La Critica Politica - anno IV - n. 6 - 25 giugno 1924

·LA CRITICJ\ POLITIC.f\ JllVIST A MENSILE ANNO IV. 25 giugno 192.4 f ASC. 6. Chiarimenti 1. Vincere il fascismo e sostituire il fascismo non è proprio la stessa cosa. Si può essere contro il fascismo per le ragioni e colle intenzioni più diverse. E si può arrivare ad un risultato senza bisogno d'intesa. Basterà che i sentitnenti di avversione -e d' insofferenza si diffondano e s'inaspriscano. E in questo senso lavora il fascismo nel miglior modo. _Si tratta dunque di attendere piuttosto che di organizzare. Ed è inutile che Mussolini chieda alle opposizioni, in forma perentoria, cosa si propongano di fare. Nulla esse si propongono. Per viltà, per incapacità, per mancanza di volontà? Sia pure, possiamo essere d'accordo. Ma occorre anche, obiettivamente, riconoscere che ben scarso peso potrebbero portare nella determinazione degli avvenimenti. L' iniziativa non è più dei , partiti e per quel che può da questi dipendere non tenterà mai le vie dell' illegalità. È con sincera convinzione che Mussolini, alla Camera rivolgendosi all'Estrema socialista e comunista, ha detto·: a un tentativo insurrezionale < voi non ci pensate nemmeno, non vi passa nemmeno per la controcassa dell'anticamera del cervello>. E aggiunse: < altrimenti in 24 ore, anzi in 24 minuti tutto sarebbe finito >. Cos) invece egli non potrà mai sapere dove, quando, per opera di chi l' incendio insurrezionale potrà scoppiare e travolgerlo. Frantumando l'organizzazione dei partiti il fascismo ha conseguito un successo innegabile, ma s' è anche privato di uno strumento utilissimo di controllo e di segnalazione dello stato d'animo del Paese. MussoHni ha creduto che fosse saggia politica quella di recidere, sia coi partiti di opposizione come col suo stesso partito, tutti i fili per i quali le vibrazioni del paese potevano arrivare sino a lui. E ha co1nmesso invece la maggiore delle imprudenze. Egli è oggi un nocchiero senza bussola. 2. Ben altra importanza ha la questione del come sosfituire il fascismo. Qui si chiede davvero idee che siano comuni a molti e sulle quali possa in un dato momento raccogliersi il consenso del maggior numero. Si è parlato della Costituente. Ma la Costituente è un mezzo di soluzione, non è la solu.zione. E quando si chiede la Costituente bisogna essere anche bene d' intesa su ciò che si vuole che ne venga fuori. È un punto, per partire dal quale si deve sapere dove sj vuole arrivare. Biblioteca Gino Bianco

242 LA CRITICA POLITICA La proposta della Costituente fu fatta già nel '19. La facemmo noi repubblicani come un tentativo per rimettere in discussione il problema dello Stato. La fece, con diverso spirito, la Confederazione del lavoro. Ma che cosa ne sarebbe venuto fuori, allora? Se ne fosse venuta fuori la < Dittatura del Proletariato >, come la predicavano i comunisti, sul tipo russo, l'avremmo accettata? E saremmo stati in dovere di accettarla ? Il diritto della maggioranza deve cioè considerarsi assoluto e legittimo fino a sopprimere l'autonomia della minoranza? E la minoranza è in obbligo di subire la oppressione e la spogliazione senza insorgere, senza ribellarsi? Ed ecco come non possa parlarsi di Costituente senza un presupposto comune di libertà. Tale presupposto nel '19 mancava, e adesso non può dirsi che esista in modo sufficientemente evidente. Cosa si contesta sopratutto al fascismo? Di essere la maggioranza effettiva: il suo diritto al .potere cioè piuttosto che l'uso che ne fa. E non c'è da sorprendersene. La mentalità politica comune è maggioritaria poichè maggioritaria è stata 'per lunghi anni la pratica politica, tanto che avendo adottato un sistema di proporzionalità nelle elezioni se ne ·pretesero soluzioni maggioritarie e si attribuì a difetto del sistema quello che era appunto il suo pregio. Alla inconciliabilità dei contra_ri pochi avevano badato e badano tuttora. E si continua a veder gente baloccarsi a combinare esigenze di libertà con strutture autoritarie, la democrazia coll'antidemocrazia, i\ nuovo coll'antico. Quas_iche una situazione complicata potesse risolversi con una complicazione maggiore 1 . 3. Poche idee, ma chiare, precise ; alla portata di tutti, semplici le soluzioni. La tendenza è a rendersi oscuri, inintelligibili. Si parla, e sopratutto si scrive, colla preoccupazione di essere difficili, di dire cose originali, di fare sfoggio di cultura e d'intelligenza e si affastellano parole su parole, citazioni su citazioni, dalla lettura delle quali si esce solo con un senso di oppressione e di sbalordimento. Imperversano - da che il fascismo ha il suo filosofo - i filosofanti e i filosofastri che s' incaricano di mutarvi il senso di tutte le parole e di dimostrarvi che il pane non è pane, il vino non è vino e la libertà non è libertà. Naturalmente tanto meno costoro capiscono quello che dicono, tanto maggiormente pretendono di farvi capire. Anche questa non è - purtroppo 1 - una malattia propria del fascismo. È una tradizione che continua e si perfeziona. Quante volte non v' è accaduto di trovare della gente piena di ammirazione per un oratore appunto perchè del discorso di questi. ... non ha capito niente ? Altrettanto dicasi dei programmi dei partiti : tanto più complicati, tanto più vicini alla perfezione. Raccogliere e af- , fastellare : ecco la comune fatica come se tra qualità e quantità esi- , stesse un diretto rapporto. Non c'è postulato che non sia stato raccolto, inquadrato nelle linee di ogni programma, massimo e minimo, per doBiblioteca Gino Bianco •

