La Critica Politica - anno IV - n. 3 - 25 marzo 1924

Ll\ CRITICJ\ POLITICll lllVISTA MENSILE ANNO IV. 25 marzo 1924 f ASC. 3. -1\spetti della vigilia elettorale L'on. Amendola, nella prefazione alla raccolta dei suoi discorsi parlamentari delle due ultime legislature, conclude col rilievo che l'azione svolta dal partito fascista ha scavato un solco profondo fra italiani e italiani seminando rancori e risentimenti fra < la nazione e l'antinazione >• . L'esaltazione del sentimento nazionale, per le forme in cui si è manifetata, ha conseg 1 1ito risultati opposti a quelli prefissisi inizialmente. La compagine nazionale nei suoi rapporti interni lungi dal rafforzarsi in un sentimento di solidarietà si è indebolita per il cupo rancore dei vinti contro i vittoriosi. Questo è uno degli aspetti più serii della situazione attuale : di fronte ad esso perdono ogni importanza in se i singoli episodii, che ne assumono invece una gravissima come sintomi della divisione · prof onda degli animi degli italiani e come indizi della violenta passionalità che infia1nma i vincitori e della compressa volontà di rivincita dei vinti. Su questo sfondo si svolge l'odierna lotta elettorale, che a differenza di tutte le precedenti proced~ senza clamori e senza vitalità interiore. I fascisti sentono la inutilità di questo certame elettorale ; essi hanno in pugno la vittoria ;. i loro candidati soi:io degli eletti. Le opposizioni, che pur hanno voluto scendere in lotta per fare atto di presenza, sen .. tono del pari che le elezioni non servono neppure a dare un indizio delle rispettive forze dei partiti, in quanto agli elettori manca la sensazione di essere liberi e in quanto è certo che, se anche dalle urne uscisse un résponso diverso da quello da tutti previsto, il partito dominante sapendosi il più forte rimarrebbe egualmente al potere. Le elezioni non possono dare al Governo fascista quel crisma ufficiale e inequivocabile del consenso, cui pur tenderebbe, e non possono portare a un cambiamento della situazione odierna. I rapporti dei partiti e delle correnti politiche oggi non sono un problema di numeri, ma di forza; il contrasto non può essere risolto dalle schede. Nella stessa stampa fascista affiora di quando in quando la nostalgia di un~ lotta meno impari e più vibrante, su cui non gravi questa mortificante atmosfera di sospetto e di paura : attraverso qualche articolo di giornale e qualche discorso di oratore si sente la interiore impressione di combattere a vuoto. Ma questa nostalgia romantica con le sue aspirazioni a un contrasto più fervido e più feco~do non può cambiare la situazione. Biblioteca •Gino Bianco

98 LA CRITICA POLITICA L'incubo della forza - che è il presidio più certo del regime _..:_ grava come una cappa di piombo su tutto e su tutti ; la forza uccide il consenso, e nessun tentativo vale a togliere di dosso al fascismo la camicia di Nesso di cui si è rivestito. Le dichiarazioni del Governo e delle gerarchie del partito sul loro intendimento che le elezioni si svolgano liberamente non trovan.o credito sufficiente a renderle efficaci ; gli episodii di violenza che si verificano hanno una risonanza cos) vasta e pronta da annullare quelle dichiarazioni. Nelle precedenti elezioni gli episodii di violenza anche se numerosi non assurgevano all'importanza di quelli odierni, perchè quelli apparivano slegati e questi appaiono coordinati a sistema. La frase leggendaria della legalità che uccide si rovescia : oggi è l' illegalità che uccide, creando il vuoto attorno al partito dominante, per quanto esso sia e appaia numeroso, per quanta folla si addensi sotto le sue bandiere; il partito dominante ha cosi netta la sensazione di questo vuoto, che nelle stesse liste fiancheggiatrici vede una insidia di oppositori, i quali si camuffano da amici. per calcolo o per paura e hanno l'ani- -mo preparato a gettar la maschera, alla prima occasione favorevole. Il periodo elettorale, che sta per chiudersi, non ha evidentemente portato alcun contributo efficace a quella pacificazione degli animi, che è indispensabile per l'interiore rafforzamento della compagine nazionale, di cui volenti o no fanno parte tutti gli italiani : e ali' indomani del 6 aprile · rimarrà aggravato il problema che l'on. Amendola nettamente poneva nel suo recente scritto, e che è il maggiore fra quelli che pesano sulla generazione· attuale. Se non torni la cordialità nei rapporti fra italiani e italiani, se non si diffonda la sensazione che il periodo delle turbolenze postbelliche è definitivamente chiuso e che tutti debbono porsi al lavoro per la grandezza d'Italia senza lotte fratricide ; se non si generalizzi la persuasione che agli interessi generali della Patria bisogna subordinare a fatti e non a parole soltanto le proprie ideologie, ambizioni e interessi e che entro i limiti fissati dalla legge i dissensi di opinione sono leciti e i contrasti di interessi indispensabili per il progresso e Io sviluppo di ogni società I civile, quel problema non si risolve, e il contrasto soffocato avvelenerà nelle sue intime fibre la nostra stirpe meravigliosa. · L' Italia ha bisogno sopratutto di pace e di disciplina interna; la pace e la disciplina coattivamente imposte da un partito prevalente, accumulano odii e rancori, che possono esplodere violentemente o paralizzare grado a grado la vitalità interiore nostra. Al raggiungimento di questa pace o di questa disciplina interna mira la nostra lotta per la- libertà, che non si identifica con la licenza dei demagoghi e non ammette un'autorità atale di pura esteriorità, cui oggi non prestano certo ossequio con i fatti i Giunta del partito dominante. F. ARIELI Biblioteca Gino Bianco ..

