La Critica Politica - anno IV - n. 4 - 25 aprile 1924

-LJ\. CRITICJ\ POLITICJ\ f R.IVISTA MENSILE ANNO IV. 25 aprile 1924 f ASC. 4. Liquidazione! E, se è possibile, prendiamole pure sul serio. Elezioni, ossia definitiva chiusura del periodo eccezionale dei pieni poteri, la Nazione che riprende il governo di sè stessa, le istituzioni fondamentali dello Stato restituite alla loro funzione. Non più hiatus tra _Governo e Parlamento, Una sola volontà,. un'azione sola. La Nazione alfine riconciliata. Così dovrebbe essere. All'estero certamente lo pensano. Ma questi stranieri continuano a non capir nulla delle c_ose d'Italia I La loro realtà non è Ja nostra. Anche quando ci sono territorialmente vicini, sono tuttavia lontani dal nostro spirito, dalle nostre tradizioni, dalle nostre abitudini, dalla nostra vita. L' identità dei nomi, delle forme e dei procedimenti esteriori non vuole dire aJfatto identità di fatti e di risultati. Le elezioni che si facciano in Ita~ia o che si facciano in Inghilterra o in America non sono precisamente la stessa cosa. Del resto quello che, giudicando dai loro paesi, gli stranieri non capiscono di noi e della nostra ., realtà po-litica, non riusciamo nemmeno noi a capire della loro realtà, quella in cui essi viyono, operano e della quale si tengono soddisfatti. Ed è proprio per questo che dal giorno che ci siamo 1nessi ad imitarli, e nella vita politica abbiamo voluto adottarne le istituzioni e i metodi, non ci siamo più ritrovati. Il meccanismo politico di cui loro e noi ci serviamo è identico - sembra almeno identico tanto l' imitazio_ne è curata persino nei particolari più minuti - ma, mentre funziona in un senso per essi, funziona per noi proprio nel senso opposto. Se altrove il sistema parlamentare rappresenta ancora - sia pure con imperfezioni ed inconvenienti - il modo migliore nel quale i cittadini possono partecipare effettivamente al governo della cosa pubblica, e cioè dei loro interessi, qui in Italia il sistema ha funzionato in modo da allontanarveli progressivamente. Tutta la crisi italiana è in questo fenomeno che studiare a fondo sarebbe pieno d' interesse e di utilità. È la progressi va separazione dello Stato dai cittadini che in Italia ha prodotto il Fascismo. Le altre cause sono relative e suBiblioteca Gino Bianco , ...

146 LA CRITICA POLITICA bordinate. Le aspirazioni dittatoriali sono sorte e si sono alimentate, in alto come in basso, appunto quando una lunga esperienza aveva finito col ·rendere evidente per tutti la incapacità dell' istituto parlamentare ad esprimere l' interesse collettivo e a tutelarlo efficacemente. Subito dopo la guerra gli Stati europei hanno tutti più o meno sofferto di una gravissima crisi, ma solo in Italia il Parlamento si addimostrò, di fronte alla crisi statale, un organo senza autorità e senza funzione. La verità è che da noi il centralismo impostoci coli' unità dalla conquista piemontese - senza riguardo alla varietà e alla dissonanza di bisogni, di consuetudini, di sviluppo - uccise fin dal suo nascere il sistema rappresentativo. Da allora le elezioni servirono allo Stato per dominare la Nazione e non già alla Nazione per dominare lo Stato e dirigerlo. E non è avvenuto- una volta sola che la situazione si rovesciasse. Se il caso si fosse verificato . la nostra storia _politica avrebbe avuto un altro corso. Le elezioni, che in alcuni paesi sono espres_sione e fattore di educazione politica dando ali' istituto parlamentare l'autorità necessaria per dirigere • lo Stato, qui in Italia hanno servito, invece, ad un'opera permanente e progressiva di diseducazione politica aumentando le di- . stanze tra Paese e Parlamento, e la reciproca incomprensione. Le elezioni .sono un giuoco nel quale gli elettori rappresentano - e lo sanno bene oramai I - la parte di comparse. Lo Stato è considerato come qualche cosa fuori e al di sopra della Nazione. E nella realtà cos} è difatti.· Le stesse opposizioni hanno sempre finito, nella pratica, ad accettare questa concezion·e dello Stato, cercando d' inserirvisi in vista dei particolari benefici o privilegi che se ne potevano cavare, piuttosto che per l'attuazione di una maggiore giustizia e per la tutela dell' interesse collettivo. 11 riformismo - comunque presentato e illustrato - ne è una manifestazione tipica. È però anche logico riconoscere che nello Stato quale è non esiste altra azione possibile. Rimediare ? Si è pensato e si è cercato. Suffragio universale e rappresentanza proporzionale vollero esser un· mezzo per rendere più larga ed effettiva la partecipazione dei cittadini alle lotte ed ai problemi della politica e per dare in tal modo autorità e prestigio alle istituzioni rappresentative. Si vide poi che i rimedi non facevano che peggiorare il male. E, non perchè rappresentassero l'errore. Perchè praticamente, nella loro applicazione ad un sistema in cui la funzione governativa è ristretta a pochi individui, venivano Biblioteca _GinoBianco

LIQUIDAZIONE I 147 ad aumentare automaticamente le distanze tra Stato e Nazione. Il collegio uninominale, col suffragio ristretto, dava alle elezioni un interesse locale campanilistico. La lotta· si accaniva intorno alle persone dei candidati, perchè personalmente li si conosceva e non già per una idea politica, perchè si faceva calcolo sulla elezione del candidato preferito in. vista d-i questa o quella cosa da .chiedere e da ottenere a Roma: un sussidio, o una strada, o una fermata ferroviaria; un posto o una croce da cavaliere per se o per l'amico, ecc. Politicamente diseducativo - e non si può non imputargli la mancata valorizzazione dell'istituto parlamentare come organo rappresentativo degli interessi generali - il collegio uninominale dava per lo meno all'elettore l'illusione di contare per qualche cosa nella scelfa del deputato e di compiere in certo modo un atto di sovranità. Colla rappresentanza proporzionale per collegi vasti quanto la regione si tolse all'elettore anche questa illusione, mentre il suffragio universale immetteva nel corpo elettorale una massa nuova, ignorante, diseducata, incapace di ogni autonomia. E il risultato è stato quello che doveva essere. I rimedi dell'ultim'ora hanno precipitato la crisi, aumentato il disçredito dell'istituto Par- •lamentare, la sfiducia nei' cittadini. E dovevano essere i fascisti - come avrebbero potuto essere i comunisti - a fare la liquidazione. Precisamente: la liquidazione. Ecco ciò che molti stranieri non hanno capito, e non hanno nemmeno capito molti stranieri di casa nostra. Colle elezioni del 6 aprile il Fascismo ha esaurito quella che noi riteniamo la sua funzione storica nella politica italiana. L'istituto parlamentare è finito. È finito in una beffa atroce. I particolari non contano. I risultati numerci dei voti nemmeno. Inutile sottilizzarvi sopra. Nulla potrà distruggere o modificare il valore di questo dato di fatto nella nostra storia politica oramai incontrovertibile e acquisito : che è sempre il Governo che fa le elezioni e non le elezioni che fanno il Governo e che, mentre no_n è affatto necessario avere la Camera per arrivare al Governo, basta essere arrivati al Governo per avere la Camera e per farsene poi una a propria immagin6 e somiglianza. La brutalità con· cui il Fascismo ha proceduto ha servito a presentarci la verità nuda, spoglia di tutte le menzogne del convenzionalismo costituzionale. Meglio· cos} I E peggio per coloro che vorranno ancora trastullarsi ad organizzare la lotta della libertà dietro il paravento d' istituzioni irrimediabilmente morte. Biblioteca . . 1no 1anco •

