La Critica Politica - anno IV - n. 5 - 25 maggio 1924

Ll\ CRITICJ\ POLITICJ\. R.IVISTA MENSILE ANNO IV. 25 maggio 1924 f ASC. 5. Per un'azione nuova È il nostro momento : è il nostro in quanto abbiamo della democrazia una concezione che non è negli altri altrettanto chiara e sicura ; è il nostro in quanto sulla costituzione e sui compiti dello Stato ci siamo posti da tempo quei problemi, dei qu_ali moltissimi solo adesso incominciano ad accorgersi. Essere· orientati in un periodo eccezionale di disorientamento è certo un privilegio. Occorre vedere quale profitto se ne possa trarre. La situazione politica italiana è unica. Si ha torto - e lo abbiamo detto altra volta - a volerla raffrontare con quella di altri Stati. Vi sono cause a tutti comuni, fenomeni che sono interdipendenti : presso ogni popolo è possibile ritrovare le stesse tendenze, come identica è ovunque la umana natura. Ma in nessun paese la lotta politica offre lo spettacolo di forze in contrasto egualmente dubbiose su ciò che dovrebbero proporsi di realizzare. Se i fascisti non sanno come procedere avanti, verso quali soluzioni, gli antifascisti non sanno come cominciare. Il revisionismo è tra l'altro (1) una confessione d'impreparazione. La conquista effettiva dello Stato ha posto il Fascismo di fronte a problemi non sospettati, nella soluzione dei ·quali gl' interessi e la consuetudine mostrano di avere molto maggior peso delle idee e dei principi. Mussolini si troverebbe in grave imbarazzo se dovesse dirci come mai arrivato al potere col deciso proposito di battere in breccia Io statalismo e_ il monopolismo abbia finito coll'aver rafforzato e l'uno e l'altro. Oggi non solo non può combatterli, ma non può farne a meno. Dovrà insistere se vuol conservare il potere. Donde la nuova necessità a cui non era preparato di conciliare lo Stato forte, lo Stato-tutto colle esigenze molteplici che hanno creduto o dovuto trovare nel Fascismo la propria sistemazione. È quasi come cercare la quadratura del circolo. Tuttavia sarà motivo di larghi ed aspri dibattiti, di proposte e di tentativi svariatissimi. Non siamo che al preludio. (1) E cioè_senza trascurare le altre cause, non tutte .... ideali. Biolioteca ·Gino Bianco \

,· 194 LA CRITICA POLITICA Gli antifascisti sono in una situazione in certo modo peggiore. Il Fascismo bene o male si trova sempre sul terreno dell'azione e può provarsi e riprovarsi, fare insomma tutti i tentativi e gli esperimenti possibili. Le opposizioni hanno invece perduto definitivamente, colle elezioni « nuovo sistema » del 6 aprile, il terreno sul quale erano abituate a manovrare. Il Parlamento non è più il Parlamento-: è un organo del potere esecutivo. Non vediamo quale azione possano svplgervi i deputati di minoranza. In ogni caso azione senza conseguenze, sterile. Non è parlamentarmente c~e può essere vinto il Fascismo. Lo si poteva pensare - e fu una illusione che non giovò - finchè la - Camera era quella di Giolitti, del 1921. Provocare da parte di questo Parlamento dei voti politici gioverebbe solo al Fascismo in quanto sarebbe riconoscere una funzione di sovranità ad un istituto che ha cessato di. averne. Ci sarebbe l'ostruzionismo, ma siccome potrebbe durar poco, oltre che essere immediato e deciso dovrebbe precedere o accompagnare una violenta azione nel paese. Possibilità da escludersi per le ragioni che diremo dopo e per la mancanza di uomini disposti ad assumern~ il peso, la responsabilità. Dieci non se ne troverebbero ! Prevediamo cosi che il tono della opposizione sarà in questa Camera molto basso e che non saranno pochi quei deputati di minoranza i quali si faranno un dovere di collaborare con particolare zelo al migliore funzionamento della Camera, sia pure facendo del1' opposizione nominale. Mussolini, che conosce gli uomini, avrà fatto anche questo calcolo. È infatti un'altra debolezza delle opposizioni quella di trovarsi rappresentate in questa Camera da uomini che vi ritornano e che, avendo acquistato una squisita mentalità parlamentare, non sapranno mai completamente spogliarsene. Le opposizioni hanno comn1esso un primo errore partecipando alle elezioni (1). Un secondo errore commetteranno: quello di partecipare al lavoro legislativo. Parlando delle opposizioni intendiamo dire che una opposizione non c' è stata e non c' è : una nell'azione, nel metodo, nel fine. Ecco la vera fortuna del Fascismo, la ragione del suo successo, la ragione per cui durerà più a lungo di quel che si vorrebbe sperare. Opposizioni che esistono in quanto esistono uomini i quali non hanno seguito la corrente, che restano nelle posizioni primitive, distribuit! politica- (1) D'altra parte la partecipazione alle elezioni di una sola di esse rendeva inevitabile la partecipazione delle altre. L'errore consiste nel fatto della partecipazione : ma· decisa la partecipazione da parte di una di esse, avrebbe com- · messo, dal punto di vista del proprio interesse particolare, un errore quel partito che non avesse deciso egualmente. Biblioteca Gino Bianco ·

PER UN'AZIONE NUOVA 195 mente secondo il vecchio catalogo, colle formule e il disegno di una volta. Sono i resti di vari eserciti egualmente battuti : numerosi e sia pure abbastanza inquadrati ma che separatamente non sono in grado di condurre e neanche d'iniziare una battaglia. Nè v' è un' idea ad essi comune capace di avvicinarli. Per ora è cosi. E precisiamo. È mancato in quegli stessi partiti che proponendosi un fine rivoluzionario sono stati in particolar modo colpiti e smentiti dal fatto rivoluzionario, ogni tentativo di revisione. Nelle affermazioni .verbali, nel modo di considerare i problemi, nella valutazione delle possibilità, nelle posizioni tattiche, chi li osservi bene nulla trova in essi di mutato. Come se nulla, proprio nulla fosse avvenuto I Tra i fascisti si nota maggiore desiderio di sapere e di capire, maggior fervore di ricerca e di discussione. Questo irrigidirsi in una intransigenza formale su posiziqni sorpassate dagli avvenimenti, nella illusione di . opporre cosi per proprio conto il massimo di resistenza al Fascismo, costituisce il massimo della debolezza. Nessuno dei vecchi partiti può aspirare per proprio conto alla eredità del Fascismo. D'altra parte nessuno di essi sembra disposto a rinunciare alla propria individualità, alle proprie pregiudiziali, ai propri postulati. Questione di dignità e di fierezza? Vediamo di non ingannarci. Fierezza e dignità si, ma fino ad un certo punto. Se il Fascismo fosse stato meno.... intransigente quasi di sicuro non tutte le opposizioni sarebbero all'opposizione e si terrebbero alle posizioni primitive. Nè l'attaccamento, l'affetto al Partito, al proprio partito, è sempre ed in tutto attaccamento all' idea e a determinati metodi. Un fenomeno che abbiamo potuto osservare avanti la vittoria fascista era l'adeguarsi di partiti diversi alle medesime enunciazioni programmatiche e il moltiplicarsi, al tempo stesso, di formazioni politiche. Che un nuovo partito corrispondesse ad un bisogno di differenziazione è avvenuto molto di raro : caso forse unico per i comunisti e gli unitari. Non abbiamo avuto perfino il partito liberaledemocratico e il partito democratico-liberale? Dopo la « marcia su Roma-» se il Fascismo non lo avesse energicamente impedito avremmo avuto una nuova fioritura di partiti diversi nel nome e uguali nel desiderio di inserirsi nella nuova situazione. È poi un fatto che non ci si lega ad una formazione politica qualsiasi senza finire col sentirsi attacc.1toagli interessi particolari di questa piuttosto che allo scopo, alla ragione ideale per cui venne costituita. Avviene precisamente quello che avviene per il negoziante a cui, purchè vadano bene i propri affari, poco importa dell'andamento generale del commercio. Ebbene oggi come ieri l' interesse particolare sovrasta sul generale. • iblioteca Gino Bianco .....