L' EUROPA AL BIVIO La Lega delle Nazioni come necessità storica \ Il fatto che il Gabinetto dello Stato, che è al cuore del più grande e libero Impero della storia, contiene alcuni tra i più ardenti pacifisti inglesi e alcune tra le più fervide coscienze morali e religiose del mondo britannico conte~poraneo ; e che questo Gabinetto, accentuando l'opera de' suoi predecessori, ha dichiarato che la sua politica estera sarà identificata con la causa della Lega delle Nazioni, è destinato a venir riguar- .dato come uno dei più grandi eventi della storia moderna. Non che i membri di detto Gabinetto intendano follemente procedere al disarmo, senza c.urarsi di quel che facciano gli altri Stati ; essi hanno già proclamato che non intendono disarmare che di comune accordo con gli altri ; ma esiste per la prima volta nel mondo un Governo - il Governo di una compagine storica che più d'ogni altra è riuscita fin qui a garantirsi una sicurezza immensa con risorse proprie, indipendenti da trattati - che ha deciso, esplicitamente e deliberatamente, di porre tutte le sue forze · e il suo prestigio al servizio della causa della supremazia dei rapporti giuridici pur nelle controversie tra Stati e non solo in quelle tra individui. Questo Stato aveva già indirettamente e tacitamente servita questa causa con l'essere il pernio di quattro coalizioni europee contro minaccie d'autocrazia militare; col dar l'esempio del libero scambio ; col non adoperare mai la propria potenza navale contro l'indipendenza di altri Stati e contro l'espansione coloniale di altri Stati, sia pure della Germania imperiale minacciosa del giugno 1914; col dare, assie1ne agli Stati Uniti, da un cinquantennio, l'esempio della conclusione di trattati d'arbitrato; nonchè col dare, col Trattato di Washington - anzi, praticamente, fin da un anno prima - l'esempio di una delle più grandi rinuncie storiche, con l'acconsentire che quindi innanzi potesse esistere da parte degli Stati Uniti, una flotta eguale alla propria. E questo Stato aveva già fin dal 1919 aderito alla Lega delle Nazioni; ma ora è in esso al timone il suo partito più avanzato e questo, compiendo un passo che nessun altro partito ha menomamente criticato e nessun altro partito oserà sconfessare e ritrarre, ha dichiarato che quind' innanzi la politica_ estera britannica sarà una League o/ Nations policy ed ha dato istruzioni a tutti i suoi rappresentanti diplomatici a che tutti i Governi sappiano che non si può procedere d'accordo con 1' Inghilterra che adottando questo stesso punto di vista. E simultaneamente arriva la notizia che a Ginevra l'on. Salandra ha dichiarato che l' Italia accetta la soluzione data dal Comitato di Giuristi, scelti dalla Lega per esaminare le questioni sollevate dall' incidente Biblioteca :Gino B·ianco

100 LA CRITICA POLITICA italo-greco lo scorso settembre, riassumentisi nel quesito se, in caso di incidenti suscettibili di condurre a guerra tra due 1nembri della Lega, sia a uno di questi, specie se l'altro si sia dichiarato disposto ad accettare .il verdetto della Lega, lecito procedere a sanzioni riconosciute legittime prima della creazione della L~g~ stessa. E tale s.oluzione è quella che l'opinione pubblica del momento senn essere la sola giusta, nono~tante gli sforzi in contrario dell' on. Salandra e le frasi e gli strepiti dell' on. Mussolini e della sua stampa. È ovvio che la Lega delle Nazioni - che nori è menomamente responsabile della decisione del Consiglio degli Ambas_ciatori, questa sopravvivenza anacronistica del Consiglio di Guerra Interalleato - .ha riportato un'altra grande vittoria, forse fin qui la sua maggio-re vittoria . . La ·sua autorità è ancora lontana dall'essere definitivan1ente stabilita; essa non sarà definitivamente stabilita che quando ci sarà stato un caso in cui di fronte a uno Stato che abbia ripudia_to la procedura della Lega, gli altri sian rimasti compatti nel decidere di procedere contro di esso e nell' evitar così che la Lega si scinda in due opposte coalizioni ; un caso in cui nessuna grande potenza si astenga dal sostener la Lega fino in fondo. In attesa di tal giorno, l'ordine del giorno del 28 settembre sulla assoluta competenza della Lega approvata ali' unanimità; l'accettazione unanima della· risposta dei giuristi della Lega alle questioni sun1menzionate e la dichiarazione di Lord Parmoor a Ginevra sulla League ·o/ Nations polf cy dell' Impero Britannico costituiscono tre grandi passi verso il consolidamento della autorità della Lega. Ma è fuor di dubbio che non solo in Inghilterra, ma anche più nelle grandi potenze continentali e sopratutto in Italia si è ancora lontanissimi dal prendere tale autorità sul serio e dall'avere un concetto accurato della Lega, delle sue funzioni e dalle cause forse permanenti del suo essere e della sua evoluzione. Epperò non sarà male procedere, per 1nezzo di una serie di articoli, a dichiarare queste cause e forze, a confutare pregiudizi e a descrivere la costitu- .zione e il funzionamento della Lega. Come già accennammo in un articolo precedente la Lega delle Nazioni, pur nella sua forma attuale par-- ziale ed imperfetta, è l'espressione di necessità politiche, economiche e morali, maturate nel corso degli ultimi secoli, le quali non si lascerebbero più oramai impunemente violare e che, ove la Lega si sfasciasse sotto una forma, non mancherebbero di risuscitarla in un'altra. L'ultima guerra ha segnato la fine della fase puramente nazionalista dell'organiz-. zazione politica. Essa ha mostrato che non vi è piµ in Europa Stato puramente nazionale, che basti economicamente e militar1nente a sè stesso; che non vi è più nemmeno concepibile una coalizione di Stati eur ei che basti a sopraffarne un'altra o ad evitar di essere sopraffatta, senza l'aiuto economico, militare e navale del mondo transoceanico ; ed il mondo che essa ha creato è più che m_aiun mondo nel quale, almeno in Europa, le condizioni di sicurezza necessaria all'accumulazione della ricchezza, alla. BibliotecaGino Bianco