CHIARIMENTI 243 mani e per dopodomani, per ciascun giorno e per l'eternità. Cartellone da fiera. Ma guai a metterci le mani dentro I Ebbene, ora basta. Prima cosa: reagire contro la comune tendenza a dire cose complicate e difficili. Chi vuol fare della politica incominci a usare termini intelligibili a tutti. Riuscendo a farsi capire solamente si_dimostra di aver capito per proprio conto. In secondo luogo·: rinunciare ai programmi ricettario. Troppi cerotti non servono. La situazione è tale che si cerca e si vuole il rimedio. Quale ? 4. Pensando che qualche anno fa le cose non erano ancora al punto in cui sono, e' è chi ritiene che sarebbe già un'ottima cosa riportarci a quei tempi. Un salto indietro nel corso della malattia. Dallo stadio acuto si dovrebbe ripassare al secondo o magari al terzo stadio. E poi? Tralasciamo pure di vedere quanto la cosa sia facile o possibile. I rischi e le difficoltà sarebbero probabilmente maggiori. Comunque - e questo è importante - non usciremmo di malattia. Con quale risultato? Per prolungare la crisi, per dibatterci più a lungo nelle stesse difficoltà, per su!.Jire nuovi i1nprevisti ? Sarebbe il peggiore consiglio. Il passato è passato. Può servire di esempio, di ammaestramento. A scopo polen1ico e a rendere meglio sentite certe esigenze del vivere -civile potrà esser utile invocare i precedenti, le consuetudini, porre in luce il contrasto tra la costituzione scritta e il sistema sul quale il governo si regge. E. giova per ciò che una opposizione costituzionale ci sia. Ma non più che a questo. 5. Tutte le posizioni precostituite sono posiziJni false. Consideriamo <li dover fare casa nuova: come la costruiremo? Il problema è oggi tutto qui: ciò che lo Stato deve essere. Problema di libertà, cioè politico, squisitamente politico, che è a tutti comune in quanto presuppone che lo Stato debba rispondere ad una utilità collettiva. Esiste infatti un problema di libertà in quanto ci si rifiuta di ammettere che lo Stato possa essere in particolare o dei comunisti o dei popolari o dei fascisti, degli industriali o degli operai. Il problema supera le divisioni dei partiti. Chiunque pone delle pregiudiziali in un senso o nell'altro,· anteponendo al fine generale i suoi fini particolari, è contro la libertà, si chiami esso liberale o si chiami socialista. Non vi sono situazioni di fatto da rispettare (e questo è l' inestimabile bP.neficio politico del fascismo) ma vi sono condizioni comuni da realizzare. Tanto più ci avvicineremo alla libertà quanto più ce ne persua~eremo. Non s'i chiede a nessuno di rinunciare ai propri ideali morali e sociali, nè ai ~ocialisti di cessare di essere socialisti ; si chiede .a ciascuno di subordinare alle co1nuni esigenze di libertà i fini particolari e di uniformarvi l'azione, i metodi, le soluzioni. Bib ioteca Gino Bianco

244 LA CRITICA POLITICA 6. A fondamento di ogni Stato è posto l' interesse collettivo. Possiamo riconoscere che è molto difficile stabilire fino a qual punto si estenda tale interesse collettivo che di solito viene invocato a sostegno .di ogni più assurda pretesa. Ma appunto per ciò bisogna rifiutargli una applicazione estensiva. L' amministrazione della giustizia, la difesa del territorio, i rapporti colle altre nazioni sono evidentemente tutti compiti che, soddisfacendo ad esigenze generali, si addicono allo Stato e ne costituiscono la sua ragione d'essere. E sono compiti squisitamente politici. Appena però l'azione dello Stato esce fuori di questi compiti limitati e precisi l'interesse pubblico dei suoi servizt diventa dubbio e spesso assai discutibile. La tendenza nell' ultimo secolo fu nel senso di estendere i compiti e i servizi dello Stato dal campo strettamente politico a quello economico e sociale. E l'esperienza co1npiuta molto largamente ~ tanto che ad essa deve imputarsi la crisi che gli Stati tutti, in forme- più o meno acute, attraversano - stabilisce che in nessuno dei casi in cui l'a~ione dello Stato si è sostituita ali' iniziativa privata ha saputo farlo meglio, cioè con minore costo e con maggior utile. Ogni intervento dello Stato fuori del terreno proprio alla politica determina - ed è anche questa ; una esperienza fatta - il sorgere di un interesse particolare in contrasto coll' interesse generale. E nel contrasto è sempre l' interesse generale che finisce coll'essere sacrificato. Nè ha servito ad impedirlo l'aver universalizzato il suffragio per modo che tutti i cittadini fossero chiamati ad elegg~re l'assemblea elettiva. Ha anzi contribuito ad aumentare il numero degli interessi in contrasto e l'asprezza della lotta politica. È indispensabile spogliare lo Stato degli attributi che non gli spettano. Questa verità s'è fatta molta strada. Lo Stato è pletorico - si dice. Non si tratta solo di ciò. Se facciamo una questione di libertà dobbiamo aggiungere che Io Stato non riuscirà a garantirla finchè non sarà cessata nel suo seno la lotta deglt interessi. Occorre che lo Stato ritorni, nella sua espressione visibile, lo Stato di tutti, lo Stato giuridico .. • Occorre che nessun interesse particolare abbia la possibilità di costituirsi in esso una posizione di privilegio o di difesa. È la lotta per la conquista di unà posizione di supremazia nello Stato ché deve cessare I 7o La confusione che si è fatta degli interessj particolari con quelli generali ha determinato la insufficienza dello Stato a rispondere ai suoi compiti politici specifici e nel tempo stesso la incompetenza delle assemblee legislative. La incompetenza delle Assemblee legislative è ciò che tutti la1nentano come il loro maggiore difetto. È giusto. Ma quale incompetenza? E su che? Sulle questioni specificatamente politiche, no. Di fronte ad esse chiunque si sente, e in un certo senso è, competente. Una questione politica a nessuno è indifferente e nel giudicare di essa si ritroverà quasi · Biblioteca Gino Bianco

CHIARIMENTI 245 sempre il cittadino avanti che l'industriale o il commerciante o l'operaio, il lombardo o il siciliano. È · invece sulle questioni che rivestono un carattere particolare, professionale, economico, tecnico, che le assemblee legislative cessano di essere competenti. E la loro incompetenza cresce col crescere del numero e della varietà delle questioni. Oggi il numero è infinito. Troppe sono le questioni sulle quali i deputati debbono decidere 1 Ma se il numero delle questioni diminuisse non per ciò la loro competenza collettiva migliorerebbe 1 Essi farebbero solo un minor male. Non v' è persona, infatti, che essendo competente in una questione non sia più o meno incompetente in tutte le altre (1). Il deputato di Lombardia non sarà mai il 1neglio indicato a deliberare su le questioni della Sicilia, nè quello· della Sicilia su quelle del Piemonte. E le questioni che toccano gl' interessi dell' industria non troveranno mai nell'agrario il loro giudice migliore. Ed ecco la necessità di avvicinare per quanto è possibile gl' interessi agl' interessati. Anche questa è una questione di sovranità, di democrazia. Non si capisce l'esistenza di un Ministero di agricoltura come organismo politico. Si capisce, invece, un servizio dell' agricoltura. E chi più competente ad organizzarlo e a dirigerlo - in quanto deve servire agli agricoltori - degli agricoltori stessi ? Perchè gli agricoltori del Sud dovrebbero, ad ese1npio, essere costretti a fare le spese degli industriali del Nord o viceversa? Così per l'amministrazione. L'Italia è varia. In questa varietà che è diversità di costumi, di· abitudini, di cultura, di economia è la nostra vitalità nazionale, sempre nuova e risorgente. Come si può costringerla ad essere uguale, uniforme? Come è possibile che la Sicilia si regoli come il Piemonte? che si decida a Roma quel che deve esser fatto a Palermo e del modo come deve esser fatto ? che la Sardegna debba implorare come una concessione quel che può più facilmente rapidamente sicuramente fare da se? Si deve venire a una ricostruzione. Vi sono interessi comuni che è proprio dello Stato rappresentare e tutelare. Vi sono interessi particolari a gruppi o a classi di cittadini - interessi economici e sociali, locali e regionali - ai quali è compito degli interessati stessi il provvedere. ' Questa ripartizione è essenziale. Lo Stato deve essere politico e solamente politico. Non vi può essere applicazione pratica di democrazia se non cost Suffragio universale, rappresentaza proporzionale, referendum sono forme di democrazia praticamente inefficaci se la formazione dello Stato non è semplice e la partecipazione dei cittadini alle questioni che li interessa non è costante e diretta. OLIVIERO ZUCCARINI (1) E perciò è inutile pensare di trovare un rimedio introducendo nei Parlamenti le rappresentanze professionali o creando addirittura un'Assemblea tecnica e professionale accanto a quella politica. Biblioteca Gino Bianco ...