196 ' LA CRITICA POLITICA · E abbiamo spiegata la ragione capitale della .insufficienza dei partiti di opposizione nell'attuale momento storico, della loro incapacità a ·contrapporsi al Fascismo. 1 • Aggiungiamo che se la selezione interna, dovuta al martellamento fascista, è stata grande, non è stata completa. La qualità degli uomini non è nelle proporzioni molto mutata. Quelle stesse organizzazioni che si sono conservate meglio, sono tuttavia intimamente corrose dalla tabe delle vanità personali e dell'arrivismo. Lo si vide nelle ultime elezioni. Ci sono vizi, difetti che del resto è assurdo pretendere I guariscano in un anno o anche in breve periodo di anni. La disci- , plina di sacrificio chè hanno dovuto subire le masse è stata durissima, ma non si pu , dire affatto che esse si siano guarite dalle passioni e dalle illusioni -alimentate dalla rettorica comiziaiuola di cinque anni. La rettorica e l'esempio fascista accrescono piuttosto la diseducazione. Non si deve credere che il Fascismo sviluppi solo sentimenti di odio e di repulsione. AI contrario esercita una profonda opera suggestiva . . Vivissimo è il desiderio d'imitarlo adottandone i metodi il giorno in cui fosse possibile. C' è un fondo di verità in quel che i. fascisti dicono dei loro avversari : che questi si rammaricano e protestano per la libertà offesa e calpestata perchè non possono fare altrettanto. I fascisti mancati sono innumerevoli e popolano le file delle opposizioni. Il combattentismo, forma di politicantismo propria del Fascismo, s' è . generalizzato, per spirito d' imitazione piuttosto che per reazione, tra quegli stessi p~rtiti che dell'aver avversata la guerra si fecero merito e vanto. C' è tutta una concezion; sentimentale artif~ciosa delia politica che si diffonde e prende piede. Il Fascismo ha conquistato e conquista. Senza saperlo e senza volerlo le opposizioni si fascistizzano. Per converso' le esigenze della democrazia, inconsapevolmente, si fanno vive nel Fascismo. L'analisi è cruda. Ma doveva esser fatta. Meglio dire le cose come. sono. Tutte le attuali suddivisioni dell'antifascismo sono negative, quelle comprese che politicamente ci stanno a cuore. Sono negative> anche se nella particolare dottrina di qualcuna .tra esse si racchiude il nocciolo della soluzione che dobbiamo cercare di raggiungere, in quanto costituiscono altrettanti compartimenti stagno per le energie che si propongono di essere attive. Teniamo pure presente che i partiti sorsero . . e si modellarono per agire su una realtà diversa da quella presente, che , sovr'essi grava il peso delle rispettive tradizioni antipatie e simpatie, che ciascun partito è in mano ad una categoria di dirigenti i quali per la loro educazione politica parlamentarista sono inadatti a fronteggiare Biblioteca Gino Bianco

PER UN'AZIONE NUOVA 197 una situazione che come l'attuale è squisitamente rivoluzionaria. E non dimentichiamo che forze nuove imponenti hanno fatto il loro ingresso nella scena politica e che gli attuali partiti non sono affatto preparati a ricevere _e ad inquadrare : le classi rurali. Quand'anche però, per un miracolo che non vediamo possibile, i partiti riuscissero a superare ogni particolarismo e a procedere uniti nella lotta, non per ciò migliorerebbe o si chiarirebbe la situazione politica. Il problema più grave non è già quello di vincere il Fascismo : è quello di sostituirlo. Si tratta di arrivare ad una situazione stabile. ' E la lotta per la successione che vuol essere evitata. Specialmente poi se ciò volesse dire o ritornare all'antico o cadere in un'altra dittatura che, per reazione, sarebbe peggiore della attuale. Ed ecco la necessità di contrapporre movimento a movimento, idea ad idea, esigenza ad esigenza, soluzione a soluzione. Perchè tale movimento si determini non c' è che prepararne le condizioni essenziali. È inutile - ripetiamo - insistere nella unione di partiti che sono egualmente impreparati ad affrontare la situazione. La base comune dell'antifascismo che propongono alcuni uomini di una democrazia liquidata, e ben liquidata, è una base itnpossibile. Non ha significato, e non servirebbe a niente. D'altra parte non si può, nemmeno, non tener conto dei vecchi partiti. Troppo forti sonb gl' interessi e i motivi sentimentali che contribuiscono a mantenerli in piedi perchè si possa attendere o anche pretendere che nel termine di pochi mesi sco1npaiano o volontariamente si sopprimano. Si tratta piuttosto di diffondere la convinzione che la loro funzione specifica è esaurita; che essi devono prepararsi a dar posto ad una formazione nuova capace di abbracciare e di esprimere le esigenze vive e più sentite dell'epoca moderna; che non si tratta già più di conquistare lo Stato per trovare in esso la soddisfazione dei particolari interessi e delle par- ·ticolari cupidigie che ogni partito racchiude nel proprio· seno, ma di formare invece lo Stato, il nuovo Stato che dovrà prendere il posto di quello che c'era prima che il fascismo compisse la sua « marcia su Roma » e dello Stato-Part~to che lo ha sostituito e che altro non è che lo sviluppo logico inevitabile di quello al quale certi liberali pensano si ' possa ritornare, come se ciò che è avvenuto non fosse avvenuto. E sul problema dello Stato che bisogna convergere l' interessamento, le preoccupazioni, lo studio e stabilire i consensi, determinare le volontà : lo Stato come libertà da realizzare per tutti e non come predominio da ~onquistare - lo Stato come sovranità che si esercita e non come oppressione legalizzata - lo Stato come condizione e gaiblioteca Gino Bianco ,