LA LEGA DELLE NAZIONI COME NECESSITÀ STORICA 101 diffusione della prosperità, all' incremento e alla trasmissione della cultura sono completamente scomparse. In una guerra futura sarebbe possibile · con cannoni collocati su di una sponda della Manica bombardare suburbi di Londra o città della Francia settentrionale. Non vi è porto commerciale o navale che non sarebbe in Europa esposto a veder bombardate le navi che vi fossero r.ifugiate ; non vi è città industriale e capitale politica che non sarebbe spietatamente presa di mira da bombe cariche di esplosivi o di gas asfissianti gettate da flotte di aereoplani incaricati di spingere col pànico le popolazioni a costringere i loro Governi alla pace.- Canali e Stretti di mare non meno di fiumi e catene di montagne hanno cessato di valer come confini naturali e strategici. In una guerra futura, quando una situazione critica si faccia acutissima, ognuno sarà preoccupato di essere il primo a colpire in modo decisivo con le sue flotte aeree le città popolose e industriali, le capitali e i porti del nemico per · renderne impossibile la mobilitazione militare e perchè questo è il miglior modo d' in1pedire, ritardare o ridurre le rappresaglie nemiche in casa propria ; ed ognuno vede a quanti panichi, naturali e artificiali, la situazione si presti. In Europa, per di più, non solo nessuno può, in questioni di difesa aerea, fidarsi meramente della difensiva, ma ancora nessuno è più sicuro che la sua offensiva basti o venga in tempo a prevenire o a ridurre la nemica. La distruzione di Marsiglia non compenserebbe quella di Genova. In un simile mondo pertanto anche più che nell'antico, la meraviglia degli armamenti non solo non accresce, ma riduce la sicurezza d'ogni Stato, oltre al costituire più che mai un impaccio e un peso allo sviluppo della produzione economica in un continente che è già, tranne che in Russia, densissimamente popolato. Ed a tutto questo è da aggiungersi che l'Europa emersa dalla guerra contiene un assai maggior numero di Stati che l' Europa prebellica e ne contiene, anche più di quella, che sono piccoli senza confini naturali, senza risorse naturali bastevoli a una relativa autonomia economica in tempo di guerra; e contenenti inoltre minoranze nazionali reluttanti. Laddove fino a circa un secolo fa, la geografia ebbe non piccola importanza nel deter1ninare i confini degli Stati ; grossolanamente parlando questi erano determinati dalle montagne, dai grandi fiumi dai mari e dalla rapidità di movimento di eserciti, i cui mezzi di trasporto principali eran carri- tirati da buoi e cavalli. Le ferrovie, gli automobili, gli aeroplani, i dirigibili, i telegrafi e i telefoni, con o senza fili, hanno fatto dell'Europa un continente militarmente, economicamente e culturalmente uno nel quale aggruppamenti politici basati sul principio di nazionalità non saprebbero più da soli sostenersi con soli metodi militari. Lo Stato nazionale, cioè l'organizzazione burocratico-milltare sotto la cui egida le nazionalità, cioè tipi di vita e cultura storica, poterono fin qui prevalere sullo Stato-città o sullo Stato feudale, non basta più allo scopo per cui è sorto. Se il primo bisogno umano, individuale e collettivo, è la sicurezza, Io Stato nazionale non Bibliòteca· Gino: Bianco '

102 LA CRITICA POLITICA garantisce più alle nazionalità, a questi preziosissimi coefficienti di civiltà varia e dinamica, la sicurezza di cui esse hanno bisogno. La crisi del franco francese è, dopo la sconfitta della Germania, la più grande riprova di questa tesi. Il Trattato di Versailles, per quel che riguarda il problema delle indennità e della sicurezza francese, deve i suoi difetti capitali all'essere un compromesso ibrido fra due opposte concezioni della sicurezza, quella simboleggiata dalla Lega delle Nazioni, d'ispirazione britannico-americano e quello militare d'origine francese, sostanzialmente in prevalenza. L' ibridità del compromesso venne per un momento nascosta dal promesso patto di garanzia anglo-franco-americano. Venuto meno questo per il rifiuto dell'America e venuta meno la possibilità d' un'alleanza antico stampo pel rifiuto dell' Inghilterra, la Fran~ia credette provvedere alla propria sicurezza e alle riparazioni occupando la Ruhr. Ma la Ruhr, occupata certo soprat1:1tto a sc~po di sicurezza, non solo non ha dato luogo ad alcun pagamento di riparazioni, ma è anche costata enormemente ed ha contribuito a creare un tal deficit di bilancio in aggiunta al già esistente causato dalla guerra, che non può più esser coperto che solo in parte pur da nuove imposte; donde il ribasso del franco, non solo non frenato ma accelerato da sempre nuove emissioni di carta moneta. Ribasso che non può essere arrestato o riparato che da un prestito internazionale alla Germania che la metta in grado di pagare alla Francia subito quanto basta a colmare il deficit e di _rimettersi al lavoro per pagare il resto più tardi ; prestito per altro c~e non può avera garanzia una Germania fatta a pezzi e convulsa sibbene solo una Germania di bel nuovo economicamente una; il che implica l'abbandono francese della Ruhr ossia di quel che pareva il pegno supremo della sicurezza. In altri termini la Francia non può avere nè le riparazioni nè la sicurezza con le risorse d' una politica meramente nazionale, ma solo alle condizioni necessarie e sufficienti ad ottenere dal resto del mondo che ha capitali disponibili, la sottoscrizione al prestito alla Germania. Non si potrebbe immaginare trionfo più completo delle forze economiche sulle politiche, del punto di vista internazionale sul nazionale, di questo a cui assistiamo nella Francia patria e modello del nazionalismo in Europa, del tedesco di ieri, dell'italiano d'oggi. Quel che è accaduto alla Germania, quello a cui sta per andar incontro la Francia ove non s'arresti in tempo, non potrebbe esser evitato da alcun stellone all' Italia in circostanze analoghe e con molto minori risorse economiche. Il nazionalismo in oggi non può condurre che alla bancarotta e alla sconfitta. * * * Qual' è l'alternativa? L'unica alternativa sta nell'accettazione franca del complesso di principi di cui la Lega delle Nazioni è espressione e simbolo: sta nel far della Lega delle Nazioni il pernio della politica estera Biblioteca Gino Bianco . . ,

LA LEGA DELLE NAZIONI COME NÉCESSITÀ STORICA 103 d'ogni Stato civile, cos) come sta facendo l'Inghilterra. In Inghilterra la Lega delle Nazioni è accettata - sia pure senza che ancora se ne veggano tutte le implicazioni - da tutti i partiti e dai loro capi responsabili. Nessun partito inglese osere·bbe sconfessarla; e l'attuale Governo laburista, senza la menoma obbiezione da parte degli altri due partiti ha organicamente coordinata l'opera del Ministro degli Esteri con quella della ·sua delegazione a Ginevra, e ha dato istruzioni a tutto il suo personale diplomatico affinchè esso si conformi nelle sue attività allo spirito della Lega e faccia capire agli altri Governi che per intendersi e rimanere in cordiali relazioni con l' Impero Britannico occorre conformarsi ai principii della Lega. Ora che cosa vuol dire conformarsi ai principii della Lega? Sostanzialmente vuol dire parecchie cose. Anzitutto vuol dire ritenere che al punto a cui siamo arrivati nello sviluppo dei metodi di distruzione e dei pericoli che ne nascono, non v' è più guerra tra grandi o tra piccole nazioni che interessi e che cost~ solo alle nazioni interessate e nella quale le altre non abbian diritto ad aver voce in capitolo. Significa quindi, in secondo luogo, ritenere che non v' è questione che, studiata ne' suoi meriti da persone competenti, non sia suscettibile di una soluzione vantaggiosa per tutti secondo criteri di equità. E che perciò ogni qual volta sorga una questione suscettibile di condurre a guerra, i membri della Lega s'impegnano a sottoporla a qualche forma d'arbitrato o ad accettar la soluzione proposta da una Commissione tecnica ad hoc, senza esclusione di cosidette questioni d'onore o prestigio nazionale. Significa esser convinti che non si tratta già di cristallizzare come sacrosanto l'attuale statu quo, sibbene di modificarlo di comune accordo ; perchè, ripetiamo, al punto cui si è giunti della tecnica della distruzione, l'alternativa allo statu quo attuale non è necessariamente nè per chi provoca la guerra nè per tutti gli altri, una miglior condizione di cose, sibbene fors' anco una situazione di gran lunga peggiore. Nel 1914 il calcolo delle probabilità di vittoria da parte di uno Stato in ispecial modo dedicatosi alla preparazione della guerra, come la• Germania, era certo di gran lunga più semplice che ora ; e nondimeno quante sorprese la guerra riserbò ai tedeschi I E da ciò segue che conf armarsi ai principii del1a Lega vuol dire mobilizzare l'opinione pubblica del mondo sul' punto controverso e contro chi si rifiuta di accettar la procedura prescritta dallo Statuto della Lega o di accettare i verdetti arbitrali ; e mettere, se occorre, al servizio' della Lega, per farne prevalere le decisioni legalmente prese, le sanzioni navali, economiche e militari necessarie. Uno Stato che sappia che, procedendo in una data guisa, si troverà contro cinquanta altri Stati solennemente impegnati a mettere contro di esso a disposizione della Lega i mezzi necessari a far valere l'autorità di questa, ci penserà su un bel· po' prima di passare il Rubicone. Si tratta d' un processo in tutto analogo a quello che rende irresistibile la forza della legge entro ogni sin ol o . . Biblioteca Gino Bianco •

