La Critica Politica - anno IV - n. 7 - 25 luglio 1924

·Ll\ CRITICJ\ POLITIC.l\ }llVIST A MENSILE ANNO IV. 25 Iuglio 1924 F ASC. 7. Qu·alche idea sull'ordinamento dello Stato Un modello di organizzazione statale, secondo le nostre intenzioni, completo, curato anche nei minuti particolari, non lo abbiamo. E se ce lo chiedessero ci rifiuteremmo di farlo. La costituzione di uno Stato non può essere una improvvisazione. Il compito del politico non è già quello di fabbricare modelli nei quali imprigionare la società di domani per la sua maggiore felicità, ma quello di sentire e di esprimere le tendenze e le esigenze della sua epoca e di operare in modo di soddisfarle. Nessuna costituzione scritta potrà essere rimedio efficace alla malattia costituzionale del tempo nostro, se essa non sarà il risultato di un orientamento naturale dello spirito pubblico e di un successivo adattamento degli organi alla funzione. L'ordinamento attuale non va. Ecco un dato di fatto che nessuno pensa più di contestare. Una ragione per cui molti non sanno decidersi a rinunciarvi è che non si sa cosa sostituirgli. Un'altra ragione è che dopo la esperienza russa tutte le novità fanno paura come un male maggiore. Ma queste ragioni n~n bastano a togliere di mezzo il problema dello Stato. Si voglia o non si voglia esso è, e resta, il proble1na capitale senza risolvere il quale non usciremo dalla crisi. Si vuole che a turbare così la nostra vita politica e sociale sia stata la guerra e che man mano che ce ne allontaneremo l'equilibrio si andrà ristabilendo progressivamente. Ma è una opinione errata. La guerra ha solo accelerato una crisi di cui le cause preesistevano e che avrebbe raggiunto comunque, fra qualche anno, il suo punto culminante. Si potrebbe dimostrare che fu essa stessa prodotto e non causa. Ad ogni modo quello che oramai si vede impossibile è l'adattamento della politica all'economia. Lo straordinario sviluppo che l'economia ha preso nel corso di mezzo secolo - sopratutto nelle sue forme di speculazione - ha determinato il sorgere di tanti Stati nello Stato, anzi di tante forze rivali e concorrenti che lo Stato non è in grado di dominare o di conciliare. Ciò non poteva prevedersi quando venne adottato l'attuale sistema rappresentativo. Allora gli affari dello Stato erano pochi e di carattere generale, l'attività legislativa limitata, e i parlamenti poterono per ciò esercitare una funzione regolatrice. L'accentramento burocratico - nel quale tuttavia alcuni spiBiblioteca Gino Bianco

286 LA CRITICA POLITICA riti preveggenti, come il Cattaneo, videro un'insidia mortale per l'istituto rappresentativo e per la libertà - era ben lontano dalle attuali proporzioni di sviluppo. E l' intervenzionismo economico e sociale, all'ombra del quale dovevano sorgere e svilupparsi interessi parassitari numerosi e potenti, non era entrato nella pratica dei governi. Il sistema rappresentativo ha cioè una responsabiliià relativa nella situazione attuale le cui vere cause sono nella molteplicità e complessità dei compiti che lo Stato si è assegnato. L'opinione pubblica aveva avvertito tale verità, del resto assai evidente. Ci fu un momento in cui era comune convinzione di molti partiti che fosse necessario decentrare, svuotare Io Stato di molte funzioni; come disse Mussolini allorchè prese in mano le redini del governo per fare poi precisamente l'opposto di quel che aveva annunciato. Se adesso si preferisce non parlarne non è perchè si sia mutato parere. L'esperienza degli ultimi mesi ha anzi rafforzato enormemente tale convinzione. È solo tenendo conto di una esperienza che consideriamo compiut~, degli orientamenti della opinione pubblica e delle esigenze di libertà sempre crescenti e che sono esigenze di autonomia, che noi ci proviamo a fissare alcune linee entro le quali potrebbe formarsi il nuovo equilibrio. Lo facciamo anzitutto per precisare le nostre idee. Poi per dimostrare quanto lo svolgimento della crisi dello Stato verso una soluzione possa presentarsi se1nplice e facile quando a condurlo siano preoccupazioni di libertà e cioè esigenze a tutti comuni piuttosto che aspirazioni e appetiti particolari di gruppi e di classi. * * * Ecco dunque, sinteticamente perchè abbiamo maggior forza di precisione e formino oggetto di discussione, le nostre idee. Riconosciuta l'incapacità dello Stato a riassumere e dirigere le funzioni politiche economiche sociali e amministrative si deve addivenire ad una separazione netta della politica dall'economia e dall'amministrazione. Ci sembra che la ripartizione potrebbe essere questa : Politica, Servizi, Amministrazione. POLITICAL. o Stato deve essere politico e solamente politico, restituito cioè alle funzioni che è suo esclusivo compito esercitare, essere nella sua espressione visibile lo Stato di tutti, lo Stato giuridico. Gli affari dello Stato si potrebbero riassumere in quattro Direzioni politiche o Ministeri, cinque al massimo : Giustizia e sicurezza interna - Difesa (Guerra e Marina) - Affari Esteri - Finanza e Tesoro dello Stato. S'intendono compresi negli affari esteri anche i rapporti commerciali. L'ufficio dell'Assemblea legislativa, dalla quale dovrebbe sortire il Governo, si troverebbe in tal modo enormemente semplificato. E l'auBiblioteca Gino· Bianco