• 198 LA CRITICA POLITICA ranzia di autonomia, di libertà effettiva cioè e non formale. Si tratta di arrivare alla convinzione che la questione da risolvere, la questione vera - nell' interesse di tutti e non di alcuni - non è di avere al Governo quelli piuttosto di questi, ma di rendere impossibile che questi o quelli possano usare dello Stato, che è la casa di tutti, come di cosa propria rendendo agli altri impossibile o difficile il vivervi. Lo Stato ideale? No, lo Stato migliore ; lo Stato che pesi n1eno e che giovi di più ; la migliore forma di convivenza civile e di reciproca garanzia. . Solo una azione esterna ai partiti. può far sì che la preoccupazione del problema fondamentale soverchi quella degli interessi e dei problemi particolari. Si deve agire fuori e dentro i partiti per battere in breccia pregiudiziali che sono superate dai fatti e progra1nmi - tutti i programmi - troppo vasti, complicati, astrusi. Proporsi di considerare il problema dello Stato come problema base e come proble1na nuovo da studiare e risolvere con animo sgombro da ogni preoccupazio~e del passato. Insistere su alcune esigenze alle quali lo Stato nuovo deve sopratutto rispondere perchè non riproduca, ripetendone i difetti, i risultati di quello di ieri e di oggi. Una di tali esigenze è appunto la semplicità. Un'altra è la snellezza e scioltezza· dei suoi organi. Un'altra, infine, è che nessun interesse, piccolo o grande, sia sottratto al governo diretto degli interessati. Ebbene bisogna che qualcuno incominci, che si formi un primo nucleo di uomini disposti a lavorare in tal senso. Occorrerà battere e battere sulle stesse cose fino alla noia, ma lo si può fare, oggi, con la possibilità di essere intesi. Dobbiamo farlo : _raccoglierci quanti siamo - pochi finora - e accordarci per un'azione comune. Per lavorare utilmente le condizioni sono le più difficili e le migliori ad un tempo.' Appro-ffittiamone, senza aver fretta di arrivare e senza ambizioni, senza illuderci sui risultati immediati. Per porci invece contro tutte le improvvisazioni, contro tutti gli arditismi a vuoto, contro la rettorica, la coreografia, l' illusionismo. Per essere un movimento di realtà. Per offrire le basi di una democrazia, della sola democrazia possibile. Giacchè il problema dello Stato resterà se anche, per avvenimenti impreveduti e possibili, la situazione all' improvviso mutasse. OLIVIERO ZUCCARINI Comunicheremo presto agli amici le nostre idee in proposito e svilupperemo su queste pagine, la linea di un'azione nostra, precisandola. Biblioteca. Gino Bianco ,,

I • I rurali e il fascismo Perecchi mesi prima della marcia su Roma, polemizzando in questa rivista con Massimo Fovel, esprimevo il dubbio che la borghesia rurale messasi con entusiasmo al seguito dei fascisti avrebbe finito col trovarsi ·totalmente delusa; i fascisti per le loro origini urbane, per la loro mentalità essenzialmente politica, per il fatto che costituivano i loro quadri con uomini totalmente staccati dai processi della produzione (ex ufficiali di guerra, giovani professionisti, segretarii politici e sindacali, piccoli borghesi disoccupati, ecc.) non sarebbero stati capaci di interpretare i bisogni e le aspirazioni della borghesia rurale, al di là di quello primordiale dell'ordine, posto imperiosamente dall' irrequietezza bolscevica; e avrebbero finito per fare una politica conforme agli interessi e alla mentalità della plutocrazia, che già aveva inquinato il regime della cosl detta democrazia. A un anno e mezzo dalla marcia su Roma mi sembra che i fatti mostrino all'evidenza che quel dubbio era pienamente legittimo, e che la borghesia rurale non solo non ha accresciuto la sua influenza politica, ma l'ha notevolmente diminuita. I dirigenti del fascismo, che sono anche i dirigenti dello Stato, non ispirano la loro azione agli interessi rurali, e vanno sempre più perdendo i loro collegamenti con la borghesia agricola, per rinsaldare quelli con la burocrazia, con la plutocrazia industriale e bancaria, con i ceti commerciali : il regime fascista si va facendo ogni giorno più un regime in cui comandano gli uomini della letteratura, del commercio e della politica, a scapito dei produttori. I sintomi di questo fenomeno sono numerosissimi, e si moltiplicano di . . . giorno 1n giorno. Nella capitale e nelle città di provincia pullula tutta una nuova burocrazia;· oltre i comandi della milizia che gravano sul bilancio dello Stato, si moltiplicano gli uffici politici e quelli sindacali, con impiegati numerosi e retribuiti; questi uffici, come già avveniva al momento della espansione socialista, finiscono per comandare nel partito, anzichè servirlo come parrebbe dovesse essere : quasi tutti i segretari r~gionali del partito e molti dei segretarii sindacali hanno conquistato senza fatica la medaglietta parla1nentare, costituendo oltre un terzo della maggioranza parlamentare. Il fenomeno di invadenza burocratica è stato cos} largo e imponente da far decretare l' incompatibilità fra alcune di queste , cariche retribuite dal Partito e la medaglietta parlamentare, ma il tardivo rimedio non ha eliminato l'invadenza stessa, oltre modo pericolosa ; i segretari regionali, che vivevano con lo stipendio del partito e che ora Biblioteca Gino Bianco

200 LA CRITICA POLITICA dovrebbero vivere con l'indennità parlamentare, sono i meno indicati a portare a Montecitorio e nei Ministeri l'eco dei reali interessi delle diverse economie regionali, abituati come sono a prospettarsi tutti i problemi sotto l'angolo visuale del tornaconto del partito, della propria clientela, dell' ufficio loro. Da molti mesi vi è poi un succedersi di feste, sfarzose e dispendiose : dai fa1nosi banchetti al luogotenente generale Calza Bini e al segretario generale Michele Bianchi, avvenuti poco dopo la marcia su Roma, ai fastosi ricevimenti di Palazzo Venezia; dal convegno dei Sindaci italiani a Roma per il discorso al Teatro Costanzi .al recentissimo viaggio di Mussolini in Sicilia è un succedersi vertiginoso di cerimonie, di festeggiamenti, di pompe che irnportano spese notevolissime a carico dell' Erario e a carièo dei privati, senza alcun costrutto. per la produzione: ne traggono profitti le modiste, i caffettieri, gli al- · bergatori, ma ne risente danno l'economia nazionale, trattandosi di ricchezze distratte dagli investimenti produttivi per consumi improduttivi. Questo largheggiare in spese voluttuarie, con una insistenza e una frequenza che eccede notevolmente il ritmo dell'anteguerra, non solo è in contrasto con le tesi ricostruttrici del fascismo e con l'austerità di vita che si imporrebbe in questo laborioso periodo di risanamento economic·o, ma è dannoso alla stessa educazione morale del popolo italiano. Siamo a una ripetizione dei circenses romani e delle feste borboniche, tanto nella capitale quanto nelle città di provincia, con evidenti perdite economiche e morali, anche se nel complesso quadro della vita nazionale lo sperpero di qualche milione in banchetti fastosi e in cerimonie sfarzose possa sembrare un'inezia del tutto trascurabile. Assistiamo inoltre al pullulare di nuovi grandi quotidiani, che, al pari dei vecchi trasformatisi, ostentano il loro fascismo o il loro filofascis1no : a Roma i giornali fascisti si moltiplicano, ed è intuitivo che essi non possono ritrarre i mezzi di vita dalla vendita delle copie : questi giornali, considerati come aziende industriali, sono fatalmente passivi, e il provinciale a metà ingenuo deve chiedersi chi abbia interesse a profondere mensiln1ente centinaia di migliaia di lire per mantenere in vita questa fungaia di giornali, che sostengono concordemente il Governo o almeno il suo capo, e che osannano continuamente ai trionfi del fascismo, allo sfacelo delle opposizioni, al formidabile consenso dell'opinione pubblica col partito di cui sono i corifei. Le recenti asprissime polemiche fra alcuni di essi hanno sollevato un lembo del velario pudico, che ne copre le origini finanziarie, e hanno mostrato da quali luride fogne scaturiscano i milioni che alimentano la curée di certo giornalismo ; benchè le pole- . miche S€andaliste sieno state troncate rapidamente d'autorità, per in1pedirne il dilagamento, hanno servito a gettare un fascio di luce- sul viluppo di affari che si manipolano a Roma, e a mostrare agli ingenui borghesi quanto poco disinteressate sieno certe esaltazioni del Governo, fatte allo scopo di carpire lucrosi utili. Le dimissioni di Massimo Rocca BibliotecaGino Bianco