246 LA CRITICA POLITICA Chiesa e Stato È risaputo che uno degli obiettivi del Governo fascista è quello di giungere al riavvicinamento fra Chiesa e Stato, e che questo obiettivo viene ostentatamente messo in mostra, nei discorsi parlàmentari e in tutte le manifestazioni ufficiali: è altrettanto risaputo che se questo filo-cattolicismo governativo ha fatto presa sul Principe Boncompagni presidente del Banco di Roma e sull'on. Martire, sindaco dello stesso Banco, non è stato contraccambiato in alcun modo dal Vaticano, che le concessioni governative considera solo come parziali restituzioni. A dimostrare il vero stato d'animo della gerarchia ecclesiastica nei confronti dello Stato (non nei riguardi del fascismo) ci pare possano servire due episodii. Con le modificazioni alla legge sulle opere pie è stata accelerata la procedura per le trasformazioni nel fine delle opere pie stess~ ;-il Vaticano ha visto in queste disposizioni una minaccia contro le Confraternite, e i gior- . nali cattolici hanno combattuto vivacemente il provvedimento governativo,. riuscendo ad ottenere che con circolari riservate le Prefetture sieno state invitate a non dar corso a proposte di trasformazione senza avere ottenuto il parere della competente autorità ecclesiastica e che il nuovo Ministro dell'Interno abbia promesso di sospendere addirittura l'applicazione deJla legge. Come risponde la Chiesa a questa remissività dello Stato? Un vescovo del vecchio Stato pontificio, insignito della Commenda mauriziana, ha pubblicato un Decreto, col quale richiama le Confraternite della Diocesi alla sua esclusiva e diretta dipendenza, avoca & sè la facoltà di ammettere e di escludere i soci anche contro le disposizioni degli Statuti delle Confraternite, intima che a lui si presentino i bilanci preventivi e i conti consuntivi perchè egli possa modificare le erogazioni di spesa, e commina la scomunica a quei confratelli che ricorrano alle autorità civili contro i suoi provvedimenti. Con altra legge si sono date disposizioni per facilitare l'affrancazione dei censi, canoni enfiteutici ecc., a credito di privati e di enti; un Capitolo di una cattedra ha disposto che gli enti religiosi - confraternite, ecc. - non consentano ad affrancazioni con le norme della legge; all'obiezione che i debitori volendo eseguire l'affrancazione potrebbero convenire in giudizio le confraternite e farle condannare alle spese del giudizio, si è risposto: sia pure: cederemo alla forza maggiore I I due episodi dimostrano chiaramente la mentalità delle autorità ecclesiastiche, assolutamente irriducibili nel loro proposito di sottrarsi all'osservanza del diritto comune e decise a riconquistare nella Società civile una posizione di privilegio. È questa mentalità tenace che fa risorgere il vieto anticlericalismo. F. ARIELI Gli amici specialmente hanno il dovere di aiutarci a diffondere questa rivista e a rafforzarne le basi I Bibliotec Gino Bianco

Sul problema .del Mezzogiorno Le recenti polemiche svoltesi in occasione della lotta elettorale, il modo come questa è stata condotta sopratutto nel Mezzogiorno d'Italia, la recentissima visita dell'on. Mussolini in Sicilia e gli annunziati provvedimenti del Governo a favore dell'Italia Meridionale hanno posto nuovamente in prima linea il problema del Mezzogiorno d'Italia, il più grave, forse, tra tutti quelli che si sono presentati dopo la formazione dell' Italia. Esso si può dire ormai studiato sotto tutti gli aspetti e ben poco di nuovo potrebbe osservarsi al riguardo : perciò non resta se non augurarsi che sia posto finalmente sulla via di una pratica risoluzione. Il governo fascista ha fatto larghe promesse di provvedimenti e di aiuto finanziario da parte dello Stato ; e v'è da sperare che voglia mantenerle anche se fatte allo scopo di cercare di conquistare il Mezzogiorno alla causa del fascismo, ritenendo, ed a ragione, che questo sia tuttora ad esso più che ostile, indifferente. Ma, rimettendosi all'ordine del giorno il problema del Mezzogiorno, ci pare non inutile guardarne uno dei lati, forse alquanto trascurato, e che recenteme11te il Croce ha messo nella debita luce nella conclusione al suo magnifico saggio, pubblicato nella Critica, < Intorno alla storia del Regno di Napoli >. Vale a dire che il problema del Mezzogiorno più che un problema economico è un problema spirituale e mor&le, da risolvere perciò non soltanto con larghi aiuti economici da parte dello Stato, ma anche e specialmente promuovendo una rinascita intellettuale e morale ed amministrandolo correttamente; cominciando cioè il Governo a dare l'esempio, a mezzo dei suoi funzionari e dipendenti, di imparzialità, di rispetto alle leggi e di obbedienza soltanto ai veri e più elevati bisogni d' indole generale, non indulgendo a pezzi grossi ed a camerille locali che sono tanta parte, purtroppo, della vita del Mezzogiorno. Non sono ·mancati, anche recentemente, uomini politici che hanno rilevato questo lato del problema: l'on. Amendola ad esempio, nel suo ultimo discorso elettorale, pronunciato a Napoli, osservava a proposito dei provvedimenti annunziati dal Governo per Napoli e le altre parti del Mezzogiorno, che essi non possono essere scambiati, nemmeno dal Governo, per un principio di soluzione del problema meridionale. < Non sono i regali elargiti a Napoli > egli diceva < non sono i milioni elettoralisticamente concentrati in qualche zona della Calabria o della Sicilia che possono far fare qualche passo innanzi all'annoso e tuttora ancora insoluto problema. Il probiema del MezzogiorBiblioteca Gino Bianco