QUALCHE IDEA SULL'ORDINAMENTODELLO STATO 287 torità dello Stato ne uscirebbe rafforzata, piuttosto che diminuita. Da quel momento anzi lo Stato rappresenterebbe davvero una potente forza unitaria in qu'1;nto tutte le forze, tutti gl' interessi troverebbero in esso, anzichè una ragione di contrasti e di lotta, una garanzia reciproca di autonomia e di libertà. La funzione legislativa del Parlamento sarebbe effettiva, consapevole e non una finz_ione ad uso e consumo del potere ese- -cutivo e della burocrazia. Il Deputato non si troverebbe, come adesso, abbassato alla condizione di procuratore di affari e di sollecitatore di ,piccoli interessi locali. Essendo l'attività statale limitata, anche il controllo .parlamentare sarà facile, mentre oggi è una cosa praticamente impossibile per la somma degli affari che dallo Stato dipendono, per la complessità dei bilanci che occupano ogni anno volumi grossi di migliaia di pagine, irti di cifre e complicati da i più svariati artifici contabili. La vita pubblica stessa si moralizzerà e il valore politico del deputato sarà giudicato in base alla cura che avrà avuto degli interessi generali e non già ai servizi resi agli interessi particolari. Coloro che si preoccupano seriamente delle sue sorti sono pregati di riflettere che solo cosl il sistema rappresentativo potrà essere salvato o, per essere più esatti, ristabilito : separando nettamente la politica dagli interessi. Lo Stato acquisterà enormemente in dignità, in prestigio, in stabilità, il giorno in cui non si attribuirà altri compiti oltre quelli di amministrare la giustizia, difendere la nazione, rappresentarla di fronte all'estero, essere elemento di fusione e di coordinamento nazionale. SERVIZI. Per Servizi intendiamo la sistemazione degli interessi nel quadro della vita generale e la loro separazione dalla politica. -In altri termini : gl' interessi posti al governo di se stessi e chiamati a bastare a se stessi I Non si capisce proprio perchè lo Stato debba sostituirsi agli industriali, ai commercianti, agli operai in cose nelle quali questi, come i più interessati, sono anche i meglio indicati a fare e cioè i più competenti. Non v'è W1a ragione superiore di utilità nazionale per cui l' intervento dello Stato possa invocarsi e giustificarsi. L'agricoltura, I' industria, il commercio, il lavoro, in quanto provvedono al proprio interesse .e al proprio miglioramento, provvedono anche all' interesse e al progresso di tutta la nazione. E finchè vi provvedono a proprie spese, cioè con i propri mezzi, la collettività nulla ha da temere da essi. Quattro servizi - Agricoltura, Industria, Commercio, Lavoro - organizzati regionalmente e nazionalmente. L'organizzazione base di ogni servizio dovrebbe essere regionale in quanto ciascuna regione ha caratteristiche economiche proprie e interessi distinti facilmente raggruppabili. In quanto poi tra le varie ec0nomie regionali esistono rapporti di soli- •darietà, necessità di scambio, utilità da realizzare in comune, ogni servizio si dovrebbe organizzare nazionalmente su basi federali. Si avrebbe Bibl"o eca Gino Bianco

288 LA CRITICA POLITICA così per ciascun servizio un Consiglio Regionale e un Consiglio Nazio-· nale costituito dalle rappresentanze dei vari Consigli Regionali, preferibilmente un rappresentante per ciascuno di essi. Questi. nuovi organismi avrebbero il grande· privilegio di nascere vitali e cioè nelle condizioni di riassumere ciascuno per proprio conto quelle forme di attività che in materia agricola, industriale, commerciale e sociale lo Stato si è attribuite e fa male, incompletamente o pure non fa affatto. Per avere un' idea di ciò che potrebbero essere, non si può , assolutamente tener conto di ciò che sono ora le Camere di Commercio e i nati-morti Consigli provinciali di agricoltura. . Dai Consigli dei Servizi che insieme riuniti - nella regione e nella nazione per la trattazione di affari che li riguardino collettivamente é cioè rivestano un interesse economico e sociale comune - prenderebbero nome di Consigli Regionali e di Consiglio Nazionale dell'Economia, dipenderebbero le Comunicazioni. Ogni servizio dovrebbe avere facoltà d'iniziativa legislativa per tutti quei provvedimenti che richiedessero disposizioni di carattere generale o nazionale o implicassero un contributo finanziario dello Stato. Le proposte dovrebbero essere sempre sottoposte alla discussione del Consiglio Nazionale dei servizi. Spetterebbe poi alla Camera respingerle modificarle approvarle, traducendole in Leggi dello Stato. Si potrà osservare che v'è una certa analogia tra questo sistema d~ · organizzazione dei servizi e quello delle Assemblee tecniche e professionali da varie parti caldeggiato e teorizzato. E di fatti una certa analogia c'è. Con una differenza sostanziale però : che coll'altro sistema solo gl' interessi particolari ne trarrebbero impulso per una più razionale e intelligente opera di spogliazione. E la lotta per la conquista dello Stato si farebbe più viva che mai. AMMINISTRAZIONDEo.vrebbe appartenere ai Comuni e alle Regioni~ Autonomia dei Comuni nella loro costituzione, nel loro ordinamento interno, nei loro affari. L'Amministrazione unica, collo stesso modello per Milano come per Rocca Cannuccia, per un comune di 1nezzo milione di abitanti come per uno di mille, è una mostruosità tale che non chiede illustrazione'! La vigilanza am1ninistrativa dovrebbe essere esercitata dal1' ente regionale, non sul merito delle deliberazioni ma sulla loro regolarità, sulla scrupolosità e sulla esattezza dei sistemi amministrativi. A-Il'Ente regionale, oltre la vigilanza amministrativa [sui Comuni e sugli enti di beneficenza, spetterebbero le .opere pubbliche, la tutela del patrimonio artistico, le scuole secondarie e superiori (la sorveglianza su quelle elementari dovrebbe ritornare ai Comuni), la determinazione delle imposte ecc., tutto ciò insomma che ha riguardo alla vita della regione sia come iniziativa collettiva, sia come coordinazione di sforzi. BibliotecaGino Bianco