I RURALI E IL FASCISMO 201 I dalle cariche rimunerate che egli ricopriva percependo, secondo il selvaggio on. Farinacci, duecentomila lire annue in medaglie di presenza e indennità, non ha rivelato nulla agli iniziati, che ben sanno come sieno largamente compensati gli uomini politici i quali consentano a fare includere i )qro nomi negli elenchi dei Consigli di Amministrazione di grandi società anonime; ma ha richiamato su questo fenomeno l'attenzione dei provinciali ingenui, cui neppure il crollo dell' llva, dell'Ansaldo e della Banca Italiana di Sconto aveva insegnato a diffidare della· plutocrazia e delle sue insidiè corruttrici. Tutti coloro che vivono ai margini di questi sperperi nelle feste, nel giornalismo, nella corrutela pluto'cratica vengono a costituire un'insuperabile barriera vivente fra il Governo e la bo,:ghesia rurale, impedendo agli uomini che stanno alla direzione della cosa pubblica di rendersi conto dei bisogni reali dell'economia italiana, delle aspirazioni dei produttori, delle tendenze dell'opinione pubblica: essi fanno un fracasso indiavolato, che stordisce e inebbria con la lusinga delle vanità, con la coreografia degli applausi teatrali e dei trionfi appariscenti, e inconsciamente lavorano a resecare giorno per giorno i vincoli sentimentali e affettivi fra chi sta in alto ai fastigi del potere e chi silenzios'amente lavora e produce, preparando così con fatuità débacles, che nessun esercito può impedire con i suoi fucili. L' uomo che in questo momento caratteristico della vita pubblica italiana è apparso più saldo perchè più alieno dalle lusingatrici fumate del1' incenso giornalistico e degli applausi follaioli, è l' on. De Stefani. Egli è responsabile di una politica tributaria nettamente ostile ai ceti rurali, es pressasi principaltnente con l'imposta sui redditi agrarii, che ha messo il Governo in lotta aperta con i contadini, i quali oppongono alla nuova tassa la resistenza passiva del non pagare malgrado le esortazioni della stampa officiosa e gli intimi degli Esattori, ma ha il merito di apparire il Cerbero difensore dell'erario contro i molteplici appetiti sfrenatisi da ogni parte. Per questo egli ha istintivamente· il ·consenso dei produttori e si frova fieramente avversato dai ceti dell'avventura plutocratica. Il programma ripetutamente enunciato dal ministro delle Finanze, coerente alle pre1nesse del fascismo, era quello di giungere al pareggio del bilancio statale, avvalendosi della duplice arma degli inasprimenti ·tributari e delle ec_onomie nelle spese pubbliche. Nell'attuazione di questo programma non ha incontrato serie resistenze fino a che si è trattato di inasprire i tributi, specialmente perchè ha preso di mira i ceti rurali; ha invece incontrato resistenze jnsuperabili per quanto concerne le · economie, che andavano a danno dei ceti urbani e della plutocrazia. Il pareggio del bilancio rappresenta cos) vitale interesse per i produttori che essi hanno perdonato all' on. De Stefani il fallimento del suo programma di economie e il peso degli inasprimenti tributarii, in vista del pareggio raggiunto o quasi. Quando si è scatenata la campagna giornalistica contro di lui sono corsi istintivamente al suo fianco, comprendendo Biblioteca Gino Bianco

202 LA CRITICA POLITICA che se quella campagna avesse raggiunto i suoi obiettivi i· pesi tributarii sarebbero rimasti, e sarebbe invece scomparso il freno alla tendenza fortissima ad aumentare ancora vertiginosamente le spese pubbliche, per giovare agli interessi dei ceti affaristici e per consolidare il potere della oligarchia dominante con una politica di grandiosi lavori pubblici, promessi per accattivare consensi al Governo nel Mezzogiorno e nelle Isole. Non è privo di significato che il < selvaggio > Farinacci sia corso energicamente in difesa dell' on. De Stefani, e ne sia apparso il protettore. Con tutte le sue antipatiche truculenze, che gli fanno proporre ogni settimana il ristabilimento della pena di morte, il ras di Cremona è rimasto almeno un provinciale : stando in provincia, per forza di cose egli conserva qualche contatto con la realtà economica, e ha una sensazione - sia pure incompleta - dei bisogni e delle aspirazioni dei produttori. Non è un raffinato, e non ha la pratica dei salotti e lo scetticis1no delle sale di redazione dei giornali romani; < non conosce nè Hegel nè Lutero> ma capisce che è necessario tener conto degli interessi dei _ rurali, dei produttori ; e per istinto ha affermato la sua solidarietà col Ministro, che tiene duro quanto più può in materia di spese, resistendo alla generale tendenza allo sperpero, che si fa ogni giorno più forte e travolgente e trova uno dei suoi incentivi più potenti nel desiderio di Mussolini di appagare tutte le regioni e tutte le città d'Italia e di essere il taumaturgo dispensatore di miracoli, sotto specie di porti, di strade, di ferrovie. Del pari non è senza importanza che la politica dell'on. De Stefani trovi consenzienti i padroni della Banca Commerciale e del Credito Italiano: questi due istituti obbediscono nelle loro direttive a interessi plutocratici, ma la loro è una plutocrazia meno arrivista e meno parvenue di quella che trovò la sua espressione più clamorosa nella Banca Italiana di Sconto: è gente più seria, più sperimentata, più vicina alla produzione. Fa anch'essa i suoi colpi di speculazione, sul tipo per esempio del prestito polacco, che ha procurato ai lanciatori non indifferenti lucri : ma operazioni di questo genere sono sempre preferibili a quelle scandalose sui residuati di guerra, e chi sta ad osservare non è obbligato a turarsi il naso per l' insopportabile fetore. Queste ,benemerenze relative del Ministro delle Finanze non sanano i danni che al regime attuale e alla Nazione arrecano l' invadenza della burocrazia di partito e di quella dei Ministeri e la tendenza a una politica di spese crescenti ; non valgono a stringere i legami fra l'organismo statale e i ceti produttivi, che dovrebbero essere saldissimi per avere una vera solidità degli istituti pubblici. Senza questi saldi legami fra l'economia nazionale e il potere statale, l'autorità statale è una finzione giuridica, che non può sostenersi a lungo : lo Stato non è più lo scheletro della vita nazionale e il centro di raccordamento delle varie energie produttive, ma un'impalcatura destinata a crollare malgrado la sua coreografica imponenza. Biblioteca Gino Bianco