148 LA CRITICA POLITICA . ·.· E aggiungiamo verità a verità. Il Fascismo, nella sua opera distruttiva, non ha incontrato sert ostacoli. I consensi gli vennero anzi da coloro appunto che per la Costituzione e per le istituzioni parlamentari erano in obbligo di dimostrare un particolare attaccamento. Professori di diritto costituzionale non ebbero ritegno a sedere sulle proprie teorie. Liberali, come Salandra, non esitarono un momento a dare un calcio al liberalismo, divenuto incomodo. Ali' infuori di un liberale che ha preferito conservarsi tale restando solo, il senatore Albertini, e dei pochi democratici c~e fanno capo all'on. Amendola, i soli che abbiano fatto e facciano richiamo alla Costituzione - che non c' è più - e ai diritti del Parlamento - che non esistono più nemmeno essi - sono i popolari e i socialisti· unitari, cioè proprio coloro che già si proponevano di passare oltre, verso forme ed istituzioni nuove. Segno anche questo del profondo rivolgimento operatosi in Italia, ma che non può trarre in inganno sui ~entimenti del popolo italiano. Popolari e socialisti unitari non pensano af~atto che l'ordine di do1nani possa ristabilirsi sulle stesse basi di prima. È la necessità che li fa es- - sere, di fronte alla Costituzione· e al Parlamento, conservatori. Ma conservatori in Italia, se anche ce n' erano, oggi non ce ne sono. Nè a destra, nè a sinistra; nè tra la borghesia, nè tra il proletariato. Oggi si è fascisti o antifascisti : e cioè, in un modo o nell'altro., •rivolLzionari. L'equilibrio dovrà necessariamente sortire dal contrasto degli uni cogli altri. Intanto i fascisti assolvono magnificamente al compito della liquidazione, nel s·olo modo in cui può .... essere definitivo. La soppressione violenta della Costituzione e del Parlamento avrebbe consentito possibilità di ritorni. La morte lenta, naturale - per esasperazione di mali già esistenti e visibili - no. ' La liquidazione imporrà la ricostruzione. Chi ci pensa? Seriamente, nessun_o. L'antifascismo stesso non ha fino a questo momento nè una bandiera, nè un programma. È un misto di sentimenti offesi, di posizioni turbate, di giustificati rancori : offre dieci bandiere e dieci programmi. Roba che conoscevamo già, che appartiene al passato, che nulla dice di nuovo e di vivo. C'è molta gente ri1nasta nelle antiche posizioni - le elezioni lo hanno detto inequivocabilmente. In fatto è molto importante, senza dubbio. Ma poichè si tratta pure di camminare è necessario sapere in che senso, come, dove e per che. L'avere rèsistito al Fascismo dimostra solo che c'è in Italia gente che sa rispettarsi, che sa m.antenere fede Biblioteca Gino Bianco

. ' LIQUIDAZIONE l 149 ... 'alla consegna, ma non dimostra che certe posizioni fossero buone e che la ricostruzione possa da quelle iniziarsi. La situazione è mutata. Il terreno dell'azione non è quello di una volta. Lo stesso stato d'animo della nazione è mutato, profondamente. Ciò che sopravvive del passato è anacronismo. Ed è un fuor d'opera insistere nei vecchi sistemi. Bisogna avere .il coraggio di bruciare le ... antiche insegne e di distruggere le armi che non servono. Protestare per la libertà distrutta è inutile se non si saprà dimostrare come la libertà potrà essere conquistata e garantita. , OLIVIERO ZUCCARINI P. S. Confesso, qui in nota, di avere partecipato io pure al gioco di queste elezioni « sistema fascista» e di esserne uscito giocato, sia pure per pochi voti, insieme alla serietà del mio Partito di cui ero capolista nelle Marche. Giacché in Italia per essere autorevoli molto giova la veste - unicamente per ciò - pensavo che- le elezioni potessero offrirmi il modo di servire meglio, con maggiore efficacia, le mie idee. Ma non avevo tenuto conto dell'azione turbativa e corrutrice che le comuni piccine miserie della nostra vita politica esercitano in quegli stessi nuclei di minoranza ai quali dovrebbe spettare un compito, elevato, di chiarificazione e di moralizzazione. Al solito, non tutto il male è male. Libero da ogni impegno di partito, per propaganda e organizzazione, potrò ora maggiormente dedicarmi all'opera di questa rivista, l'unica della quale - per quanto mi costi qualche sacrificio - non abbia a rammaricarmi. Su essa torno a chiedere consensi e solidarietà. E li attendo. (o. z.). LA s·oLUZIONE AUTONOMISTA S'IMPORRÀ Ebbene si, oggi vera,nente sentiamo che l'ideale per il quale abbiamo combattuto e combattiamo può rappresentare, nel naufragio di tante illu.- sioni e di tante coscienze, 11nfaro di orientamento e di salvezza. Vogliamo essere l'avanguardia dell'esercito che preparerà la realtà di domani. E lo saremo. · La democrazia parlamentare ha fatto fallimento in Italia, la Costituzione è morta. Nulla c'è più da fare per esse. 1 ,norti non risuscitano. Il passato c'interessa solo per non ritornare sugli stessi passi, per non ripetere i medesimi errori. L'Italia ha bisogno di un nuovo assetto rispondente alla varietà dei suoi bisogni, alle diverse attitudini del suo popolo. Gl' italiani hanno bisogno di aver fede in se stessi, di essere lasciati liberi di preparare a proprio modo le loro fortune e cioè le fortune della Patria. Autononiia d'istituzioni, d'iniziative, di opere : ecco quanto occorreper la grandezza d'Italia. E autonomia è libertà - la libtrtà chef ortifica. La questione autononiista per ciò è destinata ad impqrsi. Certo, è ben difficile parlare di autonomia in regime di dittatura. Ma domani l'autonomia sarà sentita come pregiudiziale per la ricostruzione i come unico 111,ezzoper dare alf Italia quella unità spirituale che oggi la violenza e f odio di parte hanno sciaguratamente conipromessa e spezzata • .. Biblioteca Gino Bianco