QUALCHE IDEA SULL'ORDINAMENTODELLO STATO * * * 289 Come si vede le linee nelle quali abbiamo cercato di fermare alcune nostre idee sul problema della ricostruzione dello Stato sono se1nplici, anche troppo forse per coloro che si dilettano dei particolari. Ma non hanno nessuna pretesa di esser·e definitive. Esse intanto implicano - ed ·è quanto ci sembra avere importanza - un rovesciamento del modo di ,considerare e condurre la lotta politica. Si tratta di rinunciare ad ogni pretesa di conquistare lo Stato. Se c'è uno scopo comune generale, è appunto di rendere impossibile che lo Stato possa essere conquistato da una minoranza comunque costituita e numerosa. Senza di ciò è inutile parlare di una lotta per la libertà contro il fascismo. Si riproduranno sempre - sotto altro nome, a destra o a sinistra - le manifestazioni che caratterizzano tale .. fenomeno politico. Occorre che nessuno chieda o possa chiedere allo Stato ciò che deve chiedere solo alla propria iniziativa, alla propria attività, al proprio prestigio: che nessuno possa pretendere di vivere, prosperare, a spese della generalità e cioè per una condizione di privilegio creatagli dall' intervento dello Stato. Occorre che attorno allo Stato cessi la ressa dei postulanti. È in questa tendenza all'accattonaggio politico verso lo Stato (e non v'è partito in Italia il quale non abbia la responsabilità di averla incoraggiata I) la prima ragione della nostra inferiorità economica, della inerzia alla quale si sono condannate alcune zone in attesa di un miracolo che non verrà mai, della esistenza di un problema del Mezzogiorno. I socialisti specialmente - i quali col loro intervenzionismo hanno assai contribuito a sospingere le tendenze parassitarie del capitalismo - devono convincersi che il loro riformismo nulla ha creato e nulla potrà mai creare di solido per lt! classi lavoratrici. Tutto ciò che per la emancipazione dei lavoratori si costruisce sullo Stato è costruito sulla sabbia. Lo si è visto in Germania e in Austria dove il crollo dell'impero portò con sè anche le istituzioni sociali del proletariato. La ragione della estrema debolezza addimostrata dal movimento operaio in Italia è da ricercarsi, prima che altrove, nell'aver abituato i lavoratori ad avere nell'azione legislativa una fede assai maggiore che nelle proprie forze. La pratica del socialismo deve subire una revisione, riprendendo il motivo 1narxista che < l'emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi > intendendo la formula in senso costruttivo, e cioè che i lavoratori debbono essi creare, sviluppare .e for-tificare le istituzioni della loro difesa e _emancipazione e tenersele, , ,custodirsele senza cederle e senza legarle - per vantaggi momentanei e ipotetici - alle sorti mutevoli del potere politico. E allora si potrà anche parlare di una democrazia nello Stato. Ma bisognerà anche che la democrazia si applichi ovunque e comunque, senza essere cioè una manifestazione esteriore e formale. Non ci deve essere più posto per formazioni oligarchiche. I partiti che vogliono la democrazia, devono anzitutto applicarne le forme rigidamente nella loro Bibliotec Gino Bianco

290 LA CRITICA POLITICA organizzazione interna. Bisogna superare questa contraddizione caratteristica della nostra vita politica e s'~ciale, per cui chi grida democrazia meno la rispetta e la pratica, e la libertà è da ~iascuno invocata in quanto• serve e nel momento in cui serve. Il fascismo ha pure qualche ragione di rimproverare coloro che gli muovono opposizione in no1ne della libertà, di non praticare per proprio conto nè l'una nè l'altra. Ed infatti è; così. Conquistiamo pure - poichè. è necessario, poichè è ragione di vita. per tutti - la libertà nello Stato; ma che tutte le associazioni fra cittadinidebbano anche uniformarsi strettamente alla legge che nello Stato. regola il. sistema di elezioni e di rappresentanza ed _attuare nel loro senso un re-· gime liberale. OLIVIERO ZUCCARINI I nostri "·gruppi ,, L'annuncio che intendiamo costituire dei « Gruppi » tra gli amici di Critica:· · Politica ci ha procurato parecchie lettere di adesione e d' incoraggiamento. Siamo mòlto lieti di vedere che i consensi per l'opera nostra e per le nostre idee sono più numerosi di quelli che aspettavano. Desideriamo però precisare bene fin da ora che non abbiamo nessuna intenzione di costituire una nuova chiesola,. un nuovo frazionamento nella già troppo frazionata organizzazione politica del paese. Al contrario vogliamo prepara.re un terreno sul quale molti possano incontrarsi e lavorare insieme : cioè costruire. Ma lo vogliamo preparare solidamente, senza lasciarci fuorviare dalla preoccupazione del successo immediato .. Ecco perchè non chiediamo adesioni formali al programma generale della lotta antifascista, la quale - tanto. per precisare - non ha proprio bisogno di _ nuove bandiere e di nuove formazioni. Chiediamo invece adesioni e consensi ar programma d'idee che da quattro anni svolgiamo sulle pagine di questa rivistaAvvertiamo inoltre che di tutte le adesioni ricevute abbiamo preso buona nota CLASSICISMO E.... NEUROPATIA " /\;'on la ponderatezza, la calma e la matura riflessione, prima di parlare ed agire, sulla realtà quale è, non la misura, la forza tranquifla o la: tranquillità forte, l'aequanimitas; non, insomma, i caratteri con cui si designa la classicità. Ma impeto irriflessivo, capricciosa e tumultuaria violenza di parole e di atti, divergenza da un giorno all'altro, conie l'umore detta, di' direzione e di linguaggio, impulsività e celebrazione di essa, slanci " dinamici" verso ntete iniprecise, nebulose, cangianti, non segnate con spigoli precisi dal senno chiaro e adulto, Sturm und Drang, romanticismo. Se « romantico" è l'antitesi di "classico"' siamo proprio agli antipodi della romanità,. che viene, sì, contraffatta con le parole, con gli atteggiamenti esteriori, con le " stilizzazioni" del viso e le pose del corpo, nia dal cui spirito si è mille· miglia lontani. io stesso elevamento della " Giovinezza ,, perchè tale, alla direzione politica, è ciò che si può pensare di più antitetico alla classicità,. dove " persona investita dell'esercizio del potere ,, e Senex sono sinonimi, e il pericolo del Governo dei giovani è espresso dalla constatazione maximas respublicas ab adolescentibus labef actas. Nulla, non parlo dei cortei ma dei fatti e degli aninii, che somigli alla severa compostezza classica. Molto che ricorda t incompostezza e la nervosa· agitazione d'ogni " decadentismo ,,, se non richiania addirittura alla mente· una clinica neuropatica ,,. - GIUSEPPE RENSI BibliotecaGino Bianco