104 LA CRITICA POLITICA Stato. Gli è che, nella misura in cui la legge esprime la volontà comune,_ coloro che per motivi particolari disturbano l'ordine pubblico trovano contro di sè la forza potenziale di tutti gli altri. Il carattere imparziale della legge e la certezza del suo irresistibile agire evitano il più delle volte il delitto stesso. Si tratta di irasf ormare virtualmente, in ultima istanza, gli eserciti e le flotte esistenti in forza di polizia della Lega, impegnando i vari Governi a non servirsene che per fini ed occasioni conformi allo_Statuto e allo spirito della Lega. È chiaro che il momento in cui i vari Governi degli Stati membri della Lega s' impegnassero a non usare i loro eserciti e le loro flotte che per far valere la supremazia della ·legge nei loro rapporti e nei rapporti con Stati estranei alla Lega; sopratutto il momento in cui, per mezzo di accordi regolari pubblici registrati presso la Lega, sonp definiti in ogni regione del mondo gli ' obblighi immediati d'ogni Stato nel caso che l'ordine sia turbato in quella _regione e, oltre a questi, son definiti gli obblighi delle potenze navali in caso sia necessario il loro intervento,_ il problema del disarmo perde il suo carattere utopistico : non basterà mantener sotto le armi che i nuclei permanenti de_gli eserciti e delle flotte necessarie a far valere la legge, ove questa sia violata. Lo Stato nazionale invece di adoperare il potere di cui dispone a proprio esclusivo vantaggio, lo adopererà come ogni suo singolo cittadino, per far valere la legge comune. S'intende_ che la Lega com'è ora costituita è lungi dal dare le garanzie d'imparzialità che sono richieste perchè le sue decisioni abbiano il carattere e l'autorità di una legge comune. Occorre, tra· altre cose, che almeno ne facciano parte tutte le nazioni civili; una Lega che non includa la Germania, la Russia e gli Stati Uniti, non avrà mai tale autorità. Occorre ancora che le decisioni del Consiglio della Lega siano valide solo se prese in modo che escluda il sospetto che esse sono il risultato di do ut des tra membri piuttosto che di considerazioni di giustizia ed equità. II Consiglio dovrebbe limitarsi a prendere le decisioni necessarie a far valere verdetti giuridici o di commissioni tecniche o a promuovere l'arbitrato. Ma questi sono difetti che, ove esista o si sviluppi la comune determinazione a risolvere conflitti tra Stati in modo razionale, essa basterà a rimuovere; e tale comune determinazione si svilupperà a mano a rnano che l'opinione pubblica sarà educata a capire il terribile c_arattere dell'altra alternativa. Similmente non è certo soddisfacente nello Statuto attuale il diverso trattamento fatto alle grandi e alle piccole nazioni; ma _è già un grande progresso che nessuna nazione per quanto piccola sia preclusa dal dire le sue ragioni nelle questioni in cui è direttamente interessata: e che le piccole nazioni siano rappresentate nel Consiglio del-la Lega da delegati scelti in un èerto numero a turno dall~ssemblea della Lega stessa. D'altra parte occorre .riconoscere che nello stato attuale delle cose vi sono molte concepibili dispute sollevabili da piccoli Stati e che non sarebbero risolvibili, sia pur solo potenzialmente Bibnoteca Gino Bianco

LA I.EGA DELLE NAZIONI COME NECESSITÀ STORICA 105 che con la forza delle grandi Potenze, le quali, inoltre, specie nella misura della liberalità dei loro regimi e· delle loro tradizioni, non sono grandi semplice1nente perchè militarmente forti ed economicamente ricche, ma perchè, in gran parte, in tal misura, devono la coesione e disciplina morale e intellettuale necessaria alla stessa forza militare all'esistenza d'una reale volontà comune e quindi all'essere in esse l'autorità basata più che altrove sul consenso. Le grandi potenze sono quelle in cui il senso politico in tutti i suoi elementi è fin qui più saldamente fiorito e diffuso ; di qui la loro relativa autorità di fronte alle altre ; autorità che è una forma della loro responsabilità. Vi è in seno alla Lega qualche cosa di analogo alla distinzione tra diritti civili e diritti politici in seno a un dato stato. Tutti sqno egualmente investiti di diritti civili, senza che necessariamente tutti siano riconosciuti egualmente maturi a partecipare alla formazione delle leggi e alla determinazione di indirizzi di Governo; il di- ' ritto all'eguaglianza civica è più profondo di quello all'eguaglianza politica; · il diritto ad essere governati bene il più possibile è più elementare che lo stesso dirittç, a governarsi da sè nel senso che chi non sa governarsi da sè è fortunato nella misura in cui trova chi, governandolo bene il più possibile, lo educa ipso facto all'autogoverno col consentirgli esperimenti sempre più rischiosi su sempre più vasta scala, itnpedendo solo gli errori irrimediabili. E cosl è in seno alla Lega. In seno al mondo civile come in seno a ogni Stato il senso della responsabilità politica si diffonde dal1' uno ai pochi e dai pochi ai molti e ai tutti, e subisce una specie di distribuzione gerarchica, come ogni altra dote umana ; e vi sono così i più evoluti, i medi, i mediocri e i minorenni: ed è l'opinione pubblica dei più evoluti, tra loro non concordi, sui quali quindi può aver peso quella dei medii e dei mediocri, che determina ad ora ad ora chi rimane e chi non è più minorenne. * * * V' è da attendersi che molti lettori solleveranno obbiezioni di questo genere: è naturale che ad es. l'Inghilterra sia favorevole alla Lega, visto · che non ha nessuna ragione di essere dissoddisfatta dello statu quo; ma è <lessa sincera nella sua adesione alla Lega? Sarà essa disposta, ad es., a sottoporre al giudizio e alla decisione detla Lega questioni riferentisi a materie prime di cui l' Impero Britannico ha il .quasi monopolio; o questioni riferentisi alla potenza navale o al controllo di questo o quello stretto ? Non è la Lega, come molti dicono, un suo strumento per la dominazione indiretta del resto del mondo e per la c~nservazione, il pià possibile, de' suoi attuali vantaggi? O, generalizzando, non è <lessa lo strumento delle cosidette < nazioni capitaliste > contro le cosidette < nazioni proletarie?>. Non è un mod~ di legar queste al carro di quelle? Cominciamo con l'osservare che, se, come abbiamo fin qui sostenuto, la Lega risponde ornai a una necessità storica della vita internazionale, . Biblioteca. Gino Bianco ;' I