150 LA CRITICA POLITICA Lo Stato liberale è morto Alla concezione dello Stato impassibile dinanzi a tutte le correnti ideali, trascendente i contrasti politici, fisso tipo inserito· nel mondo celeste delle id~e, la cui reminiscenza trasforma lo individuo in cittadino, noi contropponiamo la concezione dello Stato, che si elabora attraverso i contrasti delle parti, e viene imposta nell'ora storica con il gesto rivoluzionario. Noi non ci spaventiamo o scand~lezziamo dello Stato-partito, della istituzione della milizia nazionale, non gridiamo alla profanazione dello Statuto per lo stranissimo modo con cui fu rovesciato il Ministero Facta; se noi siamo avversarii del fascismo è semplicemente perchè neghiamo ogni valore innovatore alla sua marcia su Roma, che ha perpetuato il valore falsamente unitario del centralismo, ha esteso ed ingigantito i sistemi corruttori del Governo giolittiano, ha riconfermato ed accresciuto i privilegi del Nord a tutto danno del Mezzogiorno, per la seconda volta conquistato. Per noi la cosidetta rivoluzione fascista non fu che una recognitio juris di titoli che cominciavano ad essere discussi, una n1aggior chiarificazione della situazione precedente che era ammantata di liberalismo e di democrazia. Ora lo spirito conservatore e reazionario del Governo è affermato in discorsi ufficiali, a togliere ogni dubbio ; e l' adesione apportata al fascismo dal cosidetto partito liberale, l'interpretazione autentica della dottrina di questo, da parte di Salandra nel suo ultimo discorso di Milano, dimostrano che il liberalismo era un idolo indorato soéto cui si nascondeva ben altra merce. Poste le cose in questi termini, non si comprende per quali impossibili ritorni si batta l'on, Amendola. Certo che lo Stato liberale democratico con il 28 ottobre 1923 è morto e ben morto, vittima dell'equivoco che alimentava in seno fra l' astratta formulazione dei suoi motivi ideali e il suo effettivo contenuto d' interessi. Lo stesso Amendola riconosce che la sua sconfitta « fu dovuta piuttosto ad irrimediabile deficienza organica e. morale, che non ad un difetto essenziale di concezione politica. » Ciò che equivale a concepire l'ordinamento dello Stato Italiano come una creazione teorica, non come espressione delle intime esigenze dello Stato stesso. Dissidio platonico fra ideale e mondo terreno nel quale operiamo, da noi non compreso e rigettato assolutamente. In verità lo Stato liberale democratico da tempo era una vecchia pelle avvizzita, da cui s'è liberata la biscia ora ancor più fresca e vigorosa. L' affermazione del diritto politico dei più era ben poca cosa quando lo spirito informatore delle classi dirigenti tendeva ad impedire che di un tale diritto se ne facesse un concreto uso da parte del popolo italiano. Le classi borghesi dell' alta Italia hanno ora rassodato il loro dominio, cacciando via gli antichi procuratori che si erano dimostrati deboli ed inetti, e nel compiere questo gesto hanno infranto gli idoli pseudo-democratici fin ad ieri ipocritamente venerati sugli altari. È un principio di chiarificazione : finalmente ci si può orizzontare. Ma tornare indietro sarebbe un assurdo. Solo da una riscossa del Mezzogiorno, da un risorgimento politico dei contadini che affermino nazionalmente la loro volontà meridionale ed impongano nazionalmente i loro interessi meridionali, potrà uscire, la risoluzione della crisi attuale. Fino a che questo non avverrà, il fascismo a giusto titolo dovrà ritenersipadroned' Italia. CAMILLO BELLIENI · Biblioteca Gino Bianco

Segni dei tempi (CONTEM~LATI DA GENOVA) I teologi annoverano t-ra i segni del finimondo l'apostasia universale, la venuta dell'Anticristo, il ritorno di Enoc e di Elia, e.... la caduta del1'impero romano. Checchè sia del caso specifico della fine del mondo e relativo giudizio universale, non si può negar~ che esistono i segni dei tempi, come esistono i sintomi delJe malattie. Oggi, da noi, ve ne sono , di curiosi. E sono tutti segni scuri; di reazione. L'antico regime, antecedente al 1789 in Francia, al 1848 in Italia, è rimpianto anche da molti della borghesia e dello stesso proletariato, cioè dei ceti che, senza gli -immortali e imprecati principii della rivoluzione, sarebbero ancora asserviti ai ceti superiori, rimarrebbero ancora fuori della vita civile e della storia. E quel che più è da notare è che le r~strizioni · del diritto comune non provocano l'indignazione degli scienziati e degli uomini di lettere. Il caso del commediografo Bracco è l'eccezione che conferma la regola in casibus non exceptis. I Guerrazzi, i Carducci, i Ceneri, i Rapisardi sono morti senza lasciare successori. I cattedratici dei nostri atenei, a differenza dei professori francesi, no~ si scompongono per le persecuziorii dell'Unamuno ; l'on. Mussolini è incoronato dalle università come il Petrarca. L'Arcadia di Roma, che tre anni fa ha commemorato Dante alla presenza dei ministri, nomina suo socio re Alfonso, e gli fa consegnare la relativa pergamena dal nunzio pontificio : arca- \ des ambo. Lo Stato italiano, cui già la legislazione sarda, dal Siccardi al Cavour, aveva impresso l'impronta laica, che con la stessa legge delle Guarentigie aveva proclamata la libertà di discussione in materia religiosa, si rannicchia dinanzi alla Chiesa, e ne accetta il catechismo come nudrimento morale delle pubbliche scuole. Rinunzia implicitamente all' immortale principio dell'eguaglianza sancito nell'articolo 24 dello Statuto e, come prima del 48, esonera esplicitamente dal servizio militare i preti, che già ne furono esonerati di fatto nell' ultima guerra. Uno degli indizi più gravi della Babele presente è la confusione delle lingue e delle idee relativamente al concetto dello Stato e di conseguenza ai diritti e ai doveri dei cittadini. Lo Stato non è più concepito come l'organo del diritto e della sovranità, la garanzia della libertà, l' imparziale tutore dei diritti di tutti. Una grande tutela e una grande educazione: cos} compendiava il Romagnosi nostro l'ess~nza e il fine dello Stato. Oibò, niente più oramai di tutto questo. Lo Stato potrà divenire - Bibliot .,ca Gino Bianco