I r Le due Italie L' on. Sem Benelli, quando fu deputato per la prima volta e quando accettò con qualche esitazione la candidatur.a per le elezioni del 6 aprile, non dette prova di soverchio acume politico : parve troppo spesso nei suoi discorsi e ·nelle sue interviste un retore più che un artista, un letterato più che un uomo politico. Ma nella emozione profonda suscitata in lui dalla tragica fine dell'on. Matteotti e nella crisi spirit~ale sussegui- ~ane, egli ha mostrato di comprendere la situazione politica italiana molto meglio di quello che non l'abbiano compresa gli altri deputati della maggioranza e i signori deputati delle opposizioni. I due articoli da lui pubblicati nel Giornale d'Italia meritano di essere letti e meditati, anche se sia consigliabile sfrondarli un po' dalle imagini poetiche. L' on. Benelli, con l'autorità che gli deriva dal suo passato di combattente e dal suo ufficio di deputato, ha posto in piena luce il punto fondamentale della lotta politica in Italia, e il suo atteggiamento non è stato senza influenza su quello dell'on. Delcroix e dell'on. Ponzio di San Sebastiano. Altri aveva già detto in sostanza quello che l'on. Benelli ha scritto, ma la sua posizione e il momento scelto per scrivere hanno dato a quelle affermazioni una risonanza e una efficacia, che prima non avevano avuto. E in politica è questo che veramente conta. L' on. Benelli ha recisamente affermato che vi è un'Italia infetta, caratterizzata dal politicantismo, dall'affarismo bancario, dallo spirito di ricatto che anima quegli ex combattenti che ostentano le loro benemerenze di guerra per esigere titoli blasoni posizioni e quattrini ; e vi è un'Italia sana onesta laboriosa, costituita dalla gran maggioranza dei cittadini, di ogni parte politica e di nessuna parte politica, che lavorano producono e pagano le tasse dirette e indirette. L' Italia dei politicanti e degli affaristi, che passano dall'uno e dall'altro gruppo politico o che si attaccano ad uno come mignatte, fa sempre un gran vocìo, e pretende di d~ttare legge all'altra Italia, che li lascia fare e continua rassegnata a produrre e a pagar tasse. ~ Con queste vociferazioni è ora di finirla; è ora che quelli che producono non si lascino più abbindolare d~lla retorica e dall' intrigo, e avochino a se stessi il potere, acquistando finalmente la coscienza del · loro valore e avendo la percezione precisa del male che ali' Italia fanno i retori, i demagoghi, i profittatori della politica, siano essi annidati al Viminate o si appartino sdegnosi sull'Aventino delle opposizioni, per prepararsi il trampolino per la futura scalata al potere. \ Biblioteca Gino Bianco

292 LA CRITICA POLITICA Gli uomini che vivono della politica nelle anti'camere dei Ministeri e nei corridoi di Montecitorio portano veramente il bacillo velenoso della passione di partito, e con questa si regolano. Il loro senso morale si oblitera e si annulla. in questa torva passione, fatta di odi e di rancori, tanto che la moralità della vita privata non viene .più tenuta in alcun conto e che nessuno si preocc~pa delle spese vol~ttuarie cui si abbandonano gli arrivati della politica. Quella scrupolosa correttezza e probità, che fu il vanto degli uomini politici della vecchia generazione vissuti e morti in onorata povertà dopo aver coperto posti importantissimi, non è più nei costumi delle generazioni nuove, o per lo meno non è più richiesta e voluta come. una pregiudiziale irreducibile p~r l'ascesa ai posti di comando. L'affarismo plutocratico e bancario, attraverso il giornalismo finanziato con inusitata e scandalosa larghezza, stende le sue insidie e le sue reti ai m~rgini dei pubblici p·oteri e dei grandi partiti; con l'arte della corruzione - or cinic~ or coperta - si sceglie i suoi servitori e i suoi strumenti nei diversi campi. Contro questa piaga, che può divenire cancrenosa se non si ricorra al ferro cauterizzatore, gli onesti di ogni parte hanno il dovere di porre mano ai rimedi eroici : le improvvisate ricchezze, gli allegri sperperi, i fastosi dispendii di gente che ieri menava vita grama non possonò essere tollerate con un silenzio complice, nè fra i dominatori di quest'ora nè fra i loro oppositori. La pregiudiziale morale va posta non come arma scandalista, ma come regola di vita. I socialisti, dopo la campagna dell'on. Ferri, abusarono nel modo più ignominioso degli scandali : se ne valsero in ogni circostanza, per mera speculazione elettorale e politica: tanto ne fu l'abuso, che gli scandali vennero a noia, e l'arma si spuntò nelle mani di chi l'adoperava. Era così vero che allo scandalo essi ricorrevano come a una sleale arma di concorrenza politica che casi di immoralità dichiarata si verificarono nel loro campo, senza provocare sanzione alcuna: basta ricordare le vicende del Consorzio minerario e i molteplici stipendii di cui qualcuno di essi usufruiva notoriamente, senza rimarchi, sia al centro sia alla periferia. Il discredito in cui lo scandalismo è giustamente caduto non può e non deve servire come lascia passare agli episodii di affarismo, che hanno un effetto disastroso sulla educazione morale del popolo. Corrotti e corruttori vanno inesorabilmente colpiti, ed è preferibile che ogni gruppo politico provveda da se alla bisogna, con rapide liquidazioni, con ine.sorabile rigore. Ed è tempo che la professione del reduce cessi : i combattenti (e io mi on-oro di esserlo stato) non hanno specifici diritti da far valere nè per impieghi nè per posti di comando : le decorazioni, le mutilazioni, per quanto gloriose, non sono titoli di competenza politica o professionale, non danno di per sè diritto nè a uno scanno consigliare a Peretola nè a un seggio a Montecitorio. L'Italia fu tutta in armi durante la Biblioteca Gino Bianco

LE DUE ITALIE 293 guerra: di qua e di là dalla linea che delimitava la zona di operazioni, moltissimi - la gran maggioranza - fecero serenamente il loro dovere, con austera cornpostezza, e fra questi milioni di cittadini che servirono in umiltà e in silenzio la patria ve ne sono migliaia e migliaia che valgono almeno quanto coloro i quali presentano il conto delle loro benemerenze guerresche. Il semplice fatto della presentazione del conto è un indizio di meno squisita sensibilità, e diviene titolo di demerito. Il combattente degno di tutto il rispetto è colui che finita la guerra è tornato al suo campo, al suo negozio, alla sua officina e ha ripreso con disciplinata fermezza il suo posto, pensando che la vita è milizia in, ogni momento e in ogni luogo. Nessun episodio eroico di guerra, nessuna decorazione, nessuna mutilazione autorizza il combattente di ieri a bighellonare per i caffè, a cianciare di Patria con diritto di esclusiva, ad abbandonarsi all'ozio, al gesto violento, a conquistarsi un posto di pri- . vilegio uscendo dai ranghi. Questa ostentazione delle benemerenze di guerra, salutate con tanti fiori retorici, è uno dei mali peggiori del dopo guerra, e i combattenti rimasti nei ranghi hanno il dovere di richiamare in riga chi n' è uscito senza specifici titoli di competenza, di laboriosità, di vita integra. Contro i politicanti, contro gli affaristi, contro i profittatori Sem Benelli -esalta gli industriali attivi ed operosi, gli artieri che danno un'impronta personale al loro lavoro, i professionisti e gli impiegati, dimenticando purtroppo da buon letterato la classe più numerosa e più tormentata, i contadini, che costituiscono il nerbo vero della Nazione e che, dopo aver dato ieri all'Italia la sua Santa Fanteria regina delle battaglie, costituiscono oggi la massa che lavora e risparmia e il serbatoio delle più schiette energie della nostra razza. Perdoniamo al poeta Benelli la omissione certo involontaria, e associamoci a lui nella esaltazione lirica delle virtù pazienti e inesauribili della grande massa del popolo italiano : associamoci a lui nel proclamare che ad essa bisogna pensare, che dei suoi sacrifici, delle sue aspirazioni va tenuto conto, senza perdersi dietro il voc\o rissoso dei politicanti e senza farsi abbagliare dal fasto degli affaristi. Ma.... queste constatazioni, queste affermazioni nobilissime restano pura esercitazione letteraria e giornalistica se da esse non si scende nel campo concreto dell'azione politica, se non ci si domanda perchè l'Italia infetta, ciarliera retorica e sperperatrice, prevale politicamente sull'Italia onesta, produttrice e risparmiatrice tenace. Le prediche morali hanno lasciato sempre il tempo che hanno trovato : il ragno rimane nel suo buco malgrado gli esorcismi, se alla predica non segue l'azione. L' importante è di vedere come si possono spodestare i politicanti, i banchieri, i profittatori e come si possono valorizzare i ceti laboriosi, facendoli pesare sulla bilancia politica per quello che valgono veramente. E -Sem Benelli tace su questo punto altrettanto fondamentale, che in i lio eca •Gino Bianco )