106 LA CRITICA POLITICA è naturale che gli Stati più evoluti - specie Stati insulari sovrapopolati e dipendenti per tre quarti dal di fuori per le loro sussistenze - siano i primi ad avvertire la convenienza di una sicurezza comune a spese di , tutti, anzichè di una sicurezza meramente nazionale e a proprie spese soltanto. Gli Stati più evoluti, come gli individui più evoluti, sono i primi a capire ciò che pur essendo interesse comune non può però esser avvertito come tale da tutti se non a poco a poco per lezioni di cose. Osserviamo ancora che, pur ora, da un punto di vista strettamente 1nilitare, l' Impero Britannico, col continuare nella sua politica tradizionale di non legarsi ad alcuno e di far pesare eventualmente la sua spada dal lato dei deboli contro gli aspiranti all'egemonia, potrebbe continuare a prender la via più adatta a impedire una coalizione universale o quasi contro la sua potenza navale. Ebbene, aderendo alla Lega delle Nazioni l' Impero Britannico s'è impegnato, in ogni questione che sorga tra esso ' e un altro membro, ad accettar la decisione della Lega, ovvero a.... vedersi condannato ed eventualmente boicottato, bloccato e combattuto dal resto di questo. Aderendo alla Lega .esso si è per la prima volta, deliberatamente esposto al pericolo di una coalizione universale a suo danno. E si noti che tale pericolo ·è stato da esso reso anche più reale aderendo al Trattato di Washington. Ora che esso ha rinunciato alla sup·remazia navale assoluta ed ha consentito a condividere con gli Stati Uniti, ad eguali condizioni, il controllo dei mari, esiste una flotta almeno eguale alla sua, che si schiererebbe contro l' Impero Britannico, a Iato delle altre flotte ' europee e con esito fatale, il momento in cui l' Impero _Britannico adopera~se la sua flotta a sfidare una decisione della Lega. L'America non è la Lega; ma siccome una tal deci~ione non è concepibile che nel caso in cui l' Impero conculchi il diritto internazionale e miri a una posizione egemonica, che non potrebbe non sollevar~ la questione dei tradizionali diritti dei neutri in mare in te1npo di guerra, l'intervento americano contro l'Impero sarebbe certo. L' Impero Britannico, pertanto, aderendo alla Lega e al Trattato di Washington ha dato la massima garanzia che era a sua disposizione, della sincerità e serietà del suo atteggiamento. E cos}, implicitamente, esso ha pur data la massima garanzia che non v' è questione di materie prime o d'altro, su cui esso non sarebbe pronto ad accettare eventuali decisioni arbitrali della Lega. Esso· ha molto più da perdere sfidandole che accettandole : tanto più che accettandole dopo che ciascuna è stata presa studiando ne' suoi meriti ogni data questione, esso non cede volta per volta che ciò che è d' impedimento all'eguale opportunità altrui e ciò che è necessario e sufficiente a metterlo in armonia con le esigenze legittime del resto del mondo ; laddove sfidandole esso non solo potrebbe perdere molto più e fors'anco tutto, ma ancora potrebbe render possibili acquisti altrui a proprie spese e di Itri, dettate non da legittime esigenze, ma solo da sete di potere e di posizioni privilegiate. Noi non possiamo infatti perder di vista la certezza che Biblioteca Gino Bianco · ,

LA LEGA DELLE NAZIONI COME NECESSITÀ STORICA 107 lo sfasciarsi dell' Impero Britannico e il suo risolversi in tanti statarelli, molti dei quali a mala pena più popolati del Belgio e della Danimarca ed esposti all'aggressione di potenti nemici segnerebbero l'inizio di nuove terribili guerre e d'una nuova epoca di militarismo trionfante. Nato dalla libertà e dal desiderio di pace esso non· può, specie dato il suo carattere sparpagliato, la sua eterogeneità etnica e le sue libere istituzioni controllate dalla sovranità dell'opinione pubblica, conservarsi che servendo la libertà e la pace del mondo e m~ntenendosene il più saldo baluardo. Non può mantenersi che guidando col suo esempio il resto delle nazioni e guadagnando in influenza ciò che rinuncia in potere. La via della gloria è per esso pur quella della saviezza e della conservazione. E con ciò abbiamo anche risposto all'obbiezione basata sul preteso contrasto tra nazioni capitaliste e nazioni proletarie. Esso non sussiste fra nazioni pià di quel che sussista tra individui e tra classi. Come non è vero che il _ capitale sia solo lavoro non pagato e che si diventi ricchi solo impoverendo altrui ; come non è vero che la ricchezza di una nazione è necessariamente il prodotto dell'impoverimento di altre, cos\ non è punto vero che vi siano in oggi Stati che sono potenti solo perchè altri sono deboli. Le nazioni ricche devono in massima la loro ricchezza al più sapiente uso delle loro risorse naturali nella misura in cui hanno lasciato più libero campo alle iniziative individuali; e lungi esse dall'aver impoverito altri paesi, sono i loro capitali che li hanno messi in valore di qua e di là dagli oceani provocando cos) anche non mai visti au1nenti di popolazione e di prosperità. E come - lo si _è visto in Russia 1 - la caccia ai ·capitalisti e agli imprenditori privati ne ha centuplicata la miseria intellettuale, morale ed economica, cos\ non solo non v'è nessuna ragione di pensare che una catastrofe delle nazioni < capitaliste > gioverebbe alle altre, ove in queste hon esista altrettanta energia intellettuale e morale ed altrettanta saviezza e disciplina sociale accu1nulata ; ma ancora è probabilissimo che queste altre nazioni ne soffrirebbero pù di tutte. Un ·credito finanziario come quello di cui gode Londra non è cosa che facilmente si lasci improvvisare a Tokio o a Roma; esso è il prodotto di esperienze di generazioni vissute in particolari circostanze di sicurezza e continuità di vita storica nel corso di molti secoli ; esperienze rese in Inghilterra possibili dalla insularità, rese impossibili sul continente da guerre e timori di guerre; e che l'ormai declinante sicurezza vanno rendendo sempre più difficile in Inghilterra e sul continente se non, si viene all'organ.izzazione di una sicurezza comune. Il problema non. è quello di distruggere le nazioni <capitaliste> ma di estendere al resto del mondo le condizioni di sicurezza di cui fin qui esse godettero in particolar modo per dono di natura e di estendere ed approfondire la partecipazione di tutte alla gestione dei comuni e superiori interessi economici, culturali, sanitari, politici. Una delle cose che non occorre mai al gretto spirito provincialistico con cui in Italia molti pubblicisti Biblioteca Gino Bianco • I I