I RURALI E IL FASCISMO 203 Il divorzio fra l'assetto politico dello Stato e la vita econo1nica della Nazione è storicamente inconcepibile, e poichè nella vita economica nazionale i rurali hanno una importanza decisiva, un regime che non tenga nel dovuto conto gli interessi dei rurali non può perdurare. L'avvento fascista fu accolto dalla borghesia rurale come una liberazione, in quanto ristabiliva nei campi l'ordine indispensabile per la produzione, e in quanto prometteva la fine di un indirizzo politico sperperatore a beneficio di categorie privilegiate (ferrovieri, salariati di enti pubblici, cooperative di sfruttamento dell'erario, ecc.): la borghesia rurale sperò che il nuovo regime le assicurasse l'ordine, la traquillità, l'economia, e nella fine degli scioperi vide l'attuazione delle sue aspirazioni più care : comincia ad avvertire però che fra i suoi contadini brontola sordamente una cupa irritazione destinata a scatenarsi prima o poi contro di essa ; vede che le spc.se pub~liche fatte in gran parte con i suoi denari si moltiplicano, anzichè ridursi: e la delusione inizia la sua opera di corrosione. Uscirà da essa un movimento non inficiato dalla retorica dal politicantismo e dalla coreografia delle vanità? Se potesse darsi a questa domanda una risposta positiva, la tendenza federalista acquisterebbe certamente nella vita politica italiana un peso decisivo, perchè essa è la sola che abbia una rispondenza con i bisogni interiori della produzione, per la sua avversione alla burocrazia e alla plutocrazia e per la sua adesione alla realtà economica. I rurali, per esercitare una influenza politica, hanno la necessità di un ordinamento federale dello Stato; quando nel Mezzogiorno e nelle Isole si sia diffuso il convincimento che la salute è nelle loro popolazioni sane e laboriose e non nell'intervento statale, quando i meridionali si saranno persuasi che solo in se stessi debbono aver fede, l'Italia sarà ali' inizio di un nuovo ciclo storico di grandezza economica e spirituale. FEUERBACH Il REGIONALISMO NEL MEZZOGIORNO E a che ci servirebbe il Regionalismo? domanda un pubblicista meridionale. A cosa ? Ad acquistare la conoscenza dei vostri problemi e dei vostri interessi e a imparare a risolverli da voi, colle vostre forze, coll'opera vostra. A distruggere in voi meridionali quella tendenza all'aspettazione messianica in cui le attività locali si annullano e l'iniziativa e l'azione, tutto è rimesso al favore, alla concessione, all'intervento taumaturgico del potere centrale. A togliere di mezzo l'abisso morale che oggi separa i governati dai governanti, gl'interessi dagli interessati, facendo cosl scomparire anche l'origine e la causa permanente di tutti i vizi di ambiente e di quello stato d'animo particolare alle popolazioni meridionali che oggi sembrano quasi una fatalità. Ma ci si osserva: il regionalismo se esiste in qualche enunciazione programmatica, non esiste, invece, nell'animo meridionale! Se non esiste bisogna crearlo, come coscienza, come volontà, come spirito di autonomia. Occorre vincere l'abitudine al servilismo determinata dal sistema di oppressione, di arbitrio, di sfruttamento mantenutosi per secoli, attraverso tutti i governi passati e presenti. Occorre che i meridionali vogliano essere essi soli gli artefici dei loro destini. BibHoteca Gino Bianco .

• Elezi.oni politiche e maggioranze parlame_ntari in Italia L 'on. Edoardo Giretti, rifacendo la nostra storia parlamentare, si è as- , sunto il compito di dimostrare una verità che noi abbiamo altre volte af f ermatt1 e sulla quale sono molti, troppi anzi, a non fare la dovuta attenzione. Non v'è un solo caso in Italia in cui un Governo, facendo le elezioni ne sia usèito battllto. Ve,:amente quanto dice più sotto l'on. Giretti potrebbe lasciare supporre che una eccezione vi sia stata colle elezioni del 3 giugno 1900 per la XXI Legislatura; facciamo, però, osservare che l'on. Giretti dice essere stato quello il solo caso in cui il Govf!rno che fece le elezioni non ne ricavò una Camera in grande 1naggioranza favorevole. L 'on. Pelloux riuscì pur esso, ,, in/ atti, a fare eleggere una maggioranza di deputati a lui favorevole e se- ne teneva così sicuro che, nel discorso inaugurale della Legislatura, fece dire alla Corona gravi parole contro l'Estrema Sinistra. La crisi del Gabinetto avvenne inaspettatamente quarant'ore dopo· il discorso della Corona prima che ci fosse un voto della Camera, anzi prima ancora che s'iniziasse la discussione suLl'indirizzo di risposta alla Corona. Pelloux non cadde già in ossequio alla volontà del paese, manifestatasi nelle elezioni, o in conseguenza di una mutata situazione parlamentare. Cadde, invece, perchè a Corte s'incominciò· a dubitare seriamente della sua capacità a tenere a posto l'Estrema e il Paese. La soluzione della crisi determinata dalle sue· dimissioni volute dall'alto, fu preparata ostentatamente senza nessun riguardo per l'istituto parlamentare. E cosl l'uomo che doveva succedere nel governo dello Stato fu preso fuori della Camera e scelto nella persona del Presidente del Senato (organo legislativo di esclusiva nomina regia) e così non vennero chiamati a consulto - come la Corona ha sempre usato in simili circostanze - i principali parlamentari. È solo dopo il 30 luglio che, col nuovo regno e per un avvenimento del tutto estraneo alle elezioni, si determinò un mutamento di situazione politica, per cui da Saracco si passava successivamente a Zanardelli e a Giolitti. Mutarono gli uomini; e da una situazione di destra si passò ad una situazione di sinistra. Restarono però sempre quelli - e non è inutile ricordarlo oggi se si vuol pensare sul serio a far vita nuova - i sistemi e il valore dell'istituto parlamentare come espressione e strumento della sovranità popolare. Non è la prima volta che il capo del Governo, il quale fa le elezioni politiche in Italia, ne ricavi una Camera dei deputati in grande mag.gioranza a lui favorevole. ' Anzi, dalla proclamazione del Regno d' Italia in poi, sino allo scoppio della grande guerra europea, questa regola aveva subito una sola clamorosa eccezione : quella delle elezioni per la XXI Legislatura avvenute il 3 giugno 1900, il cui risultato fu tale che il generale Pelloux, allora capo del Governo, credette opportuno di dimettersi senza aspettare la discussione del. nuovo Parlamento, che· fu poi inaugurato dal Presidente dei Consiglio, on. Saracco. Prima di allora, a prescindere dalla morte del conte di Cavour pochi mesi dopo le elezioni per la VIII Legislatura - la prima ~.el Regno d' Italia - e dalle dimissioni presentate dal generale Lamarmora il 20 ·Biblioteca Gino Bianco