.. 248 LA CRITICA POLITICA I no è innanzi tutto problema di spirito e di libertà, di dignità civile e di corretta amministrazione : ne prenda buona nota chiunque per avventura non se ne fosse reso conto fino a questo momento - ed io ricordo di averlo fatto in più di una occasione - che la sua risoluzione presuppone l'assestamento del bilancio statale e le disponibilità di grandi mezzi, i quali consentano allo Stato di considerare il Mezzogiorno come già considerò le zone invase dal nemico ~ di pagare al Mezzogiorno il grande debito che l'Italia ha verso di esso per la partecipazione ai sacrifici dell'unità ed a quelli della grande guerra ». L'on. Mussolini non sembra essersi immedesin1ato di questo lato del problema, giacchè nel suo discorso al Teatro Costanzi dinanzi ai Sindaci d'Italia, in sostanza riduceva ad una questione di ordine pratico il problema del Mezzogiorno : case, strade, ponti, acque, spiegando che mentre il Nord d'Italia è giunto ad un alto grado di civiltà meccanica, il Sud è ancora in ritardo, e ritenendo che l'affermazione essere il problema sopratutto di ordine spirituale fosse niente altro che una trovata dei suoi avversari, ormai battuti sul terreno pratico, dai provvedimenti del Governo. * * * La verità è che effettivamente, come dicevamo, il problema meridionale è sopratutto di natura spirituale, 1nentre finora era stato studiato in particolar modo sotto l'aspetto economico. All'alta mente di Cavour che per il primo rivolse lo sguardo al Mezzogiorno nei suoi rapporti coll' Italia unita, non era sfuggita tale varità. Come riferisce il De la Rive nel suo libro Il· Conte di Cavour, nel suo letto di morte egli aveva costante il pensiero al problema del Mezzogiorno, riguardandone specialmente il lato. morale, giacchè ai suoi tempi era opinione comune che il Mezzogiorno fosse ricco. Egli diceva: < l'Italia del Settentrione è fatta; non vi sono più nè Lombardi, nè Piemontesi, nè Toscani, nè Romagnoli; ma vi sono ancora i Napoletani. Oh I vi è molta corruzione nel loro paese! Non è colpa loro, povera gente ; sono stati così mal governati. ... Bisogna moralizzare il paese, educar l'infanzia e la gioventù, crear sale d'asilo e collegi militari: ma non si pensi di cambiare i Napoletani coll' ingiuriarli. Essi mi domandano impieghi, croci, promozioni: bisogna che lavorino, che siano onesti ed io darò loro croci, promozioni, decorazioni : ma sopratutto non lasciargliene passar una: l'impiegato non deve esser ne1nmeno sospettato. Niente stato d'assedio ; nessun mezzo da governo assoluto. Tutti son buoni di governare con lo stato d'assedio. Io li governerò colla libertà e mostrerò ciò che possono fare di quel bel paese dieci anni di libertà. In vent'anni saranno le provincie più ricche d'Italia> (pag. 339-40, edizione Fratelli Bocca-Torino, 1911). 1"1.apurtroppo morto Cavour, dei ministri che vennero dopo di lui· il solo Peruzzi ebbe il concetto che il problema del Mezzogiorno dovesse essere affrontato Biblioteca Gino Bianco ...

SUL PROBLEMA DEL MEZZOGIORNO 249 in pieno ; ma poi prevalse la più comoda pratica di una astratta uniformità legislativa e di un effettivo abbandono delle provincie meridionali al corso delle cose, contentando i loro rappresentanti alla spicciolata o nei loro piccoli traffici elettorali. Più tardi il problema s'impose da sè stesso, per necessità di cose, giacchè apparve chiaro a tutt'i il profondo divario tra il Nord e il Sud ; esso fu studiato coscienziosamente dal Franchetti, del Sonnino e speciahnente da Giustino Fortunato fino a che lo stesso Governo dovette se non· risolverio, porselo e cercare di a~frontarlo. Non prima, però, del 1901, come ricorda il Fortunato nel suo mirabile scritto su < la questione meridionale e la riforma tributaria> si levò del banco del governo un ministro, il Luzzatti, a riconoscere la dolorosa inferiorità economica del Mezzogiorno proclamando : < quale sarà l'avvenire del Mezzogiorno, tale sarà quello del nuovo Regno, poichè se non si rialzano le sue sorti, esso impoverirà anche le altre parti d'Italia>. Nel novembre successivo il Sonnino pronunziò a Napoli un memorabile discorso sull'argomento e poco dopo lo Zanardelli, alla Camera, poneva il problema dell' < antinomia fra unità politica e giustizia tributaria > ; e Giolitti presentando alla Camera il 1 dicembre 1903 il nuovo Ministero diceva che il problema di rialzare le condizioni economiche del Mezzogiorno era < non soltanto una necessità pubblica ma un dovere nazionale >. Seguirono i provvedimenti per Napoli e per la Basilicata e poi l'inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini delle province meridionali e della Sicilia, ma purtroppo il problema 1neridionale attende ancora la sua soluzione. Però, come si vede, esso fu impostato quasi esclusivamente come problema economico, ed anche i maggiori studiosi di esso lo considerarono sotto tale aspetto riuscendo al risultato non certo scarsamente apprezzabile di sfatare la leggenda della inesauribile ricchezza e feracità della terra meridionale, dimostrandone invece la naturale povertà, determinata ed accresciuta dal clima sfavorevole, dalla 1nalaria etc. Ma, giusta quanto ha osservato Benedetto Croce nello studio che abbiamo innanzi menzionato, allo stesso modo come la storia è problema spirituale e sarebbe grave errore spiegare, ad es : quella del Regno di Napoli con cause puramente economiche o etniche, cosl anche il problema pratico e politico è problema spirituale e morale ; e in questo campo va posto e trattato e via via, se si può e nel 1nodo che si può, risoluto. Se a diversa soluzione si ·era giunti, vale a dire di ridurre il problema ad uno meramente economico, P errore fu dovuto, egli osserva, al fatto che la scoperta dello scarso rendimento della terra meridionale avvenne al tempo dell'imperante naturalismo e positivismo, alla quale inferiore concezione non poterono sottrarsi gl' indagatori ed osservatori del_problema meridionale, per quanto essi fossero economisti, agronomi, uomini politici e si professassero non filosofi ; come se fossero vissuti nel settecento avrebbero attribuito, secondo la filosofia dominante iblioteca Gino Bianco