• 108 LA CRITICA POLITICA discorrono della lega delle Nazioni, si è che un'altra guerra mondiale come l'ultima rischierebbe di scuotere il controllo della razza europea sulle altre in Africa e in Asia ; controllo sotto la cui egida soltanto esse sono un po' emerse e stanno ogni cl) più emergendo dalla loro barbarie o dalle loro inferiorità o decadenze. Pur nell'ultima guerra, nelle ore buie del 1917, vi fu un uomo di Stato giapponese, il Conte Okuma, che credette non lontano il giorno in cui le legioni giapponesi avrebbero potuto marciare fino alla Manica e ai Pirenei. Sicuro. Una delle cose rese non più impossibile e improbabile dallo sviluppo di mezzi di distruzione e dall'eventuale fallimento della causa della Lega gli è il ritorno del pericolo di invasioni asiatiche in Europa ed il costituirsi di potentissime monarchie militari in Asia, vaste come continenti, ricche di materie prime e di mano d'opera docile e a buon mercato, di fronte alla quale l' industria eu(opea, paralizzata da organizzazioni operaie qua e là ostili al progresso meccanico e al lavoro intenso e assiduo, non potrebbe reggere che dietro alte tariffe 19resto o tardi provocanti guerre per isfondarleL' opera della razza europea, da Alessandro a Cesare, per far deHe sponde del Mediterraneo il baluardo della civiltà contro la < barbarie > può ancora andar travolta da questa per secoli e secoli, almeno in Europa, se .... le forze che ci hanno condotto alla Lega, non la consolideranno entro il presente secolo. Le obbiezioni summenzionate al carattere della Lega delle Nazioni sono quindi semplicemente assurde sotto tutti i punti di vista da cui le si voglia considerare; chi teme che la Lega sia infeudata ad una ò due potenze dovrebbe, prima di screditarla, contribuire alla serietà della Lega stessa capitanando le forze eventu~lmente avverse a un tale infeudamento ; chi ha di che lagnarsi porti i suoi lamenti innanzi alla Lega stessa e chi dubita della serietà dei propositi altrui cerchi alrneno di metterli alla prova sollevando questioni concrete su cui la Lega .e i suoi organi debbano pronunciarsi. L'alternativa è tra l'accettare seriamente la Lega, impegnandosi a difenderla e a perfezionarla e il ripudiarla; e non può ripudiarla in linea di principio se non chi, in fondo, teme che la Lega diventi una realtà seria, e invece di accettare graduali modificazioni dello statu quo, di comune accordo, in conformità con studi tecnici e decisioni arbitrali, preferisce rischiar di mettere a soqquadro il mondo intero nella speranza che nel guazzabuglio gli sia dato ottenere più di quello che nella comune opinione dei competenti divenuta opinione pubblica mondiale legittimamente gli spetti. Non può ripudiarla insomma se non chi preferisce un salto nel buio a metodi razionali e preferisce farsi giustizia da sè anzichè affidarsi alla libera discussione e alla scienza e coscienza dei più competenti tra i suoi simili di tutti i paesi. Con questa logica, che è la logica di chi, anche in seno a ogni Stato civile, cerca farla alla legge e invece che un rimedio ci vede un nemico, non si sarebbe mai nemmeno potuto arrivare alle fo'rme più elementari dello Stato. Lo Stato in fondo non è che l'organizzazione della propria icurezza interna ed esterna, che una data società è capace di darsi. Biblioteca Gino Bianco . .

• LA LEGA DELLE NAZIONI COME NECESSITÀ STORICA 109 .. Fino a ieri c'erano molte società più o meno separate da distanze ed ostacoli naturali, più o meno· capaci di bastare a sè stesse e quindi capaci ciascuna di costituire uno Stato a sè ; oggi in fondo c'è in grado sen1pre crescente una comune società economica e culturale che abbraccia parecchi Stati, che sono sopravvivenze .delle società autonome d'un tempo e che invece di. provvedere, turbano la sicurezza della nuova società e della civiltà comune. In conseguenza il problema s' impone di trasformare lo Stato da organizzazione della sicurezza di una nazione in organizzazione della sicurezza comune almeno alle nazioni di tutte un continente, separando lo Stato, come ente politico, da quella particolar forma di vita spirituale, che è la nazionalità, come già lo si è separato dalla religione ; e trasformando gli Stati attuali in aree di giurisdizione delegata di quello Stato plurinazionale avvenire in cui la Lega delle Nazioni se vuol. riuscire a compiere le sue funzioni, non potrà a meno presto o tardi di trasformarsi. È il problema di trasformare la guerra in una mera operazione di polizia ; di rendere possibile solo la guerra contro gli Stati in ribellione contro la procedura della Lega; guerra che in tal caso si deve, occorrendo, guerreggiare con esplosivi, gas asfissianti, aeroplani, ecc. È un problema dettato da urgenti e irresistibili circo- · stanze storiche quali · fin qui non esistettero mai, create dai progressi scientifici e industriali dell'ultimo secolo; è un problema urgente che dev'essere risolto entro qualche generazione o paio di generazioni al più tardi, se si vuole evitare la grande catastrofe e senza la risoluzione del quale nel senso sopra delineato le nostre libertà civili, politiche, religiose, la nostra cultura e la nostra prosperità sono inesorabilmente condannate. Tali circostanze storiche create da tali progressi scientifici e industriali hanno reso la politica estera - il problema della sicurezza - dominante sulla politica n1eramente interna. La parola politica estera è diventata un anacronismo ; non può, più esistere che una politica internazionale, la politica costituzionale e sociale interna del mondo civile. Tali circostanze storiche rend~no impossibile la dontinuazione dello Stato nazionale responsabile solo a sè stesso; rendono inevitabile l'avvento del regime della reciproca ed esplicita responsabilità tra gli Stati civili. E siccome ogni Stato vive solo ne' suoi cittadini e ·1e conseguenze di una guerra moderna e di una eventuale catastrofe nella transizione dall~ fase puramente nazio.nalistica a quella anche internazionalistica della responsabilità. d'ogni cittadino ricadrebbero terribilmente su di tutti: il compito più urgente è quello di creare una opinione pubblica illuminata e un senso di responsabilità individuale politica all'altezza del nuovo momento .. storico. Il dedicarsi a questo compito può bén essere impresa degna di quanti comprendono le terribili conseguenze del persistere nell'attuale andazzo. ANGELO ·CRESPI · .. Biblioteca Gino Bianco