..... 152 LA CRITICA POLITICA cos} non il potere ma il podere degli uomini di governo. Il signor Marinetti, il filosofo più profondo del momento, può f ormolare nel suo stile, come rispondente perfettamente alla realtà, la proposizione: Stato==governo==nazione==partito dominante. La novità veramente risale a Luigi XIV. L'état c'est moi. E qualche volta più che al < re sole> fa pensare al re della vecchia operetta, che diceva: < a che cosa mi servirebbe il potere se non ne abusassi? >. Prima della presente rinascita, come la chiamano, tutti i partiti che agiscono nell'ambito della legge erano eguali dinanzi alla legge. Ora, ritenuto che un solo è il partito nazionale, tutti gli altri sono necessariamente antinazionali, quindi da combattere ; tollerati, tutt'al più, come col-: legia illicita. È la mentalità del papismo, del comunismo, del dispotismo: di tutti i sistemi assoluti. Era canone della nostra legislazione, della nostra costituzione ]a distinzione dei poteri e delle attribuzioni. Su questo poggia la libertà. Oggi il signor di Montesquieu con le sue fisime di separazione dei _poteri può andarsi a riporre. Oggi municipii, non di campagna ma di grandi città, e amministrazioni provinciali, non nel solo. Mezzogiorno che si vuole arretrato e barbaro, ma nell'alta Italia, intervengono direttan1ente ed ufficialmente nelle elezioni politiche p_er il partito dominante. Anzi il capo del governo raduna alJa capitale solennemente i sindaci del regno per lanciarli a guidare i ludi cartacei. Prima d'ora i pubblici ufficiali che vol-- gessero le loro funzioni a indurre gli elettori in favore o in pregiudizio di determinate liste incorrevano in reato previsto dalla legge o punibile con detenzione e con multa. Ora le amministrazioni dette per istrazio autarchiche si distraggono dal provvedere ai manicomii alle strade e ai pubblici orinatoi, loro naturali e legittime funzioni, per fare il loro bravo pr~nunciamento in favore del partito che occupa il governo. Ma vi è di più e di meglio : la restaurazione del patriziato. Chi avrebbe sospettato che Gabriele D'Annunzio, facilmente principe dell'arte, avrebbe gradito d'essere principe altrimenti? Pazienza per l'eccellentissimo Acerbo, fatto barone dell' Aterno, che del resto non avrebbe potuto essere fatto marchese di Pescara senza andar confuso con un altro condottiero, Ferdinando Francesco d' Avalos. Ma a Genova dove pure il flusso quotidiano di tanta gente e l'indole della popolazione avevano compiuto da tempo la parità civile delle classi sociali, dove comunemente i nobili erano indicati col semplice comune appellativo di < signore >, che in Italia equivale per Alberto Mario a < cittadino >, a Genova abbiamo avuto nello scorso mese di marzo la risurrezione ufficiale della nobiltà I La grande rinnovazione, che potrebbe riuscire un avvenimento storico, era serbato alla città delle iniziative. Anche nella città di Giuseppe Mazzini si notava già il ridestato amqre pei titoli, per le distinzioni d'ogni maniera, specialmente negli ospiti originarii delle altre regioni d'Italia. Le aMitta-camere si chiamano contesse Biblioteca Gino Bianco

SEGNI DEI TEMPI 153 regolarmente. Spesseggiano anche i conti del papa, poichè pare che il -successore di Pietro abbia ricevuto, con la facoltà di sciogliere e di legare, anche quella di conferire titoli di nobiltà terrena. Ma ora abbiamo )a restaurazione dell'aristocrazia come tale, con1e classe. Multa renascentur quae iam cecidere. Il prefetto di Genova ha riaperto il libro d'oro. Un comunicato diramato ai giornali faceva sapere che alla prefettura, sotto la presidenza del prefetto stesso, si è radunata l'aristocrazia genovese, e si dava l'elenco <lei convenuti : una pleiade .di nomi più o meno storici e illustri, anche ·di coloro che per tradizioni di famiglia o per il loro passato eravamo soliti ad amare come intimamente compresi dello spirito de' nuovi tempi -e guadagnati alla causa del progresso e de1Ia democrazia. Erano pre- -senti, quasi appendice o surrogato alla nobiltà del sangue, alcuni pochi rappresentanti della nobiltà della borsa, e inoltre taluno dei candidati -della lista < nazionale >. La riunione aveva per iscopo appunto di manifestare l'adesione della -aristocrazia genovese alla lista elettorale del partito nazionale fascista. Cos), apertamente, sotto gli auspicii e la presidenza del preletto. I prefetti d' una volta, i Ramognini e i Garroni, non tenevano a palazzo Spi- . noia (il palazzo della prefettura) altre adunanze elettorali che clandestine per distribuire le opportune < istruzioni > ai grandi elettori di campagna. Ora l'aristocrazia riprende il suo posto. I ricordi dello scomparire dei tre ordini il 17 giugno 1789, dei privilegi rinunciati la notte del 4 agosto dello stesso anno non sono che ricordi lontani di quella rivoluzione francese, che aveva guastato, s}, le uova nel paniere alla monar- -chia e all'aristocrazia, ma che ormai i nazionalisti italiani hanno messo a posto definitivamente sulle orme del De Maistre, del -De Bonald e del Taine. L'aristocrazia rifà capolino sul proscenio della storia, non come una decorazione o una curiosità storica da interessare il co'nte Po1npeo Litta •o la Consulta araldica; ma come classe a sè, che esercita, o si argomenta di esercitare, una influenza politica, nelle elezioni; ricomparisce in tale atteggiamento nelle sale del prefetto, Teucro duce et auspice Teucro. L'aristocrazia genovese dà il segnale. Essa fa ammenda del suo passato non devoto ai Savoia. In nome dell'Italia, quante cose si fanno, o Italia, in tuo no1ne. Sia lodato il congresso di Vienna e il trattato della Santa Alleanza. Invano si obbietta: ma questo viene a proclamare dall'alto- la lotta di classe; co1ne si potrà condannarla in basso? Invano .. È detto. Non più democrazia ; gerarchia. Anche pel demagogico articolo 24 dello Statuto, che stabilisce l'eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, < qualunque sia il loro titolo o grado >, anche per questo articolo iiprodotto in tutte le aulè giudiziarie, vi sarà il suo rimedio. Bisogna ri.stabilire le gerar:.. chie sociali. Questo è il porro unum necessarium. Biblioteca Gino Bianco