• ELEZIONIPOLITICHEE MAGGIORANZEPARLAMENTARIIN ITALIA 205 giugno 1866, per assumere il comando della guerra contro l'Austria, durante la successiva IX Legislatura, -si erano· solo verificati due casi, in cui il Presidente del Consiglio venne a trovarsi in condizioni di dover abbandonare il Governo per la mancatagli 'fiducia della nuova Camera dei deputati nel periodo di un anno dalle elezioni generali. Entrambi questi casi furono determinati da avvenimenti politici imprevisti e straordinari, ed ebbero per protagonista lo stesso Presidente del Consiglio, on. Crispi. Il primo. successe il 6 febbraio 1891, quasi ali' inizio della XVII Legislatura eletta il 23 novembre 1890 per l' improvviso dissidio scoppiato fra l'on. Crispi ed i suoi collaboratori venuti dall'antica destra parlamentare nella burrascosa tornata del 31 gennaio, quando il ministro on. Finali abbandonò, protestando in nome delle < sante memorie >, il banco deJ Governo. È notevole che poco prima, nella tornata del 19 dicen.~re 1890, la Camera nuovamente eletta aveva votato la sua fiducia nel1' on. Crispi sopra un ordine del giorno Muratori con la stragrande maggioranza di 297 sì contro 10 no soltanto. Il secondo caso ricordato fu quello del secondo Ministero Crispi, che fece le elezioni della XIX Legislatura il 26 maggio 1895, ebbe dalla nuova Camera il 25 giugno di quell'anno sulla cosidetta < questione morale>, ordine del gi_orno Torrigiani, una maggioranza di 168 voti (283 sì contro 115 no), e venne rovesciato il 10 marzo 1896, senza alcun voto parlamentare, per il fermento determinato nel paese dai disastri africani. Poco più di un anno dalle elezioni generali restarono al Governo, dopo a vere proceduto alle elezioni politiche generali : l'on. Giolitti nel suo primo Ministero, cne fece le elezioni della XVIII Legislatura il 6 novembre 1892, con una maggioranza per quei tempi eccezionale (296 sì e 82 no sull'ordine ~el giorno Pasquali nella tornata parlamentare del 16 dicembre 1892), e che . cadde malarnente il 23 novembre 1893 per lo ~candaio della Banca Romana; l'on. di Rudinl nel suo secondo Ministero succeduto a quello Crispi nel marzo 1896, che fece le elezioni della XX Legislatura il 21 marzo 1897, ebbe una maggioranza di 146 voti nella nuova Camera (ordine del giorno Cappelli, tornata del 12 aprile 1897, si 278, no 132), e cadde il 29 giugno 1898, in seguito ai moti rivoluzionari di quell'anno, per fron- . teggiare i quali si credette necessario ricorrere al Governo militare dell'on. Pelloux. · Le· elezioni politiche del 1904, del 1909 e del 1913, per la XXII, la XXIII e la XXIV Legislatura furono fatte tutte dall'on. Giolitti con met~di, che, se non giustificano il vanto che il vecchio uomo di Stato si dà nelle < Memorie della sua vita> di aver rappresentato sempre in Italia il principio della democrazia-liberale in antitesi con quello del conservatorismo reazionario, gli assicurarono sempre una ottima e fedele magBiblioteca.Gino Bianco

206 LA CRITICA POLITICA gioranza parlamentare, come si può vedere dalle votazioni di fiducia al principio delle singole Legislature : il 18 aprile 1905, su ordine del giorno Marsengo-Bastia, 273 sì, .88 no· ' il 31 marzo 1909, su ordine del giorno Marsengo-Bastia, 265 sì, 77 no· ' il 18 dicembre 1913, su ordine del giorno Carcano, 362 sì, 90 no. Grazie a questi suoi successi elettorali, l' on. Giolitti potè governare J' Italia da dittatore, appena truccato di un rispetto formale pel sistema parlamentare, per quasi un decennio, sino allo scoppio del_la conflagrazione europea, colle brevi parentesi di volontario riposo, prima dei Ministeri Tittoni-F ortis e Sonnino dal 16 marzo 1905 al 23 maggio 1906, e poi -dei Ministeri Sonnino e Luzzatti dall' 11 dicembre 1909 al 29 marzo 1911. Non occorreva meno della crisi della guerra europea per impedire che il Ministero di transizione Salandra, costituito il 21 marzo .1914, do- - vesse anche esso servire solo da parentesi di riposo all' on. Giolitti per pennettergli di ritornare al Governo in tempo per fare le nuove elezioni. Queste invece dovevano essere fatte soltanto il 16 novembre 1919, in un ambiente politico profondamente sconvolto dalle lunghe peripezie della guèrra e dalle delusioni della pace, colla nuova legge che, istituendo la rappresentanza proporzionale per grandi collegi, aveva accre- .sciuto di molto la forza dei partiti politici bene organizzati, quali erano .allora solamente il socialista ed il popolare. Tutta via, anche le elezioni del 1919 per la XXV Legislatura diedero all'on. Nitti una maggioranza parlamentare sufficiente per tirare avanti parecchi mesi. Nella tornata del 30 marzo 1920, l'ordine di fiducia proposto dall'on. Carboni-Boj per approvare le dichiarazioni del Governo - fra le altre quella di voler conservare il provvedimento di finanza demagogica eh' era il < prezzo politico del pane > - fu approvato da 250 deputati contro 195. Per incidente, si può ricordare che fra 250 depLltati che votarono allora la fiducia all'on. Nitti si trovarono gli on. Olivetti e Cesare Rossi. L'on. Olivetti votò ancora la fiducia all'on. Nitti il giorno 11 maggio 1920, quando questi rimase in minoranza di 79 voti (112 favorevoli e I 191 contrari). Dopo un tentativo vano di rimpasto ministeriale, all'on. Nitti succe- -dette il 21 giugno 1921 l' on. Giolitti, il quale - appena è il caso di ac- -cennarlo -· fu sostenuto sino ali' ultimo nella sua politica interna ed estera d~ molti deputati che poi dissero vituperio di quella duplice politica nella recente camj1agna elettorale per meritarsi la nuova etichetta fascista o filo-fascista. Basterà ricordare che la politica estera rinunciataria (?) degli on. Giolitti e Sforza fu a'pprovata esplicitamente nella tornata del 23 febbraio 1921 da 199 deputati contro 48, sopra un ordine del giorno ùell' on. Ga- ·Biblioteca Gino Bianco