Cambi e Bilanci Sono oramai alcune settimane che non appaiono più regolarmente nei giornali i soliti comunicati delle Agenzie ufficiose intorno alla (( marcia vittoriosa> della lira italiana su tutti i mercati del mondo. · Gli è che, per quanto in Italia il pubblico dei leggitori di giornali · sia addomesticato a berle grosse in fatto di cambi e di quotazioni di borsa, oramai nessuno è più disposto ~d accettare per buona dimostrazio ne dell'aumentato prestigio della lira italiana il fatto che essa è riuscita a fare p_re1nio sul franco belga e sul franco francese (1). Si è persino taciuto quel professore di Napoli, il quale, in una lettera pubblicata nel < Popolo d'Italia> del 16 febbraio u. s., faceva merito al nostro Presidente del Consiglio di < avere portato alla pari il ca1nbio con la Francia, poco più, poco meno secondo i giorni, ma sempre lì: 100 lire == 100 franchi >. Eppure, nei giorni scorsi, la quotazione ufficiale del cambio colla Francia è ancora andata molto giù di lì, quella media dell' 8 _marzo essendo scesa sino a 86.68 lire == 100 franchi. Naturalmente le Agenzie ufficiose che devono 19ure guadagnare in qualche modo il pane che mangiano, hanno dovuto cambiare di strumento e di musica. Buttato, in un, canto lo spezzato violino del franco \ francese che già è ricominciato a salire, esse fanno cantare < un' en1inente personalità > t~nto modesta da non volere che sia fatto il suo nome, ma < che per la conoscenza della materia e per la posizione che occupa è in grado di seguire e di studiare ogni giorno il problema dei cambi >, per assicurare che i recenti peggioramenti dei cambi italiani < non devono impensierire il pubblico, come non impensieriscono nè il Governo nè gli ambienti finanziari italiani >, essendo semplicemente le ripercussioni di una grande offensiva americana contro tutte le valute europ.ee, la sterlina compresa (scusate se è poco l) e più particolarmente della < battaglia del dollaro contro il franco >. A farlo apposta per la povera Agenzia ufficiosa e per l' < eminente personalità> tanto modesta e tanto competente, questo comunicato ha visto la luce nei giornali Io stesso giorno - 13 marzo - in cui e. annunciato un grande prestito· americano di cento milioni di dollari per sostenere il corso del franco francese nella sua battaglia contro il dollaro americano I (1) Per pochi giorni soltanto. ' Biblioteca Gino Bianco

CAMBI E BILANCI 111 Roba davvero dell'altro mondo, ma anche di questo in cui vivono certe Agenzie ufficiose e le personalità eminenti e modeste che accettano di cantare per loro conto. Ad ogni mo.do, il fatto è che non si può ora più parlare di una < marcia vittoriosa > della lira italiana su tutti i mercati del mondo. Il tracollo avvenuto da un mese in qua del franco francese e del franco belga non esclude che anche la lira italiana abbia nello stesso periodo di tempo perduto notevolmente del suo valore di cambio per rispetto non soltanto al dollaro americano, ma anche alle valute europee più pregiate, come la sterlina ed il franco svizzero. Basta osservare questo confronto delle quotazioni ufficiali 'dei cambi italiani dell '11 marzo 1924 colle medie del dicembre 1923. ~ • DOLLARO STERLINA FRANCO SVIZZERO 11 Marzo 19~4. 24.36 . 103.67 418.04 • • • • Dicembre 1923 (media). • 23.08 100.62 402.48 Aumento assoluto. . 1.28 3.05. 15.56 • • • id. percentuale. • • 5.54°/o 3.03¼ 3.86°/ 0 Occorre anche notare che questo peggioramento dei cambi italiani, per rispetto ai paesi a moneta sana, od a moneta meno avariata che la nostra non sia, acquista un carattere di particolare gravità per il fatto che esso è avvenuto proprio verso la metà del mese di 1narzo in cui per solito si affermava la discesa stagionale dei cambi italiani, discesa che quest'anno si poteva ragionevolmente prevedere più accentuata per la minore necessità di importare cereali, grazie al raccolto interno ecce- . zionale del 1923. · Riporto qui sotto le medie mensili dei cambi italiani per il dollaro ed il franco svizzero· pel pritno semestre del triennio 1921-23. r DOLLARO .. I 1921 1922 1923 Gennaio • . . • • • • • 28.29 22.92 20.44 Febbraio . • • • • • • I 27.32 20.66 20.79 Marzo. • .. • • • • • 26.18 19.55 20.64 Aprile. • • • • • • • 22.52 18.68 20.17 Maggio 18.82 \ 19.04 20.67 • • • • • • • Giugno 19.84 i• 20.08 21.89 • • • • • • • Biblioteca ç3inò Bianco