294 LA CRITICA POLITICA quanto egli è uomo politi_co doveva pur preoccuparlo, a meno che egli non si illuda che basti lanciare un grido e un richiamo per modificare una situazione e per preparare l'avvento di un nuovo equilibrio. Il politicantismo e l'affarismo di cui Sem Benelli si duole sono un fenomeno degenerativo dell'accentramento statale : quanto più il potere statale si allontana dalla massa, che lavora e non fa comizi o adunate, tanto più il politicantismo e l'affarismo pigliano il sopravvento, per fatale sviluppo delle cose. Questa corsa al potere è resa possibile perche lo Stato accentra in se troppe funzioni e troppi poteri, perchè ha troppi mezzi finanziarii, perchè è il dispensiere universale di beneficii che paiono piovuti dal cielo e invece derivano dai sacrificii dei contribuenti diretti e indiretti. Una lotta efficace a queste form~ degenerative, che m·acchiano i grandi partiti nonostante le loro premesse ideologiche, non è possibile se non ponendosi sul terreno dell'autonomismo. Sono i poteri locali molteplici e divisi che rendono possibile la libertà vera, intesa nel senso che il governo della cosa pubblica spetti a chi ne sostiene il peso maggiore e a chi abbia la intelligenza necessaria per veder chiaro nelle cose; è l'autogoverno, ~he ponendo i cittadini dinanzi a problemi concreti e costringendoli a trovarne le soluzioni immediate, uccide lo spirito di faziosa intolleranza proprio degli uomini che tutto vedon<? attraverso l'angolo visuale del tornaconto di partito ; è l' itnmediato controllo che mozza le unghia all'affarismo rapace e permette la seleJ;ione dei migliori,. dei più capaci per intellige~za competenza e moralità. Col nuovo secolo, attraverso la democrazia il socialismo e il fascismo, il processo accentrativo dello Stato, a scapito delle autonomie locali e delle iniziative private, si è andato accentuando rapidamente :: sotto la lustra delle conquiste democratiche si è giunti a sopprimere le libertà locali, a trasformare i Consigli comunali in organi di partito, a dare la Nazione in mano a ceti privilegiati. Il processo accentrativo è giunto forse al suo culmine, e bisogna tornare alle libertà locali, facendo esulare dagli enti amministrativi il fazioso spirito di parte, che li corruppe e miseram-ente li spenge. Se l'on. Benelli vuol trarre le logiche conseguenze dalle sue premesse, a queste conclusioni è necessario che giunga. Una battaglia liberale è inconcepibile se non viene diretta anzitutto contro l'accentramento statale, che in Italia ha servito ~ separare Roma dalla Provincia (1), creando una superstruttura costosa e soffocatrice e alimentando tutta l'infinita serie delle funzioni parassitarie. Per un'esigenza di dignità civile, di moralità e di economia, bisogna contrapporre allo Stato accentrato un tipo di ordinamento statale più sciolto, più vi- (1) Questa separazione fra Roma e la Provincia è constatata anche da Curzio Suckert nell'articolo programma del suo nuovo periodico La conquista dello Stato : ma egli, imputando allo Stato liberale la separazione, vuol giungere alla creazione dello Stato unitario, problema: ·secondo lui fondamentale nella vita politica italiana. Al Suckert però rimane da chiarire che sarebbe questo Stato unitario da lui vagheggiato. Biblioteca Gino B-ianco

LE DUE ITALIE " 295· cino al processo produttivo, più adeguato alle varietà economiche e sociali delle regioni italiane. Al di fuori di questa pregiudiziale non vediamo un possibile terreno di azione po.litica per l' Italia onesta e laboriosa, cui Sem Benelli ha rivolto il suo fervido appello : questa Italia non può far sentire la sua voce e far valere i suoi interessi contro la coalizione dei politici e dei banchieri, contro le clientele dei profittatori e dei plutocratici se l'ordinamento dello Stato non venga radicalmente cambiato, se non si rinunci alla beffa del cittadino elettore, fantoccio chiamato a deporre ogni quattro o cinque anni una scheda in un'urna e a scontare poi quel minuto di sovranità apparente con la privazione di ogni altro diritto nella vita del suo Comune e dello Stato, soggetta al volere e agli interessi dei capi partito. GIULIO PIERANGELI .. C·ETI MEDI/ E FASCISMO Il fascismo, sorto in gran parte come espressione della contrarietà delle classi medie alla minacciata dittatura bolscevica e all'intollerabile tirannia di alcuni ceti previlegiati, nei suoi organismi politici ha finito per assoggettarsi al dominio della plutocrazia, che lo aiutò nelle spedizioni punitive e nella marcia su Roma con finanzianienti generosi, e che ora vuol godere il frutto di.,quegli aiuti. l l desiderio di rapidi arrricchimenti e di una vita sfarzosa con automobili ed a,nanti a disposizione ha esercitato su alcuni degli esponenti del fascismo insediatisi nella capitale un'influenza deleteria: nella provincia si è verificato in niinori. proporzioni un fenomeno analogo, con la conquista facile di posti largamente retribuiti da parte di giovani impreparati alle responsabilità del coniando : la retorica spavalda di giornalisti e di politicanti ha annebbiato il senso del lecito e dell) illecito, ha respinto in seconda linea gli uomini di maggior valore per la consueta selezione dél peggiore che si verifica nei partiti vittoriosi; gli orpelli e le pompe delle cerinionie fastose hanno velato questo processo degenerativo agli occhi di chi avrebbe dovuto adoprare il ferro cat!terizzatore contro i focolai dell'infezione corruttrice, senza lasciarsi assopire dai /unii degli incensi e dalle insidiatrici lusinghe della vanità. Contro ogni interessata negazione sta in fatto che i ceti medii non hanno più nel fascisnio la loro espressione politica e psicologica, come è /acile constatare parlando col primo sconosciuto che vi capiti a fianco in treno o in trattoria; se non leggete un giornale fascista e non avete il dischetto tricolore all'occhiello, il vostro vicino si sbottona senz'altro, e vi sciorina le sue critiche e le sue riserve sul nuovo regime, pronto a interrompersi se capiti un terzo, di cui non si fidi. Sono questi i sintomi, apparentemente insignificanti, di un profondo fenomeno di distacco dei ceti medii dalle nuove gerarchie e, chi li abbia notati a suo tenipo, non poteva trovare strana l'ansia di liberazione che scosse migliaia e migliaia di italiani, quando la recente tragedia dette l' impressione che la situazione politica stesse per cambiarsi improvvisamente. Bib iotec .Gino Bianco