ELEZIONI POLITICHE E MAGGIORANZE PARLAMENTARI IN ITALIA 207 sparotto che voleva impegnare il Governo a non pregiudicare la questione di PJrto Baros e del Delta prima della discussione delle relative mozioni. fra i deputati pie1nontesi che sostennero l' on. Giolitti per il Trattato poi tanto bistrattato di Rapallo e nonostante l'occupazione delle fabbriche avvenuta a Torino nell'autunno 1920, fu l'on. Olivetti, segretario generale della Confederazione Generale dell' Industria, e con esso gli on. Alice, Marescalchi e Cesare Rossi, ora rieletti nella lista del Fascio littorio. Le elezioni per la XXVI Legislatura vennero fatte dall' on. Giolitti il 15 maggio 1921, con metodi che tutti ricordano, senza che a me occorra, di farne qui speciale menzione. La nuova Camera dei deputati uscita da quelle elezioni conteneva un gruppo co1npatto di oltre 100 popolari imbaldanziti dalla recente vittoria, coi quali l'on. Giolitti cap} subito che non gli sarebbe stato facile per il momento di mettersi di accordo. Pe~ciò, fedele al suo vecchio sistema di prendere un periodo di ristoratrice vacanza ogni volta che sentiva addensarsi qualche procella parlamentare, egli si dimise il 27 giugno 1921, considerando come insufficiente la maggioranza di 34 deputati con cui la Camera gli aveva votato la fiducia il giorno precedente (234 voti contro 200). Si trovarono anche allora a votare la fiducia all' on. Giolitti, come la votarono poscia ai suoi immediati successori, on. Bonomi ed on. Facta, e parteciparono al banchetto di oltre 3.000 coperti offerto all'on. Facta a Pinerolo proprio alla vigilia della < marcia fascista su Roma > in settembre 1922, gli on. Olivetti e Cesare Rossi. Questi sono fatti che chiunque può verificare, consultando gli Atti parlamentari e le raccolte dei giornali degli ultimi anni. Nessuno, per certo, può o vuole contendere agli uomini politici il diritto di mutare opinione. Ma sembra che vi sia qualche cosa da dire nei casi troppo frequenti in cui gli onorevoli rappresentanti del paese cambiano di opinione ogni volta che loro conviene di votare in favore del Governo che ha fatto o può fare le elezioni. Quanto meno, sarebbe bello e decoroso che quando un deputato ha dato il voto favorevole alla politica proseguita da un Governo caduto, non ne dica poi corna, quando una tal ingratitudine gli possa giovare per ingraziarsi il nuovo Governo che è al potere. Sarei quasi pronto a mettere pegno che l' on. Mussolini nel fondo del suo cu~re non fa ~n gran conto della.... illimitata fiducia che gli promettono per ora certi deputati della sua strepitosa maggioranza per la XXVII Legislatura 1 EDOARDO GIRETTI Gli amici specialmente hanno il dovere di aiutarci a diffondere questa rivista e a rafforzarne le basi I Biblioteca Gino Bianco

ISTITUZIONI POLITICHE L'esempio Svizzero visto da un socialista La Svizzera è l'unico paese europeo dove il popolo non ha ancora ragione di essere malcontento delle proprie istituzioni politiche. Capita ogni tanto che qualcuno si accorga che la Svizzera offre un esempio del quale - nell'attuale grave crisi di istituzioni - si potrebbe tener conto e molto ci sareblie da apprendere. Un socialista italiano, l'on. Vacirca, scriveva appunto qualche tempo addietro nell'esempio svizzero un articolo pel Lavoro di Genova che ci sembra meritevole di essere qui riprodotto, non già perchè vi si dicano cose nuove o sia detto tutto sulle istituzioni svizzere (il Vacirca ha dimenticato di avvertire che sono su ~ base federale enon ha tenuto conto della importanza di questo fatto, come garanzia di libertà e di buon governo) ma per richiamare su esse l'attenzione dei lettori della nostra rivista. Pure dopo il '98 alcuni socialisti, avendo dovuto rifugiarsi in /svizzera, ebbero occasione di studiare e di apprezzare le istituzioni politiche . di quel popolo, delle quali alcuni di essi (Ettore Ciccotti e Giuseppe Rensi) dissero poi molto bene in speciali pubblicazioni. Un buon libro sulle istituzioni svizzere venne recentemente pubblicato in Italia dalla Casa Editrice Caddeo di Milano: La Svizzera di ieri e di oggi di Antonio Battara (L. 16). Lo consigliamo. Mentre si sferrano sempre più frequenti e violenti gli attacchi contro i reggimenti democratici e il parlamentarismo, divenuto un sostantivo disgregativo, è oggetto di aspre requisitorie e d' ignominiosi dileggi, non è senza interesse osservare come democrazia e Parlamento funzionano in un piccolo e vecchio paese, che non esercita molto peso sui destini del mondo, ma che è senza dubbio un campo sperimentale da cui non pochi popoli hanno tratto insegnamento e guida per le loro ricostruzioni politiche. C'è un Parlamento anche in !svizzera, con la sua duplice « Camera »: una dei rappresentanti diretti del corpo elettorale, e una in rappresentanza dei 25 Stati confederati. La Camera dei deputati - o Consiglio Nazionale - è eletta a suffragio universale maschile e col sistema della più· assoluta proporzionale. Si potrebbe ben dire eh' essa è veramente rappresentativa della volontà popolare. Eppure, non è cosl. Spesso, e in problemi di valore politico e sociale veramente fondamentali, Parlamento e Governo agiscono, cioè legiferano in senso perfettamente opposto alla chiara volontà della maggioranza del corpo elettorale. Ne daremo le prove tradotte in cifre niente affatto opinabili. Vedo già il sorriso trionfante d' un dittatorista nero o scarlatto. E allora, a che tanta esaltazione del regime parlamentare? Non val meglio una dittatura ...• illuminata, energica e consapevole _della volontà e degli interessi (qui bisogna aggiungere : nazionali ; oppure : proletari - a seconda che chi parla sia un nero I o uno scarlatto, un mussoliniano o un leninista), non ostacolata nella sua azione dai compromessi~ pagli intrighi parlamentari, ecc. ecc. ? Un momento, egregi signori. Che il Parlamento non sia un istituto perfetto nè come organo legislativo, nè come ente rappresentativo della volontà degli . ·BibliotecaGino Bianco