112 LA CRITICA POLITICA FRANCO SVIZZERO 192 1 1922 1923 ' Gennaio • . • • • • • 441.72 445.69 385.36 Febbraio • • • • • • • 446.98 400.30 390.99 Marzo. • • • • • • • 448.10 380.46 384.03 Aprile . • • • • • • • 379.99 363.50 368.02 Maggio • • • • • • • 337.55 366.14 372.84 Giugno • • • • • • • 339.40 382.44 392.83 A prescindere dalla speranza che si può avere che non ad interventi pericolosi di speculazione del Governo o delle Banche di emissione sia dovuto il miglioramento moderato dei cambi manifestatosi dopo l' 11 marzo 1924 (1), ma effettivamente ad una più giusta e fiduciosa valutazione internazionale delle condizioni del nostro credito pubblico e privato, i fatti e le cifre che ho qui ricordato hanno in sè il significato di una lezione di salutare ed opportuna modestia in tanto vociare di vacuo imperialismo politico ed economico, contro cui stanno le reali condizioni di vita del popolo italiano naturalmente non ricco e che potrebbe essere stremato del tutto da un momento all'altro, se il Governo, venendo a mançare la possibilità di cavare nuovo sangue ai contribuenti oramai poco meno che esausti, si trovasse ricondotto alla fatale necessità di fare nuovamente lavorare il torchio tuttora non spezzato per la stampa dei biglietti. I problemi della ricostruzione finanziaria dello Stato sono ancora tutt'altro che risoluti in Italia, checchè vadano spifferando da ogni lato le zampogne male intonate e spesso discordanti dell'ottimismo ufficioso. . Nessuno per certo può o vuole negare - ed io meno di tutti - le benemerenze effettive che il presente Governo, soprattutto per opera del suo Ministro delle finanze, on. De Stefani, si è acquistate nel riordinare gli sconquassati servizi dello Stato, nel fronteggiare e sistemare una situazione del Tesoro veramente paurosa e nel ridurre a limiti per ora sopportabili i disavanzi annui del bilancio dello Stato, sia pure assai meno colle economie che con aumenti quasi eroici d' imposte. •· Il cambio internazione è appunto, entro certi limiti e sotto determinate condizioni, il termometro delicatissimo del credito che un paese gode sul mercato mondiale del risparmio e dei capitali in cerca d'impiego. È un fatto incontestabile che le recenti vicende del ca1nbio italiano (1) 11dollaro salito a lire 24.36 il giorno 11 marzo è sceso di nuovo a lire 23,38 il J 5 marzo; cosl la sterlina è discesa da lire 103.6'/ a lire 100.83 ed i cento franchi svizzeri da lire 418.04 a lire 404.75. Biblioteca Gino Bianco

CAMBI E BILANCI 113 dimostrano che è andata scemando ali' estero quella fiducia colla quale a tutta prima era stato accolto l'ayvento del go_verno fascista nella previsione che, sciolto dagli impacci di un degenerato e corrotto parlamentarismo, esso potesse attuare più vigorosamente il suo programma di restaurazione finanziaria dello Stato con economie organiche radicali. Sotto cotesto aspetto, è sintomatico l'andamento dei cambi italiani che riporto quj sotto, facendo astrazione dalla crisi che voglio sperare: ora superata dei giorni scorsi. MEDIE MENSILI DOLLARO STERLINA FRANCO SVIZZERO I settembre 1922 • • • • 23.40 103.70 439.81 ottobre 1922 . " . • • • 23.97 106.77 442.40 dicembre 1922 . • • • • 19.88 91.56 375.85 marzo 1923. • • • • • 20.64 _97.01 384.03 . giugno 1923-. • • • • • 21 .89 101.- 392.83 settembre 1923. • • • • 22.65 102.96 405.29 dicembre 1923 . • • • • 23.08 100.62 402.48 gennaio 1924 • • • • • 23.05 98.09 398.84 febbraio 1924 . I • • • . -- - - -- metà marzo 1924. • • • 23.38 100.83 404.75 Il cambio del dollaro essendo alla pari in buona moneta con lire italiane 5.18, la lira attuale di carta nel dicembre 1922 - due mesi dopo l'avvento del governo fascista - era ritornata a valere 26 centesimi di lira-oro, per ricadere poi un anno dopo, nel dicembre 1922, a soli centesimi 22 '/ i· È giocoforza a1nmettere che questo risultato éontrasta abbastanza fortemente colle continuate esaltazioni dell'opera di restaurazione finanziaria ed economica compiuta dall'attuale Governo italiano. Quale è dunque la causa che ha cosl presto arrestato il progresso del nostro credito internazionale e tarpato le ali alle promesse fatte, quanto meno per mezzo dei suoi organi ufficiali, dal nuovo Governo italiano, che presto la lira sarebbe ritornata a valere 50 centesimi di buona moneta? Forse vi sono motivi per dubitare che le migliorate situazioni mensili del bilancio, che l'on. De Stefani fa ora lodevolmente pubblicare con una sollecitudine e chiarezza che i suoi antecessori avevano. da gran tempo dimenticate, no_n· siano del tutto veritiere e sincere, e che il disavanzo sia ancora molto più grave di quello che da tali situazioni non appaia? Biblioteca Gino Bianco -.

114 LA CRITICA POLITICA Simili dubbi e sospetti io escludo assolutamente per la stima grande che ho del Ministro De Stefani, la cui opera ho seguita con viva simpatia, rendendomi conto delle difficoltà enormi che egli ha dovuto superare. Ma appunto perchè conosco di quali difficoltà si tratti - le maggiori sono quelle che sfuggono per lo più al pubblico, ma contro le quali un Ministro riformatore deve lottare tenacemente ogni giorno nel cerchio stesso dei suoi colleghi e collaboratori di governo - non posso nascondere qui la mia impressione che la politica delle coraggiose economie organiche per volontà ed opera dell'attuale Governo può considerarsi oramai come tramontata, e che l'unica salvaguardia dello sperc:lto ma non ancora raggiunto equilibrio del bilancio rimane la possibilità che le entrate dello Stato continuino nei prossimi esercizi a dare risultati superiori alle ragionevoli previsioni che si possono fare. In questa materia mi sembra assai imprudente e pericoloso l'argomentare in base dei risultati davvero prodigiosi degli ultimi esercizi finanziari (1), risultati dovuti in gran parte - è sempre bene di non dimenticarlo - alla svalutazione ·stessa della moneta. Soltanto per questa ragione è stato reso tollerabile pel popolo italiano il peso complessivo di una tassazione dello Stato e degli Enti locali che rasenterebbe la confisca tolale dei redditi privati, se la lira per rispetto alle altre merci ricuperasse poco più della metà del suo reale valore di prima della guerra. L'impressione che io qui manifesto è quella stessa che devono avere , i capitalisti e gli uomini d'affari stranieri intorno alla situazione rapidamente mutata negli ultimi tempi della finanza italiana ed alle nuove tendenze spendereccie che tornano a pr~valere nel go.verno italiano con gravissimo pericolo per lo sperato e promesso pareggio in un prossimo bilancio. Questi timori trovano del resto la loro conferma nella stessa ultima situazione finanziaria pubblicata nella < Gazzetta Ufficiale > del 20 febbraio u. s. coi risultati dei primi sette mesi dell'esercizio in corso 1923-24. (l) Progressione delle Entrate effettive accertate nel Bilancio italiano per gli esercizi finanziari del 1913-14 in poi. Esercizi finanziari 1913-14 1914-15 1915-16 1916-17 1917-18 1918-19 1919-20 1920-21 1921-22 1922-23 (ac.cer. provv.) Biblioteca Gino Bianco · Milioni di lire 2.524 2.560 3.734 5.345 7.533 9.676 15.207 18.820 19.701 18.804 ...

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