ma anche sincerità rude a riguardo di uomini e cose senza offesa per nessuno, proprio per amore di risultati effettivi, giovevoli alle Regioni meridionali. Si è detto, ma non sarà inutile ripeterlo, e affermarlo come assioma fondamentale e punto di partenza di ogni discussione al riguardo. La bonifica nel Mezzogiorno d' Italia è ben lontana dall'essere, pochissimi casi eccettuati, quel problema ben precisato nei suoi termini, ben noto ormai, a soluzione ben preventivabile tecnicamente e finanziariamer:ite, come è nella Bassa Valle del Po. La bonifica meridionale non ha perimetro definibile, ristretto ; ma si allarga il più delle volte nel1'ambito dell' iutiero bacino; non consta di poche determinate opere idrauliche e di ingegneria rurale, di maggiore o minore entità; ma richiede un complesso di opere e lavori non tutti e non facilmente preventivabili senza sperpero di danaro, sia esso dello Stato, cioè di tutti i cittadini, o di una parte di essi, i proprietari o gli agricoltori operanti. Salvo _pochi casi di territorio ben delimitato, relativamente ristretto, da conquistare alla coltura con precedenti analoghi se non in tutto simili a quelli oramai consuetudinari nella bassa vallata del Po, tutto il rimanente delle lande da bonificare costituiscono ampi territori, intiere provincie, o gran parte di provincie, più bacini idrografici nei quali si alternano e stanno contigui vasti possessi, o latifondi che dir si vogliano . ' e piccoli o piccolissimi possessi in grande numero, senza che si possa iblioteca Gino Bianco

112 LA CRITICA POLITICA sempre riscontrare in questi ultimi un avviamento di bonifica, un più alto grado di intensità colturale. Il concetto della bonifica meridionale, che analizzandolo e sintetizzandolo, è il problema di un migliore, più redditivo sfruttamento del suolo, di tutto il suolo suscettibile di coltura, intesa la parola nel più ampio significato che essa può avere, è stato, in tal senso, ben chiarito dal Serpieri, quando gli eventi vollero che egli si trovasse (per breve tem·- po, purtroppo 1) a reggere il Dicastero della A·gricoltura, in quel palazzo di via XX Settembre dal cui frontone fu cancellata la chiara parola agricoltura per sostituirvi quella più astrusa di economia con l'aggettivo ora di moda, nazionale. Il Serpieri vedeva e vede chiarissimo. Doveva affrontare la risoluzione del problema per gradi, non essendogli consentito, dal posto che occupava, di dettar legge ai Dicasteri concorrenti dei Lavori Pubblici, del Tesoro e delle Finanze. In germe ha lasciato, con i provvedimenti che portano il suo nome, la soluzione del complesso problema; ma chi scrive senza essere· pessimista, teme assai che il germe non potrà tanto presto, per ora non di certo, diventare nemmeno un arboscello, non che pianta adulta e forte come quercia. Il testo unico dei provvedimenti che riguardano le bonifiche, non è per nulla intonato alle necessità meridionali. Ogni provvedimento ufficiale del Governo centrale porta la sacramentale frase di concerto coi Ministri di. ... e di. .. ; ma, purtroppo, il concerto è uno sconcerto, sconcertante chi vive ed oper~, per quanto modestissimamente, nell'ambiente morale meridionale. Finchè del miglioramento ai fini produttivi del territorio meridionale più abbandonato si occuperanno - troppo spesso ignorandosi, se non addirittura contrariandosi - due o più Ministeri, finchè le opere che uno o l'altro dei Ministeri incoraggierà o sussidierà, resteranno, sia per l'ese- , cuzione che per la conservazione, alla mercè di funzionari statali o anche di Enti non direttamente interessati al conseguimento del fine ultimo, che è l' incremento produttivo del suolo, si avrà troppo spesso - come la dolorosa storia delle bonifiche meridionali insegna - sperpero di danaro e null'altro. Chi scrive è, in questa materia, di un radicalismo che sarà giudicato· forse eccessivo. Non ha fiducia alcuna nell'opera statale; vorrebbe del tutto eslcusa la ingerenza del potere centrale nel problema delle bonifiche. Egli Io vede e vorrebbe ·che diventasse un problema alla cui soluzione mirassero unicamente gli enti locali e gli interessati dirètti, proprietari ed agricoltori. L'opera del potere centrale ~ dovrebbe limitarsi a favorire, ciò che oggi non fa, indirettamente la soluzione, consentendo la provvista e la formazione in luogo· del capitale necessario, non depauperando e immiserendo, ma consolidando la economia locale e generale. Lo studio e la risoluzione dei molti problemi tecnici, nel senso più. Biblioteca Gino Bianco