I L'ESEMPIOSVIZZERO VISTO DA UN SOCIALISTA 209 elettori, è fuori discussione. Ma c'è un rimedio anche ai suoi difetti, rimedio che non consiste nel sopprimerlo o nel renderlo ridicolo e impotente, ma nell' integrarlo, sottomettendo gli atti dei suoi componenti al controllo dei loro rappresentati. Questo sistema si chiama appunto diritto d'iniziativa e di referendum. E~so ha funzionato e funziona in !svizzera mirabilmente, con soddisfazione di tutti, salvo pochi acidi reazionari che han visto frustare i loro conati liberticidi ~ sospirano invano, nel chiuso del loro cuoricino, un regim~ magari simile _a.~~ello fascista. (A onor del vero queste aspirazioni reazionane non sono v1s1b1ha. d occhio nudo. Non c'è un cane in !svizzera che osi pubblicamente manifestarle) .. Quando il Parlamento ha fatto una legge se dentro tre mesi dalla sua defi:.. nitiva approvazione, non viene presentata una petizione corredata da almeno 30 titila firme chiedente che la legge in parola venga sottoposta al voto popolare (ref~rendum) entra senz'altro in vigore. C'è di più. IJ popolo, grazie al suo diritto d'iniziativa, può presentare direttamente una legge al disopra del Parlamento e per mezzo del Governo all'approvazione popolare. Il Governo non può rifiutarsi di sottoporla a referendum, purchè il · progetto sia corredato da almeno 50 mila firme. Il Parlamento non viene cosi esautorato, ma semplicemente sindacato, dai soli che possono farlo senza umiliarlo, e cioè da coloro che lo hanno creato perchè li « rappresenti » - gli elettori. Nei quattro anni ultimi hanno avuto luogo in Isvizzera 19 votazioni popolari su 19 progetti di legge, di cui qualcuno d'iniziativa popolare, la maggior parte presentati dal Governo e approvati a stragrande maggioranza dal Parlamento. Il fatto che in 4 soli anni, una massa elettorale, dai 500 ai 700 mila votanti, si sia recata per ben 19 volte alle urne è un indice consolante dell'interesse vivo, · attivo, appassionato che questo popolo, d'apparenza cosi flemmatico che par quasi apata, prende alla legislazione del proprio paese. • Ora è avvenuto che, nella maggior parte dei casi più importanti, il corpo elettorale abbia dato torto e al Governo e alla sua maggioranza parlamentare. Di questi casi, 4 sono veramente tipici e denqtano la maturità politica e l'appassionato amore per la libertà in questo popolo, che ha pure un fondo solidamente conservatore, intesa la parola nel senso letterale e sociale più che politico.· Nel giugno del 1922, con 258 mila voti contro 159 mila, bocciò una legge detta d'espulsione degli stranieri, che vulnerava il tradizionale diritto d'asilo di cui la Repubblica andò sempre fiera. Nel settembre dello stesso anno, una legge che prese il nome, dal suo presentatore, di Haeberlin, con cui venivano messe restrizioni _allalibertà di stampa e venivano creati nuovi titoli di reato contro lo Stato, venne respinta da 376 mila elettori contro 303 mila. Nel febbraio 1923 ' un'altra legge che sanciva l'arresto preventivo anche per i delitti politici fu seppellita sotto una valanga di 445 mila schede contrarie, di fronte a soli 55 mila favorevoli. E finalmente il 17 febbraio di quest'anno, l'emendamento Schultess, che modificava la legge sulle fabbriche, intaccando cosl il principio oramai codificato delle 8 ore, dopo una lotta asprissima, venne respinto con 436 mila voti contrari e 320 mila favorevoli. L'alta percentuale dei votanti dà un' idea dell' interessamento vivissimo destato dal tentativo riformistico-reazionario. Biblioteca Gino • 1anco •

• 210 LA CRITICA PO LITI CA Ciò che è notevole in queste votazioni che ho accennate è che si tratta di leggi che avevano l'appoggio incondizionato del Governo e dei tre quarti del Consiglio Nazionale. (I socialisti si sono trovati sempre quasi soli a votare contro, di fronte a radicali, conservatori e agrari coalizzati). Come si spiega questo fenomeno ? La spiegazione non è difficile, quando si ponga mente alla maniera in cui si svolgono le elezioni in ogni paese di questo mondo. Quando si tratta di eleggere dei deputati o dei consiglieri comunali, l'elettore più che attratto dalla bontà dei programmi è acceso dal fanatis1no partigiano - dove i partiti son forti e ben disciplinati - dalla simpatia personale per il candidato, dalla· antipatia per .... l'altro candidato, dalla speranza d'un favore, dalla gratitudine per un piacere ottenuto, dal dispetto, dal capriccio, dalla corruzione, dal timore, dal caso - da una infinità di ragioni che agiscono il giorno delle elezioni e dànno come risultato la scelta d'un certo numero di brave persone che rappresentano la nazione. (Parlo, si -capisce, di elezioni in regime di libertà senza beffa e di Proporzionale- anche). Ma quando lo stesso elettore si trova di fronte a una data legge, che deve giudicare se buona o cattiva, se utile a sè o dannosa, egU si trova in uno stato di obbiettività che gli viene dalla cosa stessa. Il suo deputato avrà votato a favore o contro quella legge, il suo partito gli consiglia di votare in questo o quel senso, ma egli non ubbidisce che alla sua rag.ione e al suo interesse e riscatta orgogliosamente il diritto di pensare con la sua testa e di votare secondo la sua coscienza. · Così nella stessa urna si mescolano i voti di uomini che, quando vogliono discutere un indirizzo generale e astratto di politica, si trovano avversari e 1ni1itano in campi diversi. * * * Il referendum quindi è !'.integratore e il risanatore del Parlamentarismo. L'obbiezione d'apparenza formidabile che 400, o 500, o 600 uomini non rappresentano una nazione di 40 milioni d'abitanti meglio d' un uomo solo, è distrutta dalla applicazione del referendum. Essa infrena le velleità dittatorie anche dei partiti e delle maggioranze parlamentari, nonchè dei governi. Esso è uno strumento squisito e insostituibile per saggiare la vera, nuda, schietta volontà popolare - direttamente espressa - su tutti i grandi problemi che possono affaticare e tormentare la nazione. Esso vieta a qualunque uomo o partito d' imporre una riforma ripugnante in nome della non consultata volontà nazionale. Esso è, infine, la migliore scuola d'educazione politica, perchè ogni referendum obbliga i partiti a battagliare pro' e contro quel problema concreto e non in nome d'astruserie dottrinarie più o meno idealistiche. Nella rinascenza politica italiana - che tutti auguriamo prossima - i partiti di democrazia, che vogliono solidamente contrastare alle idee dittatoriali, devono ricordarsi di questa istituzione che fu scritta in molti programmi di partiti di sinistra, ma non venne mai validamente agitata con la ferma volontà d'attuarla. In quanto poi a difendere i futuri rinati istituti democratici dalle possibili nuove azioni dittatoriali, è bene ricordare che la democrazia svizzera non conobbe mai crisi e pericoli gravi_perchè tutti i cittadini, qui, hanno ì1 diritto al voto sì, ma anche un buon moschetto in casa e relative munizioni che lo Stato democratico affida loro, per la difesa del paese e della libertà. VINCENZO VACIRCA BibliotecaGino Bianco

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