• programma dei gruppi di '' Rivoluzione Liberale ,, Piero Gobetti, che è una delle figure più espressive nella laboriosa crisi di orientamento della gioventù italiana, ha iniziato la costituzione di gruppi analoghi a quelli che la nostra Rivista intende organizzare. Nè Gobetti nè noi andiamo in cerca di masse o di uomini rappresentativi : entrambi ci rivolgiamo ai giovani, sentendo una istintiva repugnanza per le vecchie formule e per la stanca mentalità degli uomini politici di ieri e di oggi, e vorremmo che dall~ nostre critiche, dalle nostre interpetrazioni sprizzasse una vivida scintilla capace di indicare un indirizzo nuovo per le battaglie politiche italiane. Giova quindi che il programma preparato da Gobetti per la prima riunione del suo gruppo torinese sia conosciuto anche dagli amici nostri, e che una rapida critica accenni ai principali punti di divergenza fra la nostra e la sua concezione . . La prima premessa di Gobetti è la necessità di una irreducibile repugnanza al fascismo e al mussolinismo : secondo lui il fascismo, portando all~ sue ultime conseguenze un fenomeno di dittatura burocratica già prevalso con le cor~otte sedicenti democrazie dell'anteguerra, ha preteso di risolvere la recente crisi dei disoccupati, degli spostati e dei plutocrati, organizzando un esercito di parassiti dello Stato. Ci sembra che ·questa definizione del fascismo e del mussolinismo sia semplicista, e metta in luce uno solo degli aspetti di un fenomeno oltre1nodo complesso. Anzitutto fascismo e mussolinismo sono due cose distinte per ·quanto abbiano proceduto parallelamente nel loro sviluppo : la definizione di Gobetti si adegua al mussolinismo più che al fascismo. Il mussolinismo è esteriorità appariscente, caratterizzata dalle pose napoleoniche ·del Duce, dalla sete del fasto e dell'omaggio, dall'abilità giolittiana di trovare la frase che tagli la discussione o la devii senza concretamente risolverla: Mussolini ha l'intuito pronto del polemista, adatta le sue manifestazioni scritte ed orali allo scopo immediato che ·vuol raggiungere, I ·e nel rapido trapasso da una tattica a un'altra sconcerta gli avversarii, riuscendo a raggruppare intorno a sè il maggior numero di seguaci; i violenti e i pacifisti confidano egualmente di avere in lui la guida più sicura, grazie a questa elegante schermaglia, e come succede ai ricchi tutti gli regalano qualche cosa, tutti gli portano la loro pietra perchè .più alto egli si assida; il Mussolinismo è l'ammirazione per questa abilità, la fiducia che egli potrà continuare per altri sessanta anni nella sua Biblioteca Gino Bianco

r • IL PROGRAMMA DEI GRUPPI DI " RIVOLUZIONE LIBERALE " 29-7 schermaglia, avvincente e sconcertante. Il fascismo è un movimento profondo, in cui confluiscono caoticamente forze divergenti, tenute provvisoriamente in armonia dal feticismo. verso Mussolini, dalla preoccupazione delle conseguenze di un eventuale rivolgimento, dalla negazione del socialismo bol~cevico del popolarismo della democrazia. In un certo senso può dirsi che il mussolinismo è soltanto la veste contingente del fascismo : Mussolini deve il suo eccezionale prestigio fra i fascisti essenzialmente al fatto che il fascismo non può esprimere un· altro suo uomo senza rompere la sua unità esteriore, liberando le forze che contiene per un libero autonomo sviluppo in sensi divergenti. Nel valutare questo complicatissimo fenomeno della vita italiana odierna è indispensabile domandarsi il perchè del successo fascista, anzichè soffermarsi a giudicarlo dal suo contegno durante la lotta che lo portò al potere e dall'uso che ha fatto del potere stesso. Camillo Cavour, in un discorso recentemente rievocato in occa~ione delle polemiche sul1' infelicissimo decreto contro la stampa, osservava che i gruppi eccentrici fanno paura solo quando possono erigersi a rappres.antanti di certi· sentimenti largamente diffusi, che non trovino altrove la loro espressione adeguata. Il segreto del successo del fascismo fu proprio in questa rispondenza fra i sentimenti di larghe masse, stanche della tracotanza sovversiva e della incapacità democratico-liberale, e certe premesse del movimento fascista. Chi vuole esplicare oggi un'azione efficace, non può prescindere dall'esistenza e dalla forza formidabile dei sentimenti,. sui quali poggiò il fascismo per la sua ascesa. La repugnanza irreducibile per la violenza del fascismo, per il culto della retorica e del fasto, per l'assenza del senso del limite e per molte azioni di partito e di governo non deve far dimenticare che il fascismo ha trionfatomalgrado queste tare, perchè il popolo italiano istintivamente voleva la fine del regime precedente e sentiva il bisogno di un ristabilimento dell'ordine nel processo produttivo, delle gerarchie, della disciplina: se vi sia riuscito o no è un altro problema, ma il popolo italiano questovoleva quando lasciò compiere !a marcia su Roma. Per vincere il mussolinismo, bisogna far sentire al popolo che il suo scopo non è stato raggiunto e che altre forze sono pronte per assolvere quel compito. Il delitto Matteotti ha avuto cosl profonde ripercussioni appunto perchè ha determinato questa delusione : non ha portato a risultati concreti, perchè mancavano le forze che dessero la garanzia di saper assolvere quél compito. La seconda premessa è che l'opposizione contro il fascismo devepoter contare su un' industria libera da ogni protezionismo e da ogni, paternalismo e su una classe proletaria intransigente che nell'educazione della fabbrica impara il senso della libera vita sociale : la formazione di, - questa economia liberale nel Nord non deve avvenire a detrimento del, Sud agricolo, che attende la soluzione dei suoi problemi da un'azioneBiblioteca Gino Bianco