250 LA CRITICA POLITICA in quel tempo, la causa delle sciagure dell' Italia Meridionale ai cattivi sovrani o ai preti o agli spagnuoli. E, nota argutamente il Croce, < se si fossero attenuti alla filosofia, cara a non pochi napoletani, l'avrebbero attribuita alla combinazione o alla jettatura, che intervenne a disturbare sempre, in questo paese, ogni continuità di governo, col rendere di volta in volta sterili i grembi delle regine normanne, angioine e durazzesche, 1 e riaprire senza tregua le guerre di successione >. La naturale conseguenza di una storia condotta secondo il preconcetto naturalistico è il più completo e quietistico pessimismo pratico : perchè che cosa farci se il clima è queilo, la terra è quella, la razza è quella? È vero che quegli stessi pubblicisti e studiosi, pur muovendo da tali presupposti, hanno poi suggerito svariati rimedi: riforme tributarie, rimboschimenti, acquedotti, lavori pubblici, con una contraddizione che se fa torto alla loro coerenza critica, non fa torto al loro animo. « Ma neppurre con tale felice colpa di coqtraddizione si raddrizza il problema pratico malamente rovesciato ; perchè tutte quelle belle cose si potranno ottenere, e Ja storia tornare o continuare miserabile; perchè si può essere ricchi ~aturalmente e poveri spiritualmente ; perchè, in breve, che cosa mai vale possedere a proprio uso tutti i beni del mondo, si anima vero nostra detrimenti capiat ? >. * * * Se adunque il problema del Mezzogiorno è, come del resto ogni problema politico e pratico, anzitutto un problema spirituale e morale, crediamo non. basti alla sua soluzione l'annunziato ed in parte già accordato aiuto materiale dello Stato, pur non potendosi negare l'importanza che necessariamente ha, agli effetti della soluzione di esso, il fornire alle popolazioni del Mezzogiorno le condizioni elementari della civile convivenza spesso mancanti, ed i. mezzi per una rinascita economica. Primum vivere deinde philosophari. Ma bisogna pur altamente procla1nare che la salvezza del Mezzogiorno è sopratutto in sè stesso, nel mutato anitno che deve ispirarlo ed assistérlo nel suo prossimo avvenire. Pare a noi che ciò che ha maggiormente ritardato il risorgere dell'Italia Meridionale sia stato questo attendere tutto dello Stato, il quale del resto, , effettivamente, con la sua mania accentratrice rendeva più difficile le condizioni economiche del Sud a tutto vantaggio delle provincie_ del Nord e determinando un dualismo tra le due parti d'Italia. Larghe autonomie regionali avrebbero probabilmente salvato il Mezzogiorno mentre invece assai dannoso fu l'accentramento nello Stato di tutto quanto riguarda l'agricoltura e i lavori pubblici, la scuola e gl' istituti di beneficenza. Il Governo potrà favorire la rinascita del Mezzogiorno specialmente astenendosi dall'intervenire ovunque come la Divina Provvidenza. La sua opera e stata se~pre, anzichè moralizzatrice, profondamente immorale e corruttrice. Specialmente in materia elettorale l'opera di quasi tutti i Biblioteca Gino Bianco

SUL PROBLEMA DEL MEZZOGIORNO 251 governi è stata deplorevole : per reclutarvi le proprie maggioranze essi non hanno èsitato a favorirvi quel sistema di clientele che è il più deleterio in quanto abitua a credere che tutto si possa ottenere con la < raccomandazione > ; sono arrivati a violare e costringere la volontà e la coscienza degli elettori inducendo nei pilì il convincimento che le frodi elettorali non solo non sono disonorevoli, ma meritorie e degne di elogio quando fatte a favore qel proprio partito. Tutte le armi sono state buone per i governi allo scopo di favorire i propri candidati, e spessissimo i propri funzionari e dipendenti hanno dovuto prestarsi alla violazione cosciente delle leggi. Cosl a differenza di quel che avrebbe desiderato Cavour, ogni impiegato è sospettato, ritenuto corruttibile o comunque suscettibile di influenza, specie di uomini politici, che si ritiene possono procurargli un vantaggio in carriera o una migliore residenza. Non v'è pretore o agente delle imposte che non sia sospettato di parzialità, e quando v'entra di mezzo 'la politica, il dubbio diventa certezza: in ogni_ modo, è convinzione assoluta che per ridurli al proprio volere basti un cenno delle autorità superiori. II governo è concepito come quell'autorità da cui tutto dipende ed alla quale, pel tramite .dei propri deput~ti, è lecito chiedere qualunque cosa: _un impiego, una decorazione, un sussidio, un'opera pubblica o un privato beneficio. Nulla importa se una legge ostacoli la concessione di quanto si vuole : le leggi esistono per i gonzi. Vi sono persone autorevoli dinanzi alle quali tutte le porte si spalancano : si tratta di saper trovare la via. E purtroppo, questa concezione, se non sempre, assai spesso ha corrisposto a verità 1 È a tutti noto che cosa siano nel Mezzogiorno, l'amministrazione di un comune o di una provincia : essa coincide quasi sempre con gl' interessi individuali di poche persone e si regg~ su sistemi quasi esclusivamente personali, secondo cui gli avversari non hanno diritto a nulla e ogni fautore deve ricevere la ricompensa deJla sua fedeltà. Bisogna esser vissuti a lungo nel Mezzogiorno per rendersi conto quanto tutto ciò sia radicato nell'animo dei meridionali, onde la prima e più grave difficoltà sta nel trasformare questa mentalità faziosa e moralmente bassa in una concezione politica superiore, costituita dalla conoscenza dei propri doveri e dal riconoscimento di tutto ciò che è d' interesse generale come scopo della propria azione di cittadino. Comprendiamo perfettamente che si tratta di una strada lunga e difficile, ma è l' unica che possa menare a risultati veramente apprezzabili : questa è la. sola base sulla quale si potrà edificare solidamente : ogni altra soluzione sarà superficiaie ed insufficiente. Dice bene il Croce che non possiamo non citare un'altra volta: < Qui l'opera è degli educatori, sotto il quale nome non bisogna pensare ai maestri di scuola ed agli altri pedagoghi o non a essi ·soli, e anche a essi solamente in quanto effettivi educatori, come siamo e dobbiamo e possiamo essere tutti, ciascuno nella propria cerchia, e ciascuno in prima verso sè stesso>. Tutto ciò che non mirerà a iblioteca Gino Bianco ,,