...... 154 LA CRITICA POLITICA Ricorre il nobile tempo che fu. È stata una illusione del Condorcet, di questo progressista fautore dell'istruzione per tutti, il credere che l'età dell'oro, il paradiso terrestre stiano dinanzi a noi e non dietro a noi. Non più la monellaglia genovese insulterà i suoi antichi padroni facendo del marchese una maschera da carnovale. Chi sfoglierà ancora gli scritti di Giuseppe Mazzini, se qualcuno li cercherà ancora, troverà con un sorriso di compatimento nelle prime pagine quello ch'egli scrive di sè sedicenne: < Io era già inconsciamente educato al culto dell' eguaglianza dalle abitudini democratiche dei miei parenti e dai modi identici che essi usavano col patrizio e col popolano : nell' individuo essi non cercavano evidentemente se non l'uomo e l'onesto>. Nessuno ricorderà più l'opuscolo di Giuseppe Ferrari < Dell'aristocrazia italiana>. Devono esistere in terra le gerarchie come esistono in paradiso. Questo mondo ha da rendere l' immagine del cielo, come l' uomo è fatto a immagine del suo creatore. Le gerarchie secondochè San Paolo le ha discoverte a San Dionisio Areopagita e secondochè sono registrate appuntino nel ventottesimo del paradiso dantesco. - · Tale è il programma della restaurazione dell' ancien régime, che altri chiamano ricostruzione morale e civile dell' Italia. Esso è in contraddizione diametrale, non solo col pensiero del Mazzini e del Cattaneo, del Bertani e del Cavallotti; ma con quello dei Gioberti,. dei Balbo, dei Cavour, dei Mamiani, dei Ricasoli, degli stessi Cantù e O'Ondes Reggio, di tutti gli statisti italiani del risorgimento che non siano Solaro della Margherita e Antonelli. Tali i segni dei tempi. Mi si potrebbe dire: - Pessimista. Quando l'anno scorso l'on. Conti pron1osse l'.inchiesta per sapere Dove va il mondo, tu desti risposta più ottimista; tu non giurasti che il mondo va a destra. Sicuro. L'Italia e la Spagna non sono il mondo. Questa non è che una parentesi inserita nella storia, parentesi forse necessaria, certamente istruttiva. L' Italia non dimenticherà la lezione attu.ale, come non dimenticherà neppure gli eccessi della democrazia da un lato e la debolezza governativa dall'altro, alla quale duplice causa deve l'attuale reazione, e riprenderà a suo tempo la diritta via ora smarrita. Si può ripetere agli Italiani il discorso consolatorio di Enea: I O passi graviora, debit deus his quoque finem .... ..../ orsan et haec olim meminisse iuvabit ...• Durate, et vosmet rebus servate secundis. GIUSEPPE MACAGGI Diffondere la rivista, significa far conoscere le nostre idee, farle discutere, farle apprezzare. Biblioteca Gino Bianco

• , Il commercio italiano nel 1923 Le statistiche som111arie del ~ommercio italiano coli' estero nel 1923, pubblicate in queste ultime settimane, rivelano senza dubbio un progresso abbastanza promettente, ma .non sono tali tuttavia da giustificare gli entusiasmi ottimistici, a cui troppi si abbandonano non sempre in buona fede.· Mutatisi, com'è noto, nel giugno 1921, assieme alla tariffa doganale, anche il sistema per la determinazione dei valori delle merci importate ed esportate e la denominazione ed il raggruppamento delle singole merci, non è possibile risalire coi confronti oltre il secondo semestre del 1921. Da quel periodo il quale - bisogna tenerlo presente - per effetto della crisi mondiale ripercossasi con qualche ritardo anche sul nostro paese ed in conseguenza ~ella applicazione della nuova tariffa resa anche più gravosa dalla rapida discesa dei prezzi, ha visto la massima depressione del nostro commercio con l'estero nel dopoguerra, noi assistiamo non solo ad una continua ascesa del movimento complessivo, ma anche ad un miglioramento sensibile della nostra bilancia commerciale. Espresse in milioni di lire-carta le cifre d' insieme dei nostri scambi con l'estero sono state, dopo il 1 ° luglio 1921, le seguenti: 2° semestre 1921 anno 1922 • • . ,, 1923 • . . IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI 6603 15729 17228 3942 9293 11059 TOTALE 10545 25021 28287 ECCEDENZE DELLE IMPORT. 2661 6435 6169 Espresso in lire-oro il commercio totale dell' Italia ha dunque raggiunto nel 1923 un valore uguale, anzi legg~rmente superiore a quello del 1913 (6150 milioni), mentre l'eccedenza delle importazioni, che aveva assunto proporzioni paurose nel '19 e nel '20 si va anch'essa rapidamente avviando a rientrare nei limiti degli ultimi anni di anteguerra {1200 milioni) e dovrà probabilmente scendere anche pib in basso, se le restrizioni nord-americane determineranno; come già si è cominciato a vedere, una forte contrazione nelle rimesse degli emigranti, e questa diminuzione non troverà un compenso adeguato nei noli n1arittimi pagati da stranieri, nell'impiego di capitali italiani ali' estero, o nell'aumento del movimento dei forestieri. Ma se, invece che al valore, noi guardiamo alla quantità delle merci importate ed esportate, vediamo, pur· non possedendone i dati precisi, che esse sono ancora sensibilmente inferiori a quelle del 1913, dato che i prezzi in oro si mantengono di circa il 50¾ al disopra del livello medio di quell'anno. E che questa inferiorità sussista realmente lo vediamo conferm·ato dalle statistiche Biblioteca Gino Bianco •

156 LA CRITICA POLITICA del movimento delle merci nei nostri porti principali, che si mantiene appunto di circa un terzo al di sotto di quello del 1913. Se poi dalle cifre totali passiamo ad una analisi molto grossolana delle singole voci, osserviamo che dei 17 miliardi di merci importate quasi i tre quarti sono costituiti da derrate alimentari e da materie prime o semilavorate per le jndustrie. Fra quelle, ed anzi fra tutte le importazioni, occupano sempre il primo posto i cereali, che, sebbene un po' diminuiti in confronto del 1922 per la discesa dei prezzi, rappresentano tuttavia il valore altissimo di 3,5 miliardi di lire, equivalente a più di 30 milioni di quintali tra frumento ed altri cereali. Fra le materie prime è significativo e promettente, sebbene sia in buona parte dovuto al rialzo dei prezzi, il fortissimo aumento nella importazione del cotone, salita in un anno da 1930milioni a 2534 mii. di lire ; mentre appare rallentato, forse in conseguenza degli avvenimenti della Ruhr, l'aumento nelle importazioni di carbone, che era stato molto più rapido nei tre anni precedenti. In complesso però, sebbene il carbone importato sia ancora di 2 milioni di tonnellate al disotto dell'anteguerra, sebbene sian troppo esigue le importazioni di ghisa, ferro e acciaio greggio e semilavorato (484 milioni di lire), tuttavia chi volesse giudicare del carattere della economia italiana desumendolo dalla sola statistica delle importazioni, sarebbe indotto a concludere che il nostro paese si è decisamente avviato ad assumere la struttura dei paesi industriali, i quali s·on tributari dell'estero per la loro alimentazione e per moltissime materie prime e pagano queste importazioni vendendo ali' estero i loro prodotti finiti. Ma questa ipotesi troppo affrettata non è confermata che in piccola parte dalla statistica delle esportazioni. È bens\ vero che di queste quasi i due terzi son costituiti da prodotti industriali, e per ~a massima parte da prodotti dell'industria tessile (quasi 5 miliardi di lire sopra una esportazione totale di 11 miliardi); ma bisogna anche osservare che l'esportazione_, indubbiamente assai rilevante, di filati e tessuti di cotone per un valore di 1782·milioni di lire, ha una contropartita di 2500 milioni all'importazione, mentre per la seta, di fronte ai 2763 milioni esportati,· non si hanno che 493 milioni di lire per merce importata. Dalla statistica sommaria non si può determinare quanta parte delle esportazioni sia costituita dalla seta greggia, e quanta dai manufatti di seta naturale od artificiale. Ma è indubitato che la priina da sola rappresenta più dei due terzi di quella somma, e costituisce quindi sempre la più rilevante delle esportazioni italiane. Dopo le industrie tessili vengono subito i prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento per un valore di quasi tre miliardi, e fra essi stanno in prima linea gli ortaggi e le frutta per 984 milioni, la canapa per 495, i latticini per 373, gli 011 vegetali per 255, i vini e liquori per 225. Ci sembra dunque evidente che, a mano a mano che si vanno attenuando le ripercussioni della economia di guerra e che le condizioni dei mercati si v;anno ravvicinando alla normalità, le caratteristiche deJla nostra struttura economica, quali sono rivelate dalle statistiche del commercio internazionale, non siano molto diverse da quelle dei primi quindici anni del secolo : e son le caratteristiche di un paese in cui alle deficienze di prodotti alimentari e di alcune materie prime più indispensabili si provvede Biblioteca Gino Bianco