298 LA CRITICA POLITICA .autonoma fondata su una politica di pace, di lavoro e di risparmio. Questa premessa del Gobetti si avvicina alle nostre premesse federaliste, ma non ci se1nbra formulata molto chiaramente. È evidente che un gruppo politico non può far sorgere una economia di un tipo anzichè di un altro : i gruppi politici si muovono nella realtà quale è, e vanno alla ricerca delle forze esistenti pe·r potenziarle nei limiti a loro consentiti; non possono creare nulla. Si tratta quindi di vedere se oggi esistano industriali non beneficiati dal protezionismo e ·dal paternalismo, se esista un proletariato capace di un'azione intransigente, se esistano nel Sud condizioni tali da permettere l'affermarsi di un movimento inteso a imporre una politica di pace, di lavoro, di risparmio. Il problema è posto cosl in una forma più concreta, ed è possibile una soluzione. Secondo noi nessun assegnamento si può fare sulla grande industria: essa è legata intimamente alle Banche, alla plutocrazia, al paternalismo statale, al protezionismo doganale : bisogna mirare alla piccola industria, e chiarire ai suoi capi che il loro interesse li spinge a porsi contro la plutocrazia dissanguatrice e contro ·l'accentramento statale. Quanto al proletariato bisogna intendersi : fra i proletarii dei grandi centri urbani vi è una élite veramente superiore, che ha una cultura tecnica e professionale, che ha l'amore del lavoro e conosce la gioia di produrre; ma vi è una massa di lavoratori non qualificati, di manovali, di portapesi che purtroppo è la vittima maggiore dell'attuale ordinamento sociale, ma se pure ha la forza bruta per rovesciarlo non ha capacità ricostruttive. La élite ci dette il mito del sindacalismo soreliano, e quando questo fallì quello dei torinesi consigli di fabbrica: ma la massa dei bracçianti rovinò l'uno e l'altro con la sua ignoranza, terreno fertile per i demagoghi di ogni specie; bisogna quindi andar molto cauti i~ fatto di proletariato, rivolgendosi ai lavoratori qualificati capaci di sottrarsi al miraggio riformista della legislazione sociale e alla lusinga di un Bengodi comunista, attuato con la miracolosa presa di possesso dello Stato e della fabbrica con un colpo di mano, e di compiere ogni austero sforzo per .sottrarsi ali' influsso nefasto dei lavoratori non qualificati. È dovere umano porsi a contatto di questa folla, svolgere una faticosa opera di elevamento economico e morale in mezzo ad essa, ma è altrettanto doveroso non subirne la suggestione. Nel N·ord stesso non vi sono solo industriali e proletarii : vi sono folle di artieri, di agricoltori, e da ,essi non si può prescindere neppure per un momento : è indispensabile per un gruppo di studiosi che voglia esercitare un' influenza politica rendersi conto delle loro aspirazioni e dei loro bisogni, ·,intenderne la mentalità e conoscerne i sentimenti. Il problema meridionale è veramente un problema agricolo, e per avere consensi effettivi e spontanei bisogna volere una politica di pace, di lavoro e di risparmio ; ma una politica in questo senso non può essere che / ederalista : solo rompendo il cerchio dello Stato accentratore e fiscale è possjbile svolI Biblioteca Gi.no Bianco

I~ PROGRAMMADEI GRUPPI DI " RIVOLUZIONE LIBERALE " 299 gere una politica che efficacemente tuteli il risparmio, 1ninato dal fiscalismo e rapinato dalla plutocrazia bancaria, e dia alla terra quegli investimenti di capitale capaci di permettere un più intenso lavoro. Piccoli industriali, agricoltori, artieri, lavoratori qualificati devono trovare un terreno d' intesa in queste direttive politiche antitetiche a quelle oggi prevalenti: l'accentramento statale porta con se da un lato la pressione fiscale, che impoverisce l'agricoltura, la piccola industria e l'artigianato, e dall'altro canto la• prevalenza plutocratica, che le sue fortune trae dai giuochi di borsa, dai lavori pubblici grandiosi, dagli armamenti: il bersaglio è individuato per noi, e ad esso occorre l!lirare. Terza premessa del Gobetti è la sostituzione ai governi personali di un regime di moderna democrazia fondato sulla rappresentanza proporzionale ed espresso dalla libera lotta dei partiti. Io (e parlo in prima persona, perchè sono un eretico anche per molti amici) nego alla rappresentanza proporzionale ogni valore democratico, e nego ai partiti ogni capacità moralizzatrice della vita pubblica. Nello Stato moderno -- che è ~ccentratore - i partiti si modellano sullo Stato, e sono anch'essi accentratori : in essi i politicanti prevalgono sugli onesti e su quelli che hanno il senso della responsabilità e del limite : i maneggiatori dei partiti, per istintive affinità, vivendo lontani dal flusso della produzione si affiancano ai burocratici e alla plutocrazia, e ne divengono, coscientemente o no, gli strumenti. La rappresentanza proporzionale - sia essa genuina come nel 1919 o deformata come nel 1924 - dà l'onnipotenza ai maneggiatori dei partiti, con conseguenze disastrose : l' Italia fatta di piccoli centri e di vaste campagne viene rappresentata politicamente solo dai grandi centri urbani o 1neglio dalle clientele incrostatesi attorno alle Direzioni dei partiti, e ne escono Parlamenti di comparse. I pletorici gruppi del partito socialista e del partito popolare nel 1919 e nel 1921 erano in maggioranza costituiti da autentiche nullità, boriose tanto più quanto più erano inette: della pletorica maggioranza attuale, eletta dai quadrumviri, Mussolini ha dato un giudizio lapidario, che non può essere cancellato neppure dal contegno che essa tenne all' indomani del delitto Matteotti, quando mostrò di avere il senso delle sue responsabilità. La recente storia del predominio politico dei partiti e la recentissima esperienza della rappresentanza proporzionale sconsigliano decisamente ogni ritorno a simili rimedii. Al partito ·politico di massa va sostituito il gruppo di cultura politica in contatto con le organizzazione sindacali e cooperative (1): alla rappresentanza proporzionale va sostituita una rappresentanza di enti locali costituita su base diversa dall'elettorato individuale, ideologicamente falso e praticamente fallito. La quarta premessa sulla politica di dignità nazionale nei rapporti internazionali è forse troppo scheletrica, ma risponde indubbiamente nel . (1) Marx cosl concepiva il partito comunista. ., Biblioteca Gino Bianco