• 252 LA CRITICA POLITICA tale opera di elevazione 1norale e intellettuale non avrà che scarso valore, ed anche il 1niglioramento materiale delle condizioni del Mezzogiorno varrà solo se diretto al raggiungimento di tale scopo. Il Governo coi mezzi di cui dispone e coi propri funzionari che dovrebbero essere i migliori ; la stampa colla enorme influenza e diffusione ; la scuola rinnovata e risanata, dovrebbero aver di mira la formazione di una nuova e più elevata coscienza del Mezzogiorno, avendo riguardo a rispettare, sovra ogni cosa, lo spirito di libertà e di giustizia, sul quale soltanto sarà possibile edificare solidamente la nuova fortuna del Mezzogiorno, che già tanta parte ebbe in altre epoche della sua storia nella vita intellettuale e 1norale d' Italia. GIOVANNI PETRACCONE I nostri " Gruppi ,, Precisan1ente ! Costituiremo dei gruppi tra gli amici di Critica Politica. Gruppi di pochi e con intenzioni modeste per ora. I lettori della nostra rivista sono assai numerosi. Ma noi desideriamo sapere quanti tra essi consentono, quanti sono disposti a svolgere un'azione in favore delle idee e delle soluzioni da noi propugnate. Dell'azione da svol~ete e sul modo in cui svolgerla sarà deciso in un Convegno che c' impegnamo di convocare subito dopo l'estate. Si ricorderà come fin da quando demmo inizio alle pubblicazioni di Critica Politica noi pensammo ad un lavoro più vasto. La nostra critica voleva essere costruttiva : farsi centro di raccolta per un'azione intensa di propaganda nel paese. Non staremo, a dire qui perchè ciò non fu possibile. Ora la situazione è in qualche modo mutata e muterà ancora. E noi mancheremmo ad un nostro preciso dovere se non riprendessimo il programma che avevamo dovuto abbandonare . .Chi vuol essere con noi ci scriva. CHE COSA DOBBIAMO PARE C'i domandano da varie parti: - çosa dunque dobbiamo e possiamo fare ? - Cosa? 1Von farci ingannare. E prepararci a non essere ingannati. Vedrete, ora che il f ascisrno s'è colpito mortalmente colle sue stesse mani e la successione sembra aperta, quanti saranno a farsi avanti a imbrogliare le cose e le idee per trarne profitto I C'è quasi da lamentare che il fascismo sia per finire troppo presto, prima che siano maturate le idee e la successione sia pronta. Ma appunto per ciò dobbiamo porre le nostre idee, perchè gli altri siano costretti a precisare le loro e gli abili e i furbi non.abbiano la possibilità di approfittare ancora una volta della ingenuità delle masse e, aggiungiamo pure, del nostro entusiasmo. Lo sforzo di ciascuno di noi deve tendere ad ottenere questo: che le opposizioni si precisino, che dicano nettamente dove vogliono arrivare, che cosa si propongono di realizzare. Quanto ad agire ciascuno agisce come può e dove può ed ogni campo di azione è buono. Ma dobbiamo essere decisi, fermamente decisi ad opporci ad ogni ritorno ad un passato che per quanto fosse migliore del presente deve essere deprecato. Non è il /ascismo, sono sopratutto le condizioni che lo hanno reso possibile, che debbono essere eliminate I Biblioteca Gino Bianco

• . ' Giovine DeITiocrazia I La libertà è la condizione prima e assoluta della nostra vita morale. La libertà si educa al dovere. La libertà non si costringe che per sopprimerla. Chi può penetrare entro di noi a incatenare l'anima nostra e il nostro pensiero? Sfugge la nostra coscienza a ogni maglia, ad ogni catena, perchè non è materia che si possa serrare : è Spirito, e Spirito è Libertà. Nella vita è la personalità - nella società è I' uomo - nella nazione il cittadino : ecco il valore della libertà nella vita, in ogni istante vita morale. Non vuota libertà, non arbitrio anarchico, ma libertà concreta di dovere. La libertà redenta dalla schiavitù nei limiti dell'individuo, per farsi la intera e umana libertà. La libertà nella quale solamente a I' uo1no è dato comprendere il valore morale infinito della sua personalità ; che non si può forzare sotto un dominio brutale, che non si può calpestare, che non si può violentare, senza calpestare e violentare in essa tutta l' umanità, la vita, lo spirito. La libertà dev'essere l'anima della nazione, perchè è solo nella libertà che l'uomo giunge a elevare .il suo volere a volere della nazione e a farsi cittadino, a redimere la sua volontà dall'arbitrio, facendola civica volontà, a fondare nella sua coscienza la éticità della Nazione e dello Stato. Le violente oligarchie e le tirannidi non violano, anche quando l' incatenano e lo traggono al palco, un corpo, ma offendono una coscienza, lo spirito. Il dispotismo paterno dei regimi corrotti, che blandisce il corpo nelle morbidezze, per ottenere la codarda schiavitù degl_i animi, uccide la morale e oltraggia lo spirito. Non s' invochino teoriche del pensiero a limitare la libertà. L' uomo è tale, perchè si sente libera coscienza nell' itnpenetrabile intimità del proprio io, libera coscienza nella famiglia, nella patria, nell'umanità. Libertà è responsabilità ; chi limita quella limita anche questa, e sopprime l'una e l'altra, degrada l'uomo a un corpo, degrada il cittadino a suddito, a schiavo, a un n~mero. Non s'invochi nessuna filosofia a teorizzare la tirannide. Della filosofia è cardine il principio della libertà, senza la quale - già abbiam detto - non v è morale, non v' è l' uomo. E la vita morale non si spezza. Biblioteca Gino Bianco