• BONIFICHEMRRIDIONALI 113 conveniente per una più intensa coltivazione del suolo, siano essi pro-:- blemi idraulici, o di viabilità o agricoli propriamente, vanno riserbati alla gente del luogo. Se nelle provincie meridionali non si riuscirà un giorno ad avere esperti idraulici, ingegneri, agronomi, agricoltori, nati e soprattuto vissuti a lungo nell'ambiente nel quale debbono operare, sia pure, il che non nuocerà ma gioverà, cogniti, per avere osservato e studiato sopra luogo, di quanto si è fatto altrove, che si appassionano al bonificamento del suolo meridionale, è vano sperare nella costituzione di Comitati, come quello di cui è parola nei giornali, per la redenzione agraria del Mezzogiorno. * * * Delle persone non ambientate, sia pure colte e capaci per opere altrove compiute, chi scrive diffida moltissimo. Nei funzionari del Genio civile o del Corpo reale dt:lle foreste, ove non abbiano a lungo vissuto nelle provincie meridionali, se settentrionali, e non si siano appassionati ai problemi da risolvere, non può nutrire fiducia. Or non è molto, un alto funzionario del Ministero dei lavori pubblici, basilicatese di nascita, preposto ape opere grandiose degli acquedotti per i centri ionici, tuttora privi di acqua per tutti gli usi della vita civile, conveniva con lo scrivente che il problema era, più ancora che di mezzi, di tecnici capaci, onesti, attivi. · Questi uomini chi scrive teme che non si avranno mai finchè le provincie meridionali si aspetteranno la risoluzione dei problemi interessanti il proprio disgraziatissimo territorio dal potere centrale. Lo scrivente è un fautore della più larga autonomia regionale e vorrebbe veder sfrondato il Governo centrale di molti compiti che oggid} assai malamente assolve (1). Per tornare alla questione che più strettamente esaminiamo, quella delle bonifiche, intesa la parola nel significato affermato dal Serpi eri, l' unico che abbia senso pratico, chi scrive non può sperare in una soluzione rapida, mancando ogni adeguata preparazione; più che sperare, teme nel costituirsi di Enti non naturalizzati, non ambientati, massime se elementi bancari, o di pura e semplice speculazione finanziaria di altre regioni, vi si frammischino. · Si debbono, sissignori, fare arginature e prosciugamenti, derivazioni di acqua a scopo di irrigazione, strade rotabili, ecc., opere che rientrano nel quadro delle cosidette bonifiche di prima categoria, per le quali l'onere principale viene addossato allo Stato, ma non è soltanto con tali (1) Uno dei più gravi inconvenienti dell'accentramento in fatto di opere pubbliche, sta nel disperdimento dei fondi stanziati per la assurda pretesa di accontentare un po' tutti i postulanti. Cosl accade inevitabilmente che ogni anno si spendono somme non indifferenti senza mai riuscire a portare utilmente a c0mpimento una determinata opera importante, col disastroso risultato di perdere, a volte, totalmente quanto fatto in precedenza a spizzico. Biblioteca Gino Bianco

. - 114 LA CRITICA POLITICA opere, dove pure tali opere siano indispensabili e debbano anteporsi ad ogni altro genere di lavori, che si arriverà mai ad ottenere dalla terra maggiori e più svariate produzioni. Fintantochè l'agricoltore vero, che nel Mezzodl è troppo spesso unicamente di tipo contadinesco, rimarrà estraneo spettatore; o, peggio, sarà contrariato, sia pure con l'intenzione che ciò debba essere limitato ~d un primo tempo, dati' operare che faranno Enti o lo Stato direttamente, non si conseguirà mai e poi mai il ~ine ultimo, quello di accrescere le produzioni, perchè troppe opere e procedimenti di esclus•iva spettanza dell'agricoltore non si attueranno subito dopo le opere di cui sopra o prima o contemporaneamente. Se in questo scritto, breve per necessità, si volesse e potesse esemplificare, si vedrebbe come nella più grande parte dei casi sovrastano per importanza, a voler redimere un dato territorio, le opere di spettanza dell'agricoltore, anzichè quelle che oggi malamente fa lo Stato direttame1:1te,od Enti che si vorrebbero far sorgere. Ma l'agricoltore meridionale non farà mai di più e di meglio di quanto faccia ora, non già per malvolere o ignavia, sibbene forse per non sufficiente istruzione professionale,, sin tanto che sarà tartassato dal fisco, immiserito da un regime doganale protezionistico come l'attuale, non sicuro delle persone e degli averi, co·ndizioni onerose che non gli consentono di respirare e ayvantaggiarsi economicarnente neanche socialmente. Il Governo di Roma procuri di fare una politica generale consona ai bisogni e allo sviluppo ulteriore del Mezzogiorno intiero, ciò che oggi non fa ; e lasci alla libera iniziativa delle Provincie tutto ciò che ha tratto col miglioramento del territorio. _ Se le Provincie, messe in condizioni di poter agire, aiutate indirettamente dal Centro, non faranno opera metodica e continuativa per rendere tutto, il suolo più produttivo, non si potrà più da nessuno farne risalire la colpa al Governo centrale. Retorica ciarlatanesca e affarismo plutocratico oggi imperanti ai danni del Mezzogiorno, saranno stroncati dall'affermarsi delle vive forze regionali, nelle quali lo scrivente ripone molta fiducia, malgrado ogni contraria apparenza. Marsicovetere (Basilicata) EUGENIO AZIMONTI « Il giornale di agricoltura· della domenica » dà notizia nella « Cronaca » di una visita prossima alle bonifiche settentrionali da parte di fiduciari politici del mezzogiorno e delle isole, per la quale visita la Federazione nazionale delle bonifiche, per incarico del Ministero dei L.L. P.P., sta concretando il relativo programma. Aggiunge il giornate:: « si dà poi sicura la organizzazione ..della Mostra nazionale delle bonifiche ». Siamo· - come si vede - proprio nell'ordine d'idee sostenuto da noi !... Le Biblioteca Gino· Bianco

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