• 300 LA CRITICA POLITICA • suo spirito a un'esigenza etica e politica, e ci trova quindi consenzienti. La patria è una realtà che non si sopprime, e alla dignità nazionale tutte indistintamente le classi sociali sono interessate : averlo ignorato è stata la maggior debolezza del socialismo italiano, traviato dai successi elettorali procuratigli dalla sua opposizione alla guerra libica. I socialisti nella loro grande maggioranza, furono assertori di un neutralismo idiota per un misero calcolo elettorale, e ne hanno pagato amaramente il fio, facendolo purtroppo pagare anche alle classi operaie. La loro offesa ai sentimenti profondi della popolazione urbana in questo campo è stato uno dei coefficienti del successo fascista : su questo sentimento della dignità nazionale, come sugli altri sopra accennati, fece leva il gruppo eccentrico del fascismo per prevalere sugli altri gruppi, e l'errore commesso dai socialisti non deve essere ripetuto. . Concludendo l'esame critico delle tesi del Gobetti, mi par doveroso formulare l'augurio che la discussione di esse nei gruppi aderenti a Rivoluzione liberale valga a dar loro una formulazione più precisa e più concreta, e che ne esca un'affermazione netta in senso autonomista e federalista. I punti di contatto fra noi e Gobetti sono molti, come viene dimostrato dall'ospitalità larghissima che egli dà nel suo battagliero pe- • riodico agli articoli di Augusto Monti, nostro fratello spirituale : la divergenza fra noi e Gobetti si basa principalmente nel fatto che egli vivendo in un grande centro urbano, fervido di vita moderna, non sente i problemi rurali e quelli dei centri minori, cui noi siamo portati a dare importanza prevalente. In essa può esservi motivo a una divisione di lavo~o, ma non ad un dissidio, perchè una stessa volontà di bene ci ispira e ci guida. ì~ oi e Gobetti sentiamo il bisogno di una 1naggiore serietà ed austerità nella vita politica, e alle apparenze ~assionali anteponiamo il contenuto sostanziale dei movimenti politici, con un tenace sforzo diretto a comprenderli : questi contatti fra noi e lui sono di tal natura da farci ritenere che un'intesa cordiale fra i suoi gruppi e i nostri avverrà spontaneamente, al di là e al di sopra di ogni divergenza di vedute. FEUERBACH ~ Il sacrificio di Matteotti non è tanto quello di essere morto assassinato quq,nto di avere vissute le difficoltà della sua lotta e della sua preparazione che si può definire la sua vita di trincea interna, allo stesso modo che il valore dei combattenti non è nel/!avere le decorazioni o nelf essere caduti sul campo, quanto nell'aver sofferto la preparazione e la guerra. La vita di trincea interna di Matteotti ci rispecchia, più ancora del suo sacrificio, il valore di lui e la miseria dell'Italia d'oggi>. RAFFAELE ROSSETTI Biblioteca Gino Bianco

L'Associazione dei Combattenti (APPUNTI PER UNA STORIA POLITICA DELL'ULTIMO QUINQUENNIO). L'amico Bellieni traccia rapidamente la dolorosa storia del fallimento del movimento dei combattenti, e dalla sua cronaca amara balza a nostro parere una conclusione evidente. Il movimento dei combattenti è fallito pere/tè ai dirigénti del Comitato Centrale e delle Sezioni meridionali è mancata la comprensione e la intuizione della realtà della vita politica italiana; questa è dominata dai ceti urbani e plutocratici, mentre l' éssenza vera della vita sociale italiana è rurale ed agricola. Bisogna uscire da questa tragica antinomia, affermando recisamente la necessità di un orientamento federalista · e rurale, di una lotta intransigente a tutto il retoricume letterario, al dominio plutocratico, alla corrutela democratica. Bisogna rompere il cerchio dei vecchi partiti, quasi tutti asserviti all'affarismo bancario e burocratico, tutti ansiosi di conquistare lo Stato per sfruttarlo. Bisogna reagire alle lusinghe bloccarde, e tracciare le direttive nuove di un sano movimento provinciale, che intenda i bisogni dell'Italia rurale e ad essi adegui la sua attività politica. Il compito degli amici nostri è questo, per il presente e per l'avvenire immediato. IL PENSIERO DI UN EX MINISTRO DI D'ANNUNZIO Dieci giorni dopo l'assassinio Matteotti, il capitano Host-Venturi, presidente del Con1itato Nazionale dell'A. N. C., ex ministro della guerra di Fiume, interrogato da giornalisti sull'atteggiamento che avrebbero assunto i combattenti in seguito alla nuova situazione politica, cosl rispondeva: « Da questa crisi interna che è stata provocata nel Partito, crediamo che il Duce tragga il massimo effetto per migliorare l'organismo e perchè esso finalmente nella seconda fase della sua attività, dia piena legalità all'opera di pacificazione e di ricostruzione nazionale. Non vi potrebbe essere migliore occasione perchè il revisionismo, cosi infelicemente iniziato con polemiche, fosse attuato in forma cosi radicale, e siccome per me il revisionismo del partito è questione di uomini, afjermo che il revisionismo è attuato e son sicuro che il Duce completerà l'opera senza guardare in . faccia a nessuno. L'opposizione insiste che la sorte del governo è decisa e non ha più seguito nel Paese, e che perfino vi è una certa timidezza anche fra gli stessi fascisti. Niente è più falso di ciò. Mai come oggi il Duce ha goduto l'affetto di tutto il popolo. Se ha perduto quattro filibustieri, si è conquistato una enorme massa di consensi, e molti che ad arte venivano tenuti lontani si sono avvicinati al Duce. L'atteggiamento dei combattenti è chiarissimo». (Mattino, 23-6-u. s. N. 149). Anche troppo chiaro. Soltanto non si comprende se l'egregio capitano HostBibliotecaGino Bianco

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