254 LA CRITICA POLITICA La libertà, che vuol dire umanità, personalità, non si rigetta dalla vita politica senza rinnegare tutta la vita morale. Non v' è una gradualità e non vi sono scale quantitative, in cui si possa restringere e misurare la libertà. Nella 1ninima manifestazione di vita, l' uomo è tale solo in quanto è libero. Senza libertà v' è ancora vegetazione e meccanismo, non più vita. * * * L' ideale democratico non è superato e non è morto. Perchè la democrazia non s' è immobilizzata in nessun ristretto corso di anni, ·in nessun partito, e però non può essere perita. La vita politica è, come ogni altro lato della vita, - insegna la moderna filosofia - un eterno problema, che ponendosi si risolve, e risolvendosi si ripone, eternamente, e però non v' è di essa, fuor dei valori morali, soluzione assoluta ; ma la democrazia non è una contingente forma di governo, essa è nell'animo nostro e nella nostra ~oscienza morale e non s' uccide. È la soluzione eh~ eternamente s' itnpone nel nostro spirito ai problemi della vita sociale, senza pretendere di essere mai del pensiero la conchiusione, la definizione esatta della vita, senza voler essere mai la escogitazione del sistema perfetto per la società degli uomini; ma è, perchè è la soluzione dell'animo nostro, della nostra coscienza, idea morale, e dell'idea morale ha la perfezione e l' imtnediatezza, garanti d'eternità a ogni valore dello spirito. Noi non abbiamo una teorica della morale e una teorica della politica; la nostra vita, come l'anirna nostra, è una, e la pratica di democrazia, prima d'essere in noi soluzione politica, è soluzione morale. Non si stronca quella con una vana dialettica, senza stroncare tutta la vita nostra. Si struggono, al raggio della vita, le teorie e la pratica del comunismo materialista, perchè significano idealità fer1nata e agghiacciata con vano artificio in schemi poveri. Ma l' idealità democratica rion si schianta, perchè è vissuta nell'animo degli uomini e vive di fede, di fede e di amore, di entusi~smo, di passione e di sacrificio, perchè è il grido del nostro cuore, la voce della nostra coscienza, che non ci è dato soffocare. Vive e vivrà di vita eterna, perennemente rinnovantesi, eternamente giovine. Quando i reggitori s'allontanano dallo spirito e dalla pratica di democrazia, si finisce, dalla dittatura, nel governo oligarchico o nella tirannide. Facile è giustificare il primo passo dietro pretese necessità della vicenda politica, necessità che ben raramente si presentano nella vita d'un paese, ma assai più fac~l~ è scivolare giù giù per la china, giungere alla sanguinosa oppressione e al violentamento degli spiriti, all'ottenebramento che inservilisce le cos·cienze. Può venire l'ora del ditta!ore negli estremi pericoli, chiamato per spontaneità di popolo, e brevissima trascorre, ma non può sorgere mai lecita quella della tirannide. Quegli si Biblioteca Gino Bianco

GIOVINE DEMOCRAZIA 255 fa, nell'ora dello smarri1nento o della calamità, l' interprete dello spirito della Nazione; questa sempre lo soffoca e l'a~velena. Se la dittatura s'attarda e non la spazza l'impeto dell'insurrezione, si tramuta in dispotismo; perchè 1 quando si disconosce nella vita politica il valore del cittadino, s'offende tutta la Nazione; quando si costringe una coscienza, si viola tutta la morale. La corruzione degli animi è l'arma micidiale di tutti gli assolutismi, è la più nefanda negazione dei valori dello spirito. Ecco perchè non perisce l' ideale democratico, perchè ha da difendere le coscienze, nell'eterno corso della vita, da questi pericoli. Le oligarchie e le tirannidi d'ogni tempo, sostengano una classe _privilegiata o si facciano i falsi protettori degli indigenti, quando non segnano l'ignominioso tramonto d' una civiltà, o non li inghiotte il corso maestoso e possente d'una rivoluzione pacifica, sono dannati a morire nell'alba rossa della rivolta o della insurrezione. La democrazia non è insurrezione, non è rivoluzione violenta; è un ideale di vita, è un comandamento morale della nostra coscienza. La nostra è questa democrazia, eternamente giovine, è educazione e fede, è la nostra moralità che informa la vita sociale. È idea morale che si concretizza in ogni manifestazione della nostra vita politica, che si attua in ogni ora ed è idea attuale, come nella vita dell' uomo s'incarna lo spirito eternamente ed è spirito incarnato. La democrazia non è stata mai definita e non si definisce, perchè è processo. La democrazia nostra è la luce che illumina la vita sociale e trae dall' intimo della nostra moralità. La. democrazia s' è incarnata in rivoluzioni, in governi, in sistemi, in teoriche, tutte caduche forme come · lor sorte ; ma l' ideale democratico è lo spirito che ha alitato in quella materia, che le ha dato la vita, e non è morto, e non può esser morto con essa; vive e s'incarna ancora, sempre, in un perenne succedersi, nell'eterna vicenda di nuove formazioni. · * * * Coscienti di questo valore universale e imperituro, e penetrati dalla sapien?a della storia, che ci insegna a non vagheggiare 1nète definitive e formule assolute, noi non ci appaghiamo per questo di una mistica contemplazione dell' ideale. Esso non è nulla - ripetiamo - astratto dalla nostra coscienza, e l'imperativo del dovere non ci permette d'attardarci nell' inerzia ; comanda : azione. . L'ideale democratico, eh' è la nostra stessa moralità, noi lo dobbiamo attuare nella vita d' ogni giorno, nelle forme sempre nuove che il momento storico ci presenta. Noi aspiriamo a l'e)evazione d'ogni valore morale nella società, e però vogliamo che si sollevi il popolo dall' indigenza, per esaltare il valore Bibliot ca Gino Bianco

256 LA CRITICA POLITICA della personalità, o sia la spirituaìità dell'uomo. Ogni individuo dev'esser uomo libero e ~esponsabile d'ogni suo atto, deve avere coscienza dell' immenso valore di quello spirito che serra in petto, deve sentirsi non una macchina, ma un libero operatore, non una marionetta, mossa da mani che sono state _unte· da una potenza invisibile, ma un cooperatore nella vita dell' umanità. Ogni, uomo deve sentirsi cittadino della Patria; educato alla libertà, deve conoscere il proprio dovere. e sentirsi libero d'adempiere a questo co1nandamento, non costretto a piegarsi .come bruto a una volontà esteriore. Il dovere è solo nella libertà ; nella libertà che è tale non si risolve nel vuoto d' una parola, o di una inerte solo se si realizza ad ogni istante,· in ogni atto di vita. * * * . veramente se categoria, ma Quando il cittadino è esonerato dal peso d'una compartecipazione attiva e responsabile al governo della cosa pubblica, si affievolisce in lui e si spegne ogni sentirnento del dovere. La sua attività tutta si volge alla cura del proprio guscio, in cui si rinchiude e si rannicchia il suo pi.ccolo io a sviluppare un tristo egoismo. Rovjna lo Stato e si scompagina la Nazione. Ogni sentimento di fratellanza e d'amore alla comunità e alla Patria si smorza, e la società si dissolve in uno sfasciamento mortale. Il dispotismo genera l'indifferenza e conduce a l'anarchia del domani. Muore il sentimento del civico dovere, e con esso ogni dovere : la vita è una, la coscienza una, il dovere uno. Ma non muore Io spirito; è soffocata la libertà -eh' è l'anima del dovere, è repressa, fin che impetuosa frange ogni laccio e travolge, colla violenza del ciclone, ogni impedimento. Il dispotismo che incatena un popolo libero, genera ribellione. Al dispotismo tende ogni teorica e ogni forma di governo che non imponga al cittadino il dovere di partecipare al reggimento della Nazio-· ne; che non riconosca al cittadino i diritti sacri della sua personalità e si permétta arbitrio non giustificato da alcuna legge. La nostra democrazia è quella eternamente giovine, è un ideale imperituro, e però non ci appelliamo noi a una teoria del contratto, ma chi~diamo ai despoti d'ogni paese, a chi si crede in diritto di governare rigettando la cooperazione dei cittadini e parla solo di sommissione ai suoi comandi, chiediamo, chi vi ha investiti di tanto potere che vi permette di conculcare lo. spirito? Questo spirito, animatore della nostra vita, lo credete solo chiuso in voi, per disconoscere una volontà libera e responsabile negli altri citt~dini ? Non ingannate parlando della giusta differenza dei valori -nella vita sociale; anche noi la riconosciamo, ed è nel nostro ideale d' uguaglianza, che cancella Jutti i privilegi ;- ideale e non fantasima o larva di pensiero, Biblioteca Gino Bianco

, GIOVINE DEMOCRAZIA 257 perchè è in atto nel mondo dello spirito. Ma voi vi credete, voi pochi, i soli chiamati sopra la massa, eh' è costretta ormai e deve tenersi curva sotto il vostro scettro, perchè voi siete giunti al trono?; come siete giunti?. E come credete di poter privare un pop.olo della libertà, e sottrarlo al dovere d' entrare nella nobile gaia al miglioramento, con l'ideale d'una elevazione continua? Non s'accenderà più questa gara di sapienza e di saggezza, che premi il merito coll'onore del reggimento del popolo, onore e premio che è un dovere acquistare ? ; chi vi ha eletti ?, chi vi ha investiti del vostro impero ? La vostra concessione distrugge il dovere, sopprimendo la libertà. La vostra benevolenza è un atroce insulto alla personalità del cittadino, alla moralità della vita. Voi non siete sottomessi alla legge del dovere ? E se parlate ancora di dovere, donde esso vi proviene, se non riconoscete sopra voi l'autorità della legge morale, l'autorità dello Spirito, che non è in voi soli, no I, ma è bene nella coscienza di ogni uomo, che è della Patri~ cittadino, e non co~a e proprietà del vostro governo ? Se voi disconoscete in un solo uomo il valore dell'<l sua personalità, voi non riducete quell'uomo solo a cosa, ma disconoscete ogni valore, rinnegate la legge morale, ferite nel più profondo tutta l' umanità. Il poco bene materiale che il vostro dispotico reggimento potrebbe mai largire alla turba dei servidori ciechi d' un oscuro consiglio, servidori perchè non sottoposti alla legge morale, ma sommessi a uno straniero ordinamento, quel bene che si traduce nella •moneta che voi gettate a eccitare le più basse passioni dell'animale, è il più grande flagello per una nazione, perchè le stronca i nervi e la getta nello stato pit1 abbietto d' immoralità. * * * Noi non pensiamo a dettare le proposizioni d'una compita teorica; ma tendiamo, con l'ardore della nostra fede e con la forza della nostra scienza, a dar corpo alla nostra idea morale, a incarnarla nella società di oggi~ attraverso gli organismi più confacenti al nostro giorno. La storia moderna è democratica; la nostra azione e questi organismi si chiamano, come il ·nostro ideale, una azione e un ordinamento e reggimento democratici. Noi non pensiamo a comporre la perfetta costituzione, miniare vano, perchè nessuna Carta ha valore, se nell'ordinamento non alita lo spirito, e le leggi s' impongono a vuoto, quando manca nell' uomo la coscienza del cittadino. La nostra mèta è più lontana e più in alto. Noi non costringiamo la nostra azione in nessuna armatura che la possa soffocare. Noi siamo artefici di vita. Sarà più facile a un cattivo ordinamento rendersi buono, ravvivato da uno spirito buono e da una moralità sincera, che a uno eccellente iblioteca Gino Bianco

258 LA CRITICA POLITICA non riuscire cattivo per mancanza di buon ·volere. La teoria ch'esce dalla mente di solitario pensatore, o il decreto d' un congresso di politici, non possono rinnovare la vita d' un paese, se non sono la eco della voce delle coscienze, della voce di tutta la Nazione. L'essenziale sostrato di ogni reggimento e di ogni ordinamento nella società è lo spirito, è la nostra coscienza morale. E però noi vogliamo penetrare, perchè non sia vana la fatica e caduca l'opera nostra, cos) nel fondo. Non v' è termine cui s'arresti il nostro corso e non v' ~ legge che ci muova a fissa mèta. Non v'è secca in cui si possa incagliare la nostra nave perchè navigare è necessario. Il gelido mortale di quella legge, è nella mente di chi definisce la vita in astrazione, di chi la svuota dello spirito e pretende che sia tutta rnateria. Non è lo Spirito sottoposto alla materia, ma è la nostra libera volontà, ma è lo Spirito l'eterno signore, · eternamente giovine. * * * Noi v~gliamo leggi e non arbitrio - vogliamo diritti e non concessioni. Leggi severe e, più importa, severamente applicate. Sovranità dello Stato, grado alla vera sovranità della Legge, e non dispotismo. · Noi vogliamo per tutti, per prima legge, la libertà, per imporre a tutti quella del dovere; e ne vigileremo strettamente l'adempimento per parte di chi s'assume il governo dei cittadini. Noi non p-ensiamo a l'astratto livellamento, ingiusto se 1nai s'attuasse, perchè consideriamo la persona non un numero, ma un uomo. L' uguaglianza chiediamo contro ogni privilegio, non per diritto di natura, ma perchè riconosciamo nel cittadino una personalità e una coscienza, che deve rispondere alla legge del dovere. Noi chiamiamo il popolo a partecipare, quanto piìt largamente, al reggimento della nazione, perchè ognuno senta in sè, assumendosi il peso · delle responsabilità, il valore dello spirito sopra il meccanismo e la brutalità della materia, ed il dovere d'educarsi e farsi migliore. Noi chiediamo a c}:tipiù ha di più dare, se vuol esser della Patria il cittadino e non il parassito, se dev' esser uomo e non verme. Noi vogliamo sempre più larga la istruzione, perchè s' informi con essa l'educazione degli animi di tutti i cittadini, e perchè solo traverso di essa si possono inalzare i buoni e farli capaci. Noi vogliamo libera e protetta la schietta religione, perchè la religione è un valore morale e spirito. Ma non contrasti una Chiesa alle conquiste e alla predicazione del pensiero, che è la vera e progressiva rivelazione di Dio all' umanità. Non attenti una dottrina, minandola nella libera coscienza dei cittadirti, alla vita dello Stato, garante d'eticità alla volontà dell'uomo; e badi il governo di non farsi di un culto lo strumento, per mercanteggiare turpemente gli animi con falsi sacerdoti. / La potenza della Naziorte non si misuri col numero degli armati, perBiblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==