IL COMMERCIOITALIANO NEL 1923 157 con l'eccedenza di produzione della seta greggia, di alcune produzioni agricole speciali~zate (primizie, ortaglie, agrumi, mandorle) e di alcune industrie strettamente legate ali' agricoltura (bevande alcooliche, prodotti chimici organici, conserve alimentari, latticini). Non vorremo per questo negare importanza ali' aumento dell'esportazione di cotonerie, ed a quello, ancora assai lento, di alcuni tipi di macchine. Ma crediamo utile rilevare, coli' aiuto delle statistiche doganali più recenti, che l'attività commerciale d'Italia e la sua fortuna econo1nica sono ancora in buona parte fondate su quelle produzioni agricole particolari, che essa deve al suo clima e ad una tradizione millennaria; e che perciò ad intensificare queste produzioni, a cui sopratutto è subordinato il risorgimento del mezzogiorno, deve indirizzarsi la politica economica dello Stato coll'agevolare ad esse l'affluire indispensabile nei capitali e l'aprirsi di un mercato sempre più vario o più vasto. GINO LUZZATTO · I DISCUSSIONI La democrazia.... inesistente· Mi pare superfluo rispondere diffusamente al brillante articolo di Massimo Fovel. le elezioni del 6 aprile hanno dimostrato che alla democrazia bonomiana manca ogni vitalità, sia per la sua povertà sentinzentale e ideologica.sia per la mancanza di ogni sua rispondenza nel paese. Nella storia recente d'Italia c'è stato un Ministero Bonomi, tna non c'è posto per una seconda edizione di esso : potremo avere un Ministero Turati o un Ministero Sturzo, ma non un Ministero Bonomi. ln nome di che e in nome di chi il Bonomi e i suoi democratici potrebbero assumere il Governo d'Italia dopo sl vasti sconvolgimenti del vecchio mondo? La democrazia di ieri è definitivamente sepolta nei suoi uomini, nelle sue idee, nei suoi istituti, e per il rinnovamento democratico due indirizzi spirituali si profilano, due idee direttrici si affermano. I Consigli di fabbrica, nei centri urbani,· il federalis,no rurale nelle campagne e nei centri minori. Fra queste due idee non vi è irreducibile antitesi, perchè anche il Consiglio di fabbrica è per sue necessità interiori antiburocratico, liberale, autonomista, anche se la sua prima formulazione sia partita dai comunisti, che rappresentano la punta estrema dell'autoritarismo statale. Il terreno di lotta in cui si deve scendere per avere ragionati consensi è quello dell'autonomia, come espressione di libertà e di responsabilità in confronto allo statalismo accentratore e livellatore. Tutti sentono confusamente che in Italia lo Stato pesa troppo sulla economia privata col suo fiscalismo,· tutti sentono che l'assoluta uniformità legislativa imposta da Roma è in contrasto con il genio della nostra stirpe e con i bisogni delle nostre r~gioni, cosl diverse nella loro costituzione demografica, economica e sociale,· tutti sentono che la plutocrazia assorbe perennemente ricchezze, che profonde fra l'altro lussuosamente nel manteninzento di una stampa quotidiana reclamista e retorica, mentre queste ricchezze dovrebbero volgersi allo sviluppo dell'agricoltura e delle piccole industrie. Si tratta di dare a queste confuse aspirazioni un punto di coordinamento, un programma netto di azione, una formula riassuntiva,· e la democrazia nuova sarà no11,più mito, ma realtà operante. g. pier • .. Biblioteca Gino Bianco

Miguel de Unamuno Una sola volta io ho avvicinato Miguel de Unamuno; e non ero allor..a nelle migliori condizioni per potere, in quel colloquio, approfondire la conoscenza dell'Uomo., pur così noto a 1ne, e caro, attraverso l'opera vasta e la corrispondenza epistolare. Ero allora a Cervignano; e Unamuno, guidato dagli ufficiali dell'ufficio stampa del Comando Supremo veniva a vedere il nostro fronte. Non era solo ; e anche se avessi potuto (ma la mja timidezza fu tale e tanta che potei appena balbettare qualche parola di convenienza) un lungo colloquio e intimo non ce lo avrebbero permesso ; i superiori da un lato (quantunque, beninteso, essi lo sentisser.o nominare per la prima volta) i colleghi del comando supremo dall'altro; poichè coteste visite ufficiali dovevano essere condotte (per ordine di Cadorna) con metodo ; e le ore, non sciupate. Comparve adunque il maestro in fondo alJa scala che dal gia_rdino della villa dove eravamo alloggiati, saliva ai nostri uffici: e subito io riconobbi in_quella testa forte e adusta, che due occhi non grandi ma vivissimi e inquieti illu1ninavano, Lui. Procedeva innanzi a tutti, con passo agile e svelto : e come io lo salutai, con t~mido appello e commosso : maestro - egli 1ni aprì le braccia, paterno. Io gli strinsi la mano ; lo feci entrare ; e lo presentai li intorno. Tremavo un poco ; e poche parole gli seppi dire. Egli s'era intanto aperta · la giubba; e il suo largo petto dietro un panciotto chiuso fino al collo tutto si ad erse. Non ricorqo più di che cosa si parlasse ; ma certo non di letteratura. Aveva egli cominciato a rivolgermi la parola in castigliano ; ma poichè vide eh' io non potevo rispondergli nella sua lingua, venne subito a discorrermi in italiano : un po' scandito e lento, ma chiaro di dettato e di pronuncia. Intanto i presenti ci guardavano e studiavano: -cosicchè tutte le domande e le espressioni d'ammirazione che io avrei voluto dire, mi morirono in gola. E lo vidi, di n a poco, svelto e agile com'era venuto, risalire sull'automobile che lo aspettava; senza che tra me e Lui fosse corsa io non dico una lunga conversa~ione, ma neppure una parola sola che non si riferisse alla guerra ai generali ed ai soldati italiani. Niente. Io, un ufficiale; e Lui, Lui non altro che un intellettuale -italofilo in JnÌssione. Chi ci avesse visti da lontano, non avrebbe pensato -che quell'Uomo era il più grande scrittore della Spagna moderna ; ed io, \uno dei giovani italiani che più lo avevano ammiràto e lo ammiravano. Amara eco lasciò in me quella visita ; e per tutta la giornata non seppi <listrarmi in alcun modo : chè sentivo - e tuttora lo sento - come Biblioteca Gino Bianco

.. MIGUELDE UNAMUNO 159 avessi sciup~to un'occasione cosl propizia che chissà quando ricapiterebbe e se. * * * E non è Unamuno un epistolografo 1Come tutti gli spagnoli, anche Unamuno non ama troppo la corrispondenza epistolare; quantunque, quando scrive, le sue lettere sappia animarle del suo pensiero sempre lucido e arguto ; e più che di sè discorra di temi è motivi che hanno una risonanza larghissima. È raro che egli scriva ; ma se scrive, la sua è una vera. lettera : e sempre degna di trovar posto in un epistolario. Sui fatti minuti, poco e brevemente s' intrattiene; e all'amico, anche lontano, anche minore, egli parla sempre di questioni d'ordine letterario spirituale e morale alte : e con modi e forme naturalmente originali e sue. È Unamuno insomma di cotesti uomini che non si staccano mai dal proprio corso riflessivo ; e, anche nelle attività secondarie della loro giornata, restano, e inconfondibilmente, quelli che sono. Dicono infatti che quando cala a Madrid (e potrebbero essere per Lui, coteste, ore e giornate di vera vacanza) ogni scrittore o uomo di coltura che lo avvicini, sollecita, senza volerlo, il suo pensiero : e on poterli stenografare quei colloqui ·di strada o di caffè o dell'Ateneo 1 Articoli anche quelli: o saggi: o chiamateli come volete; ma scaglie sempre della sua straordinaria personalità ; e degne di trovar posto nella sua opera e non certo un posto secondario. Dialettico formidabile, pochi possono resistere alle sue fluide e stringenti argomentazioni : e, anche senza averlo ascoltato, basta leggere i suoi articoli polemici quando ne scrive : politici o morali che siano _per giudicare la potenza ..del suo mirabile ingegno. Unamuno oggi ha sessant'anni. Professore di greco nell'università di Salamanca, la filologia occupò i primi anni della sua attività ; e solo più tardi, e già disciplinato, egli si rivelò, oltre che filologo, filosofo e creatore. La Spagna di quei tempi non era la Spagna di oggi (spiritualmente parlando, beninteso ; poichè civilmente essa si trova press'a poco anche ora nelle stesse angustie che in quell'epoca : la quale è rimasta nella storia spagnola, come la più caotica e febbrile dell'ultimo secolo) ma una nazione dove le lettere e il pensiero restavano o mute o superflue o vane addirittura. Il marasma della guerra di Cuba aveva infiacchito anche gli animi e gli ingegni più ricchi : e tutte le forme della cultura, chiuse e senza sbocchi. D' imitazioni, il romanzo; timida e senza risonanze . ' la lirica ; di ricalco, la filosofia ; ma in quest'epoca peraltro cominciano a fermentare i primi segn.i di rinascita ; ad esprimersi i poeti e p,ensatori della giovane generazione appena sopravvenuta; cosicchè con Unamuno, non tardano ad aprirsi un varco in quel mondo caot~co altri ingegni fertili e p~ofondi : Azorin, Baroia, del Valle Iuclàn, Blasco lbanez e altri, altri. . . Biblioteca Gino Bianco _._

I ... 160 LA CRITICA POLITICA Unamuno, s'è detto, nasce filologo. Ma il passo della filologia alla filosofia è breve; e poichè non è un pedante e il suo spirito· ricchissimo, poichè è sopratutto ansioso di verità e di bellezza, poichè è un artista infine, egli non tarda ad allargare le zone della propria conoscenza ed a sondare tutti i campi dell'attività spirituale. Uomo vero del suo tempo, tutto quanto è espressione di novità e di n1odernità (venga donde venga) egli filtra attraverso il suo temperamento curioso e prepotente; e con1e prima aveva cercato segni di vita e di pensiero nel passato, cos) con l'andar degli anni cerca trova ed elimina nel presente, e in tutte le letterature. Spirito di umanista, ha insieme il gusto di un'esplorazione sui codici e la curiosità del fenomeno vivente vicino immediato. E così è, a volta a volta, commentatore, chiosatore, interprete, ricostruttore, creatore; riuscendo, queste varie esperienze e curiosità, a disciplinarle sobriamente; a dosarle ; dando a ciascuna di esse il meglio di sè, che è il suo stile. Cosicchè, esca da lui una lirica un saggio un romanzo, anche senza giungere alla firma, tu senti Unamuno. Pochi scrittori moderni possono documentare questa fedeltà, più che alle idee (1' uomo cammina) ed ai propositi, alla propria coscienza, come Lui; senza contare quell' origi~alità squisita di vedere e ritrarre il mondo e le idee in maniera sempre sua e se1npre nuova, unamunianamente. Per questo, i suoi libri ebbero, ed hanno, grandi consensi anche all'estero. Uno scrittore di romanzi d'amore può infatti interessare qualunque lettore e di tutto il inondo ; ma uno scrittore serio concentrato e tipicamente nazionale non giunge a contatto di lettori stranieri se non ad un patto : che la sua. visione della vita e dei suoi problemi sia vasta, universale : e che il suo stile abbia caratteristiche e modi assolutamente nuovi e personali. Perchè questo è il fatto strano : Una1nuno non appartiene a nes·sun casellario fisso, dogmatico. Possono considerarlo dei loro i romanzieri (ma essi dicono poi che il romanzo si ·ta in altro tnodo) ; i lirici (ma anche questi stentano a riconoscerlo come tale ; perchè nelle sue liriche non c'è musica: e le parole, pur rivelandosi felici, stridono) i filosofi (ma dov'è il sistema di Unamuno?) e via di seguito. Ma gli è, vedete, che Unamuno, pur essendo d'animo e di ingegno, un ragionatore, ha poi una sensibilità così vasta e prof orida, che sa commuoversi ugualmente tanto di fronte ad uno stato d'animo, quanto ad un problema di pensiero. E qui sta il suo segreto. C'è d'altronde nella sua natura quella curiosità nervosa così propria negli spiriti superiori : e. nello stesso tempo una smania istintiva di giungere alle radici di ogni fenomeno, umano o meno, cerebrale o meno. Che questo desiderio di profondità, o smania, gli giovi sempre in ogni caso, io non so ; ma certo è che ogni cosa che esce da lui la si legge con rapimento : perchè in ogni sua parola e' è ·calore, colore e insieme precisione: e si sente bene, chi lo conosce a fondo, che tante opere, pur diverse nel tono e di motivi, rispondono ad un tasto solo : come di un fiume che, nato dalla montagna lontana e Biblioteca Gino Bianco ,,

MIOUEL DE UNAMUNO 161 diramatosi lungo le valli in tre o quattro torrenti, a un bel momento, e ·proprio n, alla foce, sbocca intero e veemente. Chiaro quando ragiona, egli sa poi, questa sua chiarez;Za, conservarla anche quando canta o rappresenta : e l' èmozione non gli si ingorga mai nè intorbida, come succede a chi deve filtrare emozioni attraverso il cervello (e ad un cervello carico) ' in faticose pause; perchè egli non si esprime .a commozione consumata, ma, al contrario, consuma la commozione nel momento medesimo in cui la esprime : e questo è un i:nodo poetico che può davvero sorprendere. Ma i risultati non sorprendono : o almeno non si traducono mai nel lettore intelligente in iscontentezza ; perchè il poeta è sempre sufficiente a se stesso e il suo Démone lo difende e soccorre anche nei momenti più disperati (quamdo altri ricorrerebbè all'enfasi o allo svolazzo). * * * Ma questa è anche la ragione d'altronde per cui, poeta, e però legato al metro e costretto all'armonia, Unamuno dà un senso di monotonia e quasi di pesantezza. Perchè la sua poesia non è volo, canto, musica, ma .sublimazione del pensiero e del sentimento ; e però, più che di abbandono, essa sa di concentrazione, di riflessione. L'emozione insomma non esce da lui limpida e spontanea, come in molti poeti ; ma sempre riflessa: e quando s'adagia nel calco del verso perde per forza qualche I briciolo del suo calore : cosicchè l'immagine, almeno in apparenza irrigidita, non comunica subito quel brivido, che ogni lirica vera. Ma come bisogna distinguere tra poesia e poesia, cos} tra lettore e lettore ; e un poema, o anche un solo verso di Unamuno, non lo si può leggere con lo stesso animo che un poema o un verso di un poeta canoro. Con Unamuno, via, non si può essere lettori comuni. E non solo con il poeta; ma con tutto Unamuno; qualunque sia la forma in cui egli adagia e adatta il proprio pensiero e il proprio sentimento. Il suo poema maggiore, per esempio, Il Cristo di Velasquez, un lettore o una lettrice dei soliti (ed è, badiamo, diviso in lasse e persino con sottotitoli quel poema), non riesce a finirlo ; a quel modo medesimo che un lettore o una lettrice dei soliti vi restituirà un romanzo di Unamuno (o l'uno o l'altro, poco importa) dicendovi : < Grazie ; ma non ho potuto finirlo >. E se voi chiederete perchè .... ; < perchè - vi risponde la lettrice o il lettore comune; perchè non è un romanzo >. Già; non sono romanzi, come non sono poemi, cotesti; quantunque ne abbiano la forma, l'aspetto, il nome. E che serve tanta chiarezza di dettato, tanta luminosità espressiva, tanta ricchezza (Unamuno non ha paura dei neologismi l) di vocabolario, tanta umana verità se poi solo il lettore intelligente ed iniziato può goderli e giovarsene ? Questo è l' unico punto oscuro della personalità lirico-creativa dell' Unamuno. Punto oscuro : rispetto ai terzi, rispetto al tempo, rispetto I Biblioteca G ,o Bianco , .. .. ..

• 162 LA CRITICA POLITICA allo spazio. Può cioè un'arte come questa sopravvivere? Commuovere domani? Incontrare sulle strade del tempo il favore largo che ogni espressione alta d'arte e di pensiero prima o poi deve? Qui, è il mistero. Ma è innegabile d'altronde ch'essa, più che sull'oggi, s'appoggia, così spirituale ed intensa, sul domani ; ed è probabile, come accadde all'arte di Sthendal, essa sia appunto capìta e gustata in un'epoca meno opaca dell'attuale : quando gli uomini, ormai sazH di realtà, sentiranno il bisogno, e magari l'urgenza, di andar oltre alla sensazione piatta e comune ; aiutati da una forza, ora purtroppo nei più assopita o addormentata addirittura: Io spirito. * * * Eppure come è chiara, a chi ben la guardi e nella sua totalità, la fisonomia Unamuniana I S), le sue avventure sprituali sono state molt_e,e magari troppe ; le sue incursioni in questo o quel genere, varie e magari contrastanti ; ma che importa se il pensiero che accompagna questi movimenti è poi sempre il medesimo ? Il pensiero : e qui bisogna fermarsi. Ha detto qualcuno che Unamuno è un mistico, un credente ; altri, un pessimista, un negatore. Ma egli è . un po' di tutto questo e niente di tutto questo. C'è sì del pessimismo nella sua filosofia; ma è di quell'acuto e denso pessimismo che non si placa nella negazione ; e, anzi che esaurirsi in se stesso, cerca, con disperata ansia, punti d'appoggio intorno ..Per questo, io credo, e prima che nei libri di pensiero e di critica, Unamuno debba essere cercato nelle creazioni: dove la sua ansia, a contatto e immersa nel dramma umano più interno, trova ad ogni passo segni e momenti energici che documentano in maniera perfetta la sua tragedia di uomo tra uomini : e non è no, cotesta, la tragedia di un pessimista. E la sua modernità è appunto in questa lotta : tra il credere e il non credere nella realtà che gli passa vicino ; tra l'accettare la vita e il negarla. Per questo, la sua commozione è sempre sorvegliata; e, anche quando il poeta si isola in lui e tutto pare concorrere - la struttura del periodo e della frase, la parola, perfino il segno d' interprenzione - alla immagine pura, l'Unamuno diabolico sprizza fuori dall'Unamuno acceso di lirismo : e la commozione si fiacca in lui all' improvviso. Bisogna vedere peraltro se questo è un difetto davvero : o non piut- , tosto il punto più singolare e moderno della fisionomia unamuniana. Quando io leggo i suoi < Tre romanzi esemplari> o < Nebbia>, o < Abele Sanchez >, ,o < il Cristo di Velasquez > o < La Fedra>, o < La Sfinge> io mi imbatto in momenti di pura e vera tragedia : e il dramma dei personaggi lo sento come di uomini in carne ed ossa ; ma ecco poi d' un tratto da una battuta, da un verso, da un inciso, da una interrogazione, da una parentesi, da una frase ripetuta con insistenza, da una fila di Biblioteca Gino Biancò